Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 49844 del 27/06/2013


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Penale Sent. Sez. 5 Num. 49844 Anno 2013
Presidente: BEVERE ANTONIO
Relatore: GUARDIANO ALFREDO

Data Udienza: 27/06/2013

SENTENZA

sul ricorso proposto da
Borghesi Alessandro, nato a Ferrara il 27.2.1969, avverso la sentenza
pronunciata in data 20.4.2012 dalla corte di appello di Bologna;
visti gli atti, il provvedimento impugnato ed il ricorso;
udita la relazione svolta dal consigliere dott. Alfredo Guardiano;
udito il pubblico ministero nella persona del sostituto procuratore
generale dott.ssa Maria Giuseppina Fodaroni, che ha concluso per
l’inammissibilità del ricorso.

FATTO E DIRITTO

1. Con sentenza pronunciata il 20.4.2012 la corte di appello di Bologna,
in parziale riforma della sentenza con cui il tribunale di Ferrara, in data
20.11.2009, aveva condannato alla pena ritenuta di giustizia Borghesi

fr

Alessandro, in relazione al reato di cui agli artt. 110, 624, c.p., per
essersi impadronito, in concorso con Borghesi Pier Luigi, di una serie di
beni detenuti da De Giorgi Sabrina all’interno del bar “Glacè Royal”,
rideterminava la pena in senso più favorevole al reo, previo
riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche.
2. Avverso tale sentenza, di cui chiede l’annullamento, ha proposto
articolando due motivi di impugnazione.
3. Con il primo il ricorrente lamenta vizio di motivazione della sentenza
oggetto di ricorso, avendo la corte territoriale affermato che l’imputato e
la persona offesa avevano sottoscritto un accordo in cui il Borghesi
avrebbe dato atto di essere l’autore dell’impossessamento dei beni
oggetto di furto, impegnandosi a risarcire il danno arrecato alla De
Giorgi per una somma complessiva di euro 3500,00, documento,
tuttavia, di cui il giudice di secondo grado, nonostante ne accertasse
l’assenza al fascicolo per il dibattimento, con argomentazione destituita
di fondamento logico e fattuale, ribadiva l’esistenza, interpretando
erroneamente le dichiarazioni rese al riguardo dalla persona offesa e dal
teste M i cco I i .
4. Con il secondo motivo di ricorso il Borghesi lamenta violazione di
legge in relazione agli artt. 1326, c.c., e 152, c.p., avendo la corte
territoriale omesso di considerare che la persona offesa ha tenuto un
comportamento incompatibile con la volontà di persistere nella querela,
avendo concluso con l’imputato un contratto avente ad oggetto la
compravendita dei beni sottratti, il cui valore fissava in euro 3000,00,
accettando il pagamento della somma di euro 1000,00.
5. Il ricorso del Borghese va dichiarato inammissibile.
6. Con esso, infatti, il ricorrente espone, peraltro in maniera generica,
censure che si risolvono in una mera rilettura degli elementi di fatto
posti a fondamento della decisione impugnata, sulla base di nuovi e
diversi parametri di ricostruzione e valutazione dei fatti, senza
individuare vizi di logicità tali da evidenziare la sussistenza di ragionevoli
dubbi, ricostruzione e valutazione, quindi, in quanto tali precluse in sede

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ricorso per Cassazione, a mezzo del suo difensore di fiducia, il Borghesi,

di giudizio di Cassazione (cfr. Cass., sez. I, 16.11.2006, n. 42369, De
Vita, rv. 235507; Cass., sez. VI, 3.10.2006, n. 36546, Bruzzese, rv.
235510; Cass., sez. III, 27.9.2006, n. 37006, Piras, rv. 235508).
7. La corte territoriale, peraltro con motivazione approfondita ed
immune da vizi logici, ha fornito esauriente risposta alle doglianze
rappresentate dalla difesa dell’imputato nell’atto di appello (di fatto

ulteriore causa di inammissibilità: Cass., sez. V, 27.1.2005 – 25.3.2005,
n. 11933, rv. 231708).
Ed invero il giudice di secondo grado, da un lato ha evidenziato come,
sulla base delle convergenti dichiarazioni rese in sede di istruttoria
dibattimentale dalla De Giorgi e dal teste Miccoli Massimo, si evince
l’avvenuta conclusione tra l’imputato e la persona offesa di un accordo in
forma scritta, in virtù del quale il Borghesi, riconosciuta la propria
responsabilità per il furto, si impegnava a risarcire il danno arrecato,
versando la somma di euro 3500,00 alla De Giorgi, che, in cambio si
obbligava a ritirare la denuncia già sporta, solo una volta ricevuto
l’importo pattuito, accordo che il ricorrente non aveva rispettato,se non
parzialmente, spingendo pertanto la persona offesa ad una integrazione
della querela originariamente presentata, con cui, dando atto anche
della successiva condotta del Borghesi, ribadiva la sua intenzione di far
perseguire gli autori del furto nei termini di legge.
Dall’altro ha rimarcato come il diverso documento, in atti acquisito, dal
quale la difesa pretende di desumere una sorta di manifestazione tacita
di remissione della querela, non può assumere tale valore, innanzitutto
perché privo della firma della persona offesa, che, inoltre, lo
disconosceva, e, poi, per il suo contenuto, che non è quello di un
contratto di vendita, ma di un semplice “impegno di pagamento, firmato
esclusivamente dall’imputato e dal padre, in cui il riferimento alla
“merce da me acquisita” in esso contenuto, come rilevato con
argomentazione ineccepibile dalla corte territoriale, ha valore di
semplice riconoscimento di una situazione fattuale e non dell’effetto
traslativo in capo al Borghesi della merce sottratta, conseguente alla

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acriticamente reiterate nei motivi di ricorso, in guisa da dare vita ad una

conclusione di un contratto di compravendita, la cui esistenza risulta non
dimostrata ed, anzi, smentita dalle dichiarazioni della De Giorgi e del
Miccoli.
8. Sulla base delle svolte considerazioni il ricorso proposto nell’interesse
del Borghesi va, dunque, dichiarato inammissibile, con condanna di
quest’ultimo, ai sensi dell’art. 616, c.p.p., al pagamento delle spese del

somma a titolo di sanzione pecuniaria, che appare equo fissare in euro
1000,00, tenuto conto della evidente inammissibilità del ricorso,
facilmente evitabile, attraverso la conoscenza di orientamenti consolidati
da tempo nella giurisprudenza di legittimità, dal difensore del ricorrente,
che, quindi, non può ritenersi immune da colpa nella determinazione
delle evidenziate ragioni di inammissibilità (cfr. Corte Costituzionale, n.
186 del 13.6.2000).
P.Q.M.
dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento
delle spese processuali e della somma di euro 1000,00 in favore della
cassa delle ammende.
Così deciso in Roma il 27.6.2013

procedimento, nonché, in favore della cassa delle ammende, di una

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