Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 49835 del 07/12/2015


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Penale Sent. Sez. 4 Num. 49835 Anno 2015
Presidente: D’ISA CLAUDIO
Relatore: MONTAGNI ANDREA

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
MOSCATELLI CRISTIAN N. IL 06/11/1973
avverso l’ordinanza n. 7537/2011 GIP TRIBUNALE di FIRENZE, del
16/11/2014
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. ANDREA MONTAGNI;
lette/ti.-1e conclusioni del PG Dott. t-LQ.-y:.

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Uditi dif sor Avv.;

Data Udienza: 07/12/2015

Ritenuto in fatto

1. Cristian Moscatelli, a mezzo del difensore, ha proposto ricorso per
cassazione avverso l’ordinanza del G.i.p. del Tribunale di Firenze in data
16.11.2014, con la quale è stata dichiarata inammissibile l’istanza di restituzione
nel termine, ex art. 175, cod. proc. pen.
L’esponente si sofferma in primo luogo sulle circostanze di fatto relative alle
modalità di notifica del decreto penale di condanna n. 2603/2011, emesso dal G.i.p.

trasferito in Grosseto; e che solo in data 25.09.2014, facendo ritorno a Prato,
rinveniva nella propria cassetta postale la missiva inviatagli dal difensore,
contenente la comunicazione relativa al predetto decreto penale; e non rinveniva,
invece alcun avviso di giacenza dal quale desumere il tentativo di notifica a mezzo
posta che fosse stato effettuato presso il domicilio eletto. Osserva che solo dal
successivo accesso al fascicolo emergeva che nel luglio del 2014 era stata
effettuata la notifica del decreto penale di cui si tratta a mezzo posta, per compiuta
giacenza, senza peraltro che l’ufficiale notificatore avesse provveduto ad effettuare
il dovuto avviso tramite raccomandata.
La parte osserva che nel caso di specie si ravvisano gli estremi della
mancata incolpevole conoscenza del provvedimento di condanna; e rileva che il
G.i.p., nell’ordinanza impugnata, si è limitato a considerare che non vi era prova del
fatto che Moscatelli avesse rinvenuto solo il 25.09.2014 la comunicazione dal
proprio difensore di ufficio.
Ciò posto, l’esponente deduce la violazione di legge, in riferimento all’art.
175, cod. proc. pen. Osserva che la motivazione posta a fondamento del
provvedimento gravato si risolve nella illegittima inversione dell’onere probatorio
circa la incolpevole tempestiva conoscenza del decreto penale di condanna. Osserva
che a seguito delle intervenute modifiche all’art. 175, cod. proc. pen., vige il
principio della automaticità della remissione nei termini per l’opposizione dei decreti
penali di condanna, salvo il caso in cui risulti provata la conoscenza effettiva
dell’atto da parte dell’interessato. Il ricorrente considera che il G.i.p. ha disatteso
tali principi, gravando il Moscatelli di un indebito onere probatorio.
2.

Il Procuratore Generale, con requisitoria scritta, ha chiesto che la

Suprema Corte rigetti il ricorso. Al riguardo, osserva che l’affermazione della
insussistenza della conoscenza da parte dell’interessato deve essere ancorata ad
elementi concreti, che non si rinvengono nel caso di specie.
Considerato in diritto

1. Il ricorso è fondato.

Firenze. Al riguardo osserva che Moscatelli, nei mesi estivi del 2014, si era

La valutazione espressa dal G.i.p. di Firenze, con l’ordinanza oggi
impugnata, risulta vulnerata dalle evidenziate lacune, per le ragioni che si vengono
ad esporre.
Esaminando l’art. 175, comma 2, cod. proc. pen., è bene ricordare che si
tratta di una norma che nasce originariamente come misura ripristinatoria, per
garantire al contumace inconsapevole la possibilità di esercitare adeguatamente il
suo diritto di difesa in giudizio. Come noto, tenendo conto delle indicazioni espresse
dalla giurisprudenza della Corte EDU, il legislatore ha modificato la formulazione

modificazioni dalla L. 22 aprile 2005, n. 60, dettando le seguenti regole: a) il
contumace non deve più provare l’inconsapevolezza dell’esistenza del procedimento
o del provvedimento, per la cui impugnazione chiede di essere rimesso in termini,
con la conseguenza che l’onere della prova ricade su chi sostenga invece la
consapevolezza; b) il termine per la richiesta è aumentato a trenta giorni dalla
conoscenza dell’atto; c) non è riprodotta l’esplicita preclusione ad una restituzione
dell’imputato, nel termine per impugnare, in caso di impugnazione già proposta dal
difensore. Il legislatore aveva, dunque introdotto un ampliamento delle ipotesi in
cui era ammessa l’impugnazione tardiva della sentenza contumaciale, sostituendo
alla prova della non conoscenza del procedimento – che in precedenza doveva
essere fornita dal condannato – una sorta di presunzione iuris tantum di non
conoscenza (Cass. Sez. 1, n. 16002 del 06/04/2006, Latovic, Rv. 233615), ponendo
a carico del giudice l’onere di reperire negli atti l’eventuale prova in contrario e, più
in generale, l’onere di effettuare tutte le verifiche occorrenti, al fine di accertare se
il condannato avesse avuto effettiva conoscenza del procedimento e avesse
volontariamente rinunciato a comparire. Tale norma è stata oggetto di una
pronuncia additiva della Corte Costituzionale (Corte Cost. n. 317 del 4 dicembre
2009) che, alla luce dei parametri di cui all’art. 117, comma 1 – in relazione all’art.
6 CEDU, quale interpretato dalla Corte di Strasburgo – art. 24 Cost. e art. 111
Cost., comma 1, ne ha dichiarato la illegittimità costituzionale, nella parte in cui
non consentiva la restituzione dell’imputato, che non avesse avuto effettiva
conoscenza del procedimento o del provvedimento, nel termine per proporre
impugnazione contro la sentenza contumaciale, nel concorso delle ulteriori
condizioni indicate dalla legge, quando analoga impugnazione fosse stata proposta
in precedenza dal difensore dello stesso imputato.
Attualmente l’art. 175 cod. proc. pen., comma 2, risulta poi modificato ad
opera della Legge n. 67 del 2014. La disciplina della restituzione in termini è stata,
sino a tale ultima modifica, uniforme con riguardo alla sentenza contumaciale ed al
decreto penale di condanna e gli interventi del legislatore e della Consulta hanno
interessato, con decisiva prevalenza, le ricadute della disciplina originaria sul
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dell’art. 175 cod. proc. pen., con il d.l. 21 febbraio 2005, n. 17, conv. con

processo contumaciale, che ha costituito l’elemento trainante sia delle censure
mosse al sistema italiano dalla CEDU, sia delle conseguenti modifiche normative
che delle pronunce d’incostituzionalità della norma. Il novellato art. 175, comma 2,
cod. proc. pen., stabilisce ora che “L’imputato condannato con decreto penale, che
non ha avuto tempestivamente effettiva conoscenza del provvedimento, è
restituito, a sua richiesta, nel termine per proporre opposizione, salvo che vi abbia
volontariamente rinunciato”. Tenendo conto delle modifiche testuali apportate alle

per proporre opposizione a decreto penale di condanna grava sull’imputato l’onere
di allegare indicazioni in ordine al momento in cui è venuto a conoscenza del
provvedimento mentre spetta al giudice verificare che l’istante non abbia avuto
tempestiva cognizione dello stesso, rimanendo a carico di quest’ultimo le
conseguenze del mancato superamento dell’incertezza circa l’effettiva conoscenza
del provvedimento ritualmente notificato (Cass. Sez. 4, Sentenza n. 43478 del
30/09/2014, dep. 17/10/2014, Rv. 260312; Cass. Sez. 4, Sentenza n. 17175 del
08/04/2015, dep. 24/04/2015, Rv. 263863). Segnatamente, si è osservato che
neppure la formale ritualità della notifica può essere ritenuta fatto dirimente,
dimostrativo della conoscenza del giudizio o rivelatore della volontà del destinatario
di non impugnare la sentenza contumaciale o di non opporre il decreto penale di
condanna (cfr. Cass. Sez. 3, ord. n. 38295 del 3.06.2014, dep. 18.09.2014, Rv.
260151); che occorre considerare che non può gravarsi il richiedente dell’onere di
allegazione di circostanze che non possono trasparire dagli atti del procedimento; e
che devono aversi sempre presenti i principi elaborati, in materia, dalla Corte di
Strasburgo.
2. E bene, alla luce dei rilievi che precedono, non può che rilevarsi che il
ricorrente, nel caso di specie, ha fatto fronte all’indicato onere di allegazione e che,
dunque, il provvedimento impugnato va annullato con rinvio. Del resto, neppure
risultano osservate le formalità per la notifica a mezzo posta del decreto penale di
cui si tratta, per il caso della compiuta giacenza, di talché neppure sussistono i
presupposti per affermare che la notifica del decreto penale di condanna fosse
formalmente rituale. Ed il G.i.p. di Firenze, nel provvedimento impugnato, si è
limitato a richiamare la circostanza relativa alla ridetta comunicazione inviata dal
difensore di ufficio al prevenuto, omettendo ogni considerazione rispetto al tema
della effettiva conoscenza del decreto penale di condanna da parte del destinatario
e rispetto alla sua volontà di proporre opposizione.
Il Giudice di merito esaminerà nuovamente l’istanza alla luce dei principi
sopra esposti.

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norma, questa Corte regolatrice ha affermato che in tema di restituzione in termini

P.Q.M.
Annulla il provvedimento impugnato con rinvio al Tribunale di Firenze per nuovo
esame.

Così deciso in Roma in data 7 dicembre 2015.

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