Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 49834 del 22/11/2013


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Penale Sent. Sez. 2 Num. 49834 Anno 2013
Presidente: CAMMINO MATILDE
Relatore: DI MARZIO FABRIZIO

SENTENZA
Sul ricorso proposto da Mazza Mario, nato il 8.6.1965; Tramontano Vincenzo,
nato il 31.12.1965; Ciletti Maurizio, nato il 26.11.1969, avverso la sentenza
della Corte di Appello diNapoli del 17.12.2012.Sentita la relazione della causa
fatta dal consigliere Fabrizio Di Marzio; udita la requisitoria del sostituto
procuratore generale Gianluigi Pratola, il quale ha concluso chiedendo che il
ricorso del Mazza sia dichiarato inammissibile; gli altri ricorsi siano rigettati.
RITENUTO IN FATTO
Con la sentenza in epigrafe la Corte di appello di Napoli ha confermato la
sentenza del Tribunale della medesima città di condanna di Tramontano
Vincenzo, Ciletti Maurizio e Mazza Mario per i reati loro ascritti, provvedendo a
rideterminare la pena per quest’ultimo imputato, apportando una riduzione in
applicazione del criterio stabilito dall’art. 63 comma 4 0 cod. pen.
Ricorrono i tre imputati: Tramontano Vincenzo personalmente, Ciletti Maurizio
e Mazza Mario a mezzo di difensore.
Tramontano Vincenzo contesta vizio di motivazione in ordine al giudizio sulla
penale responsabilità, rilevando da un lato come la sentenza di appello siilimiti

Data Udienza: 22/11/2013

ad un richiamo per relationem rispetto alla sentenza appellata, senza svolgere
nessuna considerazione autonoma con riguardo alle questioni sollevate nei
motivi di appello e fondando il giudizio sulla penale responsabilità
dell’imputato su semplici valutazioni di verosimiglianza.
Si critica in particolare che i giudici del merito abbiano ritenuto il concorso
dell’odierno imputato nel delitto di rapina giacché, quale possessore di un
appartamento limitrofo alla oreficeria pres< di mira per la perpetrata rapina, commesso il delitto; si osserva , infatti ,come non vi sia prova che l'imputato abbia messo a disposizione il proprio appartamento ai complici; come non vi sia prova che l'imputato abbia mai avuto contatti, nel periodo interessato dai fatti, con soggetti estranei alla propria famiglia; come non sia decisiva l'assenza di segni di effrazione sulla porta, essendo ben possibile che i coimputati, esperti rapinatori, fossero riusciti comunque ad entrare agevolmente nell'appartamento. Più in generale, si prospetta una diversa interpretazione dei fatti, favorevole all'imputato, rimarcando come in forza del principio del superamento del ragionevole dubbio, superamento nel caso non verificatosi, i giudici di appello avrebbe dovuto pronunciare assoluzione. Nel ricorso presentato nell'interesse di Ciletti Maurizio si contesta violazione di legge in ragione della tecnica seguita dalla Corte di appello di motivare in relazione alla sentenza di primo grado e facendo ampio rinvio alla motivazione della stessa; si ribadisce tale critica lamentando anche vizio di motivazione sulla omessa argomentazione circa la reiezione del motivo di appello volto all'applicazione dell'art. 648 comma 2 0 cod. pen.; per il resto si svolge una alternativa ricostruzione dei fatti, rimarcando come nemmeno sia mai stato denunciato smarrimento o sottrazione dei beni oggetto dell'ipotesi di ricettazione. Nel ricorso presentato nell'interesse di Mazza Mario si lamenta mancata considerazione delle cause di proscioglimento sensi dellTart. 129 cod. proc. pen. CONSIDERATO IN DIRITTO Il ricorso nell'interesse del Mazza, attesa l'insuperabile genericità, e l'effettiva valutazione svolte dai giudici di merito circa la responsabilità dell'imputato, che ha peraltro ammesso gli addebiti, è manifestamente infondato. In premessa dell'esame degli altri ricorsi deve osservarsi come sia consolidato orientamento di questa Corte che la motivazione per relationem sia legittima «quando: 1) - faccia riferimento, recettizio o di semplice rinvio, a un legittimo avrebbe consentito lo scavo di un pozzo al fine dell'accesso nei locali dove fu atto del procedimento, la cui motivazione risulti congrua rispetto all'esigenza di giustificazione propria del provvedimento di destinazione; 2) - fornisca la dimostrazione che il giudice ha preso cognizione del contenuto sostanziale delle ragioni del provvedimento di riferimento e le abbia meditate e ritenute coerenti con la sua decisione; 3) - l'atto di riferimento, quando non venga allegato o trascritto nel provvedimento da motivare, sia conosciuto dall'interessato o almeno ostensibile, quanto meno al momento in cui si renda gravame e, conseguentemente, di controllo dell'organo della valutazione o dell'impugnazione». (Cfr., per tutte, Cass. Sez. Un. Sentenza n. 17 del 21.6.2000 dep. 21.09.2000 Rv. 216664). Nel caso di specie la Corte territoriale, nel confermare la decisione impugnata, ha prima rinviato alla esposizione dei fatti contenuta nella sentenza del Tribunale, di volta in volta riportando espressamente le pagine specificamente richiamate, dopodiché ha svolto un vaglio critico dei motivi di appello rispetto alla motivazione del Tribunale: pertanto, sotto il profilo metodologico, la Corte territoriale ha correttamente operato nella stesura della motivazione. Quanto al ricorso presentato dal Tramontano deve rilevarsi che, in ordine al giudizio sulla penale responsabilità, il giudice d'appello, con motivazione congrua ed esaustiva, ha svolto uno specifico esame degli argomenti difensivi attualmente riproposti, giungendo a una valutazione di merito come tale insindacabile nel giudizio di legittimità, quando - come nel caso di specie - il metodo di valutazione delle prove sia conforme ai principi giurisprudenziali e l'argomentare scevro da vizi logici, rilevando in particolare: l'irrilevanza della mancanza comprovata di contatti con i coimputati, non potendo escludersi che l'imputato abbia comunque intrattenuto detti rapporti; l'irrilevanza delle precarie condizioni di salute dell'imputato, non incidenti la sfera intellettiva; l'irrilevanza dello stato di abbandono del locale e della facilità di accesso allo stesso,atteso che l'imputato esercitava concretamente il possesso del locale, dove tra l'altro deteneva un computerhe fece recuperare della sua convivente; la significatività > invece ,dell’assenza di segni di effrazione sulla
porta.
Ha concluso la Corte d’appello che è stata pienamente dimostrata l’effettiva
disponibilità del locale da parte dell’imputato, illuminato anche dal fatto del
regolare pagamento dei canoni di locazione da parte dello stesso; l’assenza di
segni di effrazione sulla porta d’ingresso trovata dagli agenti di polizia chiusa
a chiave, indicativa del possesso da parte dei rapinatori delle chiavi del locale;

attuale l’esercizio della facoltà di valutazione, di critica ed, eventualmente, di

il notevole periodo di tempo necessario per la preparazione del varco sia
all’interno del medesimo locale sia r,ét dentro la gioielleria oggetto di rapina,
il che imponeva un controllo prolungato nel tempo dello spazio in oggetto,
spiegabile solo con la complicità dell’odierno ricorrente; il ritrovamento in
detto locale di armi, attrezzi edili, strumenti di lavoro, guanti di lattice, stivali
di gomma e altri oggetti di provenienza illecita adoperati per la commissione
del delitto.

di un accordo tra gli esecutori materiali della rapina e l’odierno imputato,
locatario dell’immobile che aveva costituito base e luogo di lavoro per i
rapinatori per un arco non trascurabile di tempo.
Ha cura di precisare la Corte di appello, a pagina 3 della sentenza impugnata,
come gli autori materiali della rapina avessero agito nelle singole fasi
preparatorie in tutta tranquillità, avendo la sicura disponibilità
dell’appartamento che, mediante l’escavazione del cunicolo, consentiva
l’accesso al negozio da rapinare, per concludere sulla non decisività delle
obiezioni sollevate dalla difesa circa una ipotetica ma non plausibile
ricostruzione alternativa del fatto: ossia che i rapinatori fossero entrati nel
possesso dell’appartamento all’insaputa del Tramontano.
In tal modo, i giudici di merito hanno logicamente condotto un giudizio sul
fatto fondato sulle emersioni istruttorie e idoneo a superare il ragionevole
dubbio circa la penale responsabilità dell’imputato, con esito come tale non
sindacabile in questa sede di legittimità.
Il ricorso presentato nell’interesse di Ciletti è manifestamente infondato
quanto alla critica del giudizio sulla penale responsabilità a titolo di
ricettazione. La Corte di appello rileva come nella sentenza appellata i fatti
fossero linearmente ricostruiti alle pagine da 25 a 47, e come nei motivi di
appello la difesa si fosse limitata a reiterare le osservazioni svolte già in primo
grado e attentamente valutate dal Tribunale; ha pure cura di precisare la
Corte d’appello nell’ultima pagina della motivazione come il tenore delle
conversazioni captate, che testualmente trascrive per ampi stralci, siano in
aperto contrasto con le dichiarazioni difensive dell’imputato, svolgendo
ulteriori considerazioni circa la eloquenza del compendio probatorio secondo
cui l’imputato si recò da un gioielliere offrendo merce, dimostrando nelle
suddette conversazioni di temere controlli ad opera delle forze dell’ordine, e
dovendosi escludere dal tenore delle conversazioni in parola che gli oggetti

Da tutte queste circostanze logicamente la Corte di appello desume l’esistenza

offerti fossero di proprietà dell’imputato medesimo (come invece da lui
sostenuto).
Fondata è invece la doglianza sulla omessa argomentazione in ordine alla
reiezione del motivo di appello volto all’applicazione dell’art. 648 comma 2 0
cod. pen., risultando il motivo specificamente articolato nell’atto di appello e
non valutato nella sentenza impugnata, che nulla motiva sul punto.

imkcc,
Ne consegaVE- nuilamento della sentenza impugnata nei confronti di Ciletti
Maurizio limitatamente alla ipotesi attenuata prevista dall’art. 648 comma 2°
cod. pen. con rinvio ad altra sezione della Corte di appello di Napoli per nuovo
giudizio sul punto; il rigetto nel resto il ricorso del Ciletti; l’inammissibilitàidei
ricorsiIi MazzaMaffirio e Tramontano Vincenzo, coqcondanna degli stessi al
pagamento delle spese processuali e al versamento, a favore della Cassa delle
ammende, di una somma che, considerati i profili di colpa emergenti dai
ricorso, si determina equitativamente in Euro 1000.

PQM
Annulla la sentenza impugnata nei confronti di Ciletti Maurizicimitatamente
alla ipotesi attenuata prevista dall’art. 648 comma 2° cod. pen. con rinvio ad
altra sezione della Corte di appello di Napoli per nuovo giudizio sul punto;
rigetta nel resto il ricorsoilel Ciletti. Dichiara inammissibili i ricorsidi Mazza
Mario e Tramontano Vincenzo, e li condanna al pagamento delle spese
processuali e ciascuno della somma di euro 1000,00 in favore della Cassa
delle ammende.
Così deliberato il 22.11.2013

Ne discende l’inammissibilità dei ricorsi di Mazza e Tramontano k einvErcEp

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