Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 49826 del 15/10/2013


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Penale Sent. Sez. 2 Num. 49826 Anno 2013
Presidente: CAMMINO MATILDE
Relatore: VERGA GIOVANNA

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
I. R.
avverso la sentenza n. 993/2006 CORTE APPELLO di ANCONA, del 12/01/2012
visti gli atti, la sentenza e il ricorso
udita in PUBBLICA UDIENZA del 15/10/2013 la relazione fatta dal
Consigliere Dott. GIOVANNA VERGA
Udito il Procuratore Generale in persona

Udito, per la parte civile, l’Avv

Data Udienza: 15/10/2013

MOTIVI DELLA DECISIONE
Con sentenza in data 12 gennaio 2012 la Corte d’Appello di Ancona confermava la
sentenza del locale il Tribunale del 18.5.2005 che aveva condannato I. R. per
concorso in rapina aggravata.
Ricorre personalmente per cassazione l’imputato deducendo che la sentenza impugnata
è incorsa in :
1. violazione della legge processuale in relazione alla dichiarazione di irreperibilità

aprile 2005 con conseguente nullità di tutti gli atti successivi. Lamenta che il
decreto di irreperibilità sarebbe stato emesso senza che le ricerche anagrafiche
disposte fossero state correttamente compiute, risultando solo l’annotazione di
polizia giudiziaria effettuata dai carabinieri di Napoli in data 9 marzo 2005, da cui
si evince che da accertamenti esperiti presso l’ufficio anagrafe del capoluogo si
era acclarato che lo I. R. non risultava essere mai stato censito. Lamenta il
mancato concreto espletamento di ricerche anagrafiche. Sostiene che da tali
ricerche sarebbero potuti emergere elementi utili;
2. Vizio della motivazione in relazione alle specifiche doglianze avanzate in sede di
appello in punto inattendibilità della parte offesa C.G. e del teste
S.R. con conseguente mancata rinnovazione dell’istruttoria
dibattimentale richiesta. Sostiene che attraverso la rinnovazione del dibattimento
la Corte d’Appello avrebbe potuto procedere all’interrogatorio dell’imputato
anche al fine di valutare la credibilità della parte offesa e di un confronto tra gli
stessi.
Il 25 settembre 2013 depositava motivi nuovi con i quali insisteva per il secondo motivo
dolendosi della mancata assunzione di prove decisive richieste, in particolare
l’interrogatorio dell’imputato e il confronto con la parte offesa C. G.
Il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, giacché i motivi in esso dedotti sono
manifestamente infondati e ripropongono le stesse ragioni già discusse e ritenute
infondate dal giudice del gravame, dovendosi gli stessi considerare, per di più, non
specifici. La mancanza di specificità del motivo, invero, dev’essere apprezzata non solo
per la sua genericità, come indeterminatezza, ma anche per la mancanza di
correlazione tra le ragioni argomentate dalla decisione impugnata e quelle poste a
fondamento dell’impugnazione, questa non potendo ignorare le esplicitazioni del giudice
censurato senza cadere nel vizio di aspecificità, conducente a mente dell’art. 591 cod.
proc. pen., comma primo, lett. c), all’inammissibilità. Sulla manifesta infondatezza, in
particolare, del primo motivo deve rilevarsi che il ricorrente è stato citato in giudizio in
primo grado con le forme degli irreperibili a seguito di decreto di irreperibilità emesso dal
GIP a seguito di ricerche delegate ai Carabinieri della Stazione di Napoli Stella. Dal
verbali di vane ricerche, allegato agli atti, risulta che lo I. R., nato a Napoli, è stato

emessa dal giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Ancona in data 6

ricercato nel luogo dell’ultima residenza anagrafica da lui indicata, seppure in diverso
procedimento, e cioè Napoli via F., luogo che risultava come sua
abitazione anche dalla disposta verifica anagrafica e che in tale luogo non è stato
rinvenuto perché si era allontanato da circa quattro anni senza fornire notizia utile al
rintraccio e che nessun altro luogo era a conoscenza delle forze dell’ordine dove poterlo
reperire. Le ricerche sono state svolte utilizzando nei modi più efficaci notizie ed
informazioni in possesso dell’autorità procedente al fine di acquisire notizie utili per
poter procedere alla notifica nelle forme previste dall’art. 157 c.p.p..

responsabilità perché la Corte territoriale ha compiutamente esaminato le doglianze
difensive ed ha dato conto del proprio convincimento sulla base di tutti gli elementi a
sua disposizione, esaurientemente argomentando circa la pronuncia di responsabilità.
Nell’esame operato dai giudici del merito le acquisizioni probatorie risultano interpretate
nel pieno rispetto dei canoni legali di valutazione e risultano applicate con esattezza le
regole della logica nello sviluppo delle argomentazioni che hanno giustificato la
conferma delle conclusioni di colpevolezza e comunque non risulta che sia stata
avanzata in grado d’appello istanza di rinnovazione dell’istruttoria dall’imputato che ha
presentato anche personalmente motivi d’appello.
Deve comunque aggiungersi che la decisione istruttoria del giudice di appello è
censurabile ai sensi dell’articolo 606 c.p.p., lettera e), sotto il solo profilo della
mancanza o manifesta illogicità della motivazione, come risultante dal testo (Cass., sez.
6^, 30 Aprile 2003, n. 26713). Sotto questo profilo, occorre peraltro che la prova
negata, confrontata con le ragioni addotte a sostegno della decisione, sia di natura tale
da poter determinare una diversa conclusione del processo (Cass., sez. 2^, 17 maggio
2001, n. 49587). La corte territoriale ha dato conto dell’esaustività delle prove e
dunque della superfluità della riapertura del dibattimento, che è istituto
eccezionale;legato al presupposto rigoroso dell’impossibilità di decidere allo stato degli
atti (articolo 603 c.p.p., comma 1) (cfr. N. 34643/08 N. 10858 del 1996 Rv. 207067, N.
6924 del 2001 Rv. 218279, N. 26713 del 2003 Rv. 227706, N. 44313 del 2005 Rv.
232772, N. 4675 del 2006 Rv. 235654).
Tale valutazione è di merito e la motivazione può essere implicita (v. Cass. Sez. 5 sent.
n. 6379 del 17.3.1999 dep. 21.5.1999 rv 213403; Cass. n. 8891/2000 Rv 217209: “In
tema di rinnovazione, in appello, della istruzione dibattimentale, il giudice, pur investito
-con i motivi di impugnazione- di specifica richiesta, è tenuto a motivare solo nel caso in
cui a detta rinnovazione acceda; invero, in considerazione del principio di presunzione di
completezza della istruttoria compiuta in primo grado, egli deve dare conto dell’uso che
va a fare del suo potere discrezionale, conseguente alla convinzione maturata di non
poter decidere allo stato degli atti. Non così, viceversa, nella ipotesi di rigetto, in
quanto, in tal caso, la motivazione potrà anche essere implicita e desumibile dalla

Sono manifestamente insussistenti anche i vizi di motivazione relativi all’affermazione di

stessa struttura argomentativa della sentenza di appello, con la quale si evidenzia la
sussistenza di elementi sufficienti alla affermazione, o negazione, di responsabilità
Il ricorso è pertanto inammissibile.
A mente dell’art. 616 c.p.p., alla declaratoria di inammissibilità – determinata da profili
di colpa emergenti dal ricorso (v. Corte Cost. sent. 186/2000) – consegue l’onere delle
spese del procedimento, nonché del versamento di una somma in favore della Cassa
delle ammende, fissata in via equitativa, in ragione dei motivi dedotti, nella misura di

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese
processuali e della somma di euro mille alla Cassa delle ammende.
Così deliberato in Roma il 15.10.2013

1.000,00 (mille) euro.

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