Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 49822 del 24/11/2015


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Penale Sent. Sez. 4 Num. 49822 Anno 2015
Presidente: D’ISA CLAUDIO
Relatore: PAVICH GIUSEPPE

Data Udienza: 24/11/2015

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
VICINI DAVIDE N. IL 06/12/1973
avverso la sentenza n. 839/2011 CORTE APPELLO di BOLOGNA, del
19/02/2015
visti gli atti, la sentenza e il ricorso
udita in PUBBLICA UDIENZA del 24/11/2015 la relazione fatta dal
Consigliere Dott. GIUSEPPE PAVICH
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Udito il Procuratore Generale in persopa del Dok.
e1/44che ha concluso per .Q 1
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Udito, per la

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RITENUTO IN FATTO
1. – Con la sentenza indicata in epigrafe, veniva confermata dalla Corte di
Appello di Bologna la sentenza in data 10 febbraio 2010 con cui VICINI Davide
era stato condannato dal Tribunale di Parma -sezione distaccata di Fidenza- alla
pena di mesi due di arresto, pena convertita in € 2.280 di ammenda, in relazione
a reato p. e p. dall’art. 189 commi 1 e 7 Codice della Strada, commesso il
2.09.2007: la condotta contestata al VICINI era quella di avere omesso di

questi condotta, cagionato dall’odierno ricorrente alla guida della sua
autovettura; in seguito al tamponamento, secondo l’accusa, il VICINI si fermava
al solo scopo di insultare il Manini, non gli prestava assistenza e si allontanava
facendo perdere le sue tracce.
2.- Il ricorso è articolato in sei motivi, cui si è aggiunto un motivo nuovo
formulato con atto successivo.
2.1. – Con il primo motivo il ricorrente lamenta la violazione della legge
penale in relazione al fatto che è stata applicata, per il reato de quo, una pena
diversa da quella per esso prevista, trattandosi di delitto e non di
contravvenzione.
2.2. – Con il secondo motivo viene denunciata la violazione della legge
penale con riferimento alla mancanza dell’elemento oggettivo e soggettivo del
reato, deducendo l’assenza di condizioni in base alle quali la persona offesa fosse
o comunque apparisse nella necessità di essere soccorso, e precisando peraltro
che è la stessa Corte di merito a osservare che il VICINI si avvicinò al Manini
chiedendogli del tutto vagamente se si fosse fatto male: da ciò, deduce il
ricorrente, la Corte territoriale doveva trarre la conseguenza di escludere il dolo
in capo all’imputato.
2.3. – Con il terzo motivo, il ricorrente lamenta la mancanza, illogicità e
(soprattutto) contraddittorietà della motivazione in ordine alla descrizione del
fatto da parte della Corte di merito: dapprima, osserva il ricorrente, quest’ultima
riconosce che il VICINI si fermò per chiedere al Manini se si fosse fatto male; poi
sostiene che egli si arrestò per un brevissimo arco di tempo, limitandosi a
insultare il Manini. Da ciò il ricorrente inferisce un elemento di contraddizione nel
compendio motivazionale, tale da inficiare la decisione.
2.4. – Con il quarto motivo il ricorrente denuncia la violazione di legge (co
particolare riferimento agli artt. 62 bis, 163 e 164 c.p.) in ordine alla mancata
concessione al VICINI delle attenuanti generiche e della sospensione
condizionale della pena: si duole in particolare il ricorrente del fatto che la Corte
di merito ha omesso di considerare sia i parametri indicati dall’art. 133 c.p., sia il

soccorrere Manini Michele in seguito a un tamponamento ai danni dell’auto da

fatto che l’imputato è persona incensurata e che la pena sarebbe stata
compatibile con la concessione del beneficio della pena sospesa, sia infine il fatto
che il danno cagionato alla persona offesa non fosse di particolare gravità.
2.5. – Con il quinto motivo di ricorso, si lamenta nuovamente la mancata
concessione della sospensione condizionale della pena, ma stavolta sotto

il

profilo della carenza di motivazione sul punto, a fronte del fatto che la
concessione di detto beneficio era stata espressamente richiesta.
2.6. – Con il sesto motivo di ricorso, il ricorrente sollecita l’annullamento

commesso il 2 settembre 2007 e che il relativo termine di prescrizione,
quand’anche si consideri l’aumento di un quarto di detto termine in relazione ai
fatti interruttivi, è spirato in data 2 marzo 2015.
2.7. – Con l’ulteriore motivo di ricorso articolato con successivo atto, il
ricorrente chiede la riforma dell’impugnata sentenza per erronea applicazione
della legge penale in relazione alla mancata applicazione della causa di
esclusione della punibilità di cui all’art. 131 bis c.p. (particolare tenuità del fatto).

CONSIDERATO IN DIRITTO
3.1. Il primo motivo di ricorso è inammissibile, per carenza di interesse del
ricorrente.
Invero, tale elemento di inammissibilità sussiste indipendentemente dal
fatto che la pena applicata nel giudizio di merito sia di specie diversa da quella
prevista, laddove si tratti di sanzione che, se correttamente applicata e
inquadrata sul piano giuridico, non avrebbe comportato conseguenze più
favorevoli all’imputato. Il ricorrente si duole, infatti, non già della misura della
pena a lui applicata, ma del fatto che questa fosse qualificata come arresto e
convertita in ammenda, a fronte del fatto che il reato contestato fosse un delitto
e non una contravvenzione. E’ dunque di tutta evidenza che, ove accolta, la
censura non comporterebbe alcun risultato pratico favorevole per il ricorrente,
tale non potendo considerarsi ovviamente quello di natura meramente
“processuale” allegato dal ricorrente medesimo: di qui il contrasto, ravvisato da
questa Corte, rispetto all’art. 568 comma 4 c.p.p. e la conseguente
inammissibilità del motivo di ricorso in esame per carenza di interesse da parte
del ricorrente.
3.2. – Il secondo e il terzo motivo di ricorso possono essere trattati
congiuntamente, in quanto vertenti su censure in buona parte sovrapponibili. Si
tratta in entrambi i casi di motivi di ricorso infondati.
La Corte territoriale ha adeguatamente motivato in ordine alle circostanze
fatto in cui avveniva l’episodio: si trattava di un tamponamento cagionato dal
VICINI ai danni della vettura condotta dal Manini, in ora notturna; un

dell’impugnata sentenza per intervenuta prescrizione, atteso che il reato è stato

tamponamento che, come spiegato nella sentenza impugnata, veniva ricondotto
all’autovettura del VICINI anche grazie ai danni che essa presentava sulla parte
anteriore, in corrispondenza del punto d’urto con la vettura tamponata, come
comprovato anche da rilievi fotografici in atti (il che, per esperienza comune,
implica che l’urto dovette essere di una certa intensità).
Va inoltre osservato che la Corte di merito ha constatato la commissione, da
parte del VICINI, non solo del reato di cui all’art. 189 comma 7 Codice della
Strada, ma anche di quello -contestato in fatto- di cui al precedente comma 6,

pur a fronte di detta contestazione, il giudice di prime cure non ha applicato
alcuna pena per tale ultima fattispecie di reato neppure a titolo di aumento per
continuazione.
In tali circostanze, va tenuto presente che il delitto contestato in fatto
all’odierno ricorrente (art. 189 comma 6 Codice della Strada) sussiste laddove vi
sia l’inosservanza dell’obbligo di fermarsi in relazione all’evento dell’incidente
concretamente idoneo a produrre eventi lesivi alle persone (cfr. ex multis Cass.
Sez. 4, Sentenza n. 34335 del 03/06/2009; Cass. Sez. 6, Sentenza n. 21414 del
16/02/2010). Ed è dato di comune esperienza che ad un tamponamento violento
possano seguire, a carico del conducente del mezzo tamponato, lesioni al rachide
cervicale (si veda ad es. Cass. sez. IV”, sentenza 14 giugno 2012, n. 46224).
Quanto al fatto che il VICINI non abbia prestato assistenza al Manini, la
Corte di merito precisa in motivazione che secondo la ricostruzione dell’accaduto
fornita dalla persona offesa, non contrastata da alcuna contraria versione dei
fatti, il VICINI si fermò per pochi istanti e, dopo avere sommariamente chiesto
al Manini se si fosse fatto male, prese a insultarlo perché a suo dire viaggiava a
velocità troppo bassa e intralciava il traffico. Tale compendio motivazionale
appare esaustivo, atteso che pacificamente questa Corte afferma che risponde
del reato previsto dall’art. 189, comma sesto (in relazione al comma primo), il
soggetto che, coinvolto in un sinistro con danni alle persone, effettui soltanto
una sosta momentanea, insufficiente a garantire l’adempimento degli obblighi di
fermarsi e di fornire le proprie generalità ai fini del risarcimento (cfr. Cass. Sez.
4, Sentenza n. 9128 del 02/02/2012, in cui la Corte ha affermato la
responsabilità di un conducente che, dopo il sinistro, si era limitato ad abbassare
il finestrino pronunciando la frase: “tutto bene”).
Quanto alle condizioni oggettive per la configurabilità del comma settimo
dell’art. 189 Cod. Strada (omissione di soccorso), esse sono state congruamente
illustrate dalla Corte territoriale, che ha dato conto sia della condizione di disabi
della persona offesa, sia delle lesioni da questa riportate e documentate in atti.

costituente fattispecie criminosa autonoma e distinta, rilevando peraltro come,

Quanto all’elemento soggettivo dei reati contestati, esso è ravvisabile, per
pacifica giurisprudenza di questa Corte, nel dolo generico, anche inteso come
dolo eventuale (ex multis quanto al delitto di fuga, Cass. Sez. 4, Sentenza n.
16982 del 12/03/2013; Cass. Sez. 4, Sentenza n. 17220 del 06/03/2012;
quanto al delitto di omissione di soccorso, Cass. Sez. 4, Sentenza n. 14610 del
30/01/2014); e sotto tale profilo la sentenza impugnata rende evidenti in
motivazione le condizioni in base alle quali è stata ritenuta la sussistenza
dell’elemento soggettivo de quo.

motivazione della sentenza nel riferire (sulla scorta, occorre precisare, delle
dichiarazioni della persona offesa) che il VICINI si sarebbe avvicinato al Manini
per chiedergli rapidamente se si fosse fatto male, a fronte del fatto che avrebbe
poi preso a insultarlo e si sarebbe allontanato: non è chi non veda che alcuna
contraddittorietà può ravvisarsi nel compendio motivazionale sul punto, sia
perché la Corte di merito ha unicamente dato conto di circostanze riferite dal
Manini, sia perché non è dato apprezzare alcuna incompatibilità logica fra le
indicate circostanze di fatto.
3.3. – Anche il quarto e il quinto motivo di ricorso, siccome vertenti sulla
mancata concessione delle attenuanti generiche e della sospensione condizionale
della pena (sia pure sotto i diversi profili della violazione di legge e del vizio di
motivazione) possono essere trattati congiuntamente; ambedue i motivi sono
inammissibili, in quanto manifestamente infondati.
Non è innanzitutto dato rilevare alcuna violazione di legge nel rigetto delle
attenuanti generiche e della sospensione condizionale della pena: ambedue gli
istituti sono infatti regolati in modo tale da attribuire al giudice, sulla scorta di
ben noti parametri valutativi, il potere discrezionale di concederli o negarli,
fornendo del relativo esercizio -specie in caso di diniego- sufficiente motivazione.
Ed è quindi su quest’ultima, in relazione alle censure contenute nel ricorso, che
va appuntata l’attenzione.
Al riguardo deve constatarsi che la Corte di merito ha motivato in modo
affatto puntuale e adeguato in ordine al diniego delle attenuanti generiche,
evocando al riguardo le modalità della condotta tenuta dal prevenuto (indicata
come altamente dolosa) e l’assenza di segni di resipiscenza da parte del
medesimo. Ed analoghe ragioni ha posto a base del rigetto della sospensione
condizionale della pena, ma con l’ulteriore e importante precisazione che detto
beneficio contraddirebbe con le sottostanti finalità di emenda e di
risocializzazione avuto riguardo all’applicazione di una pena esclusivamente
pecuniaria.

Non ha infine pregio la doglianza riferita alla presunta contraddittorietà della

Non è dato rilevare, allora, alcun fondamento alle doglianze in esame, anche
in considerazione del fatto che, per pacifica giurisprudenza di questa Corte, nel
motivare il diniego della concessione delle attenuanti generiche non è necessario
che il giudice prenda in considerazione tutti gli elementi favorevoli o sfavorevoli
dedotti dalle parti o rilevabili dagli atti, ma è sufficiente che egli faccia
riferimento a quelli ritenuti decisivi o comunque rilevanti, rimanendo tutti gli altri
disattesi o superati da tale valutazione (Cass. Sez. 3, Sentenza n. 28535 del
19/03/2014); parimenti, per prevalente e preferibile orientamento di questa

merito, nel valutare la concedibilità del beneficio, non ha l’obbligo di prendere in
esame tutti gli elementi indicati nell’art. 133 cod. pen., potendo limitarsi ad
indicare quelli da lui ritenuti prevalenti (Cass. Sez. 3, Sentenza n. 30562 del
19/03/2014; Cass. Sez. 2, Sentenza n. 19298 del 15/04/2015). Ed appare
evidente che, nella motivazione della sentenza impugnata, viene fatto
riferimento sul punto ad elementi di valutazione rispondenti ai principi appena
enunciati.
3.4. – Per ragioni sistematiche pare opportuno trattare prioritariamente il
motivo di ricorso teso a perorare il riconoscimento, nel caso di specie, della
causa di non punibilità di cui all’art. 131 bis c.p..
Il motivo è infondato, per le seguenti ragioni.
Conviene premettere che la Corte di merito ha valorizzato in motivazione il
dato costituito dalla contestazione al ricorrente (in via di fatto, mediante
richiamo testuale alla descrizione della condotta) sia del reato di cui al sesto
comma dell’art. 189 Cod.Strada, sia a quello di cui al successivo settimo comma.
E, oltre a ciò, nella detta motivazione si scorge una valutazione particolarmente
negativa della condotta dell’odierno ricorrente, definita come “altamente dolosa”,
oltrechè scevra da segni di resipiscenza, al punto che al VICINI non sono stati
concessi i benefici di legge, peraltro

“non sufficienti a fini di emenda e

risocializzazione essendo stata applicata la sola sanzione pecuniaria”.
Da ciò è lecito trarre la conclusione che il giudice di merito ha effettuato una
valutazione di gravità del fatto del tutto incompatibile con la configurabilità della
particolare tenuità del fatto oggetto di richiesta.
3.5. – Il motivo attinente al decorso del termine di prescrizione, che da
ultimo si esamina, è invece fondato.
Deve rilevarsi che in data 02/03/2015 e, dunque, successivamente alla
deliberazione della sentenza di appello, è maturato il termine di prescrizione del
reato ascritto all’imputato: poiché, qualora non tutti i motivi di ricorso per
cassazione siano inammissibili, sono rilevabili di ufficio le questioni inerenti
all’applicazione della declaratoria delle cause di non punibilità di cui all’art. 129

Corte, anche in materia di sospensione condizionale della pena il giudice di

c.p.p., comma 1, che non comportino la necessità di accertamenti in fatto o di
valutazioni di merito incompatibili con i limiti del giudizio di legittimità (Sez. U, n.
8413 del 20/12/2007 – dep. 26/02/2008, Rv. 238467), la sentenza impugnata
deve essere annullata senza rinvio per essere il reato estinto per prescrizione.
P.Q.M.
Annulla senza rinvio la sentenza impugnata per essere il reato estinto per
prescrizione.

Così deciso in Roma, il 24.11.2015

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