Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 49821 del 17/10/2013


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Penale Sent. Sez. 6 Num. 49821 Anno 2013
Presidente: AGRO’ ANTONIO
Relatore: PATERNO’ RADDUSA BENEDETTO

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
LU.FRA.TRASPORTI S.R.L.
avverso l’ordinanza n. 90/2008 TRIBUNALE di CALTANISSETTA,
del 03/04/2013
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. BENEDETTO
PATERNO’ RADDUSA;
lette/sefitite le conclusioni del PG Dott. TU. * cl_ L,,_„3c.,4e_ N
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,

Udit i difensor Avv -• 2

……–1

Data Udienza: 17/10/2013

Ritenuto in fatto
1. Lufra Trasporti srl in amministrazione giudiziaria propone ricorso per
Cassazione avverso il provvedimento con il quale il Tribunale della
prevenzione di Caltanissetta ha dichiarato inammissibile l’istanza, formulata
dalla ricorrente ex ad 199 legge 228/12, di ammissione al passivo della
Sultano srl , società sottoposta a confisca di prevenzione giusta il decreto 4
marzo 2011.

motivata dalla natura meramente chirografaria della relativa pretesa , in
quanto tale estranea alle categorie legittimate , ai sensi dell’ad 198 della
citata legge , a prendere parte alla possibile soddisfazione sul ricavato dalla
liquidazione del compendio confiscato . Siffatta interpretazione , tuttavia,
andrebbe rimeditata attraverso una lettura costituzionalmente orientata del
dato normativo in disamina , tendente a garantire anche ai creditori
chirografari di imprese coinvolte nella confisca di prevenzione che non
avevano iniziato pregresse azioni esecutive , la possibilità di soddisfarsi sul
patrimonio aziendale nei limiti sanciti dalla detta normativa . In alternativa
viene invocata l’incostituzionalità dell’ad 198 legge 228/12 rispetto agli artt
3,24,25, 27, 42, 47 della carta Costituzionale o , ancora, si sollecita la
disapplicazione della medesima disposizione normativa in favore delle norme
comunitarie , segnatamente gli artt 5 comma VIII della Convenzione di
Vienna e 5 comma VII della Convenzione di Strasburgo.
Considerato in diritto.
3. IL ricorso è infondato per le ragioni di seguito precisate.
3.1. [La coerenza a norma della decisione adottata] . Osserva la Corte come
l’inequivoco tenore letterale della disposizione di cui all’ad 198 legge
228/2012 non lasciava al Tribunale di Caltanissetta altra soluzione che quella
nel caso assunta.
Tra i creditori che , per le procedure di prevenzione rimaste estranee al Divo
159/11 giusta la disciplina transitoria dettata dall’ad 117 stesso decreto ,
possono , con le forme e i tempi dettati dagli artt 199 e 200 della citata legge
228/12, partecipare alla distribuzione della liquidazione dei cespiti ablati ( art
201) , nei limiti della soglia massima garantita dall’art 203 , non risultano
annoverati i chirografari che , prima del sequestro , non abbiano dato corso
ad alcuna azione esecutiva , anche nelle forme del mero intervento in

2. Evidenzia al fine la ricorrente che l’inammissibilità della istanza è stata

iniziativa mossa da altri creditori, sul patrimonio oggetto di sequestro e
confisca. E nella specie è incontroverso che l’odierna società ricorrente ,
sfornita di qualsivoglia garanzia reale sul patrimonio aziendale della impresa
oggetto di confisca , non ha altresì svolto in precedenza al sequestro alcuna
azione esecutiva.
3.2 La disciplina oggetto di applicazione non soffre peraltro di alcuna
incoerenza sul piano della tutela diversamente accordata ai creditori

sovrannazionale segnalata in ricorso dalla ricorrente.
Perfettamente in linea con la strada definitivamente tracciata dal codice
antimafia ( e prima ancora dalle novelle che ne hanno preceduto
l’introduzione negli anni sino al 2010 , modificando l’impianto originario della
legge 575/65), il dato normativo in disamina contempera l’esigenza della
collettività – di privare il soggetto pericoloso socialmente dei beni oggetto
dell’azione preventiva – con le posizioni soggettive dei terzi che sul
patrimonio oggetto di confisca vantano una pretesa ( che solo
apparentemente si mostra) confliggente con quella generale . Ciò sancendo
la definitiva prevalenza dell’interesse collettivo sotteso all’azione ablativa (
tant’è che il bene confiscato viene acquisito al patrimonio dello Stato libero
dalle formalità formalmente trascritte e iscritte in precedenza al sequestro :
si veda l’art 197) ma senza travolgere , sacrificandole integralmente, tutte le
ragioni di credito che si trovano con il bene oggetto di ablazione in immediata
relazione ( proprio per la presenza dei pesi e degli oneri considerati dal citato
art 197).
Tale contemperamento viene realizzato :
trasformando la pretesa reale del terzo in un mero diritto ad un ristoro
patrimoniale , delimitato non oltre una soglia massima definita ex lege ( si
veda l’art 203 da leggere in parallelo all’ad 53 del codice antimafia);
considerando , nella platea dei soggetti legittimati a godere di tale ristoro,
non solo i titolari di diritti reali di garanzia ma anche i creditori ,
meramente chirografari , che tuttavia , prima del sequestro, si erano
mossi esecutivamente nei confronti delle utilità oggetto di ablazione o
erano intervenuti in procedure da altri instaurate, così da creare , per via
processuale , una interrelazione con il bene tale da giustificare un profilo
di opponibilità alla pretesa statuale

chirografari nè si pone in conflitto con i principi costituzionali e la disciplina

- rinnovando l’indefettibile, per la opponibilità alla confisca , riferimento alla
buona fede del creditore quale ulteriore e integrativo momento costitutivo
della pretesa, in deroga all’ordinario statuto civilistico delle ragioni di credito.
Il sequestro seguito da confisca si atteggia in definitiva come un
pignoramento : se v’è ne sono di precedenti caduti sul medesimo bene, si
trattano unitariamente ( siccome assorbiti dall’azione ablativa) in direzione
della unica liquidazione ( alla stregua della disciplina ex art 561 cpc e sempre

confiscato, rispondendo diversamente dell’obbligo l’erario ) ; alla liquidazione
prendono parte anche i chirografari di buona fede che sono intervenuti in
pignoramenti da altri eseguiti; in ogni caso , si garantisce il diritto a
parteciparvi ai titolari di garanzie reali accese in precedenza.
Per quel che qui più conta, gli altri creditori non hanno diritto a partecipare
alla distribuzione del riparto ricavato dalla vendita coattiva del patrimonio
confiscato senza che la scelta normativa adottata possa essere tacciata di
irrazionalità nel differenziare tra le posizioni tutelate . Al pari di qualsivoglia
altra pretesa di credito sfornita di prelazioni reali , i titolare di tali posizioni
soggettive subiscono in definitiva gli effetti della inerzia mostrata nell’agire
per la soddisfazione del proprio diritto. Una volta che si attribuisca
all’intervento ablativo una forza così determinante da incidere ,
modificandole, anche sulle posizioni soggettive dotate di immediata
correlazione con la res ( tanto da portare recentemente le sezioni unite civili
di questa Corte a dare nuova forza teorica alla tesi della natura originaria
dell’acquisto : si cfr in motivazione la sentenza 10532/13 ), va da sé che
l’affidamento del creditore, pur di buona fede , esclusivamente legato alla
garanzia patrimoniale giustificata dall’ad 2740 cc non possa che assumere un
tono assolutamente e coerentemente recessivo , giustificato proprio dalla
assenza di momenti di collegamento del bene confiscato con il credito
asseritamente pretermesso, unica ragione di opponibilità , peraltro
depotenziata nelle sue prerogative essenziali, al potere di confisca dello
Stato.
Da qui la constatata radicale inconsistenza dei dubbi di incostituzionalità
sollevati.
Né la normativa sovrannazionale richiamata in ricorso e , in genere , il diritto
dell’Unione Europea rassegnano la presenza di spazi di tutela esplicitamente

che alla stessa si addivenga rispetto alle scelte di destinazione del bene

destinati a garantire i creditori , siano essi dotati di prelazione reale o meno,
che vengano a contatto con l’azione preventiva , mancando peraltro allo stato
una disciplina uniforme delle confische sganciate dalla condanna ( la stessa
proposta di direttiva relativa al congelamento ed alla confisca dei proventi di
reato, la 2012/0036 , che non sembra peraltro neppure involgere il tema
della confisca di prevenzione , contiene spunti interpretativi nuovi rispetto al
tema in questione ). E del resto , a conferma di quanto sopra, neppure la

nelle quali è venuta in gioco la posizione dei terzi creditori , dotati o meno di
garanzia reale : i precedenti conosciuti ( primo tra tutti la sentenza della
Corte di Strasburgo del 20 gennaio 2009 nella causa Sud fondi /Italia)
involgono sempre ed esclusivamente posizioni di terzi in conflitto con il
potere statuale di confisca titolari di diritti dominicali, situazione palesemente
diversa da quella qui oggetto di interesse.
4. [La sorte dei creditori di imprese sociali in caso di confisca non solo delle
quote ma anche del patrimonio aziendale di riferimento].
A ciò si aggiunga che , a parere della Corte , l’impostazione difensiva sottesa
al ricorso risulta fondata su una erronea visione della portata oggettiva della
disciplina dettata dalla legge di stabilità del 2012 che , diversamente da
quanto ritenuto dalla ricorrente non detta regole omnicomprensive,
involgenti la definizione di ogni possibile conflitto tra terzi creditori e pretese
erariali sottese all’azione ablativa di prevenzione.
Di certo si rivolge e definisce le ipotesi in cui la confisca abbia ad oggetto
beni determinati estranei a qualsivoglia situazione imprenditoriale di
riferimento ; comprende , anche , le situazioni di credito di matrice aziendale
in relazione alle quali i creditori si sono muniti , sul patrimonio dell’impresa ,
di garanzie reali o hanno attivato iniziative esecutive cadute sullo stesso.
Ne restano fuori , invece , i crediti, meramente chirografari , dei terzi relativi
a patrimoni aziendali sequestrati e confiscati in uno all’ablazione delle quote
sociali di riferimento , formalmente e sostanzialmente attratti alla
disponibilità del proposto , id est il caso qui in disamina.
Siffatto vuoto, peraltro coerente al dato normativo preesistente alla
introduzione del codice antimafia , non necessariamente porta tuttavia alla
soluzione interpretativa suggerita dalla difesa della ricorrente , in forza alla

esperinza giurisprudenziale legata alla Cedu dà conto di situazioni conflittuali

quale tali categorie di creditori rimarrebbero inopinatamente escluse da ogni
forma di tutela apprestata dall’ordinamento.
4.2 Piuttosto, secondo questo Collegio , sono diversi gli elementi che
spingono l’interprete ad una soluzione di segno opposto.
Effettivamente , a differenza dei creditori chirografari di buona fede coinvolti
indirettamente in azioni ablative aventi ad oggetto beni determinati, là dove
la confisca sia caduta su patrimoni aziendali riferibili ad enti societari ( per

patrimonio societario ), il creditore chirografario della società non avrebbe la
possibilità di soddisfarsi altrimenti , preclusagli la via , per quanto sopra
evidenziato , della partecipazione alla distribuzione della liquidazione del
patrimonio aziendale.
Tutto porterebbe a ritenere , dunque, che all’interpretazione fornita dal
Tribunale , pienamente coerente al dato letterale della norma di interesse,
consegua una sostanziale incapacità di soddisfazione del creditore ,
definitivamente ostacolata dall’intervento ablativo.
Ma a ben vedere , in linea di principio , siffatto assunto non sembra
convincente .
Malgrado la carenza di una apposita disciplina normativa destinata a regolare
tali posizioni, il diritto vivente primariamente formato dalle scelte
giurisprudenziali dei giudici di merito nell’opera di gestione dei cd “patrimoni
dinamici” soggetti a sequestro e confisca ha dato corpo a scelte sistematiche
volte al riconoscimento delle pretese meramente chirografarie dei creditori
aziendali. Ciò nell’ottica volta a garantire la prosecuzione dell’attività di
impresa , diversamente in radice ostacolata rispetto al mancato
riconoscimento di pretese provenienti da soggetti strategici, per l’importanza
dagli stessi assunta , nel quadro imprenditoriale di riferimento.
Non di rado, tuttavia , al riconoscimento di tali crediti si è pervenuti
agitando, da parte del creditore, l’ipotesi del fallimento dell’impresa coinvolta
nel sequestro e rimasta sul mercato .
Ed è su tale punto che emerge con evidenza l’attuale inconsistenza teorica
delle tesi difensive.
4.3 La nuova normativa , per le procedure di prevenzione anteriori al 13
ottobre 2011 ( quale è pacificamente ritenuta quella di specie ) , si pone in
linea con la disciplina dettata dal codice antimafia anche in punto alla non

aver integralmente coperto la confisca sia il capitale sociale che il sottostante

proseguibilità o alla possibilità di instaurare azioni esecutive ; tace e non
disciplina dunque il rapporto corrente con le iniziative concorsuali.
Non sembra dubitabile che l’impresa sottoposta ad ablazione sia fallibile, ciò
prescindendo anche da quanto oggi inequivocabilmente sancito dalla novella
del 2011 . Lo imponeva , sopra ogni altra cosa , l’idea della consentita (anzi
favorita , nell’ottica quantomeno della migliore conservazione delle utilità
confiscate) prosecuzione dell’attività aziendale che colora ormai da tempo

codice antimafia , senza che potesse giustificarsi deroga alcuna alle ordinarie
regole dello statuto dell’imprenditore commerciale.
4.4 Nulla esclude , dunque , che il creditore chirografario non soddisfatto di
impresa sociale integralmente attinta dalla confisca non possa attivarsi e
ottenere il fallimento della stessa.
Non vale sul punto affermare che la procedura concorsuale è comunque una
procedura esecutiva sì che l’iniziativa del creditore sarebbe impedita dal
divieto di cui al comma I dell’ad 194 della citata legge 228/12 . L’argomento,
di per sé confutato dalle precedenti considerazioni di sistema in ordine alla
impossibilità di escludere dal fallimento un soggetto che si muove sul
mercato seguendo la matrice tipica dell’impresa commerciale , trova una
facile smentita nel tenore della analoga disposizione ( art 55 ) contenuta nel
codice antimafia , che costituisce come è di tutta evidenza, il riferimento di
origine della disciplina in disamina : ed il codice antimafia , se pur un verso
impone il blocco delle iniziative esecutive individuali, per altro verso
pacificamente acconsente al fallimento delle imprese sequestrate e
confiscate, poco importa che il sequestro sia precedente o successivo alla
instaurazione della procedura concorsuale.
4.5 Altro tema , anche se intimamente legato al precedente, sul piano della
effettività della tutela, è quello inerente la possibilità per il detto creditore e
per esso , della massa fallimentare , di soddisfarsi sul patrimonio confiscato.
Il tema non trova una regolamentazione esplicita nella normativa previgente;
ed ha dato corpo a diversi conflitti interpretativi tra chi sosteneva una
sistematica prevalenza delle ragioni pubbliche sottese all’intervento
preventivo , tale da rimanere insensibile alle pretese concorsuali ( cfr da
ultimo la sentenza nr 31890/08 di questa stessa sezione della Corte; e quella
nr 16783/10 della Prima sezione ); e chi , per contro , anticipando

tutti gli interventi legislativi in materia , ben prima della introduzione del

l’innovazione normativa , riteneva comunque ingiustificato un integrale
sacrificio degli interessi portati dai creditori , dovendosi ritenere , per contro,
in ogni caso realizzato l’interesse collettivo una volta che la ablazione del
patrimonio riferito al soggetto socialmente pericoloso finisca per cadere sui
diritti del proposto residuati dalla soddisfazione delle pretese dei creditori
concorsuali ( si veda la sentenza nr 20443/07 della sezione III di questa
Corte) .

Collegio mostra di aderire alla seconda opzione .
Per più ordini di ragioni.
4.6.1 In primo luogo perché , pur se certamente estranea alla specie ratione
temporis , la disciplina introdotta dal codice antimafia in punto di
regolamentazione dei rapporti tra procedura fallimentare e misura di
prevenzione patrimoniale , ben può costituire un momento di riferimento per
conformare – a fronte di perduranti dubbi applicativi nel dilemma tra
contrapposte situazioni, soggettive e collettive, degne di assoluto rilievoposizioni assolutamente analoghe ad un unico trattamento , quantomeno
sostanziale. Il tutto in modo da rendere coerenti le dinamiche dell’impresa
sottoposta a confisca sia nel corso della gestione non connotata da insolvenza
( la dove pacificamente, con il correttivo della buona fede accertata dal
Giudice delegato di concerto con l’amministratore giudiziario, il credito
chirografario strumentale alla protrazione dell’attività viene di norma
riconosciuto e soddisfatto pur se pregresso al sequestro) con quelle destinate
ad operare all’emergere dell’insolvenza.
4.6.2 In secondo luogo non può non evidenziarsi come

lo stesso

orientamento espresso da questa Corte in senso contrario all’idea
interpretativa qui propugnata , non era da ritenersi appagante anche prima
della novella normativa apportata dal codice antimafia.
La soluzione che vede la sistematica prevalenza della confisca rispetto alle
pretese chirografarie dei terzi sul patrimonio aziendale coinvolto in un
fallimento trova un costante riferimento nella decisione 24 maggio 2004 nr
29551 delle SS UU di questa Corte ; e muove da un immediato parallelismo
che suole pedissequamente operarsi tra confisca di prevenzione e confisca
obbligatoria ex ad 240 comma II cp sul presupposto di una errata lettura che
di tale arresto viene solitamente fornita.

4.6 Tra i due corni dell’alternativa interpretativa sopra rassegnata , questo

In linea con quanto già affermato dalla III sezione di questa Corte ( con la
citata sentenza nr 20443/07 , che si riferiva invero all’ipotesi del sequestro e
della confisca ex art 12 sexies legge 356/92 le cui connotazioni sono tuttavia
assolutamente analoghe a quelle della confisca di prevenzione : si cfr quanto
al parallelismo tra le due misure la sentenza nr 920/03 , Montella , delle
SS.UU ) giova rimarcare come nell’occasione le SS UU della Corte – dopo
aver ribadito la rilevanza generale e pubblicistica da ascrivere alla tutela dei

la confisca – ebbero a limitare l’inopponibilità al fallimento della confisca
alla sola ipotesi della confisca caduta su cose intrinsecamente ed
oggettivamente pericolose ( ad esempio quelle di cui al nr II del comma II
dell’ad 240 ).
In siffatte ipotesi , è il bene che risulta connotato in sé da una situazione di
pericolo, ritenuta tale dalla legge, prescindendo da chi lo detiene ; ed è per
tale ragione che siffatta confisca finisce per prevalere su tutto , occorrendo
comunque neutralizzare la sostanziale carica di pericolosità sottesa al bene
tramite l’apprensione dello stesso allo Stato , con conseguente insensibilità
dell’iniziativa ablativa al fallimento del soggetto interessato.
Se , invece , il bene è privo di tale intrinseca pericolosità e diviene pericoloso
in ragione della correlazione con la pericolosità del soggetto che ne è
proprietario o comunque ne ha la disponibilità sostanziale; se, dunque , in
coerenza la confisca è comunque volta a privare il soggetto pericoloso di
beni che costituiscano il frutto o il vantaggio dei reati senza che risulti
finalizzata ad impedire , in radice , la circolazione stessa di quel bene; ecco
che , nel ritenere delle SS.UU. citate , non v’è ragione per sacrificare
inutilmente i diritti dei creditori insinuati nella massa fallimentare giacchè la
spoliazione del bene favorita dalla procedura concorsuale finisce per
concorrere comunque alla finalità sottesa alla confisca , garantendo in ogni
caso la sottrazione definitiva del bene alla disponibilità del reo .
4.6.3 Tanto premesso , sembra alla Corte che , al pari del sequestro e della
confisca ex ad 12 sexies, anche la confisca di prevenzione sfugga all’idea
della pericolosità intrinseca del bene. Vero è che è sempre più sfumato il
collegamento alla pericolosità del soggetto di riferimento ( come dimostrano
sia il venir meno del requisito della attualità come anche la oramai consentita
ex lege confisca post mortem) ; ma è altrettanto incontrovertibile che è

creditori da valutare nel raffronto con gli interessi pubblici perseguiti tramite

sempre nel riferimento alla pericolosità sociale del proposto che la confisca di
prevenzione trova un indefettibile e irrinunziabile riferimento ( tanto è vero
che anche nel caso di cui al comma III dell’ad 18 Divo 159/11 è necessaria la
valutazione incidentale di pericolosità del soggetto deceduto ) tanto da
privare il bene di una rilevanza in sé quanto alla pericolosità che ne motiva la
ablazione di prevenzione .
Ciò che di certo accomuna le due figure in esame (la misura di sicurezza ex

beni da confiscare e i reati o le situazioni indice di pericolosità presi a
presupposto dell’iniziativa ablativa : in entrambi i casi tra le utilità in confisca
e le condotte poste a fondamento dell’azione ablativa non si rivela necessaria
la presenza di nesso di derivazione, essendo piuttosto imprescindibile al fine
la mera presenza della sproporzione patrimoniale tra acquisizioni e
disponibilità finanziarie.
Del resto ed infine sul punto , proprio la confermata prospettiva di
liquidazione del patrimonio confiscato per soddisfare le pretese dei creditori
rappresenta oggi ( anche per le procedure non disciplinate dal codice
antimafia ) un segno inequivoco della non pericolosità in sé dell’utilità
oggetto di confisca di prevenzione : la liquidazione costituisce infatti
momento di protratta circolazione del bene , incompatibile con l’idea della
destinazione , vincolata e immodificabile , all’erario dei cespiti confiscati
perché intrinsecamente pericolosi.
4.7 In linea con quanto sopra , dunque , l’intervenuto fallimento dell’impresa
sottoposta a confisca ( per quote e patrimonio aziendale) estranea alla
normativa attratta alla regolamentazione dettata dal DLVO 159/11 non
finisce per assumere un significato di indifferenza rispetto alle pretese dei
soggetti che prendono parte alla massa fallimentare , tra essi inclusi anche i
creditori chirografari , per altra via esclusi dalla possibilità di soddisfarsi
coattivamente sul patrimonio sottoposto a misura di prevenzione
patrimoniale. E se la disciplina transitoria del codice antimafia finisce per
precludere una pedissequa riproposizione dello schema procedurale ivi
previsto , ciò tuttavia non significa che il sistema non consenta comunque di
realizzare tale fine , contemperando le esigenze pubblicistiche sottese
all’intervento in prevenzione e le ragioni di credito della massa fallimentare.

art 12 sexies e la confisca di prevenzione ) è l’assenza di pertinenzialità tra i

Al fine, seguendo proprio l’insegnamento tracciato dalle citate sezioni unite
nn 229951/04 e ribadito dalla terza sezione con la richiamata sentenza
20443/07, il Giudice fallimentare , nel verificare i crediti , inserirà tra gli
elementi da valutare anche quello della buona fede , per fare si che nel
passivo non vengano veicolate situazioni appositamente create per favorire
indirettamente lo stesso proposto. Indi , il Curatore fallimentare potrà
proporre , quale terzo legittimato , incidente di esecuzione innanzi al

della legge 228/12 , norme queste che , in assenza di una esplicita
regolamentazione delle ipotesi di intervenuto fallimento di imprese
integralmente attratte a procedure di prevenzione non disciplinate dal codice
antimafia, ben possono rappresentare le regola di riferimento quanto alla
individuazione del giudice competente in punto al giudizio di opponibilità dei
crediti nonchè per la definizione del procedimento volto alla liquidazione ed
alla soddisfazione dei crediti ammessi ( sempre non oltre la soglia massima
prevista dall’art 203 stessa legge).
5. In ragione di tanto , devono ritenersi infondati , sotto ogni possibile
versante i profili di doglianza sollevati in ricorso.
PQM
Rigetta il ricorso e

condanna la ricorrente al pagamento delle spese

processuali.
Così deciso il 17 ottobre 2013
Il Consigliere relatore

il Presidente

Tribunale di prevenzione alla stregua di quanto previsto dagli artt 200 e ss

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