Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 4982 del 07/01/2014


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Penale Sent. Sez. 4 Num. 4982 Anno 2014
Presidente: ZECCA GAETANINO
Relatore: MARINELLI FELICETTA

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
GARGIULO ANTONIO N. IL 12/03/1970
GARGIULO MARIA N. IL 03/09/1971
TELESCO ALFREDO N. IL 01/03/1962
BAMBINO ROBERTO N. IL 13/09/1957
COGOTTI PIERGIORGIO N. IL 30/12/1951
avverso la sentenza n. 717/2007 CORTE APPELLO di CAGLIARI, del
24/07/2012
visti gli atti, la sentenza e il ricorso
udita in PUBBLICA UDIENZA del 07/01/2014 la relazione fatta dal
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Consigliere Dott. FELICETTA MARINELLI
Udito il Procuratore Generale in persona del Dott. tiu0A,‹ vgyricec.
che ha concluso per j9,.
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Data Udienza: 07/01/2014

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Ritenuto in fatto

Il G.U.P. del Tribunale di Cagliari, con sentenza del
28.07.2006, emessa a seguito di giudizio abbreviato,
dichiarava Gargiulo Antonio, Gargiulo Maria, Telesco
Alfredo, Bambino Roberto, Cogotti Piergiorgio ed altri
colpevoli in ordine al reato di cui all’art.74 d.PR.
309/90 e a varie fattispecie del reato di cui agli
articoli 110 c.p. e 73 d.PR.309/90 e, concesse a
Gargiulo Antonio, Gargiulo Maria, Bambino Roberto le
attenuanti generiche, unificati i reati sotto il
vincolo della continuazione e ritenuta inoltre la
continuazione con i seguenti fatti, con conseguente
rideterminazione della pena per Gargiulo Antonio con
la sentenza della Corte di appello di Cagliari del 22
giugno 2006, irrevocabile 1’8 luglio 2006, per Telesco
Alfredo con la sentenza del G.U.P. di Cagliari del 3
febbraio 2004, irrevocabile il 20 settembre 2004, per
Cogotti Piergiorgio con la sentenza della Corte di
appello di Sassari del 18 novembre 2004, irrevocabile
il 24 febbraio 2005; applicata la riduzione per il
rito, li condannava alle pene indicate in dispositivo.
Avverso tale sentenza proponevano appello i difensori
dei sopra indicati imputati.
La Corte di appello di Cagliari, con sentenza datata
24.07.2012, oggetto del presente ricorso, pronunciata
nei confronti degli imputati di cui sopra e di altri
coimputati, confermava la sentenza emessa nel giudizio
di primo grado nei confronti di Gargiulo Antonio,
Gargiulo Maria, Telesco Alfredo, Bambino Roberto e
Cogotti Piergiorgio e li condannava al pagamento delle
spese del grado.
Avverso tale sentenza proponevano distinti ricorsi per
cassazione i sopra indicati imputati e concludevano
chiedendone l’annullamento.
Gargiulo Antonio ha censurato l’impugnata sentenza per
il seguente motivo:
1) inosservanza ed erronea applicazione degli articoli
546, comma l, lett.e) e 125, comma 3 c.p.p. in
309/90;
7,
d.PR.
comma
all’art.74,
relazione
di
mancanza
e
contraddittorietà
illogicità,
motivazione. Lamentava la difesa il mancato
riconoscimento da parte della Corte territoriale, che
aveva confermato la sentenza del GUP, della speciale
attenuante per la prestata collaborazione. Osservava
la difesa che era incongrua l’affermazione della Corte
territoriale secondo cui il ricorrente negli
interrogatori resi nel 2002, 2003 e 2004 aveva reso
affermazioni limitative della propria responsabilità,
giacchèai fini della sussistenza dei requisiti per la
concessione dell’attenuante speciale la condotta
/

p

rilevante
è
quella
successiva
all’inizio della
collaborazione e non quella antecedente. E, una volta
operata tale scelta, il ricorrente aveva fornito alle
autorità tutte le informazioni in suo possesso.

1)

Nullità della sentenza per violazione dell’art.606 lett.
b), c) ed e) in relazione agli articoli 74 d.PR.309/90
e 192 c.p.p.. Secondo la difesa non era adeguata la
motivazione della sentenza impugnata in punto di
responsabilità
con
riferimento
al
reato
di
associazione. La ricorrente aveva infatti una autonoma
attività di spaccio in Campania e non sarebbe
risultato provato né che partecipasse all’associazione
che doveva vendere droga in Sardegna, né che avesse in
tale associazione il ruolo di “cassiera”,
non
risultando sufficiente a tal fine che la donna avesse
contatti con le banche.

2)

Mancanza e manifesta illogicità della motivazione con
riferimento al trattamento sanzionatorio in relazione
all’art.133 c.p.. Lamentava sul punto la difesa che la
riconosciuto
pur
avendo
Corte
territoriale,
all’imputata le circostanze attenuanti generiche con
giudizio di prevalenza rispetto alle contestate
aggravanti, era però pervenuta ad una pena che si
discostava molto dal minimo edittale, omettendo di
specificarne le ragioni e le argomentazioni seguite.
che,
affermato
dopo
avere
Alfredo,
Telesco
contrariamente a quanto ritenuto nella sentenza
impugnata, l’appello da lui proposto era pienamente
ammissibile e dello stesso si doveva tenere conto
anche nel giudizio di legittimità, ha censurato la
sentenza impugnata per i seguenti motivi:
1)art.606, comma 1 lett.c) c.p.p.- inosservanza delle
norme processuali stabilite a pena di nullità,
inutilizzabilità e decadenza -. Secondo la difesa
erano inutilizzabili i risultati delle intercettazioni
disposte con RIT n.187/02 a-b-c e d sull’utenza IMEI
n.350302991276250 in uso a Gargiulo Antonio, stante il
mancato deposito nel fascicolo da parte del pubblico
ministero degli atti di indagine allegati
all’annotazione di P.G. CC Rono Cagliari del 4.11.2002
e cioè dei relativi decreti autorizzativi, nonché dei
supporti informatici contenenti le conversazioni
registrate. Secondo la difesa era inidoneo a
supportare la validità del presente motivo di ricorso
il deposito tardivo effettuato dal Procuratore
generale solo il 5 giugno 2012 (quando ormai aveva
avuto inizio il processo di appello), dimostrando
inequivocabilmente la denunciata inosservanza delle

Gargiulo Maria censurava la sentenza impugnata per i
seguenti motivi:

2) Mancanza, contraddittorietà o manifesta illogicità
della motivazione ex art.606, comma 1, lett.e) c.p.p..
Secondo la difesa il quadro indiziario non era
univoco. Infatti la Corte territoriale si era
uniformata alla pronuncia emessa nel giudizio di primo
grado, che aveva basato la condanna principalmente
sulla chiamata in correità proveniente dal coimputato
“collaborante” Gargiulo Antonio, pur avendo ritenuto
l’intrinseca inattendibilità del predetto
collaboratore. Secondo la difesa inoltre le
conversazioni telefoniche tra il ricorrente e i
coimputati Antonio e Maria Gargiulo dimostravano come
le stesse fossero al più finalizzate alla consumazione
del delitto di cui al capo 2 (giudicato separatamente
con la richiamata sentenza del GUP del Tribunale di
Cagliari del 3 febbraio 2004, irrevocabile il 20
settembre 2004). Quindi poteva al massimo ritenersi
che il Telesco avesse fornito il proprio contributo
all’illecito consumatosi nel mese di settembre del
2002, non essendo rilevabile nessun elemento
sistematico di una sua compenetrazione in un presunto
organismo super-individuale quale quello descritto nel
capo di imputazione, né alcun elemento per cui potesse
essergli ascritto il ruolo di vertice di tale
organismo.
Bambino Roberto ha censurato la sentenza impugnata per
i seguenti motivi:
1)Mancanza di motivazione relativamente alla questione
della nullità della documentazione bancaria
sequestrata a causa dell’omesso avviso di deposito,
questione che già era stata sollevata nel giudizio di
primo grado e riproposta nell’atto di appello.
Lamentava sul punto la difesa che tale omissione
l’aveva privata della possibilità di esaminare gli
atti e di proporre istanza di riesame. Sosteneva sul
punto che la finalità della disposizione di cui
all’art.366 c.p.p. non è soltanto quella di consentire
al soggetto legittimato la possibilità di azionare il
controllo del provvedimento con lo strumento del
riesame, in quanto la finalità della norma è anche
quella di conferire all’indagato la possibilità di
valutare ai fini difensivi il compimento degli atti di
indagine.
2)Inosservanza di norma processuale stabilita a pena di
inutilizzabilità (art.606, commal, lett.c) c.p.p.)
relativamente alla inutilizzabilità di comunicazioni

prescrizioni imposte dal codice di procedura penale
volte a tutelare il diritto di difesa, che nella
fattispecie che ci occupa sarebbe stato
irrimediabilmente leso.

ambientali e telefoniche eseguite con R.I.T. 214/02,
232/02 e 257/02. Lamentava sul punto la difesa che nel
fascicolo processuale mancavano tutte le
registrazioni, le trascrizioni di p.g. e le
verbalizzazioni relative alle attività captative di
cui sopra, nonché i decreti; di tutti gli altri R.I.T.
invece il deposito era completo. La Corte di appello,
con ordinanza in data 22 maggio 2012, aveva ordinato
al pubblico ministero di provvedere al deposito di
nastri ed atti relativi ai predetti R.I.T. e,
all’udienza del 5 giugno 2012, il Procuratore generale
aveva tardivamente depositato nel fascicolo gli atti
relativi alle intercettazioni effettuate con
riferimento ai R.I.T. di cui sopra. Tale avvenuto
deposito da parte del pubblico ministero era però
tardivo e quindi si sarebbe integrata
l’inutilizzabilità per l’iniziale omesso deposito. La
dimostrata inesistenza tra gli atti del fascicolo del
giudizio abbreviato dell’intero materiale
(registrazioni, brogliacci-trascrizioni di p.g.,
verbalizzazioni e decreti) non poteva quindi essere
superata dal deposito, tardivo e provocato, avvenuto
durante il giudizio di appello. L’omissione del
deposito di tali atti fino al giudizio di appello
aveva infatti impedito all’imputato di conoscere gli
stessi e quindi di difendersi e pertanto ci si
troverebbe di fronte ad una inutilizzabilità
patologica e nessun effetto sanante potrebbe essere
ricollegato al successivo deposito degli atti
3)Inosservanza di norma processuale stabilita a pena di
inutilizzabilità relativamente alle intercettazioni di
comunicazioni ambientali e telefoniche eseguite con
R.I.T. 214/02, 232/02 e 257/02. Sul punto sosteneva la
difesa che le sentenze di primo e secondo grado
richiamavano nella loro motivazione allegati che, in
realtà, non erano, né sono rinvenibili nel fascicolo.
Le sentenze in questione facevano quindi riferimento
ad atti probatori inesistenti, presupponendo che gli
stessi fossero allegati all’annotazione di p.g.,
mentre essi invece non erano presenti nel fascicolo.
4)Mancanza di motivazione relativamente alla dedotta
inutilizzabilità delle intercettazioni di
comunicazioni ambientali e telefoniche eseguite con
R.I.T. 214/02, 232/02 e 257/02. Lamentava la difesa
che la Corte territoriale non aveva motivato con
riferimento alla memoria depositata il 27 luglio 2012
(allegato 15), memoria che non era tardiva in quanto
il deposito degli atti relativi ai R.I.T. di cui sopra
era avvenuta solo poco tempo prima. La predetta
memoria analizzava i vari R.I.T. separatamente, ma la
Corte territoriale non ne faceva che un cenno generico

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5)Inosservanza di norma processuale stabilita a pena di
inutilizzabilità relativamente alle intercettazioni
disposte con R.I.T. n.187/02 a-b-c-d sull’utenza IMEI
n. 350302991276250 in uso a Gargiulo Antonio.
Osservava la difesa che la Corte territoriale aveva
ritenuto infondata l’eccezione proposta con il quarto
motivo di appello relativamente a due punti: a)
attivazione dell’intercettazione al di fuori degli
impianti della Procura della Repubblica, b) difetto di
motivazione del provvedimento di convalida del G.I.P..
Sul primo punto, ad avviso della difesa, non veniva
fornita alcuna motivazione sulle eccezionali ragioni
di urgenza. Per quanto attiene al secondo punto il
decreto di autorizzazione del G.I.P. non sarebbe
esaurientemente motivato, perché il G.I.P. aveva
ricopiato pedissequamente la richiesta del pubblico
ministero.
6)Manifesta illogicità della motivazione- contraddittorietà
rispetto ad atti del procedimento- con riferimento
alla motivazione in merito alla fondatezza dell’accusa
di aver reperito il danaro necessario per il traffico
di stupefacente. Osservava la difesa che le consulenze
tecniche espletate avevano dimostrato che le entrate e
le uscite di danaro sul conto del Bambino erano in
pareggio per tutto il periodo di contestazione del
reato di cui al capo l e nemmeno esistevano nel
medesimo periodo entrate e uscite tali da far ritenere
che le stesse fossero il frutto di introiti illeciti o
fossero state determinate dall’esigenza di coprire i
costi di illeciti acquisti.
7)Mancanza di motivazione – contraddittorietà rispetto ad
atti del procedimento con riferimento alla motivazione
relativa alla intercettazione n.38 del 27 maggio 2002.
Osservava la difesa che negli atti del processo non si
rinveniva la trascrizione di tale intercettazione, che
sarebbe importantissima, secondo la sentenza
impugnata, con riguardo alle condizioni economiche del
ricorrente, mentre invece il contenuto che in sentenza
era ascritto alla intercettazione di cui sopra era
quello di altra e diversa conversazione intercettata,

e sostanzialmente non analizzava le eccezioni dedotte
nella memoria. A tal proposito la difesa deduceva
altresì la inosservanza di norma processuale stabilita
a pena di inutilizzabilità con riferimento all’art.271
c.p.p. e alle violazioni degli articoli 267, commi l e
3, c.p.p. relativamente ai R.I.T. sopra indicati. A
tal proposito sottoponeva all’attenzione di questa
Corte le stesse violazioni normative denunciate alla
Corte di appello nella memoria di cui sopra e mai da
questa valutate.

quello della conversazione n.1049 delle ore 15.21 del
15.05.2002.

8)Difetto di motivazione e violazione di legge con
riferimento alla condotta tenuta dall’imputato in
relazione al terzo viaggio compiuto per Napoli.
Secondo la difesa dalla lettura della sentenza
impugnata non si comprenderebbe quale sia stato il
contributo causale del ricorrente nell’episodio di
traffico di sostanze stupefacenti che sarebbe stato
commesso, atteso tra l’altro che l’episodio viene
descritto come avente ad oggetto un carico di ecstasy,
mentre nel capo di imputazione si parla di cocaina. La
motivazione della sentenza impugnata sarebbe altresì
illogica e in aperta contraddizione con l’esito della
perquisizione effettuata a carico del Bambino al suo
ritorno dalla Sardegna, perquisizione che aveva dato
esito negativo.
Piergiorgio Cogotti,
dopo avere affermato che,
contrariamente a quanto ritenuto nella sentenza
impugnata, l’appello da lui proposto era pienamente
ammissibile e dello stesso si doveva tenere conto
anche nel giudizio di legittimità, ha censurato la
sentenza impugnata per i seguenti motivi:
1)Illogicità della motivazione in relazione al “tempus
commissi delicti”. Lamentava sul punto la difesa che
il ricorrente era stato detenuto dal 19 ottobre 2000
al marzo 2004. Del resto, con riferimento all’episodio
del 19 ottobre 2000, il Cogotti era stato giudicato
separatamente e la Corte di Cassazione, con sentenza
del 12.03.2004, aveva annullato la sentenza della
Corte di appello del 25.02.2003 e aveva qualificato il
fatto in questione come favoreggiamento reale. Si
trattava pertanto di un dato oggettivo, del tutto
incompatibile e antinomico rispetto ai comportamenti
criminosi descritti nei capi 3 e 4 delle imputazioni;
in relazioni alle quali il Cogotti avrebbe dovuto
essere ritenuto estraneo. Sarebbe pertanto evidente
l’incoerenza della ricostruzione degli accadimenti
così come articolata nei capi 3 e 4 dell’imputazione,
in ordine alla sostenuta partecipazione del Cogotti
ad un sodalizio protrattosi per tutto il 2002 e al suo
coinvolgimento negli episodi fine consumatisi fino al
18 ottobre 2001.
con
Illogicità del ragionamento probatorio
2)
riferimento alla chiamata in correità di Paolo Lecca
esterni
riscontri
di
priva
sarebbe
che
individualizzanti. Secondo la tesi inquisitoria
infatti erano convergenti le chiamate in correità di
Lecca Paolo e di Gargiulo Antonio che la Corte
territoriale, peraltro, aveva ritenuto inattendibile.

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9
(

3)

Difetto di motivazione e violazione di legge con
riferimento alla sussunzione della condotta del
Cogotti nel primo comma dell’art.74 d.PR. 309/90.
Secondo la difesa la motivazione della sentenza
impugnata
sarebbe
contraddittoria
e
illogica
allorquando assumeva la condotta del Cogotti come
inquadrabile
nella
figura
del
promotore
dell’associazione e quella del Lecca in quella del
mero partecipe. In effetti, osservava la difesa, che
lo stesso Lecca aveva affermato di avere creato con
Cogotti una associazione finalizzata al traffico di
stupefacenti con uguali responsabilità. Il Cogotti
posizioni
mai
avuto
non
avrebbe
pertanto
verticistiche. Lamentava inoltre che il pubblico
ministero aveva sostenuto che il sodalizio criminoso,
di cui il ricorrente avrebbe avuto una posizione
verticistica, era durato fino al 2002, sebbene il
Cogotti fosse rimasto in carcere dal 2000 al 2004. Il
ricorrente inoltre non poteva avere la posizione di
finanziatore dell’associazione, dal momento che non ne
aveva i mezzi economici.

4)

Difetto di motivazione e violazione di legge con
in
sanzionatorio,
trattamento
al
riferimento
particolare alla mancata concessione delle attenuanti
generiche. Rilevava la difesa di avere evidenziato
nell’atto di appello che il Cogotti non era gravato da
precedenti specifici ed era tossicodipendente, ma la
Corte territoriale aveva parlato solo di spessore
criminale e dei precedenti che risultavano dalla
certificazione del Casellario giudiziale.

Secondo la difesa le dichiarazioni del Lecca non erano
riscontrate, al più facevano riferimento ad un
traffico di stupefacenti assolutamente irrisorio,
considerata altresì la circostanza che l’imputato era
tossicodipendente e aveva quindi bisogno della
sostanza stupefacente per il suo consumo personale.
Nelle sopra indicate dichiarazioni nessun riferimento
veniva fatto al contesto temporale, assai importante
per le argomentazioni di cui sopra, essendo stato il
Cogotti arrestato in data 19 ottobre 2000 e ritenuto
responsabile di favoreggiamento reale.

Considerato in diritto
LA CORTE DI CASSAZIONE che il ricorso
OSSERVA
proposto da Gargiulo Antonio non è fondato.
La Corte territoriale ha infatti spiegato con congrua
e adeguata motivazione le ragioni per cui non poteva

m

essere concessa al ricorrente l’attenuante di cui al
comma settimo dell’art.73 d.PR.309/90. Sul punto i
giudici di appello hanno rilevato che il percorso di
collaborazione del Gargiulo era stato tutt’altro che
lineare, coerente e disinteressato, risultando invece
motivato da intenti opportunistici e talvolta
ritorsivi, dal momento che egli cercava di alleggerire
la propria posizione processuale e quella dei suoi
familiari, e questo durante tutta la fase della sua
collaborazione, che era risultata quindi priva dei
requisiti di genuinità, spontaneità, costanza e logica
interna del racconto che valgono a contrassegnarne
l’attendibilità. Il contributo fornito da Gargiulo
Antonio era stato quindi estremamente modesto perché
era intervenuto allorquando entrambe le associazioni
criminose a lui contestate erano state ampiamente
scoperte.
Per la sussistenza di tale attenuante è infatti
necessario che risultino atti che consentano di
verificare gli effetti indicati nella norma, che
richiede che la condotta dell’imputato sia stata
efficace nel senso “di adoperarsi per evitare che
l’attività delittuosa sia portata a conseguenze
ulteriori”.
Sul punto la giurisprudenza di questa Corte (cfr.,
Cass, Sez. 6, Sent. n.8243 del 6.05.1993, Rv. 194955)
ha ritenuto che la disposizione dell’art.73 d.P.R. 9
ottobre 1990 n.309, in forza della quale sono
diminuite dalla metà a due terzi le pene per chi si
adopera per evitare che l’attività delittuosa sia
portata a conseguenze ulteriori, si applica
allorquando le dichiarazioni dell’imputato o
dell’indagato si concretizzano o in un contributo
determinante nel neutralizzare la produzione di nuovi
danni o di ulteriori delitti come conseguenze
dell’attività criminosa già posta in essere, ovvero
in una collaborazione con l’autorità di polizia o con
quella giudiziaria che consenta a tali organi di
giungere all’individuazione di grossi o abituali
fornitori o spacciatori della droga oppure alla
scoperta e alla sottrazione di importanti risorse di
capitali, sostanze e attrezzature aventi attinenza con
la produzione, il traffico e l’uso delle sostanze
stupefacenti. Ne consegue che non possono ritenersi
sufficienti, ai fini della concessione dell’attenuante
suindicata, comportamenti e ammissioni che portino
soltanto a rafforzare il quadro probatorio o soltanto
ad affrettare i risultati positivi verso i quali le
indagini siano già positivamente orientate.
Infondato è altresì il ricorso proposto da Gargiulo
Maria.

Per quanto attiene al primo motivo si osserva che la
motivazione della sentenza impugnata appare
assolutamente congrua e adeguata in punto di
responsabilità. Viene infatti evidenziato come la
partecipazione della Gargiulo al reato associativo, in
considerazione del suo operare congiunto con il
fratello Antonio e con gli altri sodali, quali
Telesco, Bambino e altri, risulta dalla lettura di
numerose intercettazioni telefoniche, che venivano
puntualmente evidenziate, la cui inequivocità
contraddiceva e smentiva ampiamente le dichiarazioni
di Antonio Gargiulo in merito al ruolo marginale avuto
dalla sorella. Dalle stesse risultava lo stretto
rapporto tra i due fratelli, funzionale all’attività
di spaccio di sostanze stupefacenti e in particolare
la circostanza che funzione precipua di Maria Gargiulo
era quella di gestire il danaro ed i rapporti con le
banche e con le persone operanti in Campania con le
quali il fratello, residente in Sardegna, non aveva
occasione di frequenti contatti. Si legge nella
sentenza impugnata che dalle conversazioni telefoniche
risultava altresì che la stessa fungeva da raccordo
con il fratello per intessere rapporti con Telesco e
altri consociati, forniva numeri di telefono,
aggiornava il fratello sugli appuntamenti, sui
problemi insorti e su ogni informazione utile alla
ricerca di nuovi canali di approvvigionamento e di
nuovi acquirenti.
Con riferimento poi al secondo motivo concernente il
trattamento sanzionatorio, si rileva che la decisione
impugnata risulta sorretta da conferente apparato
argomentativo, che soddisfa appieno l’obbligo
motivazionale. E appena il caso di considerare che in
tema di valutazione dei vari elementi per la
concessione delle attenuanti generiche, ovvero in
ordine al giudizio di comparazione e per quanto
riguarda la dosimetria della pena ed i limiti del
sindacato di legittimità su detti punti, la
giurisprudenza di questa Suprema Corte non solo
ammette la c.d. motivazione implicita (Cass., Sez.6,
22 settembre 2003 n.227142) o con formule sintetiche
(tipo “si ritiene congrua” vedi Cass., sez.6, 4 agosto
1998, Rv.211583), ma afferma anche che le statuizioni
relative al giudizio di comparazione tra circostanze
aggravanti ed attenuanti, effettuato in riferimento ai
criteri di cui all’art.133 c.p., sono censurabili in
cassazione solo quando siano frutto di mero arbitrio o
ragionamento illogico (Cass., sez.3, 16 giugno 2004
n.26908, Rv.229298). Si tratta di evenienza che
certamente non sussiste nel caso di specie, avendo la
Corte di appello di Cagliari espressamente chiarito le
ragioni in base alle quali, pur avendo riconosciuto

n

Le stesse doglianze costituivano oggetto del secondo,
del terzo e del quarto motivo di ricorso proposto da
Bambino Roberto che faceva riferimento alla pretesa
inutilizzabilità dei risultati delle intercettazioni
per gli stessi motivi disposte con altri RIT
specificatamente indicati.
Tali doglianze sono infondate.
A tal proposito i giudici della Corte territoriale
hanno rilevato che il pubblico ministero, con l’avviso
di conclusione delle indagini, aveva precisato che lo
stesso era valido “anche ai fini e per gli effetti
dell’art.268, comma 6, c.p.p., segnalando che gli atti
delle intercettazioni erano in deposito all’Ufficio
“415 bis”, ma anche che le intercettazioni erano in
deposito all’Ufficio Intercettazioni e i difensori
avevano facoltà di esaminare gli atti e ascoltare le
registrazioni (cfr. pag.279 e seguenti della sentenza
impugnata). Inoltre con la certificazione datata 27
luglio 2006, prodotta dal pubblico ministero in sede
di repliche nel giudizio di primo grado, era stato
ribadito che i nastri relativi ai RIT in contestazione
risultavano ancora in deposito presso l’ufficio
intercettazioni. I giudici d appello davano poi atto

all’imputata le circostanze attenuanti generiche con
giudizio di prevalenza rispetto alle contestate
aggravanti, era però pervenuta ad una pena che si
discostava molto dal minimo edittale.
Infondato è poi il ricorso proposto da Telesco
Alfredo.
Preliminarmente si osserva, a proposito della piena
ammissibilità dell’appello da
lui proposto,
in
contrasto con quanto sarebbe stato riconosciuto nella
sentenza impugnata, che i giudici di appello hanno
soltanto censurato dei profili di genericità dello
stesso, ma sono poi comunque entrati nel merito.
Con il primo motivo di ricorso il Telesco deduce
l’inutilizzabilità, a suo avviso patologica, dei
risultati delle intercettazioni disposte con RIT
specificatamente indicati, stante il mancato deposito
nel fascicolo da parte del pubblico ministero degli
atti di indagine allegati e cioè dei relativi decreti
autorizzativi,
nonché
dei
supporti
informatici
contenenti le conversazioni registrate. Né, secondo la
difesa,
era idoneo a mettere in dubbio la validità
del presente motivo di ricorso il deposito tardivo
effettuato dal Procuratore generale solo il 5 giugno
2012 (quando ormai aveva avuto inizio il processo di
appello), dimostrando inequivocabilmente la denunciata
inosservanza delle prescrizioni imposte dal codice di
procedura penale volte a tutelare il diritto di
sarebbe
stato
fattispecie
che
nella
difesa,
irrimediabilmente leso.

che il 3 agosto 2005 l’avv. Paolo Pilia, difensore del
Bambino, aveva fatto istanza per essere autorizzato
all’ascolto delle intercettazioni telefoniche ed
ambientali effettuate dalla polizia giudiziaria, e
cioè anche di quelle di cui la difesa lamenta
l’inesistenza. La richiesta era stata accolta ed era
stato anche nominato un consulente tecnico. Peraltro,
rilevavano i giudici di appello, era stata la difesa
che, dopo avere declinato la partecipazione alla
seduta del 13 agosto 2005 per impegni professionali,
non aveva più richiesto la fissazione di altre sedute.
I giudici hanno pertanto ritenuto che “tutte le
registrazioni, nessuna esclusa, vennero poste
integralmente a disposizione della difesa e mai
costituirono oggetto di doglianza in merito alla
parzialità del deposito ed alla mancanza specifica di
quei nastri, interrompendosi l’ascolto solo per scelta
della difesa. Pertanto, secondo la Corte di appello,
neppure poteva parlarsi di omesso avviso di deposito,
poiché sia l’avviso di conclusioni delle indagini, sia
l’attestazione dell’ufficio intercettazioni in data
27.07.2006, avevano dato atto della permanenza fisica
dei nastri presso tale ufficio, ben potendo quindi la
difesa ascoltare le registrazioni.
Il difensore del ricorrente Bambino anche in sede di
legittimità continua a sostenere la materiale
inesistenza dei nastri relativi ai RIT indicati in
ricorso, senza peraltro produrre nessuna attestazione
della segreteria del pubblico ministero da cui risulti
la veridicità di quanto affermato.
Tanto premesso si osserva che, come evidenziato nella
sentenza impugnata, che ha citato anche sul punto
pertinente giurisprudenza di questa Corte, nella
fattispecie che ci occupa, si proceduto con giudizio
abbreviato e, in tale ipotesi, il giudice può valutare
le trascrizioni sommarie compiute dalla polizia
giudiziaria circa il contenuto delle conversazioni
telefoniche oggetto di intercettazione (i cosiddetti
“brogliacci”), essendo utilizzabili ai fini della
decisione tutti gli atti che siano stati acquisiti
legittimamente al fascicolo del pubblico ministero
(cfr, sul punto Cass., sez.6, sent. n.1084/2009). La
scelta di tale rito ha determinato infatti la
acquiescenza della difesa alla utilizzabilità del
materiale probatorio in atti, compresa l’attività di
intercettazione della quale si lamenta il mancato
deposito.
In tema di giudizio abbreviato infatti sono rilevabili
le nullità assolute di cui all’art.179, primo comma,
c.p.p., ma non possono essere rilevate e dedotte le
eventuali cause di inutilizzabilità della prova se non
al momento della richiesta e del consenso.

m

Il ricorso proposto da Telesco Alfredo deve essere
quindi rigettato, in quanto infondato è anche il
secondo motivo in cui si prospetta una diversa
rilettura delle intercettazioni in punto di
responsabilità in ordine al reato associativo, non
consentita in questa sede, a fronte di una motivazione
assolutamente logica e congrua. Anche le pretese
contraddizioni nelle dichiarazioni del coimputato
“collaborante” Gargiulo Antonio nei confronti del
Telesco non assumono rilevanza a fronte del
rilevantissimo compendio probatorio a carico del
ricorrente.
Passando all’esame degli ulteriori motivi proposti dal
ricorrente Bambino Roberto, si osserva che anche il
quinto motivo è infondato.
A proposito del decreto del GIP in data 23.05.2002 che
aveva autorizzato l’operazione di intercettazione su
utenza in uso a Gargiulo Antonio sino a quel momento
sconosciuta, la Corte territoriale (cfr, pag.284 e
seguenti della sentenza impugnata) ha evidenziato,
citando anche pertinente giurisprudenza di questa
Corte sul punto, che proprio dalla natura delle
imputazioni e dallo stesso contesto del procedimento
poteva desumersi anche implicitamente la sussistenza
delle eccezionali ragioni di urgenza richieste
dall’art.268, comma 3, c.p.p. per l’esecuzione delle
operazioni mediante l’impiego di apparecchiature
diverse da quelle installate presso gli uffici della
Procura. Quanto poi al dedotto vizio di motivazione
del decreto autorizzativo del GIP, i giudici di
appello rilevavano che l’impianto motivazionale del
provvedimento era del tutto congruo e adeguato, sia
nella parte in fatto espositiva dell’articolato quadro
indiziario emergente dal lavoro investigativo
iniziale, sia per la presenza del richiamo alle
precedenti motivazioni dei decreti autorizzativi delle
intercettazioni già in corso.
Infondati sono poi il sesto e l’ottavo motivo di
ricorso in cui si lamenta un difetto di motivazione in
punto di responsabilità.
Si osserva a tal proposito (cfr. Cass., Sez.4, Sent.
n.4842 del 2.12.2003, Rv. 229369) che, nel momento del
controllo della motivazione, la Corte di Cassazione
non deve stabilire se la decisione di merito proponga
la migliore ricostruzione dei fatti, né deve
condividerne la giustificazione, ma deve limitarsi a
verificare se questa giustificazione sia compatibile
con il senso comune e con i limiti di una plausibile
opinabilità di apprezzamento; ciò in quanto l’art.606,
comma l, lett.e) c.p.p. non consente a questa Corte
una diversa lettura dei dati processuali o una diversa
interpretazione delle prove, perché è estraneo al

(

fi

Quanto affermato dalla difesa non risulta infatti
provato, né sulla base di una certificazione della
cancelleria, né sulla base di altro elemento.
Infine infondato è il primo motivo relativo alla
mancanza di motivazione con riferimento alla questione
della nullità della documentazione bancaria
sequestrata a causa dell’omesso avviso di deposito.
Sul punto la sentenza impugnata ha infatti rilevato
(cfr pag 278) che, anche a prescindere dalla sopra
indicata documentazione bancaria sequestrata, “i
risultati dell’indagine investigativa offrono
nondimeno uno spaccato del ruolo dell’appellante di
notevole spessore e che non lascia dubbi sul suo pieno
coinvolgimento, con compiti niente affatto secondari,
nell’attività associativa di narcotraffico organizzata
da Antonio Gargiulo sul versante ogliastrino”.
Infondato è infine il ricorso proposto da Piergiorgio
Cogotti.
Preliminarmente si osserva, come già argomentato con
riferimento al ricorso di Telesco Alfredo, che, a
proposito della piena ammissibilità dell’appello da
lui proposto, in contrasto con quanto sarebbe stato

giudizio di legittimità il controllo sulla correttezza
della motivazione in rapporto ai dati processuali.
Tanto premesso la motivazione della sentenza impugnata
appare logica e congrua e supera quindi il vaglio di
questa Corte nei limiti sopra indicati. La sentenza
impugnata infatti, unitamente a quella emessa dal
giudice di prime cure che, con la stessa, costituisce
un unico compendio motivazionale, ha chiaramente
evidenziato gli elementi (in particolare il complesso
delle conversazioni telefoniche intercettate) da cui è
stato desunto che il Bambino reperiva il danaro
necessario per il traffico di stupefacente,
interveniva sui prezzi e aveva pure compiti di
raccolta del danaro costituente la provvista per
acquisti illeciti di droga. Anche per quanto riguarda
il terzo viaggio da lui compiuto a Napoli, oggetto
dell’ottavo motivo di ricorso, risulta dalla lettura
della sentenza impugnata (cfr pag 296) che in tale
occasione egli era stato incaricato da Antonio
Gargiulo di ritirare lo stupefacente presso la sorella
Maria.
Assolutamente generico è poi il settimo motivo di
ricorso che fa riferimento alla intercettazione n.38
del 27 maggio 2002, che, secondo la difesa, non si
sarebbe rinvenuta negli atti del processo ove non si
rinveniva la trascrizione, intercettazione che sarebbe
importantissima, secondo la sentenza impugnata, con
riguardo alle condizioni economiche del ricorrente.

riconosciuto nella sentenza impugnata,
i giudici di
appello hanno soltanto censurato dei profili di
genericità dello stesso, ma sono poi comunque entrati
nel merito.
Passando all’esame dei motivi si osserva che infondato
appare essere il primo.
Secondo la difesa ci sarebbe infatti “bis in idem” tra
i capi di imputazione contestati al Cogotti
nell’odierno procedimento e l’imputazione concernente
il concorso dello stesso, in unione con altri, nella
detenzione a fini di spaccio, di 90 grammi di cocaina,
fatto avvenuto in Sestu il 19.10.2000, in relazione al
quale, a seguito di rinvio della Corte di Cassazione
che aveva riqualificato il fatto come favoreggiamento
reale, gli era stata applicata, su richiesta delle
parti, dalla Corte di appello di Cagliari, la pena di
mesi sei di reclusione.
Sul punto la Corte territoriale, con congrua e
adeguata motivazione (cfr pag.58 e 59), ha ritenuto
che fosse del tutto evidente, sulla base della stessa
contestazione soggettiva e della materialità del fatto
infine ritenuto, che la vicenda richiamata nulla
avesse a che vedere con i fatti oggetto del presente
procedimento, pur avendo in comune la stessa
collocazione temporale.
Per quanto poi attiene alla censura secondo cui
sarebbe incoerente la ricostruzione degli accadimenti
così come articolata nei capi 3 e 4 dell’imputazione,
in ordine alla sostenuta partecipazione del Cogotti
ad un sodalizio protrattosi per tutto il 2002 e al suo
coinvolgimento negli episodi fine consumatisi fino al
18 ottobre 2001, essendo stato egli detenuto dal 19
ottobre 2000 al marzo 2004, si osserva che il reato di
cui all’art.74 d.PR. 309/90 (capo 3) gli è stato
contestato fino al 19.10.2000, data appunto del suo
arresto e il reato di cui agli articoli 110 c.p. e 73
d.PR.309/90 è stato contestato fino al 18.10.01 (capo
4), indicandosi, peraltro, con riferimento alla
intermediazione del Cogotti nella illecita attività,
la data del 18.10.2000.
Infondato è altresì il secondo motivo di ricorso.
La Corte territoriale ha infatti indicato con
motivazione logica e assolutamente adeguata le ragioni
per cui la chiamata in correità del Lecca doveva
ritenersi attendibile sia intrinsecamente che
estrinsecamente. In particolare sono state evidenziate
la genuinità, la spontaneità, il disinteresse, la
costanza e la logica interna del racconto, ribadito e
confermato più volte, oltre le modalità con cui è
stata resa la collaborazione, senza pressioni e
condizionamenti da parte degli inquirenti.

Pi

In particolare i giudici di appello hanno messo in
rilievo la circostanza che il Lecca, diversamente dal
coimputato Antonio Gargiulo, che era chiaramente
spinto dalla volontà di contenere il più possibile la
propria responsabilità e quella dei suoi familiari, si
era deciso a collaborare in epoca non sospetta
(nell’agosto del 2001), senza conoscere i risultati
delle intercettazioni telefoniche, rispetto alle quali
aveva fornito esiti del tutto convergenti,
contribuendo in modo significativo alla ricostruzione
della vicenda associativa, alla definizione del ruolo
dei singoli e alla sua collocazione temporale.
Anche il terzo motivo di ricorso è infondato.
La Corte territoriale, che argomenta con dettagliata e
logica motivazione sulla attendibilità delle
dichiarazioni del Lecca, ha evidenziato come sulla
base delle affermazioni di quest’ultimo, pienamente
riscontrate dal contenuto delle intercettazioni
telefoniche, la posizione del Cogotti non poteva
essere qualificata nei termini di una mera
partecipazione in quanto “il costante coordinamento
tra il Cogotti e i due Gargiulo (nell’organizzazione
dei singoli affari, dei viaggi, della ricerca di
liquidità ma anche di nuovi sodali; al riguardo merita
di essere sottolineato che è il Cogotti ad introdurre
il Lecca presso i Gargiulo) ed i rilevati rapporti di
profonda confidenza (nella determinazione dei prezzi e
nella risoluzione dei problemi anche concernenti la
scarsa qualità della droga) e di complicità_
contribuiscono ad attribuire al Cogotti un ruolo
significativamente apicale e paritario rispetto a
quello di vertice proprio di Antonio Gargiulo”.
Infondato è infine il quarto motivo di ricorso con
riferimento al trattamento sanzionatorio e al diniego
delle circostanze attenuanti generiche.
Su punto, riportandosi a quanto sopra argomentato a
proposito della stessa censura proposta da altri
ricorrenti, si osserva che la Corte territoriale ha
spiegato con congrua motivazione le ragioni per cui
non ha concesso al Cogotti le attenuanti generiche e
ha confermato la pena a lui irrogata nel giudizio di
primo grado, in considerazione dell’emergere di soli
elementi negativi di valutazione e della completa
assenza di profili di positività.

P.Q.M

PI

(1g

Rigetta i ricorsi e condanna i ricorrenti ciascuno al
pagamento delle spese processuali.

Così deciso in Roma il 7.01.2013

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