Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 49810 del 23/10/2013


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Penale Sent. Sez. 5 Num. 49810 Anno 2013
Presidente: LOMBARDI ALFREDO MARIA
Relatore: SAVANI PIERO

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
COLAFIGLI MARCELLO N. IL 12/11/1953
avverso la sentenza n. 97/2013 CORTE DI CASSAZIONE di ROMA,
del 07/05/2013
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. PIERO SAVANI;
tolte/sent e le conclusioni del PG Dott. 5,0k,,i7e,
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Udit. ifdifensor Avv.;

Data Udienza: 23/10/2013

IN FATTO E DIRITTO
COLAFIGLI Marcello, ha proposto ricorso straordinario per cassazione con riferimento alla sentenza emessa dalla prima sezione di questa Corte in data 7 maggio 2013 con cui è stato dichiarato inammissibile il suo ricorso avverso il provvedimento adottato il 15 ottobre 2012 dalla Corte
d’assise di Appello di Roma quale giudice dell’esecuzione.
La Corte territoriale quale giudice del rinvio da annullamento da parte di questa Corte di una
precedente ordinanza del giudice dell’esecuzione contro cui aveva ricorso il Procuratore generale
territoriale, aveva, con ordinanza 21 ottobre 2008, applicato al COLAFIGLI, ai sensi del cpv.
dell’art. 73 c.p., la pena dell’ergastolo in considerazione del fatto che il predetto sarebbe risultato
condannato con due sentenze definitive della stessa Corte alle pene, rispettivamente, di anni 26
di reclusione e di anni 27 e giorni 15 di reclusione per due omicidi.
Avverso tale ordinanza era stato proposto ricorso per cassazione, rigettato con sentenza n.
21744/09 di questa Corte.
Veniva proposto nuovo incidente di esecuzione con richiesta di revoca della condanna
all’ergastolo, in questione, rilevando che le condanne prese in considerazione non sarebbero state
“non inferiori a 24 anni” ciascuna, in quanto il giudice dell’esecuzione avrebbe considerato due
cumuli per ciò solo superiori a 24 anni di reclusione.
L’incidente d’esecuzione veniva rigettato dalla Corte territoriale con ordinanza 15 ottobre 2012
avverso la quale era proposto ricorso per cassazione.
Questa Corte, con la sentenza oggetto di ricorso straordinario, ha dichiarato inammissibile il ricorso avverso il citato provvedimento del giudice dell’esecuzione.
Il ricorrente straordinario, che ha integrato le proprie argomentazioni con il deposito di più memorie con motivi aggiunti, denuncia l’errore di fatto e di diritto in cui sarebbe incorsa la sentenza
impugnata nel sostenere che il presofferto del detenuto non avrebbe valore ai fini del computo
della pena e del fine pena da definire, questo in contrasto con la giurisprudenza della Corte ed
anche della specifica sentenza di questa sezione che aveva riguardato la sua posizione.
Chiede poi che il ricorso in questione venga deciso della sezioni unite di questa Corte affinché
venga stabilito il principio di diritto (letteralmente) che la pena di un condannato in via definitiva deve essere sempre e solo quella residua qualora la condanna (o le condanne) inflitta nelle 3 fasi del giudizio siano a 30 anni nel massimo anche se così modificate ex art. 78 c.p.
Il ricorrente stava scontando una pena di anni trenta di reclusione quando in applicazione del
cpv. dell’art. 73 c.p. è stata erroneamente modificata nella dell’ergastolo.
Osserva pure che il limite dei 24 anni non si dovrebbe riferire alla singola condanna, ma alla pena applicata per ciascun reato e, nel caso, non si sarebbero mai verificate quelle situazioni che
avrebbero invece portato il giudice dell’esecuzione a peggiorare illegittimamente la condizione
esecutiva del prevenuto laddove ad un cumulo a pena temporanea, peraltro integralmente espiata,
avrebbe sostituito quella dell’ergastolo.
Chiede l’annullamento della decisione e la rimessione in libertà.
Osserva il Collegio che il ricorso straordinario è inammissibile.
Costante giurisprudenza (cfr. per tutte Sez. V, n. 5796 del 2013, ric. Guttadauro) condivisa dal
Collegio che non trova motivi per discostarsene, ha ritenuto che il ricorso straordinario ex art.
625 bis c.p.p., strumento utilizzabile soltanto a favore del condannato, può avere ad oggetto esclusivamente pronunce di condanna, ovvero sentenze della Corte di cassazione che rendano definitive, a conclusione del procedimento di cognizione, sentenze che applichino una sanzione penale. Trattandosi di una eccezione al principio di inoppugnabilità dei provvedimenti emessi dalla
Corte di cassazione, non è suscettibile di applicazione analogica, in forza del divieto sancito
dall’art. 14 delle disposizioni sulla legge in generale (Sez. V, 22 ottobre 2009, n. 48103, Rv.
245385; Sez. V, 8 novembre 2005; Sez. IV, 21 luglio 2009, n. 38269, Rv. 245292).
Nel caso di specie si tratta, come già rilevato, di un incidente di esecuzione e, quindi, in virtù del
principio enunciato dalla citata sentenza n. 48103 del 2009 della V sezione penale della Corte di
cassazione, il ricorso straordinario di cui all’art. 625 bis c.p.p., non è esperibile.
All’inammissibilità del ricorso consegue, ai sensi dell’art. 616 C.P.P., la condanna del ricorrente

al pagamento delle spese del procedimento e — per i profili di colpa correlati all’irritualità
dell’impugnazione — di una somma in favore della Cassa delle ammende nella misura che, in ragione delle questioni dedotte, si stima equo determinare in E. 1.000,00#.
P.Q.M.
La Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali ed al versamento di E. 1.000,00# in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso in Roma, il 23 ottobre 2013.

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