Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 49806 del 10/10/2013


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Penale Sent. Sez. 5 Num. 49806 Anno 2013
Presidente: PALLA STEFANO
Relatore: SETTEMBRE ANTONIO

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
CAPPIELLO LUIGI N. IL 18/06/1968
avverso il decreto n. 81/2012 CORTE APPELLO di NAPOLI, del
13/11/2012
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. ANTONIO
SETTEMBRE;
lette/sentite le conclusioni del PG Dott.

Uditi difensor Avv.;

Data Udienza: 10/10/2013

- Lette le conclusioni del Procuratore generale della repubblica presso la Corte di
Cassazione, che ha chiesto dichiararsi l’inammissibilità del ricorso.

RITENUTO IN FATTO

1. La Corte d’appello di Napoli, con decreto del 13/11/2012, a conferma di quello
emesso dal locale Tribunale in data 10/25 gennaio 2012, ha applicato a Cappiello
Luigi la misura di prevenzione della sorveglianza speciale di PS – con obbligo di

dicembre 1956, n. 1423, e gli ha imposto altresì la cauzione di 8.000 euro,
ritenendolo portatore di pericolosità qualificata ex art. 1 L. 575/65.

2. La misura suddetta è stata disposta a carico del Cappiello perché ritenuto
soggetto socialmente pericoloso, in quanto indiziato di affiliazione al clan Moccia,
di natura mafiosa, radicato nel napoletano. Alla base della decisione vi sono
intercettazioni telefoniche del 2002 e del 2005, trasfuse in due ordinanze di
custodia cautelare in carcere emanate nel 2006 e nel 2010 dal Giudice delle
indagini preliminari del Tribunale di Napoli.

3. Avverso il decreto suddetto ha proposto ricorso per Cassazione, nell’interesse
del proposto, l’avv. Raffaele Esposito, il quale deduce violazione di legge e
carenza di motivazione. Lamenta che il Tribunale, e poi la Corte d’appello,
abbiano tratto elementi indiziari a carico del Cappiello esclusivamente dalle sue
frequentazioni col Moccia, giustificate dal rapporto di lavoro che lo lega a lui; che
abbiano omesso ogni considerazione “degli esiti dibattimentali”, che portano ad
escludere qualsiasi relazione tra il Cappiello e il clan Moccia; che abbiano
trascurato del tutto le dichiarazioni di due collaboratori, che non hanno mai
menzionato il Cappiello nel loro esame.

CONSIDERATO IN DIRITTO

Il ricorso è inammissibile per assoluta genericità. Il ricorrente riproduce
pedissequamente i motivi d’appello ed evita accuratamente di confrontarsi con
l’analitica e completa motivazione della Corte territoriale, la quale ha spiegato
che i gravi motivi di sospetto a carico del Cappiello derivano non dalle sue
frequentazioni, ma dal contenuto di due serie di telefonate, intercorse nel 2002 e
nel 2005, dalle quali si ricava che il Cappiello è si dipendente del Moccia con
mansioni di autista, ma contemporaneamente si presta a gestire la riscossione
dei prestiti usurari nell’interesse del clan diretto dal Moccia, senza disdegnare di
rappresentare alle vittime dell’attività estorsiva le gravi consegue ze a cui vanno

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soggiorno nel comune di residenza – per anni tre, ai sensi dell’art. 4 della L. 27

incontro in caso di rifiuto di adempiere. Inoltre, è disponibile all’intestazione
fiduciaria degli immobili nell’interesse del capoclan (interposizione effettivamente
accertata in relazione ad un immobile in Cassino).
Né corrisponde a verità che i Giudici abbiano omesso di prendere in
considerazione la richiesta di acquisizione delle dichiarazioni dei due collaboratori
di giustizia specificate dal ricorrente, avendo invece chiarito che il tenore delle
conversazioni telefoniche e la loro chiarezza escludono la decisività delle richieste
acquisizioni, anche in considerazione della maggiore ampiezza del concetto di

“partecipazione” ex art. 416/bis cod. penale.
Le suddette considerazioni forniscono ampia e completa motivazione della
decisione adottata, segnalandosi per sufficienza argomentativa e completezza
del tessuto motivazionale, sicché si sottraggono sia alle censure di illogicità che
di illegittimità (la sola che, nella materia de qua, assume rilievo dinanzi a questa
Corte)
Il ricorso è pertanto inammissibile. Consegue, ai sensi dell’art. 616 c.p.p., la
condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una somma a
favore della Cassa delle ammende, che si reputck equo quantificare in C 1.000.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle
spese processuali e della somma di C 1.000 a favore della Cassa delle ammende.
Così deciso il 10/10/2013

“appartenenza” evocato dall’art. 1 della L. 575/65 rispetto a quello di

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