Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 49805 del 09/10/2013


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Penale Sent. Sez. 5 Num. 49805 Anno 2013
Presidente: MARASCA GENNARO
Relatore: DEMARCHI ALBENGO PAOLO GIOVANNI

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
RANELLA GIOVANNA N. IL 21/11/1963
avverso l’ordinanza n. 126/2013 TRIB. LIBERTA’ di BARI, del
04/02/2013
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. PAOLO GIOVANNI
DEMARCHI ALBENGO;
lette/sentite le conclusioni del PG Dott.

Uditi difensor Av ,

Data Udienza: 09/10/2013

Il Procuratore generale della Corte di cassazione, dr. Francesco Salzano,
ha concluso chiedendo il rigetto del ricorso.
Per la ricorrente è presente l’Avvocato Castelluzzo Daniela, la quale
chiede l’accoglimento del ricorso.

RITENUTO IN FATTO

1.

Il gip del tribunale di Bari, con ordinanza del 4 luglio 2011,

Ranella Giovanna, indagata per il reato di favoreggiamento e di
ricettazione in relazione all’omicidio volontario in danno di Ladisi Santa,
commesso in Santeramo, per il quale è indagata Natale Anna Maria. Con
ordinanza del 15 dicembre 2011, il tribunale del riesame di Bari ha
accolto l’appello del pubblico ministero ed ha quindi applicato la misura
cautelare della custodia in carcere. Contro la predetta ordinanza ha
proposto ricorso per cassazione l’indagata. La prima sezione penale di
questa Corte ha annullato con rinvio in ordine alla inadeguatezza della
motivazione addotta dal tribunale per ritenere le esigenze cautelari così
rilevanti da potere essere salvaguardate solo con la custodia carceraria,
senza indicazione dei concreti elementi fattuali dai quali poter presumere
la possibilità di reiterazione dei reati e senza aver preso in
considerazione la possibilità di salvaguardare le esigenze cautelari con
altre meno afflittive misure, quali la detenzione domiciliare, tenuto conto
dell’incensuratezza della ricorrente e della non estrema gravità dei delitti
alla medesima ascritti.
2.

Il tribunale di Bari ha emesso nuova ordinanza con la quale, in

parziale accoglimento dell’originario appello proposto dal pubblico
ministero, ha applicato nei confronti di Ranella Giovanna gli arresti
domiciliari.
3.

Contro l’ordinanza del tribunale del riesame di Bari propone

nuovamente ricorso per cassazione Ranella Giovanna per i seguenti tre
motivi:
a. violazione dell’articolo 274 del codice di procedura penale per
essere assenti i presupposti delle esigenze cautelari. Secondo
la ricorrente il tribunale avrebbe fatto ricorso a immotivate ed
apodittiche affermazioni circa la possibilità di ripetizione delle
condotte illecite, fondandosi su un astratto giudizio di gravità
dei fatti e tralasciando di motivare la sussistenza della
1

rigettava la richiesta di misura cautelare in carcere nei confronti di

concreta possibilità dell’indagata di reiterare presunti reati. Si
censura, poi, la mancata considerazione del tempo trascorso
dall’epoca dei fatti, risalenti al 21 gennaio 2010, e soprattutto
il fatto che durante il predetto arco temporale l’indagata è
rimasta sempre in stato di libertà e non sono mai stati
segnalati od evidenziati comportamenti lesivi, pericolosi o
potenzialmente implicanti il pericolo di attività genericamente
lesive. L’indagata è persona incensurata, senza altri

sano, che vive a tutt’oggi svolgendo l’onesta attività lavorativa
di badante.
b. Erronea applicazione dell’articolo 274, lettera A, del codice di
procedura penale e carenza di motivazione. Sotto tale profilo
la ricorrente censura la sommarietà ed illogicità della
motivazione sulla ritenuta persistenza di esigenze di cautela
connesse al pericolo di condizionamento delle fonti di prova,
tanto più che il 19 aprile 2013 è stato notificato l’avviso di
conclusione delle indagini preliminari e non vi sono fondati
motivi per ritenere persistente il concreto pericolo di
inquinamento delle prove.
c.

Violazione degli articoli 273, 274, 275 del codice di procedura
penale e 378, 648 cod. pen.. Secondo la ricorrente il tribunale
non ha illustrato i motivi per i quali è stata ritenuta adeguata
la misura degli arresti domiciliari, nè sono state individuate
circostanze specifiche in ordine alla continuità della presunta
condotta antigiuridica, facendo solo riferimento, in modo
insufficiente, alla gravità dei fatti ed alla ipotizzata capacità di
commetterli. Si contesta, inoltre, l’esistenza di un serio
quadro indiziario.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il primo motivo di ricorso è, nella sua prima parte, infondato, per
esservi nel provvedimento impugnato un’adeguata motivazione in ordine
al pericolo di reiterazione dei reati ed una specifica valutazione dello
stato di incensuratezza dell’indagata alla pagina quattro dell’ordinanza.

2

procedimenti in corso, appartenente ad un nucleo familiare

2. Anche la seconda parte del primo motivo di ricorso è infondata; nel
riesaminare le esigenze cautelari, in sede di rinvio, il tribunale ha
implicitamente tenuto conto del lungo tempo trascorso dal fatto, avendo
compiuto una valutazione attuale del pericolo di reiterazione e delle
esigenze ad esso sottese. Non a caso il tribunale ha concesso gli arresti
domiciliari, in sostituzione della originaria custodia cautelare in carcere,
così dimostrando di aver diversamente valutato le esigenze di cautela al
tempo del giudizio di rinvio.

specifica ed adeguata sul punto alla pagina tre dell’ordinanza e non
potendo questa corte rimettere in discussione una valutazione di merito
che è stata effettuata senza incorrere in evidenti vizi logici. In ogni caso,
la questione è irrilevante, dal momento che vi sono comunque le
esigenze di impedire la reiterazione del reato che sono adeguatamente
motivate e di per sé sufficienti a sostenere la misura cautelare irrogata.
4. Il terzo motivo di ricorso è inammissibile nella parte in cui si
contesta la sussistenza di un serio quadro indiziario, essendo il giudizio
di rinvio limitato alle questioni relative alle esigenze cautelari; è, poi,
infondato nella parte in cui contesta l’adeguatezza della motivazione in
ordine alla misura irrogata. Il collegio ha ritenuto di irrogare una misura
meno afflittiva della custodia carceraria dandone conto all’ultimo
capoverso della pagina quattro, ove si valuta positivamente
l’occasionalità della circostanza in cui la condotta criminosa è maturata, i
fattori emotivi e le specifiche tensioni che si collocano sullo sfondo
dell’episodio criminoso.
5. Ne consegue che il ricorso deve essere rigettato; Ai sensi dell’art.
616 c.p.p., con il provvedimento che rigetta il ricorso, la parte privata
che lo ha proposto deve essere condannato al pagamento delle spese del
procedimento.

p.q.m.

Rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese
processuali.
Così deciso il 9/10/2013

3. Il secondo motivo di ricorso è infondato, essendoci motivazione

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