Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 49803 del 09/10/2013


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Penale Sent. Sez. 5 Num. 49803 Anno 2013
Presidente: MARASCA GENNARO
Relatore: SETTEMBRE ANTONIO

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
COZZOLINO FRANCESCO N. IL 16/05/1966
BOCCIA ANNA N. IL 28/06/1974
avverso l’ordinanza n. 153/2013 TRIB. LIBERTA’ di NAPOLI, del
06/02/2013
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. ANTONIO
SETTEMBRE;
lette/sentite le conclusioni del PG Dott.

Uditi difensor Avv.;

Data Udienza: 09/10/2013

- Udito il Procuratore generale della repubblica presso la Corte di Cassazione, dr.
Francesco Salzano, che ha concluso per il rigetto del ricorso.

RITENUTO IN FATTO

1. Con decreto del 28/12/2012 il Giudice delle indagini preliminari del Tribunale
di Napoli disponeva, ai sensi dell’art. 321/2 cod. proc. pen. e dell’art. 12-sexies
D.L. 8 giugno 1992, n. 306, conv. con mod. dalla L. 7 agosto 1992, il sequestro

importo di finanziamenti, polizze via, quote di proprietà di terreni, quote
societarie, conti di deposito, ecc.), appartenenti a Cozzolino Francesco o alla
moglie Boccia Anna, ma comunque nella disponibilità effettiva del Cozzolino,
indagato per associazione a delinquere di stampo mafioso (clan Fabbrocino
operante nell’interland napoletano) ed estorsione.

2. Avverso tale provvedimento proponeva richiesta di riesame il difensore di
Cozzolino e Boccia, protestando l’assenza dei presupposti per l’applicazione della
misura.

3. Il Tribunale del riesame di Napoli, con ordinanza del 6/2/2013, confermava il
suddetto decreto di sequestro. Rilevava, quanto ai presupposti applicativi della
misura, che il fumus commissi delicti era provato dall’emissione, a carico del
Cozzolino, della misura di custodia cautelare in carcere, emessa dallo stesso
Giudice delle indagini preliminari del Tribunale di Napoli e confermata dal
Tribunale del riesame in data 22-1-2013.
La disponibilità dei beni in capo al Cozzolino era provata anch’essa dagli
accertamenti effettuati e compendiati nell’ordinanza di custodia cautelare.
Infine, la sproporzione tra il valore dei beni sottoposti a sequestro e la capacità
reddituale del Cozzolino e della moglie era provata dagli accertamenti effettuati
presso l’anagrafe tributaria, nonché dall’assenza di indicazioni, provenienti dai
sequestrati, circa fonti alternative di reddito.

4. Contro l’ordinanza suddetta ha proposto ricorso per Cassazione, nell’interesse
di Cozzolino Franco e Boccia Anna, l’avv. Giuseppe Siciliano, lamentando la
violazione dell’art. 12/sexies D.L. 306/92, per assenza del requisito della
sproporzione, e dell’art. 125 cod. proc. pen., per assenza di motivazione.
Lamenta che la decisione sia frutto di una lettura parziale e travisata dei dati di
indagine, in quanto i giudici non hanno tenuto conto, nel valutare la sproporzione
tra redditi e beni, del ricorso al credito commerciale, fatto dal Cozzolino, e
dell’investimento nell’azienda della “quasi totalità dei margini d . guadagno
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preventivo di una molteplicità di beni (autoveicoli, carte di credito, conti correnti,

societari”, come comprovato dalla “enorme mole di cambiali prodotte in udienza
camerale” e dal volume dei ricavi realizzati negli anni. Lamenta che i giudici
abbiano dato credito a “chiacchiere da bar” acquisite con le intercettazioni
telefoniche.

CONSIDERATO IN DIRITTO

Il ricorso è inammissibile per totale genericità.

colpevolezza, si rileva che il Tribunale ha compiutamente motivato in ordine agli
ulteriori requisiti della misura: la sproporzione tra i beni sequestrati e il reddito
dichiarato ai fini delle imposte sul reddito e rispetto all’attività economica; la
mancata giustificazione della legittima provenienza dei beni.
Infatti, la sproporzione tra il valore dei beni sottoposti a sequestro e la
capacità reddituale del Cozzolino e della moglie è provata – nel motivato
argomentare del Tribunale – dagli accertamenti effettuati presso l’anagrafe
tributaria, dai quali è emerso che il Cozzolino non ha dichiarato alcun reddito dal
1989 al 2002 (nel 1998 dichiarò una perdita di £ 9.613.000), mentre la moglie
ha dichiarato, nello stesso periodo, redditi irrisori (in media, poco più di mille
euro l’anno). Tuttavia, negli anni 2002-2003 i due hanno effettuato rilevanti
investimenti (per 151.912 euro nel solo anno 2002) nella società I.C.S. International Commerciai Service – srl, operante nel settore dei derivati del
latte, ed hanno accumulato un consistente patrimonio in terreni e fondi.
Da qui la motivata conclusione – in assenza di spiegazione alternativa,
proveniente dai sequestrati – che si tratta di acquisti ingiustificati, costituenti il
frutto di una illecita accumulazione; circostanza, questa, provata anche dagli
esiti delle intercettazioni telefoniche (in particolare, quella del 22/5/2009, nel
corso della quale, Sasso Giovanni e Caliendo Giuseppe, nel ripercorrere lo
sviluppo della fortuna imprenditoriale di Cozzolino Franco, divenuto imprenditore
caseario da garzone di bar, evidenziano come lo stesso si sia imposto nel settore
grazie alla sua parentela col capoclan Bifulco Biagio, di cui era divenuto cognato.
I due, discutendo della riscossione dei ratei estorsivi, evidenziano la circostanza
che Cozzolino intenda servirsi di quei fondi per l’acquisto del latte, materia prima
del caseificio).
Trattasi di motivazione congrua e logica, pienamente giustificativa della
conclusione cui è pervenuta, siccome contraddetta solo da generiche
affermazioni, prive di riscontro. Il difensore dei ricorrenti si appella, infatti, ad un
“credito commerciale” di cui non indica l’ammontare, né l’epoca di erogazione, e
di “guadagni” reinvestiti nell’azienda anch’essi imprecisati nella misura e
nell’epoca di realizzazione. Del tutto inconferente, poi, è il riferime to al volume

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Premesso che i ricorrenti non contestano la sussistenza dei gravi indizi di

dei ricavi degli anni successivi al 2003, posto che gli acquisti addebitati ai
ricorrenti sono di epoca precedente. Né soccorre, a tal fine, il rinvio “agli atti
dell’udienza camerale”, posto che questa Corte non ha accesso agli atti.
Corretta è, pertanto, la conclusione che nessuna indicazione plausibile sia stata
data intorno alla provenienza (legittima) dei beni.
A tanto deve conseguire la dichiarazione di inammissibilità del ricorso e la
condanna dei ricorrenti al pagamento delle spese processuali.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna ciascun ricorrente al pagamento
delle spese processuali e della somma di € 1.000 a favore ella Cassa delle
Ammende.
Così deciso il 9/10/2013

P.Q.M.

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