Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 49794 del 20/09/2013


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Penale Sent. Sez. 5 Num. 49794 Anno 2013
Presidente: ZECCA GAETANINO
Relatore: VESSICHELLI MARIA

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
PERSPICACE FRANCESCO N. IL 01/01/1960
avverso l’ordinanza n. 563/2012 CORTE APPELLO di BRESCIA, del
13/04/2012
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. MARIA VESSICHELLI;
lette/s ite le conclusioni del PG Dott.
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I
CLUA-1-2-1-4’27 4,

Udit i difensor Avv.;

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Data Udienza: 20/09/2013

FATTO E DIRITTO
Propone ricorso per cassazione Perspicace Francesco, avverso la ordinanza della Corte d’appello di Brescia
in data 13 aprile 2012, con la quale è stata dichiarata inammissibile l’istanza di revisione della sentenza di
condanna alla pena di anni 16 di reclusione, per i reati di tentato omicidio e violazione della legge sulle
armi, emessa dalla Corte d’appello di Milano il 20 gennaio 2004 e divenuta definitiva, a seguito di rigetto
del ricorso con sentenza della prima Sezione della Cassazione, in data 14 luglio 2005.
La Corte d’appello ha posto in evidenza come le prove nuove prospettate dal richiedente fossero in realtà
del tutto incapaci di porre in discussione la tenuta del cospicuo materiale probatorio utilizzato a carico del

Deduce il ricorrente
la violazione dell’articolo 606 lettera e) cpp.
Egli ha lamentato come la Corte d’appello avesse valutato “in malam partem” le osservazioni
contenute nella richiesta di revisione e concernenti essenzialmente il rilievo che la condanna
avrebbe poggiato su un apparato argomentativo caratterizzato da carenze logiche e da
incongruenze.
Secondo il ricorrente il giudice della revisione avrebbe dovuto riconoscere che la sentenza non si
fondava sul requisito della “certezza processuale” e non era stata resa oltre ogni ragionevole
dubbio.
Il principio della presunzione di innocenza doveva, secondo il ricorrente, essere fatto rivivere alla
luce del contenuto della perizia fonica offerta, espletata con nuove tecniche.
Con motivi fatti pervenire il 30 maggio 2012, a firma del difensore, questi ha dedotto la violazione
dell’articolo 631 Cpp sostenendo che la Corte d’appello avrebbe dovuto emettere il decreto di
citazione ai sensi dell’articolo 636 cpp e illustrando le ragioni per le quali il materiale probatorio
descritto nell’ordinanza impugnata non sarebbe sufficiente comunque a sostenere l’impianto
accusatorio.
Il Procuratore generale presso questa Corte, con requisitoria scritta, ha richiesto la declaratoria di
inammissibilità del ricorso.
Il 23 febbraio 2013 l’imputato ha fatto pervenire osservazioni in replica alle richieste del
Procuratore generale.
Il ricorso è inammissibile.
Deve brevemente ricordarsi la consolidata e condivisa giurisprudenza di questa Corte che ha
osservato come , ai fini dell’accoglimento o meno della richiesta di revisione, la prova incerta o
contraddittoria, al pari della esistenza di dubbi su di esse, debbono — indubbiamente- essere
interpretate in senso favorevole per l’imputato.
È rimasto, però, fermo nella nuova disciplina del codice di rito, il divieto, per il giudice della
revisione, di procedere ad una nuova valutazione delle prove che sono state oggetto di esame nel
corso del giudizio di merito, se non nel caso in cui ciò sia reso necessario della sopravvenienza o
della scoperta di nuove prove, suscettibili di essere valutate in unione alle prime.

ricorrente,a fondamento della pronuncia di condanna.

Pertanto, poiché le cosiddette prove storico-rappresentative, categoria cui appartiene la
testimonianza ( o le dichiarazioni dei collaboratori), sono oggetto di apprezzamento da parte del
giudice di merito, una volta che, all’esito dell’apprezzamento di tale prova, queste abbiano
concorso a formare il libero convincimento del giudice, solo la dimostrazione (positiva) della falsità
di essa è suscettibile di essere utilizzata come supporto di una richiesta di revisione della sentenza,
e non già il mero dubbio postumo della sua affidabilità (Sez. 1, Sentenza n. 1534 del 13/01/1992
Ud. (dep. 14/02/1992) Rv. 191113).
Nel caso di specie la Corte territoriale ha espresso un giudizio di assoluta non rilevanza e incapacità
delle prove nuove offerte dal richiedente la revisione, di inficiare o indebolire seriamente la
compendiato nella formula della inammissibilità della richiesta per manifesta infondatezza.
La Corte ha infatti evidenziato che le prove valorizzate nella sentenza di condanna ( convergenti
chiamate in reità operate da D’Agosta Gianfranco e Perpicace Cristian; contenuto di almeno due
rilevanti telefonate tra D’Agosta e il coimputato del ricorrente Calaiò; analisi di tabulati telefonici;
fallimento della linea difensiva dell’imputato) erano solide e apparivano ictu oculi non contrastabili
per effetto delle emergenze rappresentate nella richiesta di revisione ( perizia fonica sulla
riferibilità delle voci di cui alle intercettazioni; impossibilità di ricondurre le chiavi ritenute
appartenere all’auto del ricorrente, alla BMW effettivamente da quello posseduta), invero attinenti
a particolari non decisivi.
Tale coerente ragionamento è stato sottoposto a critica dai ricorrenti con argomenti non
riconducibili alla regola di giudizio secondo cui le nuove prove offerte al giudice della revisione
debbono essere tali da dimostrare, anche in unione a quelle già valutate, che il condannato deve
essere prosciolto.
Ed infatti i ricorrenti hanno concentrato il loro dire sul rilievo della scarsa tenuta delle prove che il
giudice del merito e poi quello della legittimità hanno invece sottoposto a vaglio e ritenuto , con
sentenza definitiva, capaci del contrario, senza che un simile verdetto , divenuto oggetto di cosa
giudicata, possa essere, in sé, suscettibile di nuova discussione e disamina.
Invece non risulta affrontato e tantomeno sostenuto adeguatamente il tema della capacità delle
nuove prove offerte, di ribaltare il giudizio di condanna.
In tale prospettiva i ricorrenti non aggrediscono la specifica motivazione della Corte territoriale che
ha posto in evidenza come la perizia fonica non concluda per un eventuale erroneità delle
conclusioni raggiunte nella sentenza di condanna ma per una diversa percentuale di attendibilità:
ossia per un giudizio probabilistico che è altra cosa rispetto alla dimostrazione del falso che
dovrebbe concernere una delle prove fondanti acquisite.
Anche la non congruenza delle chiavi sequestrate con l’auto del condannato è stata definita
eventualità dal significato equivoco ai fini della ricostruzione della vicenda così come effettuata
sulla base di altre e univoche emergenze.
Deve pertanto trovare pieno accoglimento la richiesta del Procuratore generale di declaratoria di
inammissibilità del ricorso.
Alla inammissibilità consegue, ex art. 616 cpp, la condanna del Perspicace al versamento, in favore
della cassa delle ammende, di una somma che appare equo determinare in euro 1000.
PQM
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente PApicace al pagamento delle spese del
procedimento ed a versare alla cassa delle ammende la somma di euro 1000.
Così ciso il 20 settembre 2013
Il P sidente

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il

est.

giustificazione probatoria della condanna pronunciata a carico del Perspicace: giudizio

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