Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 49791 del 06/11/2013


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Penale Sent. Sez. 5 Num. 49791 Anno 2013
Presidente: FERRUA GIULIANA
Relatore: DEMARCHI ALBENGO PAOLO GIOVANNI

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
CITTERIO DANIELE GIUSEPPE N. IL 17/03/1965
avverso la sentenza n. 6744/2008 CORTE APPELLO di MILANO, del
19/06/2012
visti gli atti, la sentenza e il ricorso
udita in PUBBLICA UDIENZA del 06/11/2013 la relazione fatta dal
Consigliere Dott. PAOLO GIOVANNI DEMARCHI ALBENGO
Udito il Procuratore Generale in persona del Dott.
che ha concluso per

Udito, per la parte civile, l’Avv
Uditi difensor Avv.

Data Udienza: 06/11/2013

Il Procuratore generale della Corte di cassazione, dr. Gioacchino Izzo, ha
concluso chiedendo dichiararsi l’inammissibilità del ricorso.
Per il ricorrente è presente l’Avvocato Peronetti, il quale chiede
l’accoglimento del ricorso.

RITENUTO IN FATTO

1.

Citterio Daniele Giuseppe è imputato di bancarotta fraudolenta

dichiarato dal tribunale di Monza il 7 aprile 2003.
2.

Il tribunale di Monza lo ha condannato per i reati ascritti (meglio

specificate le condotte nella motivazione della sentenza) alla pena di
anni quattro e mesi sei di reclusione, nonché al risarcimento dei danni in
favore della parte civile. La Corte d’appello di Milano ha confermato
integralmente la sentenza di primo grado.
3.

Citterio Daniele Giuseppe propone ricorso per cassazione per i

seguenti motivi, lamentando complessivamente gravi carenze di
motivazione:
a. violazione di legge e vizio di motivazione, con travisamento
della prova, in ordine alla ritenuta qualifica di amministratore
di fatto. Secondo la difesa ricorrente la Corte d’appello di
Milano avrebbe affermato tale qualifica con argomentazioni
del tutto inconferenti, disambientate, illogiche. Richiamate
alcune pronunce di giurisprudenza e riportati brevi stralci delle
prove testimoniali, la difesa conclude per la illogicità della
motivazione di appello, relativamente all’esistenza di più
società riconducibili a soggetti uniti da legame di parentela,
che intrattenevano rapporti incrociati.
b. Vizio di motivazione e violazione di legge in ordine alla
sussistenza delle condotte distrattive. Secondo la difesa
ricorrente la Corte d’appello, avendo ritenuto che le attività
distrattive siano di minore intensità rispetto a quanto
ipotizzato nel capo di imputazione, non avrebbe dovuto
confermare la sentenza, ma procedere ad una diversa
descrizione della fattispecie, con ogni conseguenza anche in
termini di determinazione della pena, che invece è rimasta
immutata. La Corte, poi, avrebbe completamente omesso di
motivare sul perché ha ritenuto più attendibile la ricostruzione

1

patrimoniale e documentale in relazione al fallimento della Blutech srl,

del curatore rispetto a quella effettuata dalla difesa a mezzo di
consulente tecnico.
c. Violazione di legge e vizio di motivazione, con travisamento
della prova, in ordine alla sottrazione-occultamento della
contabilità. Afferma il ricorrente che la contabilità è sempre
rimasta presso la sede della società, in quanto contenuta nel
personal computer presente nei locali al momento del
fallimento (si trattava, precisa la stessa difesa, di computer

denominata SILL) e che la semplice mancata consegna non
può integrare il reato di sottrazione-occultamento, che implica
una condotta attiva.
d. Vizio di motivazione con riferimento alla falsificazione delle
scritture contabili; sotto tale profilo si censura la incongruità
del capo C dell’imputazione, laddove afferma che la
registrazione

di

costi

inesistenti

era

funzionale

all’occultamento della perdita del capitale sociale. Lamenta,
poi, che le appostazioni di ricavi inesistenti sono relative agli
anni 1997, 1998 e 1999, in cui amministratore era Songia
Roberta.
e. Mancanza di motivazione e violazione di legge con riferimento
alla prova dell’elemento soggettivo della bancarotta
documentale.
f.

Violazione di legge e vizio di motivazione in ordine alla
mancata concessione delle circostanze attenuanti generiche e
alla commisurazione della pena.

Con memoria depositata il 21 ottobre 2013, il ricorrente ha allegato un
nuovo motivo di ricorso, deducendo l’assenza di motivazione e la
violazione di legge con riferimento alla sussistenza dell’elemento
soggettivo della bancarotta fraudolenta patrimoniale e del nesso
eziologico tra le condotte ed il fallimento.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il ricorso è parzialmente fondato, nei termini che seguono.

2

che però erano già stati venduti ad un’altra società,

2.

Il primo motivo di ricorso, pur denunciando formalmente violazione di
legge, costituisce, con tutta evidenza, reiterazione delle difese di
merito già disattese dai Giudici di appello, oltre che censura in punto
di fatto della sentenza impugnata, inerendo esclusivamente alla
valutazione degli elementi di prova ed alla scelta delle ragioni
ritenute idonee a giustificare la decisione, cioè ad attività che
rientrano nel potere discrezionale del giudice di merito, il cui
apprezzamento è insindacabile in sede di legittimità se sorretto,

da vizi logico-giuridici (cfr. pagg. 4 e 5 della sentenza). Quanto al
lamentato travisamento della prova – e le considerazioni seguenti
valgono anche per gli altri motivi di ricorso in cui è stato dedotto affinchè questa Corte possa esaminare la relativa questione, il
ricorrente deve farne una precisa e specifica individuazione tra gli atti
del processo, indicando, con assoluto rigore, la sua precisa
collocazione “topografica”; solo in tal caso è possibile al giudice di
legittimità esaminare quell’atto e procedere all’annullamento della
sentenza, ove sia rilevata l’esattezza della deduzione del ricorrente
(sez. VI, 13 marzo 2009, n. 26149). Nel caso di specie la censura è
assolutamente generica e riferibile più ad una valutazione probatoria
che non ad un errore percettivo della prova. Si deve, poi, rilevare che
il vizio di “travisamento della prova” può essere dedotto solo
nell’ipotesi di decisione di appello difforme da quella di primo grado,
in quanto nell’ipotesi di doppia pronuncia conforme il limite del
“devolutum” non può essere superato ipotizzando recuperi in sede di
legittimità, salva l’ipotesi in cui il giudice di appello, al fine di
rispondere alle critiche contenute nei motivi di gravame, richiami atti
a contenuto probatorio non esaminati dal primo giudice (sez. II, 28
maggio 2008, n. 25883).
3.

Il secondo motivo di ricorso è fondato nella parte relativa al
trattamento sanzionatorio; in effetti, se – come si afferma nella
sentenza di appello – gli episodi distrattivi sono minori come numero
e anche come importo delle distrazioni, tale circostanza dovrebbe
rilevare ai fini della dosimetria della pena e quindi la Corte avrebbe
dovuto o diminuire la pena inflitta o, in caso contrario, quantomeno
evidenziare il ragionamento che giustificava il mantenimento
dell’originario trattamento sanzionatorio, pur essendo meno grave il
fatto. Tutto ciò manca nella sentenza impugnata, che, pertanto, deve
essere restituita al giudice a quo per la relativa emenda.

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come nel caso in esame, da adeguata e congrua motivazione esente

4.

Il terzo motivo di ricorso è manifestamente infondato, sia perché
basato su una premessa di fatto (la reale sussistenza, completezza e
regolarità della contabilità all’interno del computer ceduto alla SILL)
che non può essere oggetto di revisione in sede di legittimità (si veda
la pagina 5 della sentenza), sia perché non spettava al curatore
andare a ricercare i libri contabili, tanto più se conservati all’interno
di un computer che era stato precedentemente ceduto a terzi.
Quanto alla doglianza relativa all’occultamento della contabilità, che

fallimentare (che parla di sottrazione e non di occultamento), trattasi
di censura rivolta contro il capo di imputazione e non contro la
sentenza e come tale è inammissibile.
5. Il quarto motivo di ricorso contiene una censura che, ancora una
volta, non è rivolta tanto verso la sentenza di appello, quanto contro
la formulazione del capo di imputazione; la sentenza impugnata
condivide, invero, le perplessità del ricorrente, ma specifica che in
ogni caso vi fu una contabilità non regolare e ciò è più che sufficiente
per l’integrazione del reato contestato al capo C, dal momento che,
indipendentemente dallo scopo perseguito con le false annotazioni, la
contabilità fu comunque tenuta in maniera da non consentire la
ricostruzione del patrimonio e del movimento degli affari (condotta
espressamente contestata in via alternativa nel predetto capo C
dell’imputazione). Quanto al riferimento temporale, di nuovo si cerca
di mettere in discussione un elemento di fatto (la gestione effettiva in
capo all’imputato dal 97 al 99) che non può invero essere oggetto di
revisione davanti alla Corte di Cassazione, a fronte di motivazione
priva di evidenti vizi logici sul punto.
6. Il quinto motivo di ricorso lamenta la totale assenza di motivazione
in ordine alla mancata prova dell’elemento psicologico della bancarotta
documentale, nonostante uno specifico motivo di appello sul punto. Va
premesso che non risulta, dalla incontrastata premessa della sentenza di
appello (pagine 3 e 4), che vi fosse uno specifico motivo di appello.
Un’analisi del fascicolo ha permesso di appurare, comunque, che il
motivo sul dolo era oltre modo generico (cfr. pag. 26 dell’atto di appello)
e, dunque, inammissibile; ne consegue che anche l’odierna doglianza è
inammissibile (“In tema di ricorso per cassazione, non costituisce causa
di annullamento della sentenza impugnata il mancato esame di un
motivo di appello che, per la sua assoluta indeterminatezza e genericità,

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non risulterebbe punito ai sensi dell’articolo 216 della legge

doveva essere dichiarato inammissibile”; sez. VI, 07 aprile 2009, n.
17891).
7. Il sesto motivo è inammissibile perché rivolto contro le valutazioni
di merito che sono state condotte nel rispetto della normativa di legge e
che sono state corredate di adeguata motivazione, secondo gli
insegnamenti di questa Corte.
8. I motivi aggiunti sono inammissibili in quanto tardivi; I “motivi

generale contenuta nell’art. 585 c.p.p., comma 4, devono, infatti, avere
ad oggetto i capi o i punti della decisione impugnata che sono stati
enunciati nell’originario atto di gravame (cfr. ex plurimis Sez. U. del 25
febbraio 1998, Bono, RV. 210259; Sez. 3^ del 22 gennaio 2004, Sbragi,
RV. 228525; Sez. 2^ del 4 novembre 2003, Marzullo, RV. 226976) e
devono semplicemente specificare la doglianza tempestivamente
presentata, non potendosi risolvere nella prospettazione di nuovi vizi (in
argomento v. Sez. 1^ del 30 settembre 2004, Burzotta, RV. 230634;
Sez. 1^, n. 40174 del 2009; Sez. 6″, n. 27325 del 20/05/2008, Rv.
240367, D’Antino). Occorre precisare che la legge consente la
presentazione di motivi nuovi e i motivi non sono altro che le ragioni che
sostengono una certa domanda; nel ricorso per cassazione le domande
si identificano con le specifiche censure che vengono mosse al
provvedimento impugnato e che identificano i vizi da cui il
provvedimento è potenzialmente affetto. Consentendo la proposizione di
nuovi motivi, ma non di nuove censure, la legge ammette che possano
essere portati nuovi argomenti a sostegno di una specifica censura, ma
non consente, invece, che possano essere indicate censure del tutto
nuove, mai indicate in precedenza (cfr. Sez. 5, n. 14991 del 12/01/2012,
Strisciuglio, Rv. 252320). I motivi aggiunti consentiti dalla legge,
dunque, sono solo quelli che costituiscono una specificazione ed una
nuova argomentazione a sostegno di quelli tempestivamente depositati
(cfr. Sez. 5, n. 14991 del 12/01/2012, Strisciuglio, Rv. 252320). Nel
caso di specie si tratta di censure del tutto nuove, mai sollevate in
precedenza.

p.q.m.

5

nuovi” a sostegno dell’impugnazione, previsti nella disposizione di ordine

Annulla la sentenza impugnata – limitatamente all’ammontare della
pena inflitta – con rinvio per nuovo esame sul punto ad altra sezione della
Corte d’appello di Milano. Dichiara, nel resto, inammissibile il ricorso.
Così deciso il 6 novembre 2013

sore

Il Presidente

Il Consiglier

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