Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 49790 del 25/06/2013


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Penale Sent. Sez. 5 Num. 49790 Anno 2013
Presidente: MARASCA GENNARO
Relatore: GUARDIANO ALFREDO

SENTENZA

sui ricorsi proposti da
Preg liasco Maurizio, nato a Savona il 15.2.1949, e da Sampelle g rini
Francesco Au g usto, nato a Garlasco il 3.9.1932, avverso la sentenza
pronunciata dalla corte di appello di Milano il 4.11.2011 ;
visti g li atti, il provvedimento impu g nato ed i ricorsi ;
udita la relazione svolta dal consi g liere dott. Alfredo Guardiano ;
udito il pubblico ministero nella persona del sostituto procuratore
g enerale dott. Antonio Mura, che ha concluso per l’inammissibilità dei

ricorsi ;
uditi per il Sampelle g rini, il difensore di fiducia, avv. Bruno Del Papa,
che ha concluso, chiedendo l’acco g limento del ricorso.

Data Udienza: 25/06/2013

FATTO E DIRITTO

1. Con sentenza pronunciata il 4.11.2011 la corte di appello di Milano
confermava la sentenza con cui il tribunale di Milano, in data 5.11.2004
aveva condannato alle pene ritenute di giustizia tra gli altri, Pregliasco

Maurizio e Sampellegrini Francesco Augusto nelle qualità, il primo, di
amministratore unico, presidente del consiglio di amministrazione d
amministratore di fatto, in periodi diversi, della società “ELLEACCA
HOLDING s.r.l.”, dichiarata fallita il 10.5.1994, per i reati di cui agli artt.
110, c.p, 216, co. 1, n. 1, 223, I. fall. (capo A); 223, co. 2, n. 2, I. fall.
(capo B), nonché di amministratore di fatto della società “Promotion
s.r.l.”, già “Leader Promotion s.r.l.”, dichiarata fallita il 21.6.1994, per il
reato di cui agli artt. 110, c.p., 216, co. 1, n. 1 e n. 2, 223, I. fall. (capo
F) e di presidente del consiglio di amministrazione della società
“Ventasso Village Finanziaria s.r.l.”, dichiarata fallita il 25-26.9.1995,
per il reato di cui agli artt. 110, c.p., 216, co. 1, n. 1 e n. 2, 223, I. fall.
(capo G); il secondo di amministratore delegato della menzionata
“Ventasso Village Finanziaria s.r.l.”, per il reato di cui agli artt. 110, c.p.,
216, co. 1, n. 1 e n. 2, 223, I. fall.
2. Avverso tale sentenza, di cui chiedono l’annullamento, hanno
proposto autonomi ricorsi per Cassazione entrambi gli imputati, a mezzo
dei loro rispettivi difensori di fiducia, articolando distinti motivi di
impugnazione.
3. Il Pregliasco deduce, in particolare, un unico motivo di impugnazione,
lamentando violazione di legge e vizio di motivazione della sentenza
impugnata in ordine alla mancata concessione in suo favore delle
circostanze attenuanti generiche, con giudizio di prevalenza sulle
ritenute circostanze aggravanti, che, ove riconosciuto, avrebbe
determinato, come per il coimputato Bertuzzi, l’estinzione dei reati in
addebito per intervenuta prescrizione, rilevando come la corte
territoriale si sia limitata a fare riferimento, al fine di rigettare la
richiesta difensiva sul punto, solo alla gravità dei fatti ed alla sussistenza

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a suo carico di precedenti penali, senza considerare “le contingenze che
nel corso della vicenda lo hanno portato al dissesto finanziario”.
4. Il Sampellegrini deduce due motivi di ricorso.

5. Con il primo il ricorrente lamenta il vizio di motivazione della sentenza
impugnata, con riferimento sia ai fatti di bancarotta fraudolenta

documentale.
5.1 Rileva, in particolare, l’imputato che la corte territoriale non ha
motivato in ordine alle ragioni per cui i fatti di distrazione sarebbero
addebitabili al Sampellegrini, il quale, peraltro, non ha conseguito illeciti
arricchimenti nel periodo in cui è stato amministratore delegato della
“Ventasso Village Finanziaria s.r.l.”, omettendo di considerare, da un
lato le delibere assembleari che autorizzavano il ricorrente a porre in
essere la vendita dei cespiti immobiliari della società, dall’altro quanto
affermato dal curatore fallimentare, dott. Carboni, il quale ha
“confermato che l’intento dichiarato dal dott. Sampellegrini era quello di
offrire ai fornitori, attraverso la cessione dei cespiti immobiliari, la
garanzia del pagamento dei servizi a venire”, esprimendo, inoltre, in un
passo della sua relazione ex art. 223, I. fall., “parere sfavorevole
all’esperimento delle azioni revocatorie nei confronti delle vendite
effettuate dalla Ventasso Village”.
5.2 In relazione alla bancarotta documentale il ricorrente lamenta
l’insufficienza del percorso argomentativo seguito dalla corte territoriale
nel fare richiamo alla motivazione stessa nella parte in cui ha escluso
l’ipotesi della bancarotta semplice in ordine al fallimento “Promotion”,
evidenziando, al tempo stesso, come, essendo stato l’odierno ricorrente
nominato amministratore delegato della società fallita il 3.10.1994, non
possono essergli addebitati fatti di bancarotta documentali relativi ai
periodi 1993-1994 e 1995.
Inoltre, rileva il ricorrente, la corte territoriale non ha considerato che
quest’ultimo non era nelle condizioni di ricostruire le attività poste in
essere dalla società fallita, quando, nei primi mesi del 1995, si accinse a
stendere il bilancio annuale, per una serie di ragioni (la difficoltà di

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patrimoniale per distrazione, sia alla bancarotta fraudolenta

reperire la documentazione necessaria presso lo studio del dott.
Bonilauri; l’inesistenza presso gli uffici della società di personale
sufficiente a garantire la corretta gestione dell’amministrazione interna;
l’esistenza di un contenzioso con la società “Digit informatica”, che
giunse a bloccare l’intero sistema di contabilizzazione della Ventasso),

La corte territoriale, inoltre, non ha preso in considerazione nemmeno la
circostanza che l’imputato, nello svolgimento del suo mandato di
amministratore delegato, dall’ottobre 1994 al settembre 1995, ha
comunque provveduto “a rendicontare l’attività della società, limitata a
poche movimentazioni considerato il fermo totale dell’intero complesso”,
di cui è stato reso edotto il curatore fallimentare.
6. Con il secondo motivo di impugnazione il ricorrente lamenta il vizio di
violazione di legge in relazione: 1) alla mancata dimostrazione
dell’elemento soggettivo richiesto per la bancarotta fraudolenta,
patrimoniale e documentale; 2) all’avvenuta estinzione per prescrizione
dei reati in addebito, in applicazione del principio della retroattività della
legge penale più favorevole al reo, rappresentata dalla nuova disciplina
in tema di prescrizione; 3) alla applicabilità della I. 31 luglio 2006, n.
241, in tema di indulto, trattandosi di fatti commessi prima del
2.5.2006.
5. Entrambi i ricorsi vanno rigettati.
6. Infondato è il motivo di ricorso del Pregliasco, posto che, ad avviso
del Collegio, anche ai fini dell’assolvimento dell’obbligo della motivazione
in ordine al diniego della concessione delle attenuanti generiche, con
giudizio di prevalenza sulle contestate aggravanti, il giudice non è tenuto
a prendere in considerazione tutti gli elementi prospettati dall’imputato,
essendo sufficiente che egli spieghi e giustifichi l’uso del potere
discrezionale conferitogli dalla legge con l’indicazione delle ragioni
ostative al giudizio di prevalenza e delle circostanze ritenute di
preponderante rilievo, come fatto dalla corte territoriale nel richiamare la
gravità dei fatti e la negativa personalità del reo, desunta dai suoi
precedenti penali.

sulle quali il giudice di secondo grado non si è soffermato.

Va, peraltro evidenziato, che la corte territoriale ha adeguatamente
motivato sulle ragioni che l’hanno indotta a riconoscere al coimputato
Bertuzzi, in ragione della sua posizione meno grave rispetto a quella
degli altri imputati e del modesto precedente penale da cui è gravato, le
circostanze attenuanti generiche con giudizio di prevalenza rispetto alla

differenza del Pregliasco, in relazione al quale la pena base è stata
determinata in primo grado, all’esito del giudizio di equivalenza tra le
diverse circostanze, nella misura di anni tre e mesi otto di reclusione, di
poco superiore al minimo edittale previsto per il delitto di cui all’art. 216,
I. fall.
Ciò rende la doglianza difensiva infondata anche sotto un ulteriore
profilo.
Le attenuanti generiche previste dall’art. 62 bis c.p., infatti, sono state
introdotte con la funzione di mitigare la rigidità dell’originario sistema di
calcolo della pena nell’ipotesi di concorso di circostanze di specie
diversa, e tale funzione, ridotta a seguito della modifica del giudizio di
comparazione delle circostanze concorrenti, ha modo di esplicarsi
efficacemente solo per rimuovere il limite posto al giudice con la
fissazione del minimo edittale, allorché questi intenda determinare la
pena al di sotto di tale limite. Pertanto ove questa situazione non ricorra,
perché il giudice valuta la pena da applicare al di sopra del limite, il
diniego della prevalenza delle generiche diviene solo elemento di calcolo
e non costituisce mezzo di determinazione della sanzione, e non può,
quindi, dar luogo né a violazione di legge, né al corrispondente difetto di
motivazione (cfr. Cass., sez. III, 25/01/2000, n. 369, Rigamonti).
7. Quanto al ricorso Sampellegrini, i motivi di cui ai paragrafi 5.1 e 5.2
sono in larga parte inammissibili.
Con essi, infatti, il ricorrente espone censure che si risolvono in una
mera rilettura degli elementi di fatto posti a fondamento della decisione
impugnata, sulla base di nuovi e diversi parametri di ricostruzione e
valutazione dei fatti, senza individuare vizi di logicità tali da evidenziare
la sussistenza di ragionevoli dubbi, ricostruzione e valutazione, quindi,

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ritenuta circostanza aggravante di cui all’art. 219, co. 2, n. 1, I. fall., a

precluse, in quanto tali, in sede di giudizio di cassazione (cfr. Cass., sez.
I, 16.11.2006, n. 42369, De Vita, rv. 235507; Cass., sez. VI, 3.10.2006,
n. 36546, Bruzzese, rv. 235510; Cass., sez. III, 27.9.2006, n. 37006,
Piras, rv. 235508).
Peraltro, nella rappresentazione dei fatti che, secondo l’impostazione

merito, il ricorrente ha violato il principio dell’autosufficienza del ricorso
per cassazione, operante in sede penale allorché venga lamentata
l’omessa o travisata valutazione di specifici atti processuali, che impone
al ricorrente l’onere di suffragare la validità del proprio assunto mediante
la completa allegazione ovvero la trascrizione dell’integrale contenuto di
tali atti, dovendosi ritenere precluso al giudice di legittimità il loro esame
diretto, salvo che il “fumus” del vizio dedotto non emerga all’evidenza
dalla stessa articolazione del ricorso (cfr.,

ex plurimis, Cassazione

penale, sez. I, 17/01/2011, n. 5833, G.).
Ciò in quanto il giudice di legittimità non deve essere costretto alla
“ricerca” di quegli atti che confermerebbero la tesi del ricorrente,
essendo piuttosto onere di chi impugna e dispone dell’intero incarto
processuale mettere la Corte di legittimità in grado di valutare la
fondatezza della doglianza.
8. Destituite di fondamento sono le altre censure del Sampellegrini in
tema di bancarotta documentale.
Ed invero, come si evince dalla lettura integrata delle sentenze di primo
e di secondo grado, consentita in quanto le due decisioni vanno
considerate alla stregua di un prodotto unico, avendo in esse i giudici di
merito utilizzato criteri omogenei di valutazione e seguito un apparato
logico argomentativo uniforme (cfr. Cass., sez. 3, 1.2.2002-12.3.2002,
n. 10163, Lombardozzi D., rv. 221116), all’imputato è stata
correttamente contestata la mancata tenuta delle scritture contabili e dei
bilanci di esercizio per gli anni 1994 e 1995, essendo egli divenuto
amministratore delegato ed effettivo gerente della società a partire dal
3.10.1994.

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difensiva, contraddicono la tesi accusatoria fatta propria dai giudici di

La corte territoriale, inoltre, nel motivare in ordine alla bancarotta
documentale, lungi dal limitarsi a fare richiamo alle considerazioni già
svolte a proposito del fallimento della società “Promotion”, ha
specificamente indicato le ragioni per le quali nel caso in esame non è
configurabile un’ipotesi di bancarotta semplice, evidenziando come la

impossibile la ricostruzione degli affari della società fallita, in quanto
“l’abbandono della tenuta della contabilità nel periodo precedente il
fallimento e la mancata consegna di scritture rilevanti appaiono la
cartina di tornasole dell’intento del prevenuto di non consentire alla
curatela la ricostruzione degli affari e segnatamente dimostrano lo scopo
di occultare il programmato piano di svuotamento della società” (cfr. p.
22 della sentenza impugnata).
9. In relazione, infine, alle doglianze di cui al paragrafo 6, va osservato
quanto segue.
9.1 Inammissibile è il motivo sulla carenza dell’elemento soggettivo in
ordine ai fatti di bancarotta fraudolenta, per assoluta genericità dello
stesso ed, inoltre, per manifesta infondatezza, come si è appena visto,
con riferimento alla bancarotta fraudolenta documentale e perché, in
relazione alla bancarotta fraudolenta patrimoniale, come si evince dalla
sentenza di secondo grado, non contestata sul punto dal ricorrente,
nessuna questione era stata prospettata sotto il profilo del dolo.
9.2 Infondata è la doglianza in tema di prescrizione, in quanto nel caso
in esame, pur essendo le disposizioni di cui all’art. 157, c.p., come
modificato dall’art. 6, co. 1, I. 5 dicembre 2005, n. 251, più favorevoli
per il reo, prevedendo un termine di prescrizione più breve rispetto alla
disciplina previgente, esse, tuttavia, non trovano applicazione nel caso
concreto, giusta la previsione dell’art. 10, co. 3, I 5 dicembre 2005, n.
251 (la cui compatibilità con l’art. 117, co. 1, Cost. e con l’art. 7, CEDU,
è stata ribadita da Corte cost., 22/07/2011, n. 236 e da Corte cost.,
07/03/2012, n. 43), trattandosi di processo già pendente alla data di
entrata in vigore della nuova disciplina.

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condotta dell’imputato sia stata fraudolentemente finalizzata a rendere

Come è stato, infatti, affermato dalla Suprema Corte nella sua
espressione più autorevole, ai fini dell’applicazione delle disposizioni
transitorie di cui all’art. 10, comma 3, I. 5 dicembre 2005 n. 251, in
forza delle quali, qualora i nuovi termini di prescrizione risultino più
brevi rispetto ai termini previgenti, le nuove disposizioni trovano

legge, a eccezione dei processi “già pendenti in grado di appello o avanti
alla Corte di cassazione”, la “pendenza del grado di appello”, che rileva
per escludere la retroattività delle norme sopravvenute più favorevoli, ha
inizio dopo la pronunzia della sentenza di condanna di primo grado, che,
nel caso in esame, è intervenuta il 5.11.2004, quindi prima dell’entrata
in vigore della nuova disciplina (cfr. Cass., sez. un., 29/10/2009, n.
47008, D.)
9.3 Inammissibile, infine, è la censura in tema di indulto, posto che il
ricorso per cassazione avverso la mancata applicazione dell’indulto è
ammissibile solo qualora il giudice di merito abbia esplicitamente escluso
detta applicazione, mentre nel caso, come quello in esame, in cui abbia
omesso di pronunciarsi deve essere adito il giudice dell’esecuzione (cfr.
Cass., sez. III, 05/04/2011, n. 24410, B.; Cass., sez. V, 22/10/2009, n.
43262, A. e altro, rv. 245106; Cass., sez. VI, 16/11/2010, n. 45547, P.).
10. Sulla base delle svolte considerazioni i ricorsi di cui in premessa
vanno, dunque, rigettati, con condanna di ciascuno dei ricorrenti, ai
sensi dell’art. 616, c.p.p., al pagamento delle spese del procedimento.
P.Q.M.
rigetta i ricorsi e condanna ciascun ricorrente al pagamento delle spese
processuali.
Così deciso in Roma il 25.6.2013

applicazione ai processi pendenti alla data di entrata in vigore della

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