Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 49777 del 03/12/2013


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Penale Sent. Sez. 4 Num. 49777 Anno 2013
Presidente: BRUSCO CARLO GIUSEPPE
Relatore: BLAIOTTA ROCCO MARCO

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
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QUARANTA R;PitPACLE N. IL 18/03/1963
avverso l’ordinanza n. 52/2011 CORTE APPELLO di CATANZARO,
del 04/05/2012
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. ROCCO MARCO
BLAIOTTA; .
lette/sentite le conclusioni del PG Dott.j ( b1144444,Sels
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Udit-i difeasoP Avv.;

Data Udienza: 03/12/2013

cc 2 Quaranta Pasquale

Motivi della decisione

1. La Corte d’appello di Catanzaro Calabria ha accolto la richiesta
avanzata da Quaranta Pasquale, intesa ad ottenere l’equa riparazione per
l’ingiusta detenzione subita; ed ha liquidato un indennizzo di 241.530 euro per la
restrizione durata 1024 giorni.
2. Ricorre per cassazione il richiedente tramite il proprio difensore,

pregiudizievoli, familiari e personali, derivanti dalla detenzione. Al riguardo la
pronunzia è priva di adeguata motivazione.

3. Il ricorso è infondato. In tema di equa riparazione per l’ingiusta
detenzione la giurisprudenza di questa Corte ha enucleato un canone base per la
liquidazione del danno, costituito dal rapporto tra la somma massima posta a
disposizione dal legislatore, la durata massima della custodia cautelare ( 6 anni)
e la durata dell’ingiusta detenzione patita. La somma che deriva da tale computo
può essere dimezzata nel caso di detenzione domiciliare, attesa la sua minore
afflittività. Tale aritmetico criterio di calcolo costituisce solo una base, utile per
sottrarre la determinazione dell’indennizzo all’imponderabile soggettivismo del
giudice e per conferire qualche uniformità ed oggettività al difficile giudizio di
fatto. Il meccanismo in questione individua l’indennizzo in una astratta situazione
standard, nella quali i diversi fattori di danno derivanti dall’ingiusta detenzione si
siano concretizzati in modo medio, ordinario. Tale valore può subire
rimaneggiamenti verso l’alto o verso il basso sulla base di specifiche contingenze
proprie del caso concreto. Occorre quindi esaminare i fattori documentati,
afferenti alla personalità ed alla storia personale dell’imputato, al suo ruolo
sociale professionale e sociale, alle conseguenze pregiudizievoli concretamente
patite e tutti gli altri di cui sia riscontrata la rilevanza e la connesione eziologia
con l’ingiusta detenzione patita. Il calcolo finale ben potrà essere il frutto della
ponderazione di documentati fattori di segno contrario. Al giudice si chiede una
valutazione equitativa, discrezionale; ma ciò non significa che, come sopra
accennato, ci si debba affidare ad una ponderazione intuitiva che si sottragga
all’analisi ed alla valutazione delle indicate contingenze rilevanti. Al contrario,
proprio quando compie valutazioni discrezionali, il giudice è tenuto ad offrire una
motivazione che, magari in modo sintetico ma comunque esaustivamente, dia
conto del materiale probatorio utilizzato e della valutazioni espresse, in modo
che sia possibile ripercorrere l’iter logico seguito.
L’ordinanza in esame si attiene agli indicati principi. Essa, infatti, ha
determinato un indennizzo che corrisponde ad una corretta applicazione del

lamentando che non si sia tenuto conto delle deleterie conseguenze

canone aritmetico sopra indicato. Tale indennizzo, per le ragioni che pure sono
state prima evidenziate, copre i pregiudizi che, comprensibilmente, derivano
dalla detenzione nella sfera personale, familiare e lavorativa.
La Corte, d’altra parte, con apprezzamento di merito che non può essere
sindacato nella presente sede di legittimità, ha esaminato le deduzioni difensive
pervenendo alla argomentata conclusione che le patologie dedotte non sono
riconducibili alla detenzione; né vi è stata documentata specificazione di danni
peculiari.

pregio e difetta della necessaria specificità.
Il ricorso è quindi inammissibile. Segue per legge la condanna al
pagamento delle spese processuali e di una somma in favore della Cassa delle
ammende che appare equo determinare in 1.500 euro; nonché alla rifusione
delle spese di Ministero resistente che pare congruo liquidare come in
dispositivo.

P. q. m.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento
delle spese processuali e della somma di euro 1.000,00 in favore della cassa
delle ammende; oltre alla rifusione delle spese del Ministero resistente che
liquida in complessivi euro 750,00.

Roma 3 dicembre 2013

IL CONSIGLIERE ESTENSORE
(Rocco Marco BLAIOTTA)
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IL PRESIDENTE
(Carlo RUSCO)

CORTE SUPREMA DI CAS ONE
IV Sezione Penale

A fronte di tale argomentazione l’impugnazione è manifestamente priva di

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