Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 49775 del 28/11/2013


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Penale Sent. Sez. 4 Num. 49775 Anno 2013
Presidente: SIRENA PIETRO ANTONIO
Relatore: DELL’UTRI MARCO

SENTENZA
sul ricorso proposto da:
Paparella Giovanni Giuseppe n. il 29.1.1962
avverso l’ordinanza n. 25/2013 pronunciata dal Tribunale della
libertà di Trani il 12.4.2013;
sentita nella camera di consiglio del 28.11.2013 la relazione fatta dal
Cons. dott. Marco Dell’Utri;
sentito il Procuratore Generale, in persona del dott. F. Salzano, che
ha concluso per il rigetto del ricorso.

Data Udienza: 28/11/2013

Ritenuto in fatto
i. – Con atto depositato in data 13.6.2013, a mezzo del proprio
difensore, Giovanni Paparella ha proposto ricorso per cassazione
avverso l’ordinanza in data 12.4/29.5.2013 con la quale il tribunale di
Trani ha rigettato l’istanza di riesame proposta dal Paparella avverso
il provvedimento del 27.2.2013 con cui il giudice per le indagini
preliminari presso il tribunale di Trani ha disposto il sequestro
conservativo dei beni immobili dell’istante quale forma di tutela
cautelare a garanzia del pagamento delle spese del procedimento
penale in corso a carico dell’imputato.
Con l’impugnazione proposta, il ricorrente censura l’ordinanza
del tribunale del riesame per violazione di legge e vizio di
motivazione, avendo il giudice a quo omesso di dettare un’adeguata
motivazione in ordine al riscontro del necessario rapporto di
proporzionalità tra il valore del credito destinato ad essere garantito
dalla misura cautelare adottata e la complessiva entità del patrimonio
del debitore, al fine di evidenziare l’effettivo ricorso del periculum in
mora quale indefettibile presupposto per la legittima adozione della
cautela de qua; e ciò, con particolare riguardo al caso di specie, in
relazione al quale il ricorrente aveva offerto molteplici elementi di
valutazione, d’indole contabile, negoziale e assicurativa, dai quali era
possibile escludere con certezza la sussistenza di indici idonei a
giustificare un effettivo pericolo di mancanza o di possibile
dispersione delle garanzie per la soddisfazione del credito ex adverso
azionato.
Sotto altro profilo, il ricorrente evidenzia l’assoluta
inconsistenza delle indicazioni contenute nel provvedimento
impugnato circa il ricorso di pretese attività distrattive asseritamente
poste in essere dal debitore in relazione al proprio patrimonio, tenuto
conto delle specifiche giustificazioni sul punto analiticamente
descritte in ricorso.
Considerato in diritto
2. – Il ricorso è infondato.
AI riguardo, rileva il collegio come il tribunale del riesame
abbia correttamente evidenziato, sulla base di una motivazione
logicamente elaborata e congruamente argomentata, come il
rapporto tra il valore del credito in questa sede azionato (credito del

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valore poco meno inferiore all’importo di euro 230.000,00) e la
complessiva entità del patrimonio dell’istante (pari a circa euro
805.612,99, per come determinato sulla base degli accertamenti
operati dalla Guardia di Finanza: cfr. fl. 2 del provvedimento
impugnato) sia tale da escludere in radice il ricorso di alcuna
sproporzione imputabile alla cautela adottata, sì da destituire di
alcuna fondatezza la censura sollevata dal ricorrente in relazione
all’asserita esorbitanza del contenuto del sequestro conservativo qui
contestato rispetto alle esigenze di garanzia e di tutela del credito
erariale dedotto, avuto riguardo alla titolarità solo pro quota in capo
al ricorrente in ordine a tre fabbricati indicati come di sua proprietà,
e all’ingente entità delle spese correnti per la custodia dei beni
indicati nel provvedimento impugnato.
Lo stesso tribunale del riesame, peraltro, ha altresì
sottolineato come, pur volendo utilizzare, quale parametro di
definizione del valore del patrimonio del ricorrente, la relazione di
perizia dallo stesso allegata agli atti, ugualmente sarebbe da
escludere l’asserita sproporzione, rispetto all’entità del ridetto credito
erariale, avuto riguardo all’esponenziale progressività
dell’accrescimento di detto credito in relazione ai tempi di definizione
del procedimento in corso e ai considerevoli costi di custodia dei beni
in sequestro, secondo le puntuali e analitiche indicazioni riportate nel
provvedimento impugnato, tali da rendere del tutto irrilevante la
stessa sussistenza della polizza assicurativa dedotta dal Paparella, il
cui massimale risulta appena pari all’importo di euro 540.000,00,
inidoneo a conferire rassicuranti certezze circa il prevedibile
soddisfacimento delle crescenti pretese risarcitorie erariali, tenuto
altresì conto della considerevole entità delle concorrenti ingenti
pretese risarcitorie delle parti civili.
Rispetto al complesso dei dati così coerentemente evidenziati e
analizzati dal tribunale del riesame, le ulteriori argomentazioni
riferite alle presumibili attività distrattive del Paparella (non
revocabili in dubbio per effetto delle mere censure in fatto in questa
sede inammissibilmente argomentate dal ricorrente) appaiono
costituire solo un ulteriore elemento confermativo (non decisivo ai
fini del riscontro della solidità dell’argomentazione elaborata dal
giudice del riesame) idoneo ad attestare, per altro e concorrente

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3. – Il riscontro dell’integrale infondatezza dei motivi
d’impugnazione illustrati con il ricorso, impone il rigetto dello stesso
e la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.

Per questi motivi
La Corte Suprema di Cassazione, rigetta il ricorso e condanna
il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del 28.11.2013

verso, la piena legittimità del provvedimento cautelare oggetto
dell’odierno ricorso.
La motivazione così compendiata dal tribunale di Trani deve
dunque ritenersi immune da vizi d’indole logica o giuridica, completa
ed esauriente, tale da sottrarsi integralmente alle censure contro la
stessa in questa sede rivolte dall’odierno ricorrente.

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