Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 49774 del 28/11/2013


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Penale Sent. Sez. 4 Num. 49774 Anno 2013
Presidente: SIRENA PIETRO ANTONIO
Relatore: DELL’UTRI MARCO

SENTENZA
sul ricorso proposto da:
Paparella Giovanni Giuseppe n. il 29.1.1962
avverso l’ordinanza n. 34/2013 pronunciata dal Tribunale della
libertà di Trani il 31.5.2013;
sentita nella camera di consiglio del 28.11.2013 la relazione fatta dal
Cons. dott. Marco Dell’Utri;
sentito il Procuratore Generale, in persona del dott. F. Salzano, che
ha concluso per il rigetto del ricorso;
udito, per le parti civili, l’avv.to C. Barracchia, del foro di Trani, che
ha concluso per il rigetto del ricorso.

Data Udienza: 28/11/2013

Ritenuto in fatto
i. – Con atto depositato in data 24.6.2013, a mezzo del proprio
difensore, Giovanni Paparella ha proposto ricorso per cassazione
avverso l’ordinanza in data 31.5/11.6.2013 con la quale il tribunale di
Trani (dichiarata l’inammissibilità del ricorso per riesame proposto
in confronto di talune parti civili) ha rigettato l’istanza di riesame
proposta dal Paparella avverso il provvedimento del 28.2.2013 con
cui il giudice per le indagini preliminari presso il tribunale di Trani
ha disposto il sequestro conservativo dei beni immobili dell’istante
quale forma di tutela cautelare a garanzia della soddisfazione dei
crediti delle parti civili specificamente indicate nel provvedimento
impugnato.
Con il ricorso proposto, il Paparella censura l’ordinanza del
tribunale del riesame per violazione di legge e vizio di motivazione,
avendo il giudice a quo omesso di dettare un’adeguata motivazione in
ordine al riscontro del necessario rapporto di proporzionalità tra il
valore dei crediti destinati ad essere garantiti dalla misura cautelare
adottata e la complessiva entità del patrimonio del debitore, al fine di
evidenziare l’effettivo ricorso del periculum in mora quale
indefettibile presupposto per la legittima adozione della cautela de
qua; e ciò, con particolare riguardo al caso di specie, in relazione al
quale il ricorrente aveva offerto molteplici elementi di valutazione,
d’indole contabile, negoziale e assicurativa, dai quali era possibile
escludere con certezza la sussistenza di indici idonei a giustificare un
effettivo pericolo di mancanza o di possibile dispersione delle
garanzie per la soddisfazione dei crediti ex adverso azionati.
Sotto altro profilo, il ricorrente evidenzia l’assoluta
inconsistenza delle indicazioni contenute nel provvedimento
impugnato circa il ricorso di pretese attività distrattive asseritamente
poste in essere dal debitore in relazione al proprio patrimonio, tenuto
conto delle specifiche giustificazioni sul punto analiticamente
descritte in ricorso.
Da ultimo, il ricorrente si duole della rilevata inammissibilità
del gravame proposto dal ricorrente in relazione a talune parti civili
avversarie, avuto riguardo alla relativa tempestività non
correttamente rilevata dal giudice a quo.
Considerato in diritto
2. – Il ricorso è infondato.

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Dev’essere preliminarmente rilevata l’inammissibilità delle
deduzioni illustrate dal ricorrente con riguardo alla pretesa
tempestività della proposizione del ricorso per riesame dichiarato
inammissibile dal tribunale di Trani in confronto di talune parti civili,
avendo il ricorrente in questa sede solo genericamente prospettato la
tempestività di detto ricorso in relazione a talune delle parti civili
escluse, senza indicare, né le parti civili escluse in relazione alle quali
debba ritenersi riferita l’asserita tempestività dell’istanza, né gli
estremi temporali valutabili ai fini della verifica dell’effettiva
reclamata tempestività.
Nel merito, rileva il collegio come il tribunale del riesame
abbia correttamente evidenziato, sulla base di una motivazione
logicamente elaborata e congruamente argomentata, come il
rapporto tra il complesso dei crediti riferiti ai soggetti in favore dei
quali è stato adottato il sequestro conservativo qui oggetto di
contestazione (crediti del valore poco meno inferiore all’importo di
euro 2.800.000,00) e la complessiva entità del patrimonio
dell’istante (pari a circa euro 805.612,99, per come determinato sulla
base degli accertamenti operati dalla Guardia di Finanza: cfr. fl. 2 del
provvedimento impugnato) sia tale da escludere in radice il ricorso di
alcuna sproporzione imputabile alla cautela adottata, sì da destituire
di alcuna fondatezza la censura sollevata dal ricorrente in relazione
all’asserita esorbitanza del contenuto del sequestro conservativo qui
contestato rispetto alle esigenze di garanzia e di tutela dei crediti
delle parti civili istanti.
Lo stesso tribunale del riesame, peraltro, ha altresì
sottolineato come, pur volendo utilizzare, quale parametro di
definizione del valore del patrimonio del ricorrente, la relazione di
perizia dallo stesso allegata agli atti (in forza della quale detto
patrimonio ammonterebbe a un importo complessivo di 2.843.532
euro), ugualmente sarebbe da escludere l’asserita sproporzione,
rispetto all’entità dei crediti fatti valere dalle parti civili, avuto
riguardo alla sostanziale equivalenza dei valori in comparazione; e
ciò, a tacere della contestuale concorrenza degli ulteriori
ragguardevoli importi riconducibili ai crediti delle altre parti civili,
tali da rendere del tutto irrilevante la stessa sussistenza della polizza
assicurativa dedotta dal Paparella, il cui massimale risulta appena
pari all’importo di euro 540.000,00.
Rispetto al complesso dei dati così coerentemente evidenziati e
analizzati dal tribunale del riesame, le ulteriori argomentazioni

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riferite alle presumibili attività distrattive del Paparella (non
revocabili in dubbio per effetto delle mere censure in fatto in questa
sede inammissibilmente argomentate dal ricorrente) appaiono
costituire solo un ulteriore elemento confermativo (non decisivo ai
fini del riscontro della solidità dell’argomentazione elaborata dal
giudice del riesame) idoneo ad attestare, per altro e concorrente
verso, la piena legittimità del provvedimento cautelare oggetto
dell’odierno ricorso.
La motivazione così compendiata dal tribunale di Trani deve
dunque ritenersi immune da vizi d’indole logica o giuridica, completa
ed esauriente, tale da sottrarsi integralmente alle censure contro la
stessa in questa sede rivolte dall’odierno ricorrente.
3. – Il riscontro dell’integrale infondatezza dei motivi
d’impugnazione illustrati con il ricorso, impone il rigetto dello stesso
e la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.

Per questi motivi
La Corte Suprema di Cassazione, rigetta il ricorso e condanna
il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del 28.11.2013

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