Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 49772 del 17/10/2013


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Penale Sent. Sez. 4 Num. 49772 Anno 2013
Presidente: BRUSCO CARLO GIUSEPPE
Relatore: ROMIS VINCENZO

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
DI CARLO MAURIZIO MARIA RITA N. IL 03/08/1960
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MINISTERO FINANZE
avverso l’ordinanza n. 12/2009 CORTE APPELLO di
CALTANISSETTA, del 28/11/2011
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. VINCENZO ROMIS;
lette/se+Alte-le conclusioni del PG Dott.

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Data Udienza: 17/10/2013

RITENUTO IN FATTO
Di Carlo Maurizio Maria Rita veniva tratto in arresto a seguito di ordinanza di custodia
cautelare in carcere con la contestazione del reato d cui all’art. 416 bis c.p.; veniva poi
assolto, e scarcerato, con sentenza del Tribunale di Caltanissetta in data 22 maggio 2000,
divenuta irrevocabile.
Con domanda presentata alla Corte di Appello di Caltanissetta il Di Carlo chiedeva quindi
l’equa riparazione, per l’ingiusta detenzione subita.
La Corte d’Appello adita, provvedendo con ordinanza depositata il 13/07/2011, rigettava la

individuando gli elementi ritenuti idonei ad integrare la condotta colposa ostativa all’equo
indennizzo nelle frequentazioni dell’interessato e nei colloqui oggetto di talune conversazioni
captate con l’attività di intercettazione; era emerso che il Di Carlo aveva anche messo a
disposizione di taluni personaggi – considerati malavitosi – una sua abitazione in campagna.
Avverso detto provvedimento ha proposto ricorso per Cassazione l’interessato con atto di
impugnazione sottoscritto dal difensore (cassazionista), deducendo vizio motivazionale in
ordine alla ritenuta sussistenza della colpa grave, valorizzando particolarmente le
valutazioni del giudice della cognizione in ordine a circostanze fattuali ritenute inidonee a
legittimare una sentenza di condanna e sottolineando l’incensuratezza di un soggetto
(Vaccaro Lorenzo) con il quale il Di Carlo aveva avuto colloqui telefonici dalla Corte ritenuti
sospetti.
Il Procuratore Generale presso questa Corte, con la sua requisitoria scritta, ha chiesto
l’annullamento dell’impugnata ordinanza, con rinvio, ritenendo ravvisabile il vizio di
motivazione.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Le considerazioni svolte dal Procuratore Generale con la sua requisitoria non appaiono
condivisibili, ed il ricorso deve essere rigettato per l’infondatezza delle censure dedotte.
Secondo i princìpi elaborati ed affermati nell’ambito della giurisprudenza di questa Suprema
Corte, nei procedimenti per la riparazione per l’ingiusta detenzione, in forza della norma di
cui all’art. 646, secondo capoverso, c.p.p. – da ritenersi applicabile per il

richiamo

contenuto nel terzo comma dell’art. 315 c.p.p. – la cognizione della Corte di Cassazione
deve intendersi limitata alla sola legittimità del provvedimento impugnato, ovviamente
anche sotto l’aspetto della congruità e logicità della motivazione, e non al merito. E, per
quel che concerne la verifica dei presupposti e delle condizioni richieste perchè sussista in
concreto il diritto all’equa riparazione – in particolare, l’assenza del dolo o della colpa grave
dell’interessato nella produzione dell’evento restrittivo della libertà personale – le Sezioni
Unite della Corte di Cassazione, con la sentenza N. 43 del 13/12/1995-9/2/1996, hanno
enunciato il principio di diritto secondo cui la Corte territoriale deve procedere ad autonoma
valutazione delle risultanze processuali rispetto al giudice penale.
Nella fattispecie in esame, la Corte d’Appello di Caltanissetta, per quanto si evince
dall’impugnata ordinanza, ha motivato il proprio convincimento attraverso un adeguato
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domanda. In particolare, la Corte territoriale negava il diritto all’equa riparazione

percorso argomentativo con le considerazioni sopra sinteticamente ricordate, da intendersi
qui integralmente richiamate onde evitare superflue ripetizioni, ed ancorate a specifiche
circostanze fattuali. La Corte di merito ha ricordato in particolare il ruolo svolto dal Di Carlo
nell’agire come tramite tra Barbieri Carmelo – noto negli ambienti malavitosi come “il
professore” e condannato a 24 anni di reclusione per il reato di cui all’art. 416 bis cod. pen.
con la stessa sentenza con la quale era stato assolto il Di Carlo – ed i Vaccaro, sottolineando
che il Di Carlo aveva avuto con costoro rapporti di frequentazione fino a mettere a loro
disposizione la propria casa di campagna per gli incontri con il Barbieri: circostanza,

Vaccaro, rapporto che il ricorrente ha inteso valorizzare per giustificare la frequentazione
con questi ultimi. Mette conto sottolineare che lo stesso ricorrente non ha negato i contatti
telefonici con Barbieri Carmelo e con Vaccaro Lorenzo, pur limitandoli numericamente a 4/5
(cfr. pag. 6 del ricorso).
Orbene appare all’evidenza che trattasi di un “iter” motivazionale assolutamente
incensurabile in quanto caratterizzato da argomentazioni pienamente rispondenti a criteri di
logicità ed adeguatezza, nonchè in sintonia con i princìpi enunciati da questa Corte in tema
di dolo e colpa grave quali condizioni ostative al diritto all’equa riparazione: si ha colpa
grave allorquando il soggetto sia venuto meno all’osservanza di un dovere obiettivo di
diligenza, con possibilità di prevedere che, non rispettando una regola precauzionale,
venendo meno all’osservanza del dovere di diligenza, si sarebbe verificato l’evento
“detenzione” (cfr., fra le tante: Sez. 4, n. 3912/96 – cc. 29/11/95 – RV. 204286; Sez. 4, n.
596/96, RV. 204624); la sinergia, sulla custodia cautelare, del comportamento dell’istante
può riguardare “sia il momento genetico che Quello del permanere della misura restrittiva”

(

così, “ex plurimis”, Sez. 4, n. 963/92, RV. 191834). Giova evidenziare, ancora, che le
Sezioni Unite di questa Corte, con la sentenza n. 43 del 1995 già sopra ricordata, hanno
sottolineato che: a) “deve intendersi dolosa non solo la condotta volta alla realizzazione
di un evento voluto e rappresentato nei suoi termini fattuali, sia esso confliggente o meno
con una prescrizione di legge, ma anche la condotta consapevole e volontaria i cui esiti,
valutati dal giudice del procedimento riparatorio con il parametro dell’ <

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