Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 49763 del 02/10/2013


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Penale Sent. Sez. 4 Num. 49763 Anno 2013
Presidente: SIRENA PIETRO ANTONIO
Relatore: IZZO FAUSTO

SENTENZA
Sul ricorso proposto da :

MISSINEO Domenico, n. a Reggio Calabria il 3\1\1949
avverso la ordinanza della Corte di Appello di Reggio
Calabria del 6\5\2011 (n. 6\2010);

udita la relazione fatta dal Consigliere dott. Fausto Izzo ;
Lette le conclusioni del Procuratore Generale, dr. Giovanni
D’Angelo, che ha chiesto l’annullamento con rinvio
dell’ordinanza;

NR.43345\11

Data Udienza: 02/10/2013

1. Con ordinanza del 6\5\2011 la Corte di Appello di Reggio Calabria rigettava
l’istanza di riparazione per ingiusta detenzione avanzata da Missineo Domenico.
Questi, arrestato in flagranza in data 4\2\2004, per i reati di detenzione illegale di un
fucile a canne mozze, con matricola abrasa e relative cartucce, era stato detenuto in
carcere fino al 14\5\2004 ed agli arresti domiciliari fino al 19\7\2004.
All’esito del processo era stato assolto in primo grado dal G.U.P., con sentenza del
8\3\2005, per non aver commesso il fatto; pronuncia confermata dalla corte di
Appello in data 8\11\2007.
Osservava la Corte di merito che nella vicenda il Missineo aveva mantenuto una
condotta gravemente colposa che aveva concorso ad indurre in errore il giudice nella
adozione e mantenimento della misura cautelare.
2. Avverso tale decisione ha proposto ricorso per cassazione l’interessato, a mezzo del
difensore deducendo la violazione di legge ed il vizio della motivazione laddove la
Corte di merito aveva ritenuto la sussistenza di un comportamento connotato da colpa
grave ed idoneo ad incidere sull’errore del giudice. Invero l’arma e le cartucce erano
state rinvenute in un locale non di proprietà del ricorrente; al momento del fatto
questi si trovava in compagnia di altre persone che erano scappate alla vista dei
Carabinieri, mentre il Missineo era rimasto sul posto non avendo nulla da temere.
Pertanto la condotta tenuta non poteva essere ritenuta in nessun caso gravemente
colposa.
CONSIDERATO in DIRITTO
3. Il ricorso è infondato e deve essere rigettato.
3.1. Va premesso che, come è noto, il rapporto tra giudizio penale e giudizio per
l’equa riparazione, è connotato da totale autonomia ed impegna piani di indagine
diversi e che possono portare a conclusioni del tutto differenti (assoluzione nel
processo, ma rigetto della richiesta riparatoria) sulla base dello stesso materiale
probatorio acquisito agli atti, ma sottoposto ad un vaglio caratterizzato dall’utilizzo di
parametri di valutazione differenti.
In particolare, è consentita al giudice della riparazione la rivalutazione dei fatti non
nella loro valenza indiziaria o probante (smentita dall’assoluzione), ma in quanto idonei
a determinare, in ragione di una macroscopica negligenza od imprudenza
dell’imputato, l’adozione della misura, inducendo in errore il giudice
3.2. Nella specie, è quindi determinante stabilire se la Corte di merito abbia motivato
in modo congruo e logico in ordine alla condotta del Missineo ed alla sua idoneità ad
ingenerare nel giudice che ha emesso il provvedimento restrittivo della libertà
personale il convincimento di un suo probabile coinvolgimento nei fatti criminali
contestatigli.
Ebbene, la Corte territoriale, facendo buon governo dell’applicazione delle norme in
materia e con motivazione logica ed ampia, ha evidenziando le ragioni che hanno
indotto al rigetto della richiesta. In particolare dagli atti processuali era emerso che in
data 4\2\2004 i Carabinieri, nel corso di un servizio destinato alla cattura del latitante
Chirico Filippo, si erano recati presso il rione Modena di Reggio Calabria, nei pressi
dell’abitazione del Missineo. Mentre si avvicinavano un giovane, urlando, aveva
attratto l’attenzione di persone riunite in locale recintato, alcune delle quali si erano
date alla fuga. Una di queste si disfaceva di un fucile a canne mozze e delle relative
cartucce. Sul posto venivano rinvenuti due dei partecipanti all’incontro, tra cui il
Missineo. Durante la perlustrazione della zona, venivano rinvenute ulteriori cartucce
per una pistola cal. 38, nonché un congegno elettronico idoneo a rilevare la presenza
di microspie sul percorso dei fuggitivi.

RITENUTO in FATTO

Cass. Sez. Un. Sentenza n. 43 del 13/12/1995 Cc. (dep. 09/02/1996), Rv. 203637, ric. Sarnataro;
Cass. Sez. Un., Sentenza n. 34559 del 26/06/2002 Cc. (dep. 15/10/2002), Rv. 222263, ric. Di
Benedictis).

Invero, il sistema della riparazione, come delineato dalla Corte regolatrice, è permeato
dal principio solidaristico, in forza del quale il diritto alla riparazione, in ogni sua
estrinsecazione, inerisce oggettivamente al limite della non interferenza causale della
condotta del soggetto passivo della custodia. Questa Suprema Corte, già con sentenza
n. 6628 del 2009, espressamente richiamata dalle Sezioni Unite n. 32383 del
27.05.2010, ha considerato che il principio solidaristico sotteso all’istituto della
riparazione per ingiusta detenzione, “trova il suo naturale contemperamento nel
dovere di responsabilità che incombe in capo a tutti i consociati, i quali evidentemente
non possono invocare benefici tesi a ristorare pregiudizi da essi stessi colposamente o
dolosamente cagionati”.
Pertanto, in tale prospettiva, deve ritenersi che la accertata partecipazione del
Missineo ad un incontro con persone dedite al crimine, come si evince dal fatto che
fossero armate e munite di strumenti per evitare la captazione di colloqui,
coerentemente, sono state ritenute integrare un comportamento gravemente colposo
ostativo alla riparazione, perché idoneo a concorrere a determinare l’errore del giudice
al momento dell’adozione della misura e del suo mantenimento, tanto da inibire il
riconoscimento della riparazione, in ragione del venire meno del fondamento
solidaristico dell’istituto.
Consegue, a norma dell’art. 616 c.p.p., la condanna del ricorrente al pagamento delle
spese processuali.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese
processuali.
Così deciso in Roma il 2 ottobre 2013
Il Consi liere estensore

La corte distrettuale, pur prendendo atto della assoluzione del Missineo, ai sensi del
secondo comma dell’art. 530 c.p.p., ha evidenziato corna la partecipazione del
ricorrente ad una riunione ove alcune persone erano armate e le cautele adottate per
la ammissione alla partecipazione erano rigide, tanto da prevenire con sistemi
elettronici l’utilizzo di microspie, costituiva una colpa grave idonea ad indurre in errore
il giudice sull’adozione della misura e sul suo mantenimento.
3.3. A fronte di tale esaustiva motivazione, le censure formulate dal ricorrente sono
caratterizzate da genericità, con richiami ai principi che governano la materia della
riparazione, ma senza specifici argomenti idonei a confutare la ricostruzione dei fatti e
la loro valutazione, effettuata dalla Corte di Appello.
Va ricordato come questa corte di legittimità ritenga dolosa, non solo la condotta
diretta, secondo il criterio penalistico, alla realizzazione di un evento voluto e
rappresentato nei termini fattuali ossia l’azione in concreto preordinata all’adozione o
al mantenimento della misura cautelare, ma anche quella che, valutata con il
parametro dell’id quod plerumque accidit sia tale da creare una situazione di allarme
sociale e di doveroso intervento dell’autorità giudiziaria a tutela della sicurezza
collettiva. Inoltre che si ritenga gravemente colposo il comportamento di colui il quale
per negligenza, imprudenza o inosservanza di leggi o regolamenti crei una situazione
che renda prevedibile, anche se non voluto, l’intervento dell’autorità giudiziaria (cfr.

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