Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 49762 del 02/10/2013


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Penale Sent. Sez. 4 Num. 49762 Anno 2013
Presidente: SIRENA PIETRO ANTONIO
Relatore: IZZO FAUSTO

ha pronunciato la seguente

NR.2213\13

SENTENZA
Sul ricorso proposto da :

MURGIONI Eugenio, n. a Villaputzu

-CA- il 5\4\1954

avverso la ordinanza del Tribunale del Riesame di
Cagliari del 17\10\2012 (n. 76\2012);

udita la relazione fatta dal Consigliere dott. Fausto Izzo ;
udite le conclusioni del Procuratore Generale, dr. Carlo
Destro, che ha chiesto il rigetto del ricorso;
udite le conclusioni dell’Avv. Leonardo Filippi, che ha
chiesto l’accoglimento del ricorso;

Data Udienza: 02/10/2013

RITENUTO in FATTO
1. Con provvedimento del 30\7\2010 il G.I.P. del Tribunale di Cagliari rigettava la
richiesta di revoca del sequestro preventivo adottato su una villa ed area ad essa
circostante, di proprietà di Murgioni Eugenio (sita nel territorio di Castiadas). Il vincolo
reale era stato adottato in relazione ai reati di cui agli artt. 81, 110, 648,479, 323
cod. pen, 44 lett. c), d.P.R. 380 del 2001, e 181, D.Lgv. 42 del 2004.

3. Avverso il provvedimento proponeva ricorso per cassazione il P.M., lamentando la
violazione di legge. Con sentenza del 5\7\2012 la terza sezione della Corte di
Cassazione annullava con rinvio l’ordinanza, trasmettendo gli atti al Tribunale per
nuovo esame. Osservava la Corte che :
– l’immobile oggetto del procedimento poteva essere realizzato in zona agricola,
secondo il P.U.C. del Comune di Castiadas, solo a determinate condizioni, e cioè : che
il titolare della concessione fosse imprenditore agricolo, ossia che traesse almeno la
metà dei proprio reddito dalla attività agricola e che ad essa dedicasse almeno metà
del proprio tempo lavorativo (art. 1 d.lgs. 99/04); che il lotto di terreno su cui realizzare
il manufatto fosse non inferiore ad un ettaro (art. 15 del P.U.C.); che il fondo ricadente
in zona E5 avesse una estensione tale da rispettare l’indice di fabbricabilità di 0,01,
ossia nel caso in esame una superficie pari a circa 8 ettari (ai sensi dell’art. 43 P.U.C.);
che l’immobile fosse strumentale alla conduzione del fondo.
– Rilevava altresì che la sussistenza della qualifica soggettiva, in capo al richiedente
del permesso a costruire, non andava accertata solo al momento del rilascio del titolo
abilitativo, senza alcun ulteriore controllo all’atto della voltura della licenza, quando
alla titolarità di quella particolare qualifica siano seguite agevolazioni in materia di
oneri concessori. In tale caso, infatti, l’amministrazione era tenuta ad effettuare tutte
le verifiche al fine di chiedere la integrazione degli oneri non versati dal nuovo titolare
del permesso di costruire.
– Tale l’intervento dell’ente territoriale non doveva limitarsi solo al profilo strettamente
tributario, in quanto l’amministrazione procedente doveva sempre verificare che il
richiedente la voltura fosse effettivamente in possesso dei requisiti prescritti dalla
legge, ivi compreso lo status di imprenditore agricolo o di altri assimilati, al fine di
prendere i consequenziali provvedimenti ove tale situazione soggettiva non
persistesse in capo al richiedente medesimo (Cons. Stato 11/1/2006, n. 31).
Precisava sul punto la Corte di non ignorare il diverso orientamento giurisprudenziale
che tendeva a svalutare la necessità del requisito soggettivo in ipotesi di volturazione
dei titolo in capo all’acquirente (Cass. civ. S.U., 22/10/2003, n.15812, delineando l’atto di
voltura come una semplice registrazione del mutamento del soggetto titolare, quasi
concretizzasse una novazione soggettiva tra l’amministrazione ed il privato), ma nonostante

ciò, di contro, doveva ritenersi che il mutamento soggettivo non poteva rappresentare
una vicenda marginale nel caso di un titolo formatosi proprio in diretta relazione con le
qualità soggettive del suo titolare, come nel caso in esame.
– Del resto, per la edificazione in zona agricola, il titolo abilitativo veniva concesso ad
un soggetto non esclusivamente in quanto titolare di diritto di proprietà, ma in ragione
del possesso da parte sua di una delle necessarie qualifiche sopra richiamate, in
quanto la caratterizzazione di imprenditore agricolo viene ritenuta l’unica garanzia
della prescritta destinazione delle opere alla agricoltura (Cons. Stato 15/9/2003, n.
5172). Pertanto il requisito soggettivo era da ritenere elemento essenziale,

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2. Con ordinanza del 15\10\2010 il Tribunale del Riesame di Cagliari, pronunciando in
sede di appello cautelare, revocava la misura e disponeva la restituzione dell’immobile
all’avente diritto.

4. Con provvedimento del 17\10\2012 il Tribunale del Riesame di Cagliari, giudicando
in sede di rinvio, confermava l’ordinanza del G.I.P. di rigetto della richiesta di revoca e
disponeva nuovamente la misura cautelare. Osservava il Tribunale, dopo avere
effettuato una cronistoria della vicenda giudiziaria, quanto al fumus commissi delicti,
che
– il Murgioni, sebbene si fosse dichiarato imprenditore agricolo, era dubbio che
svolgesse effettivamente tale attività; in ogni caso certamente i redditi tratti
dall’attività agricola erano irrisori e non raggiungevano il limite minimo della metà del
reddito complessivo (e l’impegno della metà del tempo lavorativo), requisito necessario
per acquisire la detta qualità;
– l’area acquistata dal Murgioni era pari a mq. 8.314 e pertanto, tenuto conto
dell’indice di fabbricabilità dello 0,01, non poteva essere edificata la villa delle
dimensioni del manufatto eretto. Né poteva dirsi che al suolo su cui insisteva il
manufatto poteva essere accorpata l’area di circa sei ettari acquistata nel novembre
2006, in quanto le due aree non appartenevano alla medesima sottozona; inoltre il
Murgioni aveva omesso di dichiarare se la ulteriore estensione di terreno fosse già
stata asservita per la cubatura di altro edificio;
– inoltre la struttura e la tipologia della costruzione non palesavano la destinazione
agricola, bensì residenziale, come peraltro si evinceva anche nel piano seminterrato la
cui finalità residenziale emergeva anche dalle finiture di pregio;
– infine le violazioni commesse integravano non solo il reato edilizio, ma anche la
violazione dei vincoli paesaggistici.
Quanto al periculum in mora, esso aveva il carattere della attualità e della concretezza
in ragione di pregiudizi per il territorio ed il suo assetto urbanistico ulteriori rispetto
alla commissione degli illeciti. Infatti l’aumento del carico urbanistico incideva su una
zona destinata ad attività agricola, alterando così l’equilibrio urbanistico e l’assetto
territoriale.
5. Avverso l’ordinanza ha proposto ricorso il difensore del Murgione, lamentando :
5.1. il Riesame non avrebbe potuto disporre nuovamente il sequestro, in quanto nel
primo provvedimento era stata esclusa la sussistenza del “fumus”, ma sull’assenza del
“periculum” non vi era stata impugnazione del P.M.; pertanto si era formato un
giudicato cautelare;

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inderogabile, per ottenere il permesso di costruire e, quindi, la mancanza di detto
requisito doveva ritenersi ostativo alla voltura.
– Peraltro, la pubblica amministrazione era tenuta ad accertare, nel caso concreto, la
sussistenza del requisito oggettivo, e cioè la effettiva ruralità dell’intervento da
eseguire, verificando le caratteristiche costruttive e tipologiche dell’erigendo
fabbricato, nonché la destinazione di esso all’agricoltura; la sua proporzionalità e
coerenza, sul piano della dimensione e del costo, con la superficie su cui insisteva e
con la attività di coltivazione da praticare; in caso di dissonanze tra il fabbisogno
dell’organizzazione agraria e l’opera edilizia si doveva pervenire alla negazione del
rilascio del permesso.
Ciò premesso, rilavava la Corte che il provvedimento impugnato non aveva un solido
impianto motivazionale e palesava una non corretta lettura delle disposizioni
normative in materia edilizia e ambientale : infatti la villa era stata realizzata
difformemente da come progettualmente autorizzata, con modifica della destinazione
d’uso dei piani seminterrati, che avevano una superficie di circa mq. 162,59, quasi un
terzo dell’intero complesso edilizio, edificato, peraltro, in zona sottoposta a vincolo
paesaggistico, considerato che il territorio di Castiadas è ricompreso in uno degli
ambiti territoriali specificamente individuato e classificato dal Piano Paesaggistico
Regionale. Sulla base di tali valutazioni veniva disposto l’annullamento con rinvio.

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5.2. la violazione di legge per avere il Tribunale giudicato su addebiti mai contestati
dal P.M. : il tribunale poteva confermare la misura su “ragioni diverse”, ma non su
“addebiti diversi”;
5.3. la erronea applicazione della legge laddove il “fumus” del reato era stato dedotto
interpretando le norme sulla voltura del permesso di costruire in difformità
dall’indirizzo delle Sezioni Unite Civili (Cass. SS.UU. 15812\2003);
5.4. la erronea applicazione della legge laddove il tribunale aveva escluso la
sussistenza della qualifica soggettiva di imprenditore agricolo in capo al Murgioni, su
una errata analisi dei redditi percepiti. Infatti l’art. 1 del D.Lgs. 99 del 2004 attribuisce
tale qualità a colui il quale, in possesso di conoscenze e competenze professionali,
dedichi alle attivita’ agricole, almeno il cinquanta per cento del proprio tempo di
lavoro complessivo e che ricavi dalle attivita’ medesime almeno il cinquanta per
cento del proprio reddito globale da lavoro, senza tener conto delle pensioni di ogni
genere, gli assegni ad esse equiparati, le indennita’ e le somme percepite per
l’espletamento di cariche pubbliche. Il tribunale, invece nel negare la detta
qualità, aveva computato nei redditi complessivi anche le somme incassate a titolo di
indennità per l’espletamento di cariche pubbliche, da ciò desumendo la insufficienza
dei redditi agricoli e del tempo di lavoro destinato a tale attività. Invece, eliminando i
redditi non computabili, se ne concludeva che il tempo dedicato dal Murgioni alla
agricoltura era addirittura il 100%;
5.5. la erronea applicazione della legge con riferimento all’affermato difetto dei
requisiti oggettivi per ottenere la volturazione del permesso per costruire. Infatti,
essendo stato il permesso rilasciato nel 2005 al sig. Marci, il PUC di riferimento doveva
essere quello del 2002 e non quello entrato in vigore a fine anno 2005. Ciò era
rilevante, perché nel PCU del 2002, per l’asservimento della cubatura, era irrilevante
la differenza di zonizzazione dei fondi. Inoltre, anche a voler applicare il PCU del 2005,
il Murgioni non aveva alcun onere di attestazione dei fondi asserviti alla cubatura, in
quanto tale onere andava assolto al momento del rilascio del permesso, non con
riferimento alla volturazione;
5.6. l’inosservanza della legge per avere il Tribunale ritenuto incompatibile la
costruzione con la ubicazione in zona agricola, valutando non i presupposti al
momento della voltura, ma sulla base di presunte modifiche effettuate
successivamente nel seminterrato. Trattavasi, peraltro, di mera modifica di
destinazione d’uso, compatibile con la indicazione della natura dell’edifico come
“residenza agricola” e non “manufatto rurale”;
5.7. le considerazioni fin qui svolte lasciavano trasparire l’assenza anche del “fumus”
del delitto di falso contestato;
5.8. la violazione di legge laddove aveva ritenuto il manufatto edificato in zona
sottoposta a vincolo boschivo; infatti, premesso che nessun bosco era presente in
zona, ma se era legittimo l’originario permesso, non si vede come poteva essere
illegittima la voturazione;
5.9. la variante relativa al seminterrato era stata oggetto di permesso per costruire in
sanatoria del 29\8\2012, preceduto dal nulla osta paesaggistico; ciò determinava la
insussistenza ed estinzione dei reati contravvenzionali (capi E ed F) ai sensi dell’art.
45, co. 3 0 , d.P.R. 380 del 2001 ed art. 181, co. 1 ter, d.lgs. 42 del 2004;
5.10. la mancanza di motivazione circa la presenza delle esigenze cautelari, per avere
il Tribunale enunciato la presenza di “concrete ed attuali” conseguenze di reato, senza
però specificamente indicarle, peraltro tenuto conto che il PCU non prevede
necessariamente la erezione di piccoli manufatti rurali ed, inoltre, nessun problema di
legittimità si era posto al momento del rilascio del permesso al Marci;
5.11. la violazione di legge laddove il Tribunale, in relazione alle modalità esecutive
del sequestro, aveva imposto il divieto di accesso all’immobile così privando il titolare

del suo possesso, potere non concesso al giudice dopo la novella dell’art. 104 disp.
att. c.p.p. che prevedeva solo la trascrizione del vincolo.
CONSIDERATO in DIRITTO
6. Il ricorso è infondato e deve essere rigettato.
6.1. In ordine alla prima censura di natura processuale, va osservato che l’attenzione
del tribunale del riesame nella prima ordinanza e del P.M. in sede di ricorso per
cassazione si è focalizzata sulla questione della presenza o meno del “fumus commissi
delicti” in quanto punto pregiudiziale per l’adozione ed il mantenimento della misura
cautelare reale. Pertanto nella sua impugnazione il P.M. non ha fatto alcuna
acquiescenza in ordine alla tematica del “periculum” e di ciò vi è riscontro nello stesso
provvedimento della Cassazione, la quale non avrebbe annullato il primo
provvedimento del riesame, in assenza di uno dei requisiti essenziali per l’adozione
della misura, con ciò intendendo devolvere nuovamente al tribunale la rivisitazione
della vicenda per la valutazione di tutte le circostanze necessarie per la decisione nel
merito.
6.2. Infondata è anche la seconda censura di rito.
Ritiene la difesa del ricorrente che il provvedimento cautelare era stato confermato
anche in ordine a reati non formalmente contestati. Si riferisce in particolare alla
ritenuta modifica di destinazione d’uso del seminterrato.
Orbene, va osservato che la misura cautelare è stata adottata in relazione ad una
pluralità di reati : art. 648 c.p., art. 479 c.p., art. 323 c.p., art. 44 lett. c) ed art. 181
d.lgs. 42\2004. Ne consegue che la eventuale irritualità della sua conferma per uno
dei profili di illegittimità riconducibili alla lett. c) dell’art. 44 cit., non incide sulla
complessiva tenuta del provvedimento, emesso in relazione ad una pluralità di reati.
In ogni caso la valutazione dell’ulteriore profilo di illegittimità della condotta del
Murgione era stato rilevato dalla stessa Corte di Cassazione, che ne ha fatto una
ulteriore ragione di annullamento con rinvio (v. ultima pagina sentenza della cassazione).
Ciò dimostra che le circostanze di fatto idonee a dimostrare tale illegittimità erano
state introdotte negli atti dal P.M. che pertanto non ha mostrato alcuna inerzia,
attivando sul punto il dovuto contraddittorio.
Va ribadita, pertanto la giurisprudenza di questa corte di legittimità, secondo la quale
“La modifica dell’addebito cautelare ad opera del pubblico ministero in sede di riesame
non impedisce al tribunale di confermare la misura coercitiva in riferimento alla nuova
ipotesi accusatoria” (Cass. Sez. 2, Sentenza n. 35356 del 26/05/2010 Cc. (dep. 30/09/2010) Rv.
248399; Cass. Sez. 1, Sentenza n. 22027 del 01/06/2006 Cc. (dep. 23/06/2006), Rv. 234669; Cass.
Sez. 6, Sentenza n. 36307 del 24/05/2005 Cc. (dep. 06/10/2005), Rv. 232239).

6.3. La difesa ha lamentato, inoltre, la erronea applicazione della legge laddove il
“fumus” del reato era stato dedotto interpretando le norme sulla voltura del permesso
(Cass. SS.UU.
di costruire in difformità dall’indirizzo delle Sezioni Unite Civili
15812\2003). Va evidenziato che tale diversa interpretazione, peraltro con dovizia di
argomenti motivata, è contenuta nella sentenza di annullamento con rinvio alla quale,
ai sensi dell’art. 628 c.p.p., il giudice di rinvio ha sempre l’obbligo di uniformarsi. Sui
punti di diritto decisi nessuna delle parti ha facoltà di ulteriori impugnazioni ed il
“dictum” della Corte è assoluto ed inderogabile perfino quando sia intervenuto un
mutamento di giurisprudenza (cfr. Cass. Sez. 1, Sentenza n. 4049 del 10/04/2012 Ud. (dep.
25/01/2013), Rv. 254217; Cass. Sez. 3, Sentenza n. 8527 del 19/08/1993 Ud. (dep. 14/09/1993), Rv.
195159).

6.4. Infondata è la doglianza di erronea applicazione della legge laddove il Riesame
aveva escluso in capo al Murgioni la qualità di imprenditore agricolo.

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6.5. In ordine al quinto motivo di ricorso, va premesso che effettivamente la natura
“reale” del permesso per costruire determina che la sua voltura non costituisca un
nuovo premesso, ma una mera ratifica della modifica soggettiva del rapporto (in taluni
casi, come in quello che ci occupa, rilevante quanto alla qualità soggettiva di imprenditore
agricolo del successore). Ma nel caso di specie, dagli accertamenti di fatto svolti dal
giudice di merito e non contestati, risulta che con la richiesta di voltura del 2006 il
Murgioni abbia richiesto una estensione dell’area rilevante per il permesso onde poter
edificare in zona agricole, secondo i progetti presentati. Da qui l’esigenza di
accorpamento di altra area, operazione “nuova” che correttamente è stata quindi
valutata alla luce del PUC vigente all’epoca della voltura. Sul punto il Riesame ha
svolto un coerente ragionamento per ritenere illegittima l’operazione di accorpamento,
ragionamento insindacabile in questa sede ove, lo si ripete, non sono proponibili
censure di motivazione.
6.6. Quanto alla tipologia degli interventi, in particolare nel seminterrato, il Tribunale,
ha evidenziato come la loro natura fosse residenziale e ciò costituisse una ulteriore
riprova della abusività delle opere la cui destinazione finale non era agricola. La
censura formulata sul punto si palesa inammissibile, in quanto diretta a contestare la
motivazione del provvedimento.
6.7. Inoltre la difesa del ricorrente ha evidenziato che la variante relativa al
seminterrato era stata oggetto di permesso per costruire in sanatoria del 29\8\2012,
preceduto dal nulla osta paesaggistico; ciò determinava la insussistenza ed estinzione
dei reati contravvenzionali (capi E ed F) ai sensi dell’art. 45, co. 3 0 , d.P.R. 380 del
2001 e del delitto di cui all’art. 181, co. 1 ter, d.lgs. 42 del 2004.
La censura è infondata. Va sul punto richiamata la giurisprudenza di questa Corte
secondo la quale, è illegittimo, e non determina l’estinzione dei reati contravvenzionali
previsti dalle norme urbanistiche vigenti, il rilascio in sanatoria del permesso di
costruire in deroga agli strumenti urbanistici (cfr. Cass. Sez. 3, Sentenza n. 16591 del

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Dispone l’art. 1 del d.lgs. 99 del 2004 che “….e’ imprenditore agricolo professionale
(IAP) colui il quale, in possesso di conoscenze e competenze professionali ….., dedichi
alle attività agricole di cui all’articolo 2135 del codice civile, direttamente o in qualità
di socio di società, almeno il cinquanta per cento del proprio tempo di lavoro
complessivo e che ricavi dalle attività medesime almeno il cinquanta per cento del
proprio reddito globale da lavoro. Le pensioni di ogni genere, gli assegni ad esse
equiparati, le indennità e le somme percepite per l’espletamento di cariche
pubbliche…., sono escluse dal computo del reddito globale da lavoro….”.
Il Tribunale, dopo avere premesso che la disposizione pretende la coerenza
dell’attività svolta con due parametri (reddito e tempo di lavoro), ha evidenziato come
dalle produzioni difensive non era possibile con certezza dedurre la natura dei redditi
dichiarati dal Murgioni, onde effettuare un preciso calcolo percentuale e che, in ogni
caso, dalla modestia dei redditi ricavati dall’attività agricola (€ 7 nel 2005; € 216 nel
2006; € 217 nel 2007), si evinceva, per la loro insignificanza, l’assenza del secondo
requisito e cioè di avere dedicato alla attività agricola la metà del complessivo tempo
di lavoro.
Consegue da quanto detto che nessuna erronea applicazione della legge è stata
consumata dal Riesame, il quale ha valutato i requisiti normativi per l’attribuzione
della qualità invocata dal Murgioni ed ha dato conto delle sue conclusioni con una
motivazione coerente, non sindacabile in questa sede, valutata la natura reale del
provvedimento impugnato.
Dalla infondatezza del motivo di ricorso (come di quelli che seguono) deriva la presenza,
coerenza ed esaustività della motivazione anche in ordine al “fumus” del delitto di
falso.

31/03/2011 Cc. (dep. 28/04/2011), Rv. 250153). Infatti, la sanatoria intanto può essere

07/05/2010), Rv. 247166.

6.8. In ordine alla violazione del vincolo boschivo, questa Corte di legittimità ha
statuito che “In tema di tutela del paesaggio, dopo l’entrata in vigore del D.Lgs. 18
maggio 2001, n. 227, deve qualificarsi come bosco – meritevole di protezione ai sensi
dell’art. 181 del D.Lgs. 22 gennaio 2004, n. 42 – ogni terreno coperto da vegetazione
forestale arborea associata o meno a quella arbustiva, da castagneti, sughereti o da
macchia mediterranea, purché aventi un’estensione non inferiore a mq. duemila, con
larghezza media non inferiore a metri venti e copertura non inferiore al 20 per cento”
(Cass. Sez. 3, Sentenza n. 32807 del 23/04/2013 Cc. (dep. 29/07/2013), Rv. 255904).

Premesso che ai sensi dell’art. 142 della legge n. 42 del 2004, la sottoposizione a
tutela delle aree boschive è prevista ex lege, senza alcuna necessità di un esplicito
riconoscimento pubblico, il giudice di merito ha ritenuto sussistente la violazione, sulla
base delle indagini svolte e di accertamenti *tecnici. Le censure mosse dalla difesa, che
contesta la misura della estensione sul luogo della macchia mediterranea, esprimono
solo un dissenso rispetto alla ricostruzione del fatto ed invitano ad una rilettura nel
merito della vicenda, non consentita nel giudizio di legittimità.
6.9. Quanto alle esigenze cautelari, il giudice di merito ha rilevato la presenza dei
requisiti della concretezza ed attualità del pericolo ed ha evidenziato come la presenza
di una “villa lussuosa” in zona destinata ad attività agricole costituisse un maggior
carico urbanistico che aggravava e prolungava la lesione al bene giuridico tutelato del
territorio. Le censure svolte dalla difesa sul punto lungi dal rimarcare un vizio di
violazione di legge, si palesano inammissibili censure sulla motivazione.
6.10. Infine il ricorrente ha lamentato che le modalità esecutive del sequestro, con il
divieto di accesso all’immobile, erano illegittime, in quanto privavano il titolare del suo
possesso, potere non concesso al giudice dopo la novella dell’art. 104 disp. att. c.p.p.
che prevedeva solo la trascrizione del vincolo.
Anche in tal caso va rammentato l’insegnamento di questa Corte di legittimità,
secondo il quale “In tema di sequestro preventivo di beni immobili, la previsione
dell’art. 104 disp. att. cod. proc. pen., come modificato dalla I. n. 94 del 2009,
secondo cui lo stesso è eseguito con la trascrizione del provvedimento presso i
competenti uffici, non implica che al giudice non sia consentito, al fine di garantire le
esigenze cautelari sottese, di privare il titolare della materiale disponibilità del bene
mediante la nomina di un custode” (Cass.Sez. 5, Sentenza n. 25118 del 08/05/2012 Cc. (dep.
22/06/2012), Rv. 253223); infatti, le modalità di trascrizione del relativo provvedimento
presso i competenti uffici (ai sensi del cit. art. 104) non sostituiscono tale incombente
alle ordinarie modalità di apprensione del bene e della sua custodia, atteso che la
finalità della su indicata disposizione è quella di disciplinare l’apposizione del vincolo in
modo da renderlo opponibile a terzi (cfr., Cass. Sez. 4, Sentenza n. 22569 del
25/05/2010Cc. (dep. 11/06/2010), Rv. 247818).

concessa, in quanto la costruzione sia conforme alle previsioni degli strumenti
urbanistici ed alla disciplina urbanistico-edilizia, in modo tale che la deroga non abbia
ad incidere negativamente sull’uniforme applicazione della disciplina urbanistica nella
zona dove si prevede l’intervento.
Ebbene, tenuto conto di quanto sopra esposto, la radicale illegittimità dell’opera
rispetto alle norme urbanistiche in vigore sul territorio del Comune di Castiadas, non
consentivano il rilascio di una legittima sanatoria.
Quanto al nulla osta paesaggistico, concesso successivamente all’esecuzione dei lavori
abusivi in zona vincolata, in ogni caso esso non produce alcun effetto estintivo del
corrispondente reato (cfr. Cass. Sez. 3, Sentenza n. 17535 del 24/03/2010 Ud. (dep.

Consegue al rigetto del ricorso, a norma dell’art. 616 c.p.p., la condanna del
ricorrente al pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese
processuali.
Così deciso in Roma il 2 ottobre 2013

Il Consigliere estensore

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