Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 49753 del 03/12/2013


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Penale Sent. Sez. 4 Num. 49753 Anno 2013
Presidente: BRUSCO CARLO GIUSEPPE
Relatore: BLAIOTTA ROCCO MARCO

Data Udienza: 03/12/2013

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
PAVIGLIANITI ANTONINO N. IL 30/01/1951
avverso la sentenza n. 4226/2012 CORTE APPELLO di MILANO, del
05/11/2012
visti gli atti, la sentenza e il ricorso
udita in PUBBLICA UDIENZA del 03/12/2013 la relazione fatta dal
Consigliere Dott. ROCCO MARCO BLAIOTTA
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Udito il Procuratore Gensrale in ersona d Dott.
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che ha concluso per F-C 21

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74 4a:W ‘1A-:

17 Pavaglianiti Antonino

Motivi della decisione

1. Parzialmente riformando la prima sentenza, la Corte d’appello di Milano
ha affermato la responsabilità dell’imputato in epigrafe in ordine al reato di cui
agli artt. 73 ed 80 del d.P.R. n. 309 del 1990 rubricato al capo B. L’imputazione
attiene al tentativo di importazione di una partita di cocaina del peso di alcune
centinaia di chili dalla Colombia verso la Polonia, non portata a compimento a

attribuita all’azione concertata di Sgroi, Paviglianiti e Bertelli.

2. Ricorre per cassazione l’imputato deducendo due motivi.
2.1 Con il primo motivo si espone che la responsabilità è stata basata
precipuamente su intercettazioni telefoniche di cui si deduce la nullità e
l’inutilizzabilità. L’intercettazione riguarda un colloquio tra un agente sotto
copertura denominato Paco, tale Sgroi e l’imputato. La prima fase della
conversazione venne registrata tramite strumenti affidati all’agente dalla polizia
giudiziaria. Erroneamente si è ritenuto che si tratti di mera attività di
documentazione ad opera di uno degli interlocutori. Il detto agente sotto
copertura, infatti agiva come longa manus della polizia giudiziaria. Vi è dunque
divieto di utilizzo non autorizzato di tale strumento di registrazione, che reca
violazione dell’art. 15 Cost., come ritenuto dalla giurisprudenza di legittimità.
La seconda parte della conversazione venne captata tramite il cellulare
dell’agente che era sottoposto ad intercettazioni autorizzata. Il provvedimento
autorizzativo era censurabile essendo stato adottato nei confronti di agente
provocatore a carico del quale non si configuravano gravi indizi di colpevolezza,
mentre la lecita captazione può avvenire solo nei confronti di soggetti nei cui
confronti tali gravi indizi si concretino.
2.1 Con il secondo motivo si lamenta illogicità della motivazione nella
parte in cui si assume che la droga sequestrata dalla polizia polacca sia quella
oggetto dell’accordo intervenuto tra Sgroi ed il ricorrente. Vi è difficoltà nel
saldare i discorsi del gennaio 2008 e gli eventi avvenuti a grande distanza di
tempo. Al riguardo l’argomentazione è vacillante.
Il ricorso espone gli indizi ritenuti irrilevanti dalla Corte d’appello,
considerando che si tratta di mere considerazioni e non di fatti; che le
circostanze riferite non riguardano il ricorrente, che non vi sono contatti
telefonici con i responsabili dell’illecito, che non viene indicato un contributo
causale al fatto, che in particolare manca alcun contatto con Sgroi in prossimità
dell’arrivo dello stupefacente nell’inverno del 2009.

causa del sequestro in Varsavia di 1100 kg di cocaina. L’azione illecita è stata

Ha fatto seguito la presentazione di una memoria con la quale è stata
evocata giurisprudenza costituzionale e di legittimità a sostegno dell’assunto
difensivo. Da essa si desume che nella fattispecie si è in presenza di
documentazione di attività di indagine che non può non essere assoggettata alla
disciplina delle investigazioni ed alle connesse garanzie.

3. Il ricorso è infondato.
3.1 La questione afferente alla inutilizzabilità della conversazione

sotto copertura era stata diffusamente dedotta in appello. In proposito la Corte
territoriale ha rammentato che la giurisprudenza di legittimità ha enunciato che
la registrazione di colloqui, anche se operata su richiesta della polizia giudiziaria
e con materiale da essa fornito, non ha bisogno di atti autorizzatori dell’autorità
giudiziaria.
Tale enunciazione non corrisponde allo stato della giurisprudenza più
recente di questa suprema Corte. Si e infatti ripetutamente e condivisibilmente
enunciato che non sono utilizzabili, in assenza di un provvedimento motivato di
autorizzazione del giudice o del P.M., le registrazioni fonografiche di
conversazioni occultamente effettuate da uno degli interlocutori d’intesa con la
polizia giudiziaria ed attraverso strumenti di captazione dalla stessa forniti / (Sez.
6, n. 49511 del 01/12/2009, Rv. 245774; Sez. 6, n. 23742 del 07/04/2010, Rv.
247384; Sez. 2, n. 42939 del 10/10/2012, Rv. 253819 ) anche alla luce della
giurisprudenza della Corte EDU (caso “M.M. contro Paesi Bassi, decisa in data 8
aprile 2003).
La questione, tuttavia, è priva di decisivo rilievo ai fini del giudizio.
Invero, la stessa Corte d’appello considera che pur a voler ritenere in ipotesi
/
inutilizzabile la prima parte della conversazione registrata nei modi che si sono
detti, resta palesemente immune da alcuna censura la registrazione della
seconda parte della conversazione avvenuta sulla base dell’utilizzazione
dell’utenza telefonica dell’agente sotto copertura / che era stata oggetto di rituale
autorizzazione all’intercettazione. Da tale parte dell’incontro/si desumono
comunque elementi di giudizio altamente significativi nell’ottica accusatoria.
L’enunciazione è corretta. La questione della irritualità della autorizzazione in
questione è palesemente priva di pregio giacché, come costantemente e
condivisibilmente ritenuto da questa Suprema corte, la disciplina legale richiede
l’esistenza di gravi indizi di reato e non di gravi indizi a carico della persona nei
cui confronti avviene l’intercettazione.

3.2 Per ciò che attiene alla ricostruzione dei fatti ed all’ individuazione del
ruolo concorsuale dell’imputato, la pronunzia reca una diffusa analisi, priva di

parzialmente registrata attraverso uno strumento nella disponibilità dell’agente

errori logici di sorta e basata su plurime significative acquisizioni. Si pone in luce
che la conversazione cruciale cui si è prima fatto cenno aveva senza dubbio ad
oggetto proprio le complesse trattative afferenti all’importazione di una
ingentissima partita di cocaina dalla Colombia via Venezuela verso Varsavia da
attuare mediante vettore aereo. Si era in presenza di incontro segretissimo al
quale lo Sgroi, protagonista della intera azione illecita d’intesa con correi
colombiani, volle la partecipazione dell’imputato sia per il suo coinvolgimento
economico sia per mostrare, rassicurando l’interlocutore colombiano, la

calabrese di cui il ricorrente era esponente.
Con puntigliosa analisi delle acquisizioni si perviene a dimostrare che la
cospicua partita di cocaina sequestrata in Varsavia e proveniente dalla Colombia
era la stessa oggetto delle trattative iniziate nel 2008 e protrattesi con varie
vicissitudini fino al al momento del sequestro avvenuto al momento dell’arrivo
della sostanza in Polonia.
La pronunzia considera quindi il ruolo nei fatti dell’imputato. Costui prima
e dopo l’incontro di cui si è detto, intrattenne numerosi colloqui ed incontri con lo
Sgroi caratterizzati da espressioni equivoche ed allusive che danno conto
dell’oggetto illecito delle comunicazioni. Il protrarsi nel tempo dell’operazione a
causa di molteplici contrattempi ed inconvenienti sta sullo sfondo delle intese tra
lo Sgroi e il ricorrente che riceve continue rassicurazioni a fronte delle sue
manifestazioni di impazienza ed esasperazione per i tempi lunghi dell’operazione.
I contatti telefonici tra i due avvennero spesso in diretta corrispondenza con altri
contatti dello Sgroi con i trafficanti colombiani, connessi alle complicanze di vario
genere in-sorte. I contatti tra i due protagonisti proseguirono fino al settembre
2008 e si interruppero sino al febbraio 2009, ma ripresero significativamente
poco prima dell’ultimazione dell’operazione con l’arrivo della droga in Polonia.
Infatti lo Sgroi, rientrato in Italia da Varsavia il 16 febbraio, cioè in epoca
immediatamente precedente a quella della spedizione dello stupefacente
contattò l’imputato prima della ultima partenza per la Polonia in concomitanza
con la spedizione dello stupefacente. Non vi è dubbio dunque che le intese
afferissero all’operazione alla quale del resto l’imputato aveva partecipato con il
versamento di una somma di danaro. La pronunzia soggiunge che in occasione
della conversazione del 16 settembre 2008 nel corso della quale lo Sgroi dava
assicurazioni del buon esito al 90% della vicenda illecita l’imputato replicava che
avrebbe atteso ancora, con ciò palesando la propria intenzione di non prendere
le distanze dall’operazione7corso. L’ulteriore indiretta conferma di tale analisi
ricostruttiva la Corte desume dal rinvenimento nella disponibilità dell’imputato di
uno scontrino fiscale emesso nel luogo del già più volte menzionato incontro, sul
quale era annotato il nominativo dell’albergo di Varsavia nel quale lo Sgroi aveva

cointeressenza nell’operazione della compagine appartenente alla ‘ndrangheta

alloggiato in occasione della sua precedente trasferta in Polonia. Tale documento
viene ritenuto dimostrativo dell’interesse dell’imputato in relazione alla
partecipazione personale o tramite emissario alla fase terminale dell’operazione,
a tal fine predisponendosi la disponibilità di un idoneo alloggio.
Ad ulteriore conforto dell’accusa si aggiunge la confessione dell’imputato
Bertelli che, seppure incompiuta non può non riferirsi alla al progetto di
triangolazione illecita dalla Colombia verso Varsavia oggetto della trattativa
registrata dal processo.

si è in presenza di valutazione estremamente puntuale, fondata sulla integrata
lettura di tutte le più significative acquisizioni probatorie; che non mostra vizi
logici o giuridici di sorta. Dunque non vi è spazio per la riconsiderazione di tale
ponderazione nella presente sede di legittimità.
Il ricorso deve essere conseguentemente rigettato. Segue per legge la
condanna al pagamento delle spese processuali.

Pqm

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese
processuali.

Roma 3 dicembre 2013

IL CONSIGLIERE ESTENSORE
(Rocco Marco BLAIOTTA)

CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
IV Sezione Penale

Dalla sintesi dell’argomentazione dimostrativa sopra esposta emerge che

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