Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 49741 del 15/10/2013


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Penale Sent. Sez. 4 Num. 49741 Anno 2013
Presidente: BRUSCO CARLO GIUSEPPE
Relatore: ROMIS VINCENZO

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
CALVO GIANCARLO N. IL 09/06/1986
avverso la sentenza n. 6549/2011 CORTE APPELLO di NAPOLI, del
15/12/2011
visti gli atti, la sentenza e il ricorso
udita in PUBBLICA UDIENZA del 15/10/2013 la relazione fatta dal
Consigliere Dott. VINCENZO ROMIS
Udito il Procuratore Gen rale in persona del Dott.
S’iCe
che ha concluso per
JiA

Udito, per la parte civil , l’Avv
Udit i difensor Avv

ad

)2_47A)11.,1

Data Udienza: 15/10/2013

RITENUTO IN FATTO
1. Con sentenza emessa in data 3.2.2011 dal Tribunale di Torre Annunziata – sez. distaccata di
Castellammare di Stabia – Calvo Giancarlo, all’esito di giudizio abbreviato, veniva condannato,
per il reato di cui all’art. 73 del d.P.R. n. 309/90, alla pena ritenuta di giustizia.
Avverso la predetta sentenza presentava appello la difesa dell’imputato, chiedendo che venisse
operato il giudizio di bilanciamento, erroneamente non eseguito dal primo giudice, tra le
riconosciute attenuanti generiche e la recidiva, e sollecitando altresì la concessione della

cui all’art. 114 c.p.
2. La Corte territoriale disattendeva la richiesta di concessione dell’attenuante della minima
partecipazione al fatto, osservando che il ruolo del Calvo era stato anzi decisivo, ai fini
dell’esecuzione dell’attività criminosa, avendo egli ricoperto il ruolo di colui il quale riceveva gli
ordinativi dagli acquirenti dello stupefacente ed il denaro, provvedendo poi alla consegna della
droga custodita materialmente da altro complice; per quel che riguarda l’entità della pena, la
Corte stessa rideterminava quella inflitta dal primo giudice diminuendola ad anni quattro e mesi
quattro di reclusione ed euro 14.000,00: a tale ultimo riguardo, i giudici di seconda istanza
operavano il giudizio di equivalenza tra le riconosciute attenuanti generiche e la recidiva
contestata, ritenendo precluso il più favorevole giudizio di prevalenza delle prime sulla seconda
dall’espressa previsione normativa trattandosi, nella concreta fattispecie, di recidiva reiterata,
specifica ed infraquinquennale.
Veniva poi negata la configurabilità dell’ipotesi attenuate( della lieve entità del fatto, prevista dal
quinto comma dell’art. 73 del d.P.R. n. 309/90, ostandovi, ad avviso della Corte territoriale, il
dato ponderale, il grado di purezza della sostanza e la sistematicità dell’attività di spaccio,
elementi da ritenersi del tutto incompatibili con il concetto di “minima offensività penale” della
condotta.
3. Ricorre per cassazione il difensore del Calvo deducendo due motivi: 1) violazione di legge e
vizio di motivazione in ordine al diniego dell’attenuante prevista dall’att. 114 c.p., sull’asserito
rilievo che il Calvo avrebbe svolto un ruolo meramente esecutivo delle disposizioni impartitegli
dal complice, come desumibile dalla stessa sentenza impugnata nella parte relativa alla
descrizione dell’attività svolta dal Calvo; 2) violazione di legge relativamente alla valenza
attribuita alla recidiva, in quanto ritenuta dai giudici tale da incidere in concreto, sulla base del
solo certificato penale e senza alcuna specifica motivazione nonostante la natura facoltativa
della recidiva stessa per come precisato nella giurisprudenza di legittimità.
CONSIDERATO IN DIRITTO
4. Il ricorso deve essere rigettato per le ragioni di seguito indicate.

L

circostanza attenuante di cui al quinto comma del d.P.R. n. 309/90, nonché dell’attenuante di

4.1 La doglianza relativa al diniego dell’attenuante ex 114 c.p. è infondata.
La Corte di merito ha osservato che il ruolo del Calvo era stato anzi decisivo, ai fini
dell’esecuzione dell’attività criminosa, posto che il suo compito era quello di ricevere gli
ordinativi dagli acquirenti dello stupefacente, ed il denaro, e di provvedere poi alla consegna
della droga custodita materialmente da altro complice. Orbene è di tutta evidenza che l’attività
svolta dal Calvo era tale da non poter in alcun modo rientrare nell’ambito della previsione della
disposizione di cui all’art. 114 c.p., alla luce del consolidato indirizzo interpretativo affermatosi

fini dell’integrazione della circostanza attenuante della minima partecipazione (art. 114 cod.
pen.), non è sufficiente una minore efficacia causale dell’attività prestata da un correo rispetto
a quella realizzata dagli altri, in quanto è necessario che il contributo dato si sia concretizzato
nell’assunzione di un ruolo di rilevanza del tutto marginale, ossia di efficacia causale così lieve
rispetto all’evento da risultare trascurabile nell’economia generale dell'”iter” criminoso» (in
termini, “ex plurimis”, Sez. 2, n. 835 del 18/12/2012 Ud. – dep. 09/01/2013 – Rv. 254051).
4.2 Quanto alla seconda doglianza – concernente la ritenuta sussistenza in concreto della
contestata recidiva (dalla Corte territoriale posta poi in giudizio di equivalenza con le
riconosciute attenuanti generiche) – mette conto evidenziare che a fronte dell’aumento operato
dal primo giudice per la recidiva, ai fini della dosimetria della pena, nulla era stato dedotto al
riguardo con i motivi di appello. L’appellante, in punto di recidiva, si era infatti limitato a
sollecitare il giudizio di comparazione tra attenuanti e recidiva ma non aveva chiesto che
quest’ultima fosse esclusa. La doglianza espressa con il ricorso in ordine a tale questione, è
stata, dunque, dedotta per la prima volta in questa sede ed è pertanto inammissibile,
involgendo essa aspetti valutativi di merito e non rientrando quindi nel novero delle questioni
indicate nell’art. 609, comma 2, cod. proc. pen. che questa Corte avrebbe potuto esaminare di
ufficio; è stato condivisibilmente enunciato nella giurisprudenza di legittimità il seguente
principio: «In tema di ricorso per Cassazione, è consentito superare i limiti del “devolutum” e
dell’ordinata progressione dell’impugnazione soltanto per le violazioni di legge che non sarebbe
stato possibile dedurre in grado di appello, come nell’ipotesi di “ius superveniens”, e per le
questioni di puro diritto, sganciate da ogni accertamento del fatto, rilevabili di ufficio in ogni
stato e grado del giudizio. Non sono proponibili per la prima volta in cassazione, invece, le
questioni giuridiche che presuppongono un’indagine di merito che, incompatibile con il
sindacato di legittimità, deve essere richiesta o almeno prospettata nella sua sede naturale. La
mancata devoluzione di siffatta questione in sede propria preclude ogni successiva doglianza e
rende intangibile la decisione formatasi sul punto o capo, poi investito dal ricorso» (in termini,
Sez. 5, n. 9360 del 24/04/1998 Ud. -dep. 13/08/1998 -Rv. 211441;cfr. al riguardo, anche Sez.
4, n. 4853 del 03/12/2003 Ud. – dep. 06/02/2004 – Rv. 229373, con la quale è stato tra l’altro
precisato che le questioni di diritto sostanziale possono essere sollevate per la prima volta

in materia nella giurisprudenza di questa Corte: «In tema di concorso di persone nel reato, ai

davanti alla Corte di cassazione – così venendo meno la preclusione per le violazioni di legge
non dedotte con i motivi di appello – sempre che si tratti di deduzioni di pura legittimità o di
questioni di puro diritto insorte dopo il giudizio di secondo grado in forza di “ius superveniens” o
di modificazione della disposizione normativa di riferimento conseguente all’intervento
demolitorio o additivo della Corte costituzionale).
5. Al rigetto del ricorso segue, per legge, la condanna del ricorrente al pagamento delle spese

P. Q. M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Roma, 15 ottobre 2013

Il Presidente

Il Con gliere estensore

(Carlo Gius pe Brusco)

(Virjcenzo Romis)
7/1AZAi

at)

CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
IV Sezione Penale

processuali.

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