Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 49723 del 17/10/2013


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Penale Sent. Sez. 1 Num. 49723 Anno 2013
Presidente: SIOTTO MARIA CRISTINA
Relatore: CASSANO MARGHERITA

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
RUBINO MICHELE N. IL 08/12/1960
avverso l’ordinanza n. 769/2013 TRIB. LIBERTA’ di PALERMO, del
05/06/2013
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. MARGHERITA
CASSANO;
leae/sentite le conclusioni del PG Dott.

Uditi difensor Avv.;

o . L

Data Udienza: 17/10/2013

e.

Ritenuto in fatto.
1.Con ordinanza del 5 giugno 2013 il Tribunale di Palermo, costituito ex art.
309 c.p.p., respingeva l’istanza di riesame avanzata da Michele Rubino e, per
l’effetto, confermava l’ordinanza di custodia cautelare in carcere, emessa nei suoi
confronti 1’11 maggio 2013 dal giudice per le indagini del locale Tribunale in
2.A Rubino si contesta di avere, nella sua qualità di persona sottoposta alla
sorveglianza speciale di p.s. con obbligo di soggiorno nel comune di residenza
(Villabate) per la durata di tre anni (scadenza della misura 17 agosto 2012),
reiteratamente violato le prescrizioni a lui imposte nel periodo di tempo compreso
tra il 14 giugno 2012 e il 14 agosto 2012.
Gravi indizi di colpevolezza erano ad, avviso del Tribunale, integrati, dalle
operazioni di intercettazione ambientale e di rilevamento satellitare GPS effettuate
all’interno dell’auto “Audi 166” in uso a Rubino, nonché dall’esito della
perquisizione svolta al momento dell’arresto.
Dal complesso di questi atti risultava che Rubino, arrestato nel 2005 con
l’accusa di essere stato uno dei fiancheggiatori del boss mafioso latitante Bernardo
Provenzano, era stato scarcerato il 15 agosto 2009 e, in pari data, aveva ricevuto la
notifica del decreto di sottoposizione alla misura di prevenzione della sorveglianza
speciale di p.s. Tale decreto veniva reiteratamente violato da Rubino che, in svariate
occasioni (14, 16, 30 giugno 2012), si allontanava dal luogo di residenza in
compagnia di altra persona che fungeva da autista e si recava nel comune di
Altavilla Milicia (episodio avvenuto il 14 giugno 2012) e di Palermo (fatti
verificatisi il 16 e il 30 giugno 2012). Analoghe condotte venivano poste in essere
nelle date del 7, 14, 21, 28 luglio, 3, 7, 13, 14 agosto 2012 senza che fosse stata
rilasciato alcun provvedimento autorizzativo a lasciare il comune di residenza.
3.Le esigenze cautelari venivano ritenute sussistenti sotto il profilo della lett. c)
dell’art. 274 c.p.p., tenuto conto della comprovata tendenza del ricorrente a sottrarsi
al rispetto delle leggi e dei provvedimenti dell’autorità e della gravità e reiterazione
delle condotte da lui realizzate.
4.Avverso il citato provvedimento ha proposto ricorso per cassazione, tramite il
difensore di fiducia, Rubino, il quale lamenta violazione di legge e vizio di
motivazione con riferimento alla ritenuta sussistenza delle esigenze cautelali di cui
1

relazione al delitto di cui agli artt. 81 cpv. c.p., 75, comma 2, d. lgs. n. 159 del 2011.

all’art. 274, lett. c), c.p.p., che non sono configurabili sulla sola base dei precedenti
penali.
Osserva in diritto.

Il ricorso non è fondato.
1.11 parametro della concretezza, cui si richiama l’art. 274 lett. c) del vigente
codice di rito, non si identifica con quello di “attualità” del pericolo, derivante dalla
reati, dovendo, al contrario, il predetto requisito essere riconosciuto alla sola
condizione necessaria e sufficiente che esistano elementi “concreti” (cioè non
meramente congetturali) sulla base dei quali possa affermarsi che il soggetto
inquisito possa facilmente, verificandosene l’occasione, commettere reati rientranti
fra quelli contemplati dalla suddetta norma processuale (Sez. 6, n. 28618 del 05
aprile 2013; Sez. 1, n. 25214 del 03 giugno 2009; Sez. 1, n. 10347 del 20 gennaio
2004; Sez. 1, n. 4534 del 5 novembre 1992,)
Le esigenze connesse alla cosiddetta tutela della collettività devono concretarsi
nel pericolo specifico di commissione di delitti collegati sul piano dell’interesse
protetto; trattandosi di valutazione prognostica di carattere presuntivo, il giudice è
tenuto a dare concreta e specifica ragione dei criteri logici adottati.
Ai fini del giudizio prognostico previsto dall’art. 274 comma 1 lett. c) c.p.p.
deve avere riguardo alle specifiche modalità e circostanze del fatto, indicative
dell’inclinazione del soggetto a commettere reati della stessa specie, alla personalità
dell’indagato, da valutare alla stregua dei suoi precedenti penali e giudiziari,
all’ambiente in cui il delitto è maturato, nonché alla vita anteatta dell’indagato
stesso, come pure di ogni altro elemento compreso fra quelli enunciati nell’art. 133
c.p. L’espressione “delitti della stessa specie”, con la quale il legislatore delimita
l’area dei sintomi utilizzabili ai fini di siffatto giudizio, a riguardo della probabilità
di ricaduta nel reato, ha valore oggettivo e va riferita ai delitti che offendono lo
stesso bene giuridico.
Da tali elementi, di carattere oggettivo, il giudice deve giungere, con motivazione
congrua ed adeguata, esente da vizi logici e giuridici, alla formulazione di una
prognosi di pericolosità dell’indagato in funzione della salvaguardia della
collettività, che deve tradursi nella dichiarazione di una concreta probabilità che egli
commetta alcuno dei delitti indicati nel suddetto art. 274, comma 1 lett. c) c.p.p.

2

riconosciuta esistenza di occasioni prossime favorevoli alla commissione di nuovi

Trasni
z. 23
n. 1 L: L.8-8-9:à n. 332
i O DIC. 21)13
Roma,
2.Nel caso in questione il Tribunale di Palermo, costituito ex art. 309 c.p.p., con
,

motivazione esente da vizi logici e giuridici, ha enunciato le specifiche ragioni
(oggettiva rilevante gravità delle condotte delittuose, negativa personalità di Rubino,
inserita in un contesto associativo di stampo mafioso, la reiterata tendenza a rendersi
inosservante al rispetto delle regole )che fanno ritenere sussistenti i presupposti di
cui all’art. 274, comma 1 lett. c) c.p.p. e, secondo i principi di proporzionalità ed
carcere.
In conclusione, risultando infondato, il ricorso deve essere rigettato con
conseguente condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.
La cancelleria dovrà provvedere all’adempimento prescritto dall’art. 94, comma
1 ter, disp. att. c.p.p.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Dispone trasmettersi a cura della cancelleria copia del provvedimento al
Direttore dell’istituto penitenziario ai sensi dell’art. 94, comma 1 ter, disp. art. c.p.p.
Così deciso in Roma, in camera di consiglio, il 17 ottobre 2013.

adeguatezza, fanno ritenere unica misura idonea quella della custodia cautelare in

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