Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 4972 del 19/12/2013


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Penale Sent. Sez. 4 Num. 4972 Anno 2014
Presidente: ZECCA GAETANINO
Relatore: PICCIALLI PATRIZIA

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
BONASSI DANIELE N. IL 27/01/1959
CHIERICI LUCIANO – ( RINUNCIA AL RICORSO DEL
DIFENSORE) – N. IL 07/09/1940
avverso la sentenza n. 611/2007 CORTE APPELLO di BOLOGNA, del
30/03/2012
visti gli atti, la sentenza e il ricorso
udita in PUBBLICA UDIENZA del 19/12/2013 la relazione fatta dal
Consigliere Dott. PATRIZIA PICCIALLI
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Udito il Procuratore Gyrale in persona del Dott. V i ,–^….._C.P.,vvx-0 -4c-L-42•
che ha concluso per
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Udito, per la parte civile, l’Avv

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Data Udienza: 19/12/2013

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Fatto e diritto

BONASSI Daniele e CHIERICI Luciano ricorrono avverso la sentenza di cui in epigrafe che,
modificando quella di primo grado, ha dichiarato non doversi procedere nei confronti degli
imputati per essere il reato di lesioni colpose aggravato dalla violazione della normativa
antinfortunistica in danno di Corrò Massimo estinto per intervenuta prescrizione ed ha

responsabile civile in solido a corrispondere alla parte civile la maggiore provvisionale
rideterminata in ulteriore euro 30.000,00, oltre quella già corrisposta di euro 100.000,00

Le modalità dell’infortunio sono state così ricostruite nella sentenza impugnata: l’operaio
Corrò, dipendente di Demont s.r.I., alla quale erano stati conferiti in appalto dalla Solvay
Chimica Italia i lavori di demolizione di impianti inattivi presso lo stabilimento aziendale di
Ferrara, proseguendo nelle operazioni, nonostante il guasto tecnico della macchina
cesoiatrice, si portava in quota con la fiamma ossidrica e, dopo l’abbattimento del primo
serbatoio, dismessa la cintura di sicurezza, con il piede su una putrella che teneva i tiranti
del secondo serbatoio, mentre procedeva ad un ulteriore intervento di taglio con la
fiamma ossidrica, veniva travolto dal crollo della struttura portante in cemento, già
compromessa dall’abbattimento del primo serbatoio, che rovinava a terra insieme al
secondo serbatoio, riportando lesioni personali gravi consistite in trauma da
schiacciamento con frattura esposta biossea 3 0 distale dell’avambraccio destro,
comportanti un’incapacità ad attendere alle ordinarie occupazioni per un tempo superiore
ai quaranta giorni ( fatto del 14.6.1999).

L’addebito era stato contestato al Bonassi, quale direttore del cantiere di demolizioni
industriali per la ditta Demont s.r.I., operante in Ferrara, all’interno dello stabilimento
della Solvay Chimica Italiana s.p.a, ed al Chierici, in qualità di coordinatore per la
sicurezza in fase di esecuzione della ditta Tecneuropa s.r.I., responsabile del piano di
sicurezza dei lavori di demolizioni industriali commissionato dalla società Solvay.

La colpa era stata ipotizzata sia come generica, che come specifica: in sintesi, sotto
quest’ultimo profilo si addebitava al Bonassi la violazione dell’art. 72 d.P. R. 164/56 ( ora
art. 151, d.Lvo 81/2008), per non avere previsto nella relazione tecnica integrativa del
piano di sicurezza una procedura adeguata al tipo di serbatoi da demolire, al Chierici si
contestava, invece, la violazione dell’articolo 5, lettera b) del d.lvo 494/1996 per non
avere adeguato il piano di sicurezza al diverso tipo di lavoro necessario al fine di demolire
serbatoi orizzontali posti nel box di pesatura, con una diversa tipologia di sostegno da
quella prevista.
2

altresì escluso il concorso di colpa della parte civile, condannando gli stessi ed il

Tali addebiti di colpa venivano ritenuti causalmente collegati con l’incidente.

A supporto del giudizio di responsabilità, il giudice di appello poneva, con riferimento al
Bonassi, il non avere previsto, quale direttore tecnico di cantiere e redattore del piano
particolareggiato integrativo delle demolizioni per Dermont, una particolare e precisa
successione delle demolizioni tesse dall’alto verso il basso, con una previsione dei mezzi

appoggiati su “sella”) ed in modo che non venisse pregiudicata la stabilità delle strutture
portanti; il non essere stato presente in cantiere e non avere sospeso i lavorio in
mancanza dei mezzi tecnici adeguati allo scopo.

Con riferimento al Chierici, il giudizio di responsabilità è stato fondato sulla omessa
presenza dello stesso nel cantiere, il cui obbligo è stato ricavato dalla stessa natura del
compito ex lege affidato al coordinatore per la sicurezza, consistente nell’adeguare il PSC
da altri redatto “in relazione all’evoluzione dei lavori ed alle modifiche intervenute ( ex
art. 5 lettera b) d.lvo 494/96 ( ora art. 92 d.lvo. 81/2008) e quindi con la necessità di
seguire da vicino ( e non in modo saltuario o estemporaneo) la stessa evoluzione e le
modifiche nonché sulla qualifica di responsabile dei lavori ex art. 2 lettera c) d,Lvo
494/96 ( ora art. 89, lettera d.Lvo 81/2008), con il conseguente obbligo di intervenire ed
adattare le modalità operative di lavoro una volta riscontrata la diversa tipologia dei
serbatoi da demolire e le diverse strutture di ancoraggio. Anche se il mezzo meccanico si
fosse reso indisponibile solo dopo l’allontanamento del Chierici dal cantiere, l’imputato
avrebbe dovuto indicare, almeno la mattina, le specificazioni necessarie ai diversi
serbatoi.

La Corte di merito ha altresì escluso l’abnormità della condotta del lavoratore, il quale
aveva compito un’operazione comunque rientrante nelle sue attribuzioni e non soggette
alla libera scelta, essendogli state impartite disposizioni al riguardo, cui non aveva il
dovere di disubbidire.

Accogliendo il ricorso della parte civile i giudici di appello hanno infine ritenuto che
nessuna condotta colposa fosse addebitabile al Corrò, il quale, in quanto lavoratore
subordinato destinatario di una disposizione del datore di lavoro non aveva la possibilità
di sottrarsi alla stessa senza contravvenire al vincolo stesso della subordinazione, pur a
fronte dell’inadempimento del datore alla norma cogente che gli imponeva di tutelarne la
salute e l’integrità fisica ex art. 2087 c.c.

3

da utilizzare in relazione alla particolarità della collocazione dei serbatoi ( sospesi e non

Hanno proposto ricorso per cassazione entrambi gli imputati, i quali hanno successivamente
presentato rituale dichiarazione di rinuncia.

I ricorsi sono, pertanto, inammissibili, ex articolo 591, comma 1, lettera d), c.p.p.

Segue, a norma dell’articolo 616 c.p.p., la condanna dei ricorrenti al pagamento delle spese
processuali e ciascuno a quello della somma di euro 300,00 ( trecento) a titolo di sanzione

PQM
dichiara inammissibili i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali e
ciascuno a quello della somma di euro 300,00 in favore della cassa delle ammende.
Così deciso in data 19 dicembre 2013

Il Consigliere estensore

Il Presidente

pecuniaria in favore della cassa delle ammende, non emergendo ragioni di esonero.

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