Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 49718 del 31/05/2013


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Penale Sent. Sez. 1 Num. 49718 Anno 2013
Presidente: SIOTTO MARIA CRISTINA
Relatore: TARDIO ANGELA

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
CALOIERO BRUNELLA, nata il 10/06/1961
avverso l’ordinanza n. 276/2012 TRIBUNALE SORVEGLIANZA di
CATANZARO, del 26/07/2012;

sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. Angela Tardio;
lette le conclusioni del Procuratore Generale Dott. Gabriele
Mazzotta, che ha chiesto il rigetto del ricorso.

Data Udienza: 31/05/2013

RITENUTO IN FATTO

1. Con ordinanza del 26 luglio 2012 il Tribunale di Sorveglianza di Catanzaro
ha rigettato l’istanza proposta da Caloiero Brunella, tesa a ottenere la
riabilitazione in relazione alla sentenza della Corte d’appello di Catanzaro,
irrevocabile il 21 giugno 1994, che l’aveva condannata alla pena di mesi quattro
di reclusione per la ricettazione di cinque giubbotti di montone, provento di furto,

Il Tribunale, a ragione della decisione, rilevava che:
– analoga richiesta era stata rigettata il 25 novembre 2010 per non essere
stato provato l’adempimento delle obbligazioni civili nascenti da reato nei
confronti del proprietario dei giubbotti di montone e per non essere stata
dimostrata l’impossibilità di adempimento;

l’istante aveva rappresentato che, con lettera raccomandata del 7

dicembre 2011, non recapitata per trasferimento del destinatario, aveva
espresso alla società Novintermoda, proprietaria della merce provento di reato,
la sua piena disponibilità a versare la somma di euro duemila in adempimento
delle obbligazioni civili derivanti dal reato, e che, essendo tale società risultata
dalla eseguita visura camerale posta in liquidazione e cancellata dal registro delle
imprese, non era stato possibile l’indicato adempimento;
– la circostanza che l’istante si era attivata per formulare una offerta
risarcitoria con ritardo di “quindici anni” rispetto all’epoca del fatto non
consentiva una valutazione positiva della richiesta anche sotto il profilo della
insussistenza della prova di una costante buona condotta.

2. Avverso detta ordinanza ha proposto ricorso per cassazione l’interessata
per mezzo dei suoi difensori, chiedendone l’annullamento sulla base di due
motivi.
2.1. Con il primo motivo la ricorrente denuncia inosservanza o erronea
applicazione della legge penale in relazione all’art. 179 cod. pen.
Secondo la ricorrente, l’ordinanza è incorsa nel denunciato vizio per avere
erroneamente interpretato il requisito probatorio della effettiva e costante buona
condotta, che, alla luce dei principi fissati da questa Corte, non esige il
tempestivo adempimento dell’obbligo di risarcimento del danno alla persona
offesa e richiede il massimo rigore di valutazione, poiché il rigetto della richiesta
in dipendenza della sua insussistenza preclude la riproponibilità della istanza
prima del decorso del termine di due anni dalla data della sua irrevocabilità, e
per avere erroneamente presunto l’esistenza di un limite temporale entro il quale

commessa nel 1987.

deve essere effettuato l’adempimento delle obbligazioni civili derivanti dal reato,
non previsto per legge.
Né il Tribunale ha tenuto conto, nel rigettare la richiesta, della dimostrata
impossibilità di risarcire il danno alla persona offesa per la sua irreperibilità,
conseguente alla intervenuta sua cancellazione dal registro delle imprese.
2.2. Con il secondo motivo la ricorrente denuncia mancanza,
contraddittorietà e manifesta illogicità della motivazione.
Secondo la ricorrente, il rapporto intercorrente tra la motivazione,

riabilitazione e le ulteriori argomentazioni poste a fondamento della ordinanza
impugnata è manifestamente contraddittorio e privo di alcuna consequenzialità,
poiché il Tribunale, in relazione alla precedente istanza, aveva riconosciuto
espressamente la sua buona condotta e aveva rigettato la richiesta per
mancanza della prova dell’adempimento delle obbligazioni civili derivanti dal
reato o della impossibilità di adempiervi, mentre con la nuova ordinanza ha
escluso la sussistenza del requisito della buona condotta quando si era data la
prova della impossibilità dell’adempimento, omettendone la valutazione.

3. Il Procuratore Generale presso questa Corte ha depositato requisitoria
scritta, concludendo per il rigetto del ricorso attesa la sufficiente motivazione
delle ragioni del diniego della richiesta, alla luce dei principi fissati da questa
Corte.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il ricorso è fondato.

2. Deve premettersi in diritto che la riabilitazione è un istituto che ha come
risultato la reintegrazione del condannato nella sua capacità giuridica, che si
consegue mediante l’estinzione delle pene accessorie e degli altri effetti penali
derivanti dalla condanna penale, a norma dell’art. 178 cod. pen. Atteso detto
risultato, la riabilitazione è possibile, ai sensi del successivo art. 179 cod. pen.,
se, in presenza degli altri requisiti di legge, il condannato abbia mostrato di
avere tenuto buona condotta con fatti positivi e costanti di emenda e di
ravvedimento, dopo la condanna e fino alla data della decisione sulla istanza
presentata (tra le altre, Sez. 1, n. 1274 del 27/02/1996, dep. 28/05/1996, Politi,
Rv. 204698; Sez. 1, n. 1507, del 17/12/2012, dep. 11/01/2013, Carnaghi, Rv.
254251), dovendo la valutazione del comportamento tenuto dall’interessato
essere attuata globalmente e non essere limitata al periodo minimo fissato dalla
legge (Sez. 1, n. 2314 del 20/03/1997, dep. 21/04/1997, Maione, Rv. 207324).

3

richiamata, del precedente provvedimento di rigetto della richiesta di

2.1. Ai fini del conseguimento della riabilitazione, l’adempimento delle
obbligazioni civili derivanti dal reato è condizione prevista dalla legge e discende
direttamente dalla commissione del fatto costituente reato, a prescindere da
qualsiasi ulteriore considerazione circa la struttura dell’illecito, quale illecito di
danno o di pericolo, e dal fatto che non vi sia stata nel processo penale
costituzione di parte civile e alcuna pronuncia in ordine alle obbligazioni civili
conseguenti al reato o che le parti lese non abbiano azionato proprie pretese
civilistiche (tra le altre, Sez. 5, n. 4731 del 08/10/1999, dep. 31/01/2000,

Maggi, Rv. 242809).
L’attivarsi del reo al fine della eliminazione, per quanto possibile, delle
conseguenze di ordine civile derivanti dalla condotta criminosa ha, infatti, valore
dimostrativo di emenda del condannato (tra le altre, Sez. 5, n. 4731 del
08/10/1999, dep. 31/01/2000, Agostini M., Rv. 215748; Sez. 1, n. 16026 del
12/04/2006, dep. 10/05/2006, P.G. in proc. Luodiyi, Rv. 234135), a cui carico è
l’onere di dimostrare, in funzione di detto valore, di avere fatto quanto in suo
potere per adempiere le obbligazioni civili derivanti dal reato ovvero di
dimostrare l’impossibilità di adempiervi (tra le altre, Sez. 1, n. 17952 del
30/03/2004, dep. 16/04/2004, Martinoli, Rv. 228291; Sez. 1, n. 9755 del
27/01/2005, dep. 11/03/2005, Fortuna, Rv. 231589; Sez. 1, n.6704 del
02/12/2005, dep. 22/02/2006, Pettenati, Rv. 233406; Sez. 1, n. 4089 del
07/01/2010, dep. 01/02/2010, De Stasio, Rv. 246052; Sez. 1, n. 35630 del
04/05/2012, dep. 18/09/2012, Critti, Rv. 253182),
2.2. Tale impossibilità di adempimento ricomprende, in particolare, tutte le
situazioni non addebitabili al condannato istante per la riabilitazione, che gli
impediscano l’esatta osservanza dell’obbligo cui è tenuto per conseguirla, non
potendosi frapporre ingiustificato ostacolo al suo reinserimento sociale, qualora
abbia dato prova, con la buona condotta tenuta, di esserne meritevole (tra le
altre, Sez. 3, n. 685 del 11/02/2000, dep. 31/03/2000, Fortin, Rv. 216156; Sez.
1, n. 4429 del 16/06/2000, dep. 16/10/2000, P.G. in proc. Grigolin, Rv.
217240).
Pertanto, in tema di riabilitazione, atteso che l’impossibilità di adempiere le
dette obbligazioni civili non costituisce ostacolo alla concessione della causa
estintiva in presenza di situazioni di fatto che impediscano l’adempimento, il
giudice, nel rigettare l’istanza, deve indicare in che modo il reato abbia
determinato l’insorgenza di obbligazioni civili e se siano state individuate o siano
comunque individuabili e non siano irreperibili persone danneggiate dalla
condotta sanzionata penalmente (Sez. 1, n. 5707 del 18/12/2012,
dep. 05/02/2013, Piccinini, Rv. 254806).

4

Agostini M., Rv. 215749; Sez. 1, n. 48148 del 18/11/2008, dep. 24/12/2008,

3. Di tali principi, che il Collegio condivide e riafferma, non è stata fatta
corretta applicazione.
3.1. L’ordinanza impugnata ha esaurito la sua motivazione, dopo i richiami
ai dati fattuali rappresentati dalla ricorrente per la dimostrazione della propria
impossibilità di adempiere le obbligazioni civili nei confronti della società
proprietaria della merce oggetto della addebitata ricettazione, nell’affermazione
della intervenuta attivazione – da parte della interessata – di una offerta
risarcitoria del danno alla persona offesa, con un ritardo di quindici anni rispetto

rilievo sulla valutazione afferente alla buona condotta “positiva e costante”
dell’istante.
In tal modo il Tribunale, valorizzando il dato temporale relativo alla ritardata
iniziativa di adempimento (pari, peraltro, a venticinque e non quindici anni) e
traendo da essa ragione della impossibilità di adempimento e dimostrazione della
carenza di prova effettiva e costante di buona condotta, ha non solo individuato
un limite temporale nell’adempimento dell’obbligo di risarcimento della persona
offesa, non richiesto espressamente dall’art. 179 cod. pen., né desumibile dalla
previsione normativa del termine minimo di tre anni, che deve decorrere ai fini
della concessione della riabilitazione, ma ha fondato sul solo rilevato ritardo,
perché tradottosi nella, intervenuta medio tempore, cancellazione dal registro
delle imprese della società proprietaria della merce ricettata e “offesa” dal reato,
ragioni argomentative di una non buona condotta della istante, preclusiva della
chiesta riabilitazione.
3.2. L’espressa valutazione è, pertanto, incoerente rispetto ai principi di
diritto afferenti ai presupposti della riabilitazione e non esaustiva e logica rispetto
alle valutazioni da compiersi nel contesto del giudizio globale della correttezza o
meno del comportamento del condannato riabilitando, in termini di effettività e
di costanza, per l’intero periodo successivo alla sentenza di condanna e fino alla
data della decisione sulla istanza e della verifica della sopravvenuta emenda, e
con riguardo alla manifestazione dell’impegno risarcitorio del medesimo a fronte,
peraltro, di un fatto risalente nel tempo e di scarso allarme sociale, alle situazioni
di fatto impeditive del suo assolvimento e alla loro imputabilità all’istante e/o alla
loro dipendenza dalla irreperibilità o inesistenza in vita della società creditrice,
oltre a essere incongrua rispetto alla valutazione già fatta dallo stesso Tribunale
con l’ordinanza del 25 novembre 2010 (richiamata nella parte motiva della
ordinanza impugnata), reiettiva di precedente analoga richiesta con esclusivo
rifermento, non sussistendo altri ostacoli, al difetto di prova dell’assolvimento
delle obbligazioni civili nascenti da reato ovvero della impossibilità di
adempimento.

5

alla data del fatto, e nella rappresentazione della incidenza negativa di tale

4. Il provvedimento impugnato deve essere pertanto annullato e rinviato al
Tribunale di sorveglianza di Catanzaro, che procederà a nuovo esame tenendo
presenti gli indicati principi di diritto e i formulati rilievi.

P.Q.M.

Annulla l’ordinanza impugnata e rinvia per nuovo esame al Tribunale di
sorveglianza di Catanzaro.

Il Consigliere estensore

Il Presidente

Così deciso in Roma, il 31 maggio 2013

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