Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 4971 del 19/12/2013


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Penale Sent. Sez. 4 Num. 4971 Anno 2014
Presidente: ZECCA GAETANINO
Relatore: PICCIALLI PATRIZIA

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
LEONARDI SEBASTIANO N. IL 18/10/1973
avverso la sentenza n. 813/2005 CORTE APPELLO di CATANIA, del
19/04/2012
visti gli atti, la sentenza e il ricorso
udita in PUBBLICA UDIENZA del 19/12/2013 la relazione fatta dal
Consigliere Dott. PATRIZIA PICCIALLI
Udito il Procuratore Generale in persona del Dott. V L eeta,
che ha concluso per
–“Ap../,-vir ■-4

0 L…Q

Udito, per la parte civile, l’Avv
Udit i difensor Avv.

Data Udienza: 19/12/2013

Ritenuto in fatto

LEONARDI Sebastiano ricorre avverso la sentenza di cui in epigrafe che, confermando
quella di primo grado, lo ha riconosciuto colpevole del reato di omicidio colposo aggravato
dalla violazione delle norme sulla circolazione stradale [investimento del pedone
PANGARI Giovanni], riconoscendogli peraltro le attenuanti generiche con giudizio di
equivalenza, confermando la condanna a mesi nove di reclusione8 fatto risalente al 7

Il giudice di appello ha fondato la responsabilità dell’imputato sul mancato rispetto di una
velocità adeguata alle condizioni spazio temporali esistenti al momento dell’incidente,
desumendo l’inadeguatezza della stessa dalle lunghe tracce di frenata ( circa 9 metri) e
dall’entità del danno riscontrato sul cofano anteriore del veicolo sul quale il Pagari era
stato “caricato” e, quindi, proiettato in avanti per 6,05 metri, come emergeva dalla
perizia di ufficio.

Con il ricorso si eccepisce, con il primo motivo, di carattere processuale, la nullità della
sentenza per omessa notifica dell’avviso di udienza in appello ad uno dei due difensori,
che si assume ritualmente eccepita in udienza.
Con il secondo motivo si lamenta il vizio di motivazione e la violazione di legge in ordine
al giudizio di responsabilità assumendo che la Corte di merito aveva omesso di valutare
la condotta imprevedibile e gravemente colposa del pedone, il quale aveva attraversato la
strada fuori dalle strisce pedonali ad un incrocio preceduto da una curva a gomito che
rendeva difficile la sua avvistabilità.
Con il terzo motivo censura per i medesimi vizi la sentenza nella parte in cui ha
confermato il trattamento sanzionatorio, sostenendo che i giudici si erano limitati ad un
generico ed astratto riferimento all’art. 133 c.p. omettendo di rapportare i criteri ivi
previsti alle circostanze del caso concreto.

Considerato in diritto

In via preliminare per coerenza logico espositiva va esaminato il motivo di carattere
processuale sollevato con il primo motivo di ricorso afferente l’omessa notifica dell’avviso
di udienza in appello di uno dei due difensori.

Dagli atti, allegati in copia anche dl difensore, emerge che alla prima udienza la Corte di
merito, procedeva alla nomina del sostituto del difensore ex art. 97, comma IV, c.p.p, e

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giugno 1997).

rinviava all’udienza del 19 aprile 2012 per il rinnovo della notifica nei confronti
dell’imputato, disponendo che non fosse dato altro avviso.
Alla detta udienza il sostituto del difensore eccepiva l’omessa citazione del difensore.

Sul punto, va ricordato il principio consolidato di questa Corte ( v. Sezioni unite 28
febbraio 2006, n. 8285, Grassia, rv. 232906) secondo il quale il difensore che abbia
ottenuto la sospensione o il rinvio della udienza per legittimo impedimento a comparire

nella ordinanza di rinvio, posto che, nel caso contrario, l’avviso è validamente recepito,
nella forma orale, dal difensore previamente designato in sostituzione, ai sensi dell’art.
97, comma 4, c.p.p, il quale esercita i diritti ed assume i doveri del difensore sostituito e
nessuna comunicazione è dovuta a quest’ultimo.

Alla luce della sequenza temporale dei fatti sopra indicata deve, pertanto, ritenersi che
l’eccezione è manifestamente infondata.

Ciò premesso, il ricorso è manifestamente infondato anche nel resto, a fronte di una
doppia conforme sentenza di condanna e, in particolare, di una sentenza di appello che
fornisce una adeguata ricostruzione dell’incidente e della relativa responsabilità nonché
del trattamento sanzionatorio.

Va ricordato in premessa che la Corte di merito ha fatto corretta applicazione dei principi
di diritto applicabili nella subiecta materia.

Come è noto, le norme che presiedono il comportamento del conducente del veicolo, oltre
a quelle generiche di prudenza, cautela ed attenzione, sono principalmente quelle
rinvenibili nell’articolo 140 del codice della strada, che pone, quale principio generale
informatore della circolazione, l’obbligo di comportarsi in modo da non costituire pericolo

ha diritto all’avviso della nuova udienza solo quando non ne sia stabilita la data già già

o intralcio per la circolazione ed in modo che sia in ogni caso salvaguardata la sicurezza
stradale, e negli articoli seguenti, laddove si sviluppano, puntualizzano e circoscrivono le
specifiche regole di condotte.
Tra queste ultime, di rilievo, con riguardo al comportamento da tenere nei confronti dei
pedoni, sono quelle dettagliate nell’articolo 191 del codice della strada, che trovano il
loro pendant nel precedente articolo 190, che, a sua volta, dettaglia le regole
comportamentali cautelari e prudenziali che deve rispettare il pedone.

In questa prospettiva, è evidente la regola prudenziale e cautelare fondamentale che
deve presiedere al comportamento del conducente, sintetizzata nell’ “obbligo di
attenzione” che questi deve tenere al fine di “avvistare” il pedone sì da potere porre in

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essere efficacemente gli opportuni (rectius, i necessari) accorgimenti atti a prevenire il
rischio di un investimento.

Il dovere di attenzione del conducente teso all’avvistamento del pedone trova il suo
parametro di riferimento (oltre che nelle regole di comune e generale prudenza) nel
richiamato principio generale di cautela che informa la circolazione stradale e si sostanzia,
essenzialmente, in tre obblighi comportamentali: quello di ispezionare la strada dove si

in rapporto alle condizioni della strada e del traffico; quello, infine, di prevedere tutte
quelle situazioni che la comune esperienza comprende, in modo da non costituire intralcio
o pericolo per gli altri utenti della strada (in particolare, proprio dei pedoni) (cfr., per
riferimenti, Sezione IV, gennaio 1991, Del Frate; Sezione IV, 12 ottobre 2005, Leonini;
Sezione IV, 13 ottobre 2005, Tavoliere).

Trattasi di obblighi comportamentali

posti a carico del conducente anche per la

prevenzione di eventuali comportamenti irregolari dello stesso pedone, vuoi
genericamente imprudenti (tipico il caso del pedone che si attarda nell’attraversamento,
quando il semaforo, divenuto verde, ormai consente la marcia degli automobilisti), vuoi
violativi degli obblighi comportamentali specifici, dettati dall’articolo 190 del codice della
strada (tipico, quello dell’attraversamento della carreggiata al di fuori degli appositi
attraversamenti pedonali: ciò che risulta essersi verificato nel caso di interesse;
altrettanto tipico, quello dell’attraversamento stradale passando anteriormente agli
autobus, filoveicoli e tram in sosta alle fermate). Il conducente, infatti, ha, tra gli altri,
anche l’obbligo di prevedere le eventuali imprudenze o trasgressioni degli altri utenti
della strada e di cercare di prepararsi a superarle senza danno altrui (Sezione IV, 30
novembre 1992, n. 1207, Cat Berro, rv. 193014).

Ne discende che il conducente del veicolo può andare esente da responsabilità, in caso di
investimento del pedone, non per il solo fatto che risulti accertato un comportamento
colposo (imprudente o violativo di una specifica regola comportamentale) del pedone
(una tale condotta risulterebbe concausa dell’evento lesivo, penalmente non rilevante
per escludere la responsabilità del conducente: cfr. articolo 41, comma 1, c.p.), ma
occorre che la condotta del pedone configuri, per i suoi caratteri, una vera e propria
causa eccezionale, atipica, non prevista né prevedibile, che sia stata da sola sufficiente a
produrre l’evento (cfr. articolo 41, comma 2, c.p.). Ciò che può ritenersi solo allorquando
il conducente del veicolo investitore (nella cui condotta non sia ovviamente ravvisabile
alcun profilo di colpa, vuoi generica vuoi specifica) si sia trovato, per motivi estranei ad
ogni suo obbligo di diligenza, nella oggettiva impossibilità di “avvistare” il pedone e di
osservarne, comunque, tempestivamente i movimenti, attuati in modo rapido, inatteso,
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procede o che si sta per impegnare; quello di mantenere un costante controllo del veicolo

imprevedibile. Solo in tal caso, in vero, l’incidente potrebbe ricondursi eziologicamente
proprio esclusivamente alla condotta del pedone, avulsa totalmente dalla condotta del
conducente ed operante in assoluta autonomia rispetto a quest’ultima.

Nello specifico, il giudice, ha ricostruito puntualmente le circostanze del sinistro stradale
[qui certamente non rinnovabili in fatto] ed evidenziato come, in considerazione delle
condizioni spazio-temporali dell’incidente, avvenuto in pieno centro abitato, all’altezza di

avesse tenuto una velocità inferiore, avrebbe potuto avvedersi della presenza dell’anziano
pedone ed arrestare la marcia, evitandone l’investimento.
L’addebito specifico afferente l’eccesso di velocità ha, del resto, trovato conferma, come
correttamente evidenziato dal giudicante, nelle lunghe tracce di frenata ( 9 metri circa) e
nell’entità del danno riscontrato sul cofano anteriore dell’autovettura, sul quale la vittima
era stato “caricato” e quindi proiettato in avanti per 6,05 metri.

In questa prospettiva, la tesi difensiva, basata sulla sussistenza di un comportamento
colposo ed imprevedibile da parte del pedone rappresenta una opinabile ricostruzione
alternativa, che non può trovare accoglimento in questa sede.

Infatti, la ricostruzione di un incidente stradale nella sua dinamica e nella sua eziologia valutazione delle condotte dei singoli utenti della strada coinvolti, accertamento delle
relative responsabilità, determinazione dell’efficienza causale di ciascuna colpa concorrente- è rimessa al giudice di merito ed integra una serie di apprezzamenti di fatto che
sono sottratti al sindacato di legittimità se sorretti da adeguata motivazione (ex pluribus,
Sezione IV, 1 luglio 2009, Tarquini, rv. 245294 ), e, qui, il giudicante, come si è detto,
ha correttamente e satisfattivamente ricostruito non solo l’eziologia dell’incidente, ma
anche lo specifico profilo di responsabilità dell’imputato.

Satisfattivamente motivato è anche il giudizio sul trattamento sanzionatorio.
Come è noto, infatti, la valutazione dei vari elementi rilevanti ai fini della dosimetria
della pena rientra nei poteri discrezionali del giudice il cui esercizio se effettuato nel
rispetto dei parametri valutativi di cui all’articolo 133 c.p. è censurabile in cassazione
solo quando sia frutto di mero arbitrio o di ragionamento illogico. Ciò che qui deve
senz’altro escludersi, avendo del resto il giudice evidenziato come già il trattamento
sanzionatorio fosse stato determinato, in primo grado, in termini assolutamente coerenti
alla natura, entità e modalità di esecuzione dei fatti nonché al grado elevato di colpa, tali
da non consentire ulteriori riduzioni.

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una intersezione stradale, sufficientemente illuminata, se il conducente dell’autovettura

La declaratoria di inammissibilità prevale su quella di estinzione del reato per prescrizione
maturata dopo la sentenza di secondo grado (v., Sezioni unite, 22 marzo 2005,
Bracale).

Alla inammissibilità del ricorso, riconducibile a colpa del ricorrente (Corte Cost., sent. 713 giugno 2000, n. 186), consegue la condanna del ricorrente medesimo al pagamento
delle spese processuali e di una somma, che congruamente si determina in mille euro, in

P. Q. M.
dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese
processualirdella somma di euro 1000,00 in favore della cassa delle ammende…
Così deciso in data 19 dicembre 2013

Il Consigliere estensore

Il Presidente

favore della cassa delle ammende.

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