Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 49699 del 24/11/2015


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Penale Ord. Sez. 7 Num. 49699 Anno 2015
Presidente: PRESTIPINO ANTONIO
Relatore: TADDEI MARGHERITA

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:
GRASSI STEFANO N. IL 26/09/1969
avverso la sentenza n. 2051/2011 CORTE APPELLO di BOLOGNA,
del 27/06/2014
dato avviso alle parti;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. MARGHERITA
TADDEI;

Data Udienza: 24/11/2015

Motivi della decisione
Grassi Stefano ricorre avverso la sentenza n.2270/2014 del 27.06.2014
della Corte d’Appello di Bologna, che ha confermato la condanna per truffa continuata inflitta dal Tribunale di Modena con sentenza n.3225 del 2010 del
11.02.2010, lamentando:
1.
l’erronea applicazione della legge penale per la mancata riqualificazione
dei fatti in termini di insolvenza fraudolenta;
2.
violazione di legge in relazione
al
mancato riconoscimento
dell’attenuante del danno lieve;
Il ricorso è inammissibile perché manifestamente infondato e per violazione
dell’art. 606 comma 1 c.p.p., perché propone censure attinenti al merito della
decisione impugnata, congruamente giustificata con l’indicazione del raggiro
consistito nel proporre il pagamento con carta di debito ,che costituiva modalità
di pagamento non consentito per l’acquisto delle ricariche; carta comunque non
abilitata al pagamento e di pura facciata. L’esclusione dell’ipotesi lieve è stata
congruamente motivata con riguardo all’elevato danno procurato ai piccoli commercianti. Va rimarcato che , nel momento del controllo di legittimità, la Corte di
cassazione non deve stabilire se la decisione di merito proponga effettivamente la
migliore possibile ricostruzione dei fatti né deve condividerne la giustificazione,
ma deve limitarsi a verificare se questa giustificazione sia compatibile con il senso comune e con “i limiti di una plausibile opinabilità di apprezzamento”, secondo una formula giurisprudenziale ricorrente (Cass. Sez. 5″ sent. n. 1004 del
30/11/1999 dep. 31/1/2000 rv 215745, Cass., Sez. 2″ sent. n. 2436 del
21/12/1993 dep. 25/2/1994, rv 196955).Ai sensi dell’articolo 616 cod. proc.
pen., con il provvedimento che dichiara inammissibile il ricorso, la parte privata
che lo ha proposto deve essere condannata al pagamento delle spese del procedimento, nonché – ravvisandosi profili di colpa nella determinazione della causa
di inammissibilità – al versamento a favore della Cassa delle ammende di una
somma che, alla luce del dictum della Corte costituzionale nella sentenza n. 186
del 2000, sussistendo profili di colpa, si stima equo determinare in euro
1.000,00 (mille/00).
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle
spese del procedimento e al versamento della somma di € 1.000,00 in favore della Ca a delle ammende.
Roma 24.11.2015
Il Consgliere relatore

R.G.: 54639/2014

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