Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 49642 del 12/11/2015


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Penale Sent. Sez. 5 Num. 49642 Anno 2015
Presidente: NAPPI ANIELLO
Relatore: CATENA ROSSELLA

SENTENZA

sul ricorso proposto in data 3/06/2015 da Pasquale Carlo, n. a Trento il 2/07/1991,
avverso l’ordinanza emessa in data 26/05/2015 con cui il Tribunale del Riesame di Trento, in
parziale accoglimento dell’appello del p.m. avverso l’ordinanza del giudice per le indagini
preliminari del medesimo Tribunale dell’8.5.2012 di rigetto della richiesta di misura coercitiva nei
confronti dell’odierno ricorrente, applicava al predetto la misura coercitiva degli arresti domiciliari
con controllo a distanza, in relazione al delitto di cui agli artt. 624, 625 n. 2, c.p., 55 d. 1.vo
231/2007;
visti gli atti, il provvedimento impugnato ed il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere dott.ssa Rossella Catena;
sentito il Sostituto Procuratore Generale dott. Gabriele Mazzotta, che ha concluso per il rigetto del
ricorso;

RITENUTO IN FATTO

Data Udienza: 12/11/2015

1.Con il provvedimento impugnato il Tribunale del Riesame di Trento ha parzialmente accolto
l’appello del p.m., presentato in data 12/05/2015, avverso l’ordinanza del giudice per le indagini
preliminari dell’8/05/2012, reiettiva della richiesta di applicazione della misura coercitiva della
custodia cautelare in carcere, nell’ambito del proc. pen. nr . 1674/2015 R.G.N.R., applicando al
ricorrente la misura coercitiva degli arresti domiciliari con controllo a distanza, motivando in
relazione alla sussistenza delle esigenze cautelari, con riferimento al concreto pericolo di

Pasquale è gravato.

2. Il Pasquale Carlo, a mezzo del difensore di fiducia Avv.to Giuliano Valer, ricorre avverso
l’ordinanza in premessa indicata ai sensi dell’art. 606, lett. c) ed e), c.p.p., rilevando la totale
carenza di motivazione in ordine ai gravi indizi di colpevolezza, anche dal punto di vista grafico,
oltre che il mancato rispetto dei parametri di cui all’art. 274 co. 1, lett. c), c.p.p., in relazione alle
esigenze cautelari, non essendo chiarita né l’attualità né la concretezza del pericolo di reiterazione,
ed, infine, l’assenza di considerazione della concreta gravità del fatto, atteso che il giudice per le
indagini preliminari aveva motivato il rigetto della richiesta di misura coercitiva con un implicito
richiamo all’art. 275 comma 2 bis, c.p.p.

CONSIDERATO IN DIRITTO

Il ricorso merita accoglimento.

L’ordinanza emessa dal Tribunale di Trento – a seguito dell’appello del pubblico ministero avverso
l’ordinanza adottata dal giudice delle indagini preliminari con cui veniva rigettata la richiesta di
applicazione della misura coercitiva della custodia cautelare in carcere o, in subordine, degli arresti
domiciliari con la procedura del controllo a distanza, nei confronti di Pasquale Carlo in relazione al
delitto di cui agli artt. 624, 625 n. 2, c.p., 55 comma 9, d. 1.vo 231/2007 — contiene esclusivamente
un rinvio per relationem all’appello del pubblico ministero in ordine alla sussistenza delle esigenze
cautelari — individuate nel concreto pericolo di reiterazione di reati della stessa indole — e la
valutazione della idoneità, nel caso di specie, della misura degli arresti domiciliari con il sistema del
controllo a distanza. Manca del tutto qualsivoglia motivazione in ordine alla sussistenza dei gravi
indizi di colpevolezza.
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reiterazione di reati della stessa indole, alla luce dei due precedenti specifici e recenti da cui il

La giurisprudenza di questa Corte ritiene pacificamente che l’ordinanza applicativa di misura
cautelare debba specificamente motivare, in relazione ai parametri legali richiesti, tanto in ordine
alla sussistenza dei gravi indizi di colpevolezza che in relazione alla sussistenza delle esigenze
cautelari.
Ciò è stato affermato dalla IV Sezione, con la sentenza n. 1153 del 19/04/1996, Rv. 205237,

decisione, ogni valutazione in ordine alle esigenze cautelali ma limitandosi ad escludere la
sussistenza di gravi indizi di colpevolezza, tale profilo deve essere doverosamente valutato dal
giudice di appello cui il p.m. abbia ricorso in applicazione dell’art. 310 c.p.p. L’apparente deroga al
principio devolutivo discende dal principio fondamentale dell’ordinamento processuale che
impedisce di applicare una misura cautelare in assenza di entrambe le condizioni richieste dalla
legge, esigenze cautelari e gravi indizi di colpevolezza”; è stato ribadito dalla Sezione II, con
sentenza n. 1243 del 13/02 /1997, Rv. 207556, che ha affermato: “qualora il giudice per le indagini
preliminari abbia rigettato la richiesta di adozione di un provvedimento coercitivo a cagione della
ritenuta insussistenza delle esigenze cautelari, sul presupposto della configurabilità, nel caso
sottoposto al suo esame, dei gravi indizi di colpevolezza, il tribunale investito dell’appello proposto
dal pubblico ministero ha l’onere, al fine di disporre la richiesta misura in accoglimento del
gravame, di prendere in considerazione tutti gli elementi di cui all’art. 292 cod. proc. pen. e pertanto
di adeguatamente motivare non solo in relazione al novellato giudizio di sussistenza delle esigenze
cautelati, ma anche in ordine alla già ritenuta configurabilità dei gravi indizi di colpevolezza, della
quale l’indagato non aveva alcun interesse a dolersi essendo stata comunque disattesa nei suoi
confronti la richiesta di applicazione della misura coercitiva”; è stato poi ulteriormente confermato
dalla Sezione V, con la sentenza n. 3089 del 24/06/1999, Rv. 214476, secondo cui “in tema di
misure cautelati personali, nel caso in cui il GIP abbia rigettato la richiesta di emissione di
provvedimento coercitivo per carenza di esigenze cautelari e pur ritenendo sussistenti, nel caso
sottoposto al suo esame, gravi indizi di colpevolezza, il tribunale, investito dell’appello proposto dal
p.m., deve – al fine di disporre la richiesta misura in accoglimento del gravame – prendere in
considerazione tutti gli elementi di cui all’ad 292 c.p.p. e pertanto deve motivare adeguatamente,
non solo in relazione alla sussistenza delle esigenze cautelari (oggetto della impugnazione del p.m.),
ma anche in ordine alla già ritenuta configurabilità dei gravi indizi, della quale l’indagato non aveva
alcun interesse a dolersi, essendo stata comunque disattesa, nei suoi confronti, la richiesta di
applicazione della misura cautelare”; successivamente la Sezione II, con la sentenza n. 1993 del
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secondo cui “quando il G.I.P. abbia negato la misura cautelare omettendo, nel motivare la propria

10/04/2000, Rv. 215900 ha ritenuto che: “qualora, richiesto dell’emissione di un provvedimento
coercitivo, il giudice per le indagini preliminari ritenga sussistenti i gravi indizi di colpevolezza e
mancanti le esigenze cautelari, il tribunale, investito dell’appello del pubblico ministero su questo
secondo profilo, ha pieno potere di cognizione su entrambi i presupposti indicati senza che ciò
comporti una violazione del principio devolutivo, dovendosi ritenere che la limitazione della
cognizione ai punti della decisione ai quali si riferiscono i motivi, stabilita dall’art. 597 c.p.p.,
comporti comunque per il giudice di secondo grado l’obbligo di esaminare anche tutti i punti

Sezione VI, con la sentenza n. 29082 del 14/06/2001, Rv. 220310, ha confermato che “in tema di
impugnazioni `de libertate’, allorché sia accolta l’impugnazione proposta dal pubblico ministero
avverso il diniego del giudice per le indagini preliminari di emissione dell’ordinanza cautelare per
l’insussistenza dei gravi indizi di colpevolezza, il giudice di appello deve valutare se ricorrano tutte
le condizioni richieste per l’adozione delle misure cautelari e giustificarne la sussistenza, atteso che
il provvedimento limitativo della libertà personale può essere adottato soltanto se sussistano oltre
che i gravi indizi anche le esigenze cautelari”; sulla stessa scia la Sezione I, con la sentenza n.
27792 del 19/04/2006, ha ribadito che “il Tribunale della libertà, se accoglie l’appello del pubblico
ministero avverso il provvedimento di rigetto della richiesta di applicazione di misure
cautelali personali, motivato dalla carenza di esigenze cautelali ma con il riconoscimento della
sussistenza di gravi indizi di colpevolezza, deve prendere in esame tutti gli elementi di cui all’art.
292 c.p.p., e pertanto deve dare adeguata motivazione non solo in relazione alle esigenze
cautelari ma anche in ordine alla già dichiarata sussistenza dei gravi indizi di colpevolezza, della
quale il soggetto sottoposto ad indagini non aveva alcun interesse a dolersi per essere stata rigettata
la richiesta di misura cautelare”; infine, conformemente, la Sezione VI, con la sentenza n. 10032 del
3/02/2010, secondo cui “in tema di misure cautelari personali, l’impugnazione del pubblico
ministero avverso il provvedimento di diniego di emissione dell’ordinanza cautelare per
l’insussistenza dei gravi indizi di colpevolezza devolve al giudice di appello la verifica di tutte le
condizioni richieste per l’adozione delle misure cautelari e dunque questi, qualora intenda
accogliere l’impugnazione, è tenuto a pronunziarsi anche in ordine alla configurabilità delle
esigenze cautelari non considerate dal primo giudice”.
Tanto premesso, non può che essere ribadita la citata giurisprudenza, dovendosi solo aggiungere
che una diversa lettura dei requisiti motivazionali del’ordinanza impositiva di misura cautelare
introdurrebbe una distonia evidente nel sistema, con conseguente ed illegittima distinzione tra i
provvedimenti emessi dal giudice che abbia in prima battuta accolta la richiesta del p.m., e quelli
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indissolubilmente legati a quelli espressamente oggetto del gravame”; analogamente, in seguito, la

emessi a seguito di impugnazione, come se questi ultimi potessero essere basati su una
motivazione meno puntuale ed accurata ovvero parziale.

Detta conseguenza, evidentemente inaccettabile, rende palese come, quale che sia la genesi del
titolo cautelare e quale che sia la sequenza procedimentale in base alla quale si pervenga alla sua
emissione, i requisiti motivazionali debbano essere i medesimi, sussistendo in ogni caso, da parte
del giudice che adotta il provvedimento, lo specifico obbligo di chiarire, con autonoma ed

c.p.p., e delle esigenze cautelari, come previsto dall’art. 274 c.p.p., valutate alla luce dei criteri di
cui all’art. 275 c.p.p., non essendo possibile ritenere che, in alcun caso, sia possibile la valutazione
alternativa di uno dei detti, essenziali ed imprescindibili, requisiti.

Pertanto l’ordinanza impugnata va annullata con rinvio al competente Tribunale di Trento per
nuovo esame.

P. Q. M.

Annulla l’ordinanza impugnata con rinvio al Tribunale di Trento per nuovo esame.

Così deciso in Roma, il 12/11/2015

Il Consigliere estensore

Il Pre dente

adeguata motivazione, la sussistenza dei gravi indizi di colpevolezza, come previsto dall’art. 273

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