Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 49614 del 10/10/2013


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Penale Ord. Sez. 7 Num. 49614 Anno 2013
Presidente: AGRO’ ANTONIO
Relatore: GARRIBBA TITO

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:
CASSISI VINCENZO N. IL 19/12/1961
D’ELIA PIERO N. IL 03/02/1961
avverso la sentenza n. 2029/2012 CORTE APPELLO di CATANIA, del
24/01/2013
dato avviso alle parti;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. TITO GARRIBBA;

Data Udienza: 10/10/2013

MOTIVI DELLA DECISIONE

§1.

CASSISI Vincenzo e D’ELIA Pietro ricorrono contro la sentenza

d’appello specificata in epigrafe, che confermava la loro condanna per concorso nel
reato previsto dall’art. 73 d.P.R. n. 309/1990, e denunciano mancanza di motivazione
in ordine all’omesso riconoscimento delle attenuanti generiche. D’Elia inoltre si duole

§2.

Il motivo comune di ricorso è manifestamente infondato.

La concessione o meno delle attenuanti generiche rientra nell’ambito di un
giudizio di fatto rimesso al potere discrezionale del giudice di merito, il cui esercizio
deve essere motivato nei soli limiti atti a fare emergere in misura sufficiente la valutazione circa l’adeguamento della pena concretamente irrogata alla gravità del reato e
alla personalità del reo. Non è pertanto necessario che il giudice prenda in considerazione tutti gli elementi favorevoli o sfavorevoli dedotti dalle parti o rilevabili dagli atti,
ma è sufficiente che indichi quelli ritenuti decisivi o comunque rilevanti, rimanendo implicitamente disattesi tutti gli altri (v. Cass., Sez. 6, n. 41365 del 28.10.2010, Straface, rv 248737; idem, n. 34364 del 16.6.2010, Giovane, rv 248244).
Nel caso in esame la sentenza impugnata si è attenuta ai predetti criteri,
facendo riferimento, per motivare il diniego delle attenuanti generiche, agli elementi
indicati dall’art. 133 cod.pen., e ritenendo, con valutazione incensurabile in questa
sede di legittimità, gl’imputati non meritevoli delle invocate attenuanti per la gravità
del fatto (trasporto di kg. 43 di marijuana) e per il collegamento con la criminalità organizzata quale fonte per la fornitura dello stupefacente.
Il motivo personale di D’Elia è, da un lato, manifestamente infondato, perché la sentenza impugnata fornisce un’adeguata, convincente e logica giustificazione
delle ragioni della decisione (le modalità del fatto rendevano evidente che l’imputato
sapeva cosa stava trasportando) e, dall’altro, non consentito dalla legge, perché si limita a proporre una diversa valutazione delle risultanze processuali senza evidenziare
in seno alle argomentazioni sviluppate in sentenza alcuna palese illogicità.
I ricorsi devono dunque essere dichiarati inammissibili ai sensi dell’art. 606,
comma 3, cod.proc.pen. Ne consegue la condanna dei ricorrenti al pagamento delle
spese processuali e della somma, ritenuta congrua, di euro mille ciascuno alla Cassa
delle ammende.

che non sia stato applicato l’art. 116 cod.pen.

P.Q.M.
Dichiara inammissibili i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle
spese processuali e al versamento della somma di euro mille per ciascuno alla Cassa
delle ammende.

Così deciso il 10 ottobre 2013.

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