Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 49586 del 28/10/2015


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Penale Sent. Sez. 3 Num. 49586 Anno 2015
Presidente: SQUASSONI CLAUDIA
Relatore: RAMACCI LUCA

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
PROCURATORE GENERALE PRESSO CORTE D’APPELLO DI
MILANO
nei confronti di:
DEVITO MARTINO N. IL 02/02/1965
avverso la sentenza n. 1975/2014 GIP TRIBUNALE di MILANO, del
08/09/2014
visti gli atti, la sentenza e il ricorso
udita in PUBBLICA UDIENZA del 28/10/2015 la relazione fatta dal
Consigliere Dott. LUCA RAMACCI
Udito il Procuratore Generale in persona del Dott.f
che ha concluso per ki
o

Udito, per la parte civile, l’Avv
Uditi difensor Avv.

Data Udienza: 28/10/2015

RITENUTO IN FATTO

1. Il Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Milano, con sentenza
dell’8 settembre 2014, emessa ai sensi dell’art. 129 cod. proc. pen., ha dichiarato
non doversi procedere nei confronti di Martino DE VITO, in ordine al reato di cui
all’art. 10-ter d.lgs. 74\2000, perché il fatto non sussiste ed ha, nel contempo,

Avverso tale pronuncia propone ricorso per cassazione il Procuratore
generale della Repubblica presso la Corte di appello Milano, deducendo i motivi
di seguito enunciati nei limiti strettamente necessari per la motivazione, ai sensi
dell’art. 173 disp. att. cod. proc. pen.

2. Con un unico motivo di ricorso rileva l’abnormità del provvedimento
impugnato, perché emesso dopo l’opposizione al decreto penale di condanna da
parte dell’imputato e l’erroneità della decisione, per aver ritenuto applicabile
nella fattispecie la sentenza della Corte costituzionale n. 80/2014 nonostante
l’omesso versamento contestato fosse superiore alla soglia individuata dal
giudice delle leggi.
Insiste, pertanto, per l’accoglimento del ricorso.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il ricorso è fondato nei termini di seguito specificati.
Come ricordato dal ricorrente, le Sezioni Unite di questa Corte hanno
stabilito che è affetta da abnormità genetica o strutturale la sentenza di
proscioglimento emessa dal G.i.p. successivamente all’opposizione a decreto
penale di condanna, poiché il giudice è vincolato in tale fase all’adozione degli
atti di impulso previsti dall’art. 464 cod. proc. pen. e non può pronunciarsi
nuovamente sullo stesso fatto-reato dopo l’emissione del decreto, né revocare
quest’ultimo fuori dei casi tassativamente previsti (Sez. U, n. 21243 del
25/3/2010, P.G. in proc. Zedda, Rv. 246910).

2. Il Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Milano ha tuttavia
ritenuto di poter superare tale principio osservando di non essersi ancora
spogliato del procedimento, in ragione del vero e proprio obbligo impostogli
dall’art. 129 cod. proc. pen. e in ossequio al principio di ragionevolezza ed a

revocato il decreto penale di condanna n. 962/2014, precedentemente emesso.

quello di ragionevole durata del processo, dovendo assicurare l’immediata
rimozione di una sanzione applicata sulla base di una norma costituzionale.

3. L’assunto non convince, perché, come chiaramente precisato dalla
menzionata sentenza delle Sezioni Unite, una volta che il giudice abbia emesso il
decreto di condanna, in accoglimento della richiesta del Pubblico Ministero, le
successive fasi sono rigidamente scandite dalla procedura dettata dal codice in
relazione alle scelte fatte dal condannato.

preliminari è spogliato di poteri decisori sul merito dell’azione penale,
incombendo sullo stesso, ove sia proposta opposizione, esclusivamente poteridoveri di propulsione processuale, obbligati nell’an e nel quomodo, con la sola
eccezione rappresentata dalla decisione sulla eventuale domanda di oblazione (a
tale proposito le Sezioni Unite richiamano l’art. 464 comma 2 cod. proc. pen.).
Si aggiunge, nella richiamata decisione, che qualora il giudice decidesse, al
di fuori dei suoi poteri, sul merito dell’azione penale, incorrerebbe anche in una
violazione delle regole sulla incompatibilità, dal momento che l’art. 34, comma 2
cod. proc. pen. inibisce al giudice che abbia emesso decreto penale di condanna
di «partecipare al giudizio» concernente lo stesso imputato
Inoltre, osservano le Sezioni Unite, il decreto penale non è revocabile se non
nei casi tassativamente previsti dal codice (artt. 460, comma 4 e 464, commi 3 e
5 cod. proc. pen.), posto che, in genere, salvi i mezzi di impugnazione ordinari o
straordinari, non è revocabile dallo stesso giudice che l’abbia emessa ogni
decisione sul merito dell’azione penale (non importa se avente la forma di
sentenza o di decreto), con la limitata e ben giustificabile eccezione
rappresentata dalla revoca della sentenza di non luogo a procedere (art. 434 cod.
proc. pen.).

4. Al principio di diritto affermato dalle Sezioni Unite va pertanto assicurata
continuità.
Nel caso di specie, dunque, il giudice del merito non avrebbe potuto
pronunciare sentenza e revocare il decreto penale già opposto.

5. Va poi rilevata anche la fondatezza dell’ulteriore doglianza formulata dal
Pubblico Ministero ricorrente.
La Corte Costituzionale, con sentenza 8 aprile 2014, n. 80 ha dichiarato
l’illegittimità costituzionale dell’art.10-ter d.lgs. 74\2000, nella parte in cui, con
riferimento ai fatti commessi sino al 17 settembre 2011, punisce l’omesso
versamento dell’imposta sul valore aggiunto, dovuta in base alla relativa

2

Dopo che il decreto di condanna è stato emesso, il giudice per le indagini

dichiarazione annuale, per importi non superiori, per ciascun periodo di imposta,
ad euro 103.291,38.
Nella fattispecie in esame, relativa a fatti accertati nel 2010, l’importo evaso
è però superiore alla somma indicata dalla Corte Costituzionale, ammontando ad
euro 139.013,00, come espressamente indicato nel capo di imputazione.
La sentenza della Corte Costituzionale, pertanto, non poteva trovare
applicazione, come correttamente osservato dal Pubblico Ministero ricorrente.

del d.lgs. 74\2000 è stato modificato dall’art. 8, comma 1 del d.lgs. 24/9/2015 n.
158, in vigore dal 22/10/2015, il quale ha elevato la soglia di punibilità ad euro
duecentocinquantamila per ciascun periodo d’imposta.
La nuova formulazione della norma che si assume violata, più favorevole al
reo, deve trovare pertanto applicazione nella fattispecie in esame, con la
conseguenza che la sentenza impugnata deve essere annullata senza rinvio
perché il fatto non sussiste.

P.Q.M.

Annulla senza rinvio la sentenza impugnata perché il fatto non sussiste.
Così deciso in data 28.10.2015

6. Va tuttavia considerato che, nelle more del presente giudizio, l’art. 10-ter

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