Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 4958 del 08/10/2013


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Penale Sent. Sez. 4 Num. 4958 Anno 2014
Presidente: ZECCA GAETANINO
Relatore: VITELLI CASELLA LUCA

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
DE BERNARDI DARIO N. IL 28/10/1971
DE BERNARDI RAYMOND N. IL 31/01/1968
RUSCONI DIEGO N. IL 25/02/1964
DELLA BITTA SAMUELE N. IL 03/07/1972
SCAMONI DARIO N. IL 13/12/1958
VALLI MARCELLO N. IL 24/10/1964
avverso la sentenza n. 1143/2012 CORTE APPELLO di MILANO, del
08/06/2012
visti gli atti, la sentenza e il ricorso
udita in PUBBLICA UDIENZA del 08/10/2013 la relazione fatta dal
Consigliere Dott. LUCA VITELLI CASELLA
Udito il Procuratore Generale in persona del Dott.
V(1:97;tt.
che ha concluso per

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I Mito, per


n” C-eri/24 _

/

Data Udienza: 08/10/2013

Ricorrenti DE BERNARDI Dario – DE BERNARDI Raymond – RUSCONI Diego DELLA BITTA Samuele – SCAMONI Dario – VALLI Marcello.

Ritenuto in fatto

Con sentenza in data 8 giugno 2012, la Corte d’appello di Milano confermava in punto responsabilità – la sentenza emessa il 4 luglio 2011 dal GIP del
Tribunale di Lecco che, in esito a giudizio abbreviato, dichiarò

DE BERNARDI

e VALLI Marcello colpevoli di plurime violazioni dell’art. 73 d.P.R. n. 309/1990
– commesse in concorso ed aggravate, in taluni casi, ex art. 80,comma 2° dello
stesso d.P.R. – agli stessi rispettivamente ascritte in rubrica ai capi 1,2,3,4,5,10
e 12.

Le contestazioni concernevano prevalentemente condotte di illecita

importazione da Stati dell’America latina, di ingenti quantitativi di cocaina poi
immessi nel mercato lombardo nonché successivi atti di compravendita della
stessa sostanza stupefacente conclusi con trafficanti operanti

in Italia e

precisamente in Lombardia. I reati risultavano perpetrati in Colico ed in Milano,
in un arco temporale compreso tra il 1995 e l’ottobre 2007. La Corte d’appello
confermava altresì il trattamento sanzionatorio irrogato agli imputati dal Primo
Giudice, eccezion fatta per Scamoni Dario nei cui confronti rideterminava la
pena in complessivi anni SETTE, giorni VENTISETTE di reclusione ed euro
36.000,00 di multa, ritenuta la continuazione tra i fatti in questa sede giudicati capi n. 6 e n. 8 – ( di cui agli artt. 110, 81 cpv. cod.pen. 73, 80, comma 2°
d.P.R. n.309/1990 rispettivamente commessi in Colico ed in Milano tra il luglio
2004 e l’ottobre 2007 nonchè in Colico dal 1995 al novembre 2004 ed in
Sondrio da maggio 2002 ad ottobre 2007 ) e quelli oggetto della sentenza n.
2907/2010, emessa della stessa Corte d’appello di Milano il 20 ottobre 2010,
irrevocabile il 21 aprile 2011.
Premette la motivazione della sentenza di primo grado (integralmente fatta
propria da quella impugnata ) che il procedimento penale prendeva avvio grazie
alle dichiarazioni confessorie rese dal Facchinetti Mauro che, sottoposto a
custodia cautelare,dal 26 maggio 2009, iniziò a collaborare con gli inquirenti
narrando vicende,ignote all’accusa – di cui fu protagonista di spicco – inerenti
al traffico internazionale di circa kg. 90 di cocaina, sviluppatesi per circa tredici
anni. A dette dichiarazioni si aggiunsero via via quelle, di identico significato
confessorio, rese da Scamoni Dario e da Della Bitta Samuele. Le ulteriori indagini
e la documentazione proveniente da altri procedimenti penali, in precedenza
definiti, consentirono di acquisire

ulteriori e plurimi riscontri alle suddette

Dario. DE BERNARDI Raymond, RUSCONI Diego, DELLA BITTA Samuele

chiamate in correità poste alla base di tutte le contestazioni nelle quali – esclusa
quella sub n.1 – il Facchinetti compare quale correo con gli altri imputati.
Tutti gli imputati propongono distinti ricorsi per cassazione a mezzo dei rispettivi
difensori.
1 – DE BERNARDI Dario, DE BERNARDI Raymond e RUSCONI Diego ( con
distinti ricorsi redatti dal comune difensore ) deducono, con il primo motivo,
la stessa censura per violazione dell’art. 192 comma 3 0 cod. proc.pen. e per vizi
della motivazione, così riassunta. Si sostiene che l’apparato argomentativo della

difensore che risulterebbero applicati in modo inadeguato ed erroneo i criteri di
valutazione della prova, in violazione della citata disposizione che introduce una
presunzione di inattendibilità del chiamante in correità che può esser vinta
solamente grazie ad una valutazione unitaria di tutti gli altri elementi probatori.
Quanto alle accuse rivolte a De Bernardi Dario (capo n. 3 ) ed a De Bernardi
Raymond (capi nn. 1,2 e 4 ) si evidenziano le contraddizioni e le discrasie del
narrato accusatorio del Facchinetti e del Della Bitta nonché il travisamento delle
dichiarazioni rese da terzi ai Carabinieri, con valenza di presunto riscontro. Né la
Corte d’appello avrebbe tenuto in alcun conto le ragioni di rancore che il
Facchinetti aveva nutrito nei confronti di De Bernardi Raymond per averlo
ritenuto ( a torto ) responsabile del suo arresto in Francia.
In riferimento alla posizione di Rusconi Diego, fa rilevare il difensore come il
Facchinetti, nelle versioni dei fatti rese nei diversi interrogatori, riferì di
quantitativi di stupefacente importato in concorso con il Rusconi, volta a volta
differenti e come entrambi i propalanti (Facchinetti e Scamoni ) fossero altresì
caduti in contraddizione tra loro, dovendosi peraltro escludere, contrariamente a
quanto sostenuto dai Giudici d’appello, la spontaneità ed il disinteresse delle
accuse da quest’ultimo formulate.
Censure sostanzialmente di identico contenuto deduce il difensore di VALLI
Marcello con il secondo ed il terzo motivo di ricorso. Si impone logicamente una
trattazione congiunta. Rappresenta innanzitutto il ricorrente che la Corte
distrettuale si sarebbe limitata a richiamare per relationem la motivazione della
sentenza di primo grado senza confutarne le parti impugnate in punto alla
eccepita inattendibilità delle chiamate in correità così tradendo la funzione di
controllo giurisdizionale sulla decisione appellata. Evidenzia poi come i chiamanti
non indicarono mai un comportamento specifico e concreto, collocabile senza
incertezze, nel tempo e nello spazio. Tanto sottolinea il ricorrente in riferimento
alle discrasie rilevabili tra quanto dichiarato, in riferimento alla contestazione
di cui al capo n. 12, in due diverse occasioni dal Facchinetti – diversamente dallo
Scamoni – circa il quantitativo di cocaina acquistato dal Valli ed il prezzo di

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sentenza impugnata sarebbe solamente apparente. Assume in particolare il

vendita da costui incassato nonché quanto alla individuazione del soggetti
presenti alla cessione della droga.
2 – Con il secondo motivo dei ricorsi proposti dal comune difensore di DE
BERNARDI Dario, DE BERNARDI Raymond, RUSCONI Diego e con il quarto
motivo dedotto da VALLI Marcello si censura la sentenza d’appello in punto
all’inosservanza od all’erronea applicazione dell’art.80, comma 2° d.P.R. n.
309/1990 nonché alla carenza ed all’illogicità della motivazione. I primi tre
ricorrenti concordemente sostengono che, alla stregua del principio enunciato

dell’espletamento di perizia tossicologica ed in caso di c.d. ” droga parlata “,
l’aggravante de qua non potrebbe legittimante esser applicata. Il Valli con
specifico motivo, si duole dell’affermata ricorrenza dell’aggravante in relazione
alla condotta di acquisto dei sei chilogrammi di cocaina, benchè all’imputato la
stessa risulti contestata invece con riferimento alle diverse, successive cessioni.
Deduce in subordine l’insussistenza dei presupposti di fatto dell’aggravante,
attesochè l’entità del riscontrato principio attivo non avrebbe potuto integrare
un quantitativo smisurato e fuori dal comune tale da causare la saturazione del
mercato lombardo a cui era destinato; mercato notoriamente connotato da
sequestri quasi quotidiani di sostanze stupefacenti, in entità di gran lunga
superiori a quella del quantitativo in esame.
3 – Con il terzo motivo dei ricorsi proposti dal comune difensore di DE BERNARDI
Dario e di DE BERNARDI Raymond vengono dedotti, in termini
sostanzialmente sovrapponibili, vizi di violazione di legge e di difetto della
motivazione in punto al mancato riconoscimento delle attenuanti generiche ed
alla sproporzione per eccesso della pena applicata anche a titolo di
continuazione, avendo la Corte distrettuale sostanzialmente limitato il
riconoscimento di tali attenuanti nel solo caso di collaborazione processuale
dell’imputato,del tutto obliterando peraltro, le ulteriori circostanze favorevoli. De
Bernardi Dario lamenta altresì la specifica violazione degli artt. 99, comma 5°
e 2 cod.pen. in relazione alla contestazione della recidiva ” obbligatoria ” a fatti
verificatisi anteriormente all’entrata in vigore della novella di cui alla legge
n.251 del 2005. Con il quinto motivo di ricorso ( rectius: quarto ) – logicamente
connesso al terzo siccome concernente il trattamento sanzionatorio – lo stesso
De Bernardi Dario denunzia altresì la violazione dell’art.81 cpv. cod. pen. in
punto al mancato riconoscimento della continuazione tra i reati per cui è
processo e quelli giudicati con la sentenza emessa dal GIP del Tribunale di Lecco
in data 29 maggio 2009.
4 – Con il terzo, quarto e quinto motivo del ricorso, il difensore di RUSCONI
Diego denunzia – rispettivamente – la violazione dell’art. 649 cod. proc. pen. con
riferimento a tutti i reati contestati all’imputato, prospettando l’inammissibile

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dalle Sezioni Unite di questa Corte,con la sentenza n.36258 del 2012,in difetto

reiterazione del giudizio nonostante la pronunzia,sugli stessi fatti, della sentenza
n.125 del 2006, emessa dal GIP del Tribunale di Lecco in data 7 luglio 2006,
divenuta irrevocabile il 21 novembre 2006; la violazione dell’art. 88 cod.pen. per
il mancato proscioglimento dell’imputato in conseguenza dello stato di mente in
cui versava all’epoca dei fatti,a causa dell’abuso di sostanze stupefacenti nonché,
infine, lamenta, con il quinto motivo, l’ inosservanza della legge penale circa il
diniego delle attenuanti generiche ed in ordine al procedimento discrezionale
seguito dai giudici di merito ai fini della quantificazione della pena e degli

5 – Il difensore di VALLI Marcello deduce altresì specifici motivi – il primo ed il
quinto – esclusivamente concernenti il predetto imputato, da trattarsi
congiuntamente.
Con la prima censura, lamenta la violazione dell’art. 606, lett. c) cod. proc. pen.
in relazione all’art. 649 dello stesso codice. Osserva il ricorrente che la Corte
d’appello ( pag.29 ) ed anche il Giudice di prime cure ( pag. 55 e segg. ) hanno
valorizzato, onde pervenire alla conferma del’affermazione di penale
responsabilità dell’imputato in ordine al delitto di cui al capo n. 12, i fatti
accertati nell’ambito del procedimento n.8117/2006 R.G.N.R. conclusosi con la
sentenza n. 596 emessa ex art. 444 cod. proc. pen., il 3 agosto 2010, dal GIP
del Tribunale di Como – divenuta irrevocabile – nei confronti dello stesso Valli,
anche in ordine al delitto

ex art. 73 d.P.R. n. 309/1990 ( capo F ) per aver

illecitamente acquistato, trasportato,occultato, detenuto e ceduto quantitativi
imprecisati di cocaina a Bongini Alessandro in Binago ed in Colico dall’ 8 aprile
2007 al 25 luglio 2007 nonché a Facchinetti Mauro,negli stessi luoghi, dal 4
giugno 2007 all’ottobre 2007. I Giudici di secondo grado, in violazione del divieto
del ne bis in idem, avrebbero tuttavia omesso di pronunziare anche d’ufficio (
posto che la citata sentenza era stata ritualmente acquisita al fascicolo
processuale ) il proscioglimento dell’imputato attesochè la contestazione sub
capo n.12 ( di aver acquistato dal Facchinetti in Colico nel maggio 2007 kg. sei
di cocaina ) già risultava ricompresa nella più ampia imputazione oggetto del
giudizio celebrato dinanzi al GIP del Tribunale di Como e conclusosi con la
suddetta sentenza di applicazione della pena sull’accordo delle parti, nell’ovvio
presupposto della responsabilità dell’imputato.
Con il quinto motivo, il difensore di Valli Marcello deduce la violazione degli
artt.132,133 e 99, comma 5 0 cod. pen. e vizi motivazionali in punto alla
quantificazione della pena ed al diniego delle attenuanti generiche. La Corte
d’appello, secondo il ricorrente, ha applicato una pena base di anni dieci,
superiore al minimo edittale, senza specificamente motivare sul punto. Ha altresì
denegato il riconoscimento delle attenuanti generiche richiamando il solo non
allarmante precedente penale e la mancata collaborazione dell’imputato

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aumenti applicati a titolo di continuazione.

all’accertamento dei fatti, disattendendo il positivo percorso rieducativo
affrontato nel periodo di carcerazione. Infine i Giudici d’appello hanno ritenuto di
applicare la recidiva obbligatoria di cui all’art. 99, comma 5 0 cod.pen.,
risultando il delitto ascrittogli già aggravato ex art, 80,comma 2° d.P.R. n.
309/1990, prescindendo dal verificare ( come richiesto nelle altre ipotesi di
recidiva facoltativa ) se il nuovo delitto commesso fosse espressione di maggiore
pericolosità sociale del prevenuto, di guisa che il dictum, secondo il ricorrente,
non sfuggirebbe al dubbio di compatibilità con il quadro costituzionale.

violazione di legge e per vizio della motivazione,in punto al denegato
riconoscimento della continuazione con i reati commessi nel 2007 e già
giudicati con sentenza 20 maggio 2009 del GIP del Tribunale di Lecco. Lamenta il
difensore che la sentenza impugnata non avrebbe tenuto in considerazione il
combinato disposto degli artt. 81 cpv. cod. pen. e 671, comma 10 cod.proc.pen.,
trascurando di dar rilievo alla condizione di tossicodipendente del prevenuto, ai
fini del riconoscimento della continuazione ed invece ravvisando – con
statuizioni riduttive ed insufficienti – condizioni ostative nella distanza
temporale tra i diversi fatti ed in quella tra i diversi luoghi di consumazione dei
reati .
7 – Con distinto ricorso SCAMONI Dario deduce, per tramite del difensore, un
unico motivo per violazione degli artt. 73, comma 7 0 d.P.R. n. 309/1990 e 99
cod.pen. e per vizio della motivazione. Lamenta il ricorrente il mancato
riconoscimento della speciale attenuante prevista dall’art. 73, comma 7° d.P.R n.
309/1990. Annota il difensore che le dichiarazioni auto ed etero accusatorie
rese dall’imputato nel corso del procedimento erano state utilizzate da entrambi i
giudici di merito per emettere pronunzie di condanna a carico sia dello stesso
propalante che dei coimputati, fungendo quindi da riscontro per le dichiarazioni
rese dal Facchinetti ( al quale invece fu effettivamente concessa la suddetta
attenuante ) ed orientando in modo decisivo le indagini verso altri ambiti

6 – Il difensore di DELLA BITTA Samuele articola due distinti motivi per

investigativi di guisa da evitare che l’attività di spaccio venisse portata ad
ulteriori conseguenze e da condurre all’arresto di Valli Marcello. Denunzia altresì
il ricorrente l’illegittimità della contestazione allo Scamoni della recidiva ex art.
99, comma 4° cod.pen., benchè non fosse ancora passata in giudicato la
sentenza di condanna emessa nel primo procedimento. L’imputato infatti non
poteva ritenersi recidivo reiterato in ragione di una semplice pronunzia di
condanna ancora non definitiva, al momento della formulazione della
contestazione.

Considerato in diritto

5

/‘-1.

1 – In riferimento al primo ordine di censure richiamate al paragrafo n. 1 della
narrativa, osserva il Collegio che la motivazione della sentenza impugnata (
legittimamente integrata da quella di primo grado ) risulta del tutto immune
dalle dedotte obiezioni in punto alla ritenuta inattendibilità ed inutilizzabilità
delle chiamate in correità _
formulate dagli imputati Facchinetti Mauro e Della Bitta Samuele nei confronti
di De Bernardi Dario, De Bernardi Raymond, Rusconi Diego e Valli Marcello. La
motivazione della sentenza di primo grado dedica un ampia e diffusa trattazione

tema della valutazione delle chiamate in correità ed in reità e dei relativi
elementi di riscontro nonché a quello della verifica della credibilità delle
dichiarazioni rese da Facchinetti, da Della Bitta e da Scamoni, ritenute idonee a
comprovare, in uno con i descritti riscontri, la colpevolezza dei ricorrenti.
L’apparato argomentativo della sentenza impugnata risulta integrato dal
puntuale e costante rinvio alla motivazione di quella di primo grado,previa
concomitante, specifica ed esaustiva confutazione dei motivi d’appello dedotti in
riferimento all’erronea applicazione od all’inosservanza dell’art. 192 comma 30
cod. proc. pen.: censura riproposta, negli stessi termini, dagli imputati con i
ricorsi per cassazione. Ciò posto, appare in questa sede sufficiente osservare
che entrambi i Giudici di merito, nel sottoporre a valutazione critica il contenuto
delle chiamate in correità, hanno proceduto in corretta applicazione del
consolidato e prevalente insegnamento della giurisprudenza di legittimità,
preliminarmente verificando sia l’attendibilità intrinseca – oggettiva e soggettiva
– delle diverse propalazioni sia la ricorrenza di adeguati riscontri esterni
individualizzanti ovverosia “strettamente e concretamente ricolleganti in modo
diretto il chiamato al fatto di cui deve rispondere ”
rafforzativi della chiamata in correità ”

nonché ” realmente

(S.U. n.45276/2003 rv.226090; Sez. 5

n. 31442/2006 rv. 235212 ). A suffragio della ritenuta credibilità soggettiva che
connota le dichiarazioni auto ed etero accusatorie rese da Facchinetti, da
Scamoni e da Della Bitta, ritiene il Collegio di dover condividere – e far proprio quanto evidenziato, in termini perspicui dal Giudice di prime cure e
precisamente che:
• il Facchinetti ” ha spontaneamente confessato importazioni del tutto
ignote agli inquirenti per circa 90 kg di cocaina “. Ciò vale ad integrare un
“formidabile indice di conferma della serietà ” dei suoi propositi di
collaborare e di recidere legami con il passato di tredici anni di traffico di
stupefacenti. A riprova dell’attendibilità, si rimarca il fatto che “buona
parte degli accusati ha via via riconosciuto integralmente la fondatezza
delle accuse ed ha ammesso ogni responsabilità “.

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( pag. 3 e segg.; pag. 15 e segg. cui ovviamente deve farsi diretto rinvio ) al

• lo Scamoni ha confessato le proprie responsabilità senza reticenze in
ordine all’importazione di ingenti quantitativi di cocaina dall’America
latina, riferendo di ” ulteriori reati, commessi dopo l’arresto di Facchinetti,
in relazione ai quali non vi erano elementi a suo carico ” . Ha peraltro
descritto i fatti

“da una prospettiva diversa da quella del Facchinetti,

arricchendoli di nuovi dettagli.” Significativo appare il suo racconto della
cessione a Valli Marcello ( capo n. 12: n.d.r.). Risultano connotate dai
requisiti dell’autonomia e della genuinità le dichiarazioni relative ” agli

ordine all’effettiva partecipazione dello Scamoni ai riferiti episodi
delittuosi, non assumono alcun rilievo in senso negativo o pregiudizievole
eventuali motivazioni di natura utilitaristica dettate dall’intento di lucrare
vantaggi o sconti di pena (Sez. 2 n. 36/ 1997 rv. 207305).
• Il Della Bitta ha reso dichiarazioni ” autonome, ferme, spontanee,
costanti, dettagliate e coerenti “,
proprio

assumendosi la responsabilità del

“coinvolgimento nel traffico di stupefacenti dalla Repubblica

Domenicana organizzato da De Bemardi Raymond nel 1995 e dallo stesso
De Bemardi e dal Facchinetti negli anni successivi “.

A garanzia della

genuinità e della serietà del narrato, depongono la totale autonomia della
descrizione dei fatti rispetto al Facchinetti, con specifico riguardo al
racconto della organizzazione dei viaggi nella Repubblica Domenicana di
guisa da doversi escludere qualsivoglia dubbio sull’artata ricostruzione di
episodi ai quali egli in realtà non avrebbe effettivamente preso parte; ciò
con particolare riferimento alla vicenda dell’arresto in Francia. Né rilevano
in contrario, come già ritenuto quanto a Scamoni, motivazioni di ordine
utilitaristico.
A riprova della significativa esaustività ed adeguatezza argomentativa della
motivazione della sentenza di primo grado, va rilevato che, in riferimento in
generale alle dichiarazioni di tutti i chiamanti in correità ( e non solo del
Facchinetti ) l’affermata attendibilità e veridicità non viene minimamente
scalfita da imprecisioni relative ai singoli episodi narrati ” in particolare riguardo
alla collocazione temporale od alla durata del viaggio ovvero agli specifici
quantitativi di cocaina trasportati o ceduti ” tanto valendo invece a confortare
la genuinità del racconto, esternato

“senza alcuna rielaborazione del ricordo

Deve quindi conclusivamente annotarsi che, attesa l’esaustività dell’apparato
argomentativo – unitario ed integrato del della sentenza impugnata – del tutto
conforme sia alla corretta applicazione del norme di legge di riferimento sia ai
canoni della logicità come pure alle comuni massime di esperienza, non
appaiono comunque proponibili in sede di legittimità censure volte a contestare
l’apprezzamento delle risultanze istruttorie compiuto dai giudici di merito anche

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episodi che riguardano George ed Oscar”. Escluso quindi ogni dubbio in

al fine della verifica della sussistenza di riscontri esterni alle chiamate in correità,
al fine di indurre questa Corte ad una inammissibile lettura alternativa.

2 – Con riferimento alle censure dedotte dagli imputati De Bernardi Dario, De

Bernardi Raymond, Rusconi Diego e Valli Marcello in punto alla ritenuta
applicazione dell’aggravante ad effetto speciale di cui all’art. 80, comma 2°
d.P.R. n.309/1990,agli stessi rispettivamente contestata ai capi nn. 2, 3, 5 e
12, osserva il Collegio che la sentenza impugnata appare del tutto immune dai

proposta con i motivi d’appello da De Bernardi Dario, attese le ricadute,
indubitabilmente pregiudizievoli, sulla posizione dell’imputato, conseguenti
all’applicazione dell’aggravante dell’ingente quantità, agli effetti sia della
determinazione della pena sia dell’esclusione dei benefici previsti in sede di
esecuzione della pena e comunque in relazione alla complessiva qualificazione
del fatto e della valutazione della responsabilità del prevenuto, anche se la
stessa,come affermato dalla Corte distrettuale,non abbia concretamente inciso
sulla concreta quantificazione della pena, fatta salva tuttavia, a tale proposito,
la fondatezza della censura dedotta in ordine all’illegittima applicazione
dell’art.99 comma 5° cod. pen., come novellato, ritenuta direttamente incidente
sul procedimento di determinazione del trattamento sanzionatorio,di cui si dirà in
appresso. E’ opportuno richiamare,sullo specifico argomento, il prevalente
orientamento della giurisprudenza di legittimità ( cfr. Sez. 4 n.46299 del 2005
rv.232826; Sez. 4 n.48008 del 2009 ry.245738 ) ormai da tempo consolidatosi,a
partire dalla sentenza n. 13904 emessa dalla Sez. 6, il 1° ottobre 1986
rv.174548 secondo il quale, in applicazione del principio del libero
convincimento del giudice ed all’inapplicabilità,in sede di processo penale relativo
a delitti concernenti la disciplina degli stupefacenti, di limitazioni di natura
probatoria, ”

ai fini della prova del delitto di spaccio di droga, non sono

indispensabili il sequestro o il rinvenimento di sostanze stupefacenti, poiché la
consumazione di tale reato può ben essere dimostrata attraverso le risultanze di
altre fonti probatorie “.

Ed invero mai si è dubitato della configurabilità,anche a

prescindere dal sequestro di quantitativi di sostanze stupefacenti ed ovviamente
dagli accertamenti peritali volti a verificare la presenza e l’entità del principio
attivo, della sussistenza di siffatta tipologia di reati e della colpevolezza dei
responsabili, qualora si fosse riconosciuta ed acclarata la ricorrenza di un quadro
indiziario e/o di ulteriori risultanze probatorie ricavabili

aliunde, giudicate

idonee e sufficienti a suffragare l’accusa. Nulla esclude che l’affermato principio,
attesa l’identità del presupposto di base, possa esser traslato ai fini della
sussistenza dell’aggravante de qua. Ne discende pertanto che quanto statuito
dalle Sezioni Unite con la sentenza n. 36258 del 2012 circa l’imprescindibile

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lamentati vizi. Preliminarmente deve giudicarsi ammissibile, la doglianza

quantificazione peritale dell’entità del principio attivo, agli effetti del calcolo del
valore-soglia a partire dal quale può dirsi ricorrente l’aggravante dell’ingente
quantità, non può legittimamente condurre ad escludere l’applicazione della
stessa aggravante, in difetto del sequestro dello stupefacente e vertendosi in
fattispecie della c.d. ” droga parlata “,qualora le emergenze istruttorie e la
valutazione critica complessiva del quadro indiziario consentano di ravvisarne
ciononostante i presupposti, sol perché, nel caso concreto. Va detto che, dalla
motivazione della citata sentenza delle Sezioni Unite, si evince che il

dal D.M. 11 aprile 2006 n. 95 per la legittima detenzione ad uso esclusivamente
personale e quindi pari, per la cocaina, a kg. 1,500:mg. 750 moltiplicati per
2.000 = 1.500.000 mg. ) non determina automaticamente la sussistenza
dell’ipotesi aggravata, da accertare comunque in base alle circostanze del caso
concreto; così come, del resto, il mancato superamento del limite non esclude in
modo assoluto la ravvisabilità dell’aggravante in situazioni particolari, essendo
finalizzata l’applicazione del parametro quantitativo,ancorato ai valori-soglia, alla
definizione “tendenziale ” del limite minimo al di sotto del quale la ingente
quantità ” non potrà di regola esser ritenuta” e restando comunque rimessa
all’apprezzamento del giudice di merito la relativa verifica, nei casi concreti, in
caso di superamento di detto parametro. In conclusione pare al Collegio di poter
affermare che, da un lato, l’insegnamento delle Sezioni Unite possa trovare
applicazione se ed in quanto si sia accertata l’entità del principio attivo e che,
dall’altro, nulla autorizzi logicamente ad escludere tout court,sulla base della
stessa pronunzia, la configurabilità dell’ aggravante, in difetto di tale verifica e
quindi del sequestro dello stupefacente. Il dato obiettivo della ingente quantità
può invero esser aliunde ricavabile, grazie a diversi riscontri di prova logica.
Soccorre in tal caso lo specifico orientamento della giurisprudenza di legittimità,
venutosi a formare sia in precedenza ( comunque non ” sconfessato dalla più
recente pronunzia delle Sezioni Unite ) sia in seguito, in relazione alla
sussistenza

della detta aggravante

anche a prescindere dall’avvenuto

sequestro della droga e quindi dall’accertamento peritale dell’entità del
principio attivo ( cfr.,in senso conforme: Sez. 6 n.3392/1992 rv.192311; Sez. 5
n.22766/2011 rv.250398; Sez. 4 n. 38724/2011 rv.251438; Sez. 4 n.
47501/2011 rv.251742; Sez. 5 n.10961/2013 rv.255221). Nella concreta
fattispecie rileva il Collegio che il complesso argomentativo integrato delle due
sentenze di merito consente di affermare, in termini sufficienti ed adeguati, la
logica plausibilità della sussistenza dell’aggravante, anche in difetto
dell’accertamento peritale dell’entità del principio attivo od anche ipotizzando
una percentuale non elevata dello stesso. Oggetto delle imputazioni sub nn. 2,3
e 5 risultano condotte reiterate di importazione di sostanza stupefacente tipo

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superamento del predetto limite ( pari a duemila volte il limite massimo stabilito

cocaina,da Stati dell’America Latina, materialmente eseguite dal Facchinetti
recandosi in quel continente con reiterati viaggi aerei, usualmente su
“ordinazione ” o comunque in stretto concorso con i coimputati. La cocaina
veniva poi immessa sul mercato al dettaglio italiano all’evidente scopo di
soddisfare un rilevantissimo numero di consumatori – con conseguente
gravissimo attentato per la salute pubblica – fatto salva l.g susseguente
interposizione di intermediari tra fornitori all’ingrosso e collocàtori al dettaglio,
all’interno della notoria catena dell’attività di spaccio. E’ quindi del tutto logico

internazionale di stupefacenti, delle stesse fossero oggetto quantitativi “extra
ordinem ” riconducibili quindi alla categoria concettuale della “ingente quantità”
(cfr.Sez. 6 n. 20119/2010 rv. 247374). L’addebito ascritto al Valli sub capo n.
12 concerne peraltro l’acquisto dal Facchinetti di sei chilogrammi di cocaina (
anche in tal caso introdotti in Italia dall’estero da tali Oscar e dal figlio di George
e quindi oggetto di illecita importazione ) destinata al successivo spaccio
attraverso diversi intermediari/correi Altro elemento significativamente
concludente, alla stregua della comune esperienza, emerge ad esempio dalla
motivazione della sentenza di primo grado ( pag. 33) ove, trattando
dell’imputazione

sub

n. 5, vengono richiamate le dichiarazioni rese dal

Facchinetti nel corso dell’incidente probatorio in cui spiegò di esser in grado di
calcolare il quantitativo di cocaina trasportata in ogni viaggio sulla base del
numero di donne impiegate per portare via terra lo stupefacente dalla Bolivia a
S.Paolo del Brasile, avuto riguardo al fatto che ” ognuna di esse trasportava
circa tre chili, che teneva occultati sotto i vestiti della pancia “.

3 – Il terzo motivo di ricorso dedotto nell’interesse di DE BERNARDI Dario ed
attinente lato sensu, al tema del determinazione del trattamento sanzionatorio è
fondato, nei limiti di seguito precisati. La Corte distrettuale ha confermato,
anche in punto pena, la sentenza di primo grado con la quale l’imputato fu
giudicato responsabile del delitto di cui al capo n. 3, ex artt. 110, 81 cpv.
cod.pen., 73, 80, comma 2° d.P.R. n. 309/1990,commesso in Colico ed in Milano
tra il febbraio ed il maggio 1997; con l’aggravante della recidiva reiterata ed
infraquinquennale. Ai fini della determinazione della pena, (cfr. pag. 77 e segg.
della sentenza di primo grado ), il Primo Giudice ha ritenuto la contestata
recidiva ed ha applicato retroattivamente il disposto dell’art. 99, comma 5°
cod.pen., come novellato dalla legge n. 251 del 2005,in relazione a reati
commessi anteriormente all’8 dicembre 2005: data di entrata in vigore della
novella. Sussiste quindi la denunziata violazione degli artt. 2 cod. pen. e 25,
comma 2° cost. Si è infatti applicata retroattivamente

la disciplina della

recidiva obbligatoria – quale aggravante di natura soggettiva –

10

peraltro

che, trattandosi di transazioni a pieno titolo inquadrabili nel traffico

tantopiù in malam partem,

attesochè quella in vigore all’epoca del fatto

appariva, agli effetti della determinazione della pena, più favorevole all’imputato,
non prevedendo ipotesi di obbligatorio aumento sanzionatorio. Sul punto
l’impugnata sentenza deve pertanto esser annullata con rinvio ad altra Sezione
della Corte d’appello di Milano che, in osservanza di quanto qui statuito,
procederà alla rideterminazione del trattamento sanzionatorio nei confronti
dell’imputato De Bernardi Dario. Restano quindi assorbite le subordinate censure
strettamente e logicamente conseguenti al procedimento di determinazione

contestata.
Infondate risultano le ulteriori censure dedotte da De Bernardi Dario e da De
Bernardi Raymond, come riassunte al paragrafo n. 3 della narrativa. Il
complesso motivazionale integrato delle due sentenze di merito vale a fornire
esaustiva ed ineccepibile contezza delle legittime determinazioni assunte in
entrambi i gradi di giudizio in punto al diniego delle attenuanti generiche ad
entrambi gli imputati ( cfr. pag. 74 – 77 sentenza di primo grado; 11 – 19 di
quella d’appello ). Si è opportunamente rimarcata in sintesi sia l’immeritevolezza
dei prevenuti in ragione del comportamento processuale ed extraprocessuale, in
mancanza di qualsivoglia atteggiamento positivo di pentimento o di
resipiscenza. Quanto al De Bernardi Dario si è evidenziata la pregressa
latitanza. Ex art. 133 cod. pen, ulteriori elementi ostativi si sono ritenuti sia la
gravità dei reati commessi (aventi ad oggetto l’importazione sistematica di
ingenti quantitativi di cocaina ) sia l’elevata pericolosità dei soggetti, quali
protagonisti di spicco del traffico internazionale di stupefacenti. Del tutto logica,
congrua e corretta ( attese le disposizioni normative di riferimento ) va
giudicata la determinazione, per entrambi i ricorrenti, degli aumenti della pena
base a titolo di continuazione, fissata, per gli ulteriori episodi di importazione di
quantitativi pari a due chilogrammi di cocaina, nella misura – peraltro
obiettivamente contenuta – di mesi SEI di reclusione ed euro 2.500,00 di multa.
L’ulteriore doglianza dedotta nell’interesse di De Bernardi Dario con il quinto
motivo di ricorso ( rectius: quarto ) è egualmente infondata ed inaccoglibile. La
Corte d’appello ( pag. 12 ) ha, sul punto, del tutto correttamente confermato le
statuizioni della sentenza di primo grado. Il GIP del Tribunale di Lecco,
recependo il costante insegnamento di questa Corte ed all’esito della coerente
valutazione delle risultanze di fatto, ha motivato il diniego dell’applicazione
della continuazione ( pag. 78 ) sul rilievo – preliminare ed assorbente – che tra
i fatti giudicati con la sentenza n. 102/2009 pronunziata dal GIP del Tribunale di
Lecco il 20 maggio 2009 in particolare sub capo n. 7 ( con cui si imputava al
ricorrente l’acquisto continuato dal Facchinetti, la detenzione a fini di spaccio e la
cessione di svariati quantitativi di cocaina a diversi soggetti, tra i quali

11

discrezionale della pena finale in applicazione della ritenuta recidiva, cosiccome

Ganzianelli Francesco: fatti commessi in Colico nel gennaio 2008 ) e quelli di
cui al capo n. 3 per cui è processo ( importazione continuata dal Brasile, in
concorso con il Facchinetti e con tale ” Wilson “, di complessivi chilogrammi
dodici di cocaina, rivenduti in Italia, a Masera Ettore: fatti commessi tra febbraio
e maggio 1997) non sussistesse alcun elemento comune sintomatico
dell’unicità di disegno criminoso, attesi l’intervallo temporale tra gli stessi di
oltre dieci anni e la diversità delle condotte: le une, relative a cessioni al
dettaglio; le altre all’acquisizione di ingenti quantitativi all’ingrosso. Né l’unicità

hanno ancora sottolineato i Giudici di merito – dalla persistente ed inveterata
inclinazione a delinquere dell’imputato ovvero dalle sue scelte delinquenziali di
base.

4 – Infondate vanno giudicate le doglianze dedotte dal difensore di

RUSCONI

DIEGO con il terzo,quarto e quinto motivo di ricorso ed allo stesso

esclusivamente pertinenti.
L’eccepita violazione dell’art. 606 lett. b e c) in relazione all’art. 649 cod.
proc.pen. che stabilisce il divieto del bis in idem, è inammissibile. Il ricorrente,

mediante l’apparente denunzia di un error in procedendo
indurre questa Corte ad una

intende in realtà

lettura “alternativa” ( ovviamente a sé più

favorevole ) dell’apprezzamento delle risultanze di fatto,

riservato

esclusivamente ai giudici di merito che, con argomentazioni corrette ed esaustive
da un punto di vista logico – giuridico e coerente con le emergenze istruttorie
raccolte, hanno escluso che il Rusconi, per effetto della ritenuta responsabilità in
ordine ai delitti di cui ai capi nn. 5 e 10 ,confermata in secondo grado, sia stato
illegittimamente giudicato due volte per gli stessi fatti. Come si preciserà in
appresso esaminando l’identica censura dedotta dall’imputato Valli, il Collegio
condivide il prevalente orientamento della giurisprudenza di legittimità ( cfr. ex
multis: Sez. 4 n.35831/2013 rv.256883 ) che esclude la deducibilità di tale vizio

dinanzi a questa Corte. Invero deve osservarsi che dal complesso motivazionale
integrato dalle due sentenze (ed in particolare da quanto esposto dal Primo
Giudice a pag. 38 e segg. della sentenza, laddove si è proceduto all’analitico
confronto tra i fatti descritti nelle rispettive imputazioni di cui al capo n. 10 e
quelli oggetto della sentenza di patteggiamento n. 125 / 2006 emessa dal GIP
del Tribunale di Lecco in data 7 luglio 2006 (divenuta irrevocabile il 21 novembre
2006 ) è emerso che, limitatamente all’attività di spaccio della cocaina sul
mercato locale, acquistata dal Facchinetti nel periodo: gennaio 2002 – agosto
2003, come ascritta al Rusconi sub capo n. 10, in difetto della precisazione
temporale delle singoie cessioni a Spillere Pier Giulio, Denaro Daniele, Rusconi
Giorgio e Rusconi Augusto, restava comunque esclusa l’eccepita sovrapponibilità

12

del disegno criminoso poteva legittimamente desumersi – come opportunamente

tra tali episodi. Né si era acquisita alcuna certezza in ordine alla identità, almeno
parziale, tra la cocaina che il Rusconi ebbe a ricevere dal Facchinetti e quella
dal primo effettivamente ceduta ai nominati consumatori fino all’anno 2005:
condotta già ascritta al Rusconi e per quale questi riportò condanna con la
sentenza n.125/2006 del GIP del Tribunale di Lecco.
Identiche conclusioni vanno formulate in relazione al quarto motivo dedotto dal
difensore di Rusconi Diego. in ordine alla violazione dell’art. 88 cod.pen. Anche
a tale riguardo, il difensore intende indurre questa Corte a procedere

merito, un diverso apprezzamento critico – più favorevole all’imputato quanto a rilevanza e concludenza delle opinioni espresse nelle diverse perizie
psichiatriche prodotte in atti, denunziando, in tale ottica, un meramente
apparente vizio motivazionale e di violazione della legge processuale,
conseguente all’addotto travisamento del contenuto tecnico- accertativo e
valutativo in esse esposto onde suffragare l’eccepito difetto di imputabilità del
Rusconi all’epoca dei fatti contestatigli. Orbene deve al contrario annotarsi,
avuto riguardo all’ ”

unicum ”

motivazionale costituito dall’apparato

motivazionale delle due sentenze di merito, che ineccepibilmente ed
esaustivamente la Corte d’appello, condividendo gli assunti del Primo Giudice, ha
ribadito, in corretta applicazione dell’insegnamento di questa Corte ( come
testimoniato dalle massime delle sentenze della Sez. 6 n.7885 del 1998 e
n.31483 del 2004 e della sentenza della Sez. 5 n.7363 del 2002, ritrascritte nella
motivazione della sentenza di primo grado ) che in tanto l’intossicazione
cronica da sostanze stupefacenti può porsi come causa di diminuzione o di
esclusione della capacità di intendere e di volere in quanto determini
un’alterazione psichica permanente ” cioè un patologia a livello cerebrale
implicante psicopatie che permangono indipendentemente dall’assunzione di
sostanze stupefacenti ”

ovviamente se ed in quanto sussistenti all’epoca di

consumazione dei reati. Hanno evidenziato i Giudici di merito che, proprio sulla
base delle stesse perizie prodotte dalla difesa, solamente nell’anno 2004 fu
accertata un’intossicazione da cocaina e che il disturbo dell’umore,
diagnosticato dal dr. Giunta, era stato indotto dall’assunzione di cocaina. La
conclusione sul punto (logicamente conseguente a tali premesse ) non poteva
che attestarsi nel senso che, risalendo i fatti per cui è processo tra il gennaio
2002 e l’agosto 2003, il Rusconi,in tale epoca, non versava neppure in stato di
intossicazione cronica da cocaina e che comunque la pregressa assunzione di
tale stupefacente non poteva aver determinato alcun disturbo dell’umore,
quale condizione psicopatologica.
Egualmente infondata è l’ultima doglianza dedotta in riferimento alla pretesa
inosservanza della legge penale circa il diniego delle attenuanti generiche ed in

13

all’inammissibile operazione di ” sostituire “, alle valutazioni dei giudici di

ordine al procedimento discrezionale seguito dai giudici di merito ai fini della
quantificazione della pena e degli aumenti applicati a titolo di continuazione. I
Giudici di seconda istanza hanno ineccepibilmente condiviso gli assunti
argomentativi – significativamente elaborati e diffusi – esposti nella sentenza di
primo grado laddove si è rimarcata l’immeritevolezza del Rusconi a fruire delle
attenuanti generiche, in difetto della ricorrenza di

“elementi positivi”, non

avendo egli minimamente contribuito all’accertamento dei fatti né avendo
mostrato atteggiamenti finalizzati alla confessione od improntati a sincera

discrezionale dei parametri stabiliti dall’art. 133 cod.pen. seguito ai fini della
determinazione della pena base ( che necessariamente ridonda anche ai fini del
diniego delle attenuanti generiche ) ha altresì opportunamente evidenziato,
sotto il profilo soggettivo della pericolosità sociale del reo,la circostanza dello
stabile inserimento nel traffico internazionale di stupefacenti. Il che vale quindi
anche a giustificare la quantificazione degli aumenti della pena applicati a titolo
di continuazione.

5 – Circa i motivi primo e quinto dedotti dal difensore di VALLI Marcello ed
allo stesso esclusivamente pertinenti, il Collegio osserva quanto segue.
Il primo motivo è inammissibile ex art. 606 comma 3 0 cod. proc. pen. Come
riportato dalla sentenza di primo grado ( cfr. pag. 73 ), la sentenza emessa ex
art. 444 cod. proc. pen. nei confronti di Valli Marcello dal GIP del Tribunale di
Como nel procedimento penale n. 8117/2006 ( alla quale accenna il ricorrente )
risale al 3 agosto 2010 ed è divenuta irrevocabile l’ 1 ottobre 2010. Deve altresì
annotarsi che la sentenza di primo grado, del presente procedimento, è datata 4
luglio 2011 e quella d’appello veniva emessa l’ 8 giugno 2012, a conferma
dell’affermazione di penale responsabilità del Valli. E’ quindi evidente che la
rilevata inammissibilità discende dalla possibilità, nel caso di specie, di esser in
grado di proporre l’eccezione preclusiva già con i motivi d’appello, essendo
intervenuta la sentenza di primo grado sulla eadem res già in epoca precedente
la pronuncia della sentenza impugnata.
Di tanto al contrario non v’è traccia in quanto attestato in parte narrativa dalla
sentenza impugnata ( pag. 8 ) ove si è dato atto del contenuto dell’appello a
differenza di quanto precisato ( pag. 5-6 ) in riferimento al gravame proposto
nell’interesse di Rusconi Diego, che ebbe effettivamente a devolvere alla Corte
distrettuale la cognizione della specifica violazione del divieto del bis in idem, per
i fatti contestati sub capo n. 10. Né ovviamente nella motivazione relativa alla
trattazione del gravame proposto dal Valli. E neppure alla deduzione di tale
specifica censura con i motivi d’appello, accenna il difensore con il ricorso per
cassazione, limitandosi invece conseguentemente a sostenere ( pag. 3 del

14

resipiscenza. Inoltre, il Primo Giudice dando contezza dell’apprezzamento

ricorso ) che ” la Corte milanese avrebbe dovuto ritenere ( anche d’ufficio
posto che risulta ritualmente acquisita al fascicolo processuale la sentenza dianzi
richiamata ) l’operatività della preclusione di cui all’art. 649 cod.proc.pen. “.
Il Collegio, pur consapevole di un diverso orientamento venutosi a formare di
recente nella giurisprudenza di legittimità, come testimoniato dalle seguenti
pronunzie : Sez. 6 n. 44484 / 2009 rv.244856 (citata dal ricorrente); Sez.6 n.
14991 /2003 rv. 256221; Sez. 1 n.26827/2011 rv.250796, intende tuttavia
aderire all’altro filone giurisprudenziale – largamente prevalente ed insorto poco

del ne bis in idem, involgendo apprezzamenti di fatto in ordine alla pretesa
eadem res

che sfuggono al sindacato di mero diritto e quindi alla cognizione

officiosa di questa Corte – non è questione conoscibile d’ufficio da questa Corte o
comunque deducibile ratione temporis solo in sede di legittimità ex art. 609 c. 2
cod. proc.pen.

La questione è invece proponibile dinanzi al giudice

dell’esecuzione. (Sez. 1, n.31123 / 2004 rv. 229283; Sez. 2, n. 41069 / 2004
rv.230708; Sez. 5, n. 9180 / 2007 rv. 236259; Sez. 4, n. 48575 / 2009 rv.
245740: Sez. 5 n.24954/ 2011 rv.250920; Sez. 4 n.35831/2013 rv.256883). A
confutazione del minoritario indirizzo, sopra ricordato, secondo il quale una
siffatta valutazione sarebbe consentita in quanto inerente ad un procedimento di
accertamento dell’inosservanza di una norma processuale ( che pacificamente
attribuirebbe alla Corte di legittimità, quale giudice del fatto, il potere-dovere di
accedere agli atti )
250920 ) che la
permetterebbe

si è altresì sostenuto ( cfr. Sez. 5 n.24954 /2011 rv.
verifica della sussistenza del vizio in procedendo

non

comunque di addivenire in questa sede ad

un’autonoma ricostruzione dei fatti storici posti a fondamento della
questione (Sez. 4, n. 47891 del 28.9.2004, imp. Mauro, rv. 230568)
dovendo tradursi, nel caso di specie, nell’analisi di elementi di
fatto relativi a procedimenti diversi. ”
Il quinto motivo dedotto nell’interesse del Valli (concernente pretesi vizi di
violazione della legge penale e vizi della motivazionali in punto alla
quantificazione della pena, al diniego delle attenuanti generiche ed
all’applicazione della recidiva obbligatoria di cui all’art.99, comma 5 0 cod. pen.
come novellato ) è infondato e deve quindi esser respinto. Anche a tale
riguardo la Corte d’appello ( pag. 36 ) ha confermato la motivazione della
sentenza di primo grado,condividendola. Ebbene quest’ultima ( cfr. pag. 86 e
segg. ) con diffuso ed articolato argomentare, in corretta applicazione dei
parametri fissati dall’art. 133 cod,pen., ha legittimamente ed ineccepibilmente
giustificato sia il diniego delle attenuanti generiche ( in difetto di positivi elementi
di valutazione della condotta anche processuale dell’imputato ) sia la
determinazione della pena base in misura superiore al minimo edittale, attesa la

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tempo dopo l’entrata in vigore del codice di rito – secondo il quale la questione

gravità del fatto relativo all’acquisto di sei chilogrammi di cocaina ed attesa
l’elevata pericolosità del Valli, desumibile dal nutrito curriculum criminale. Il Valli
infatti risultava ” condannato con sentenze irrevocabili, per innumerevoli delitti
non colposi e per cinque volte per violazioni della disciplina degli stupefacenti”

.

Da qui la legittima applicazione della contestata recidiva reiterata specifica che,
ex art. 99, comma 5 0 cod.pen., comporta l’aumento obbligatorio della pena
posto che l’imputato veniva riconosciuto colpevole del delitto sub capo n. 12, di
cui agli artt. 73 e 80, comma 2° d.P.R. n.309/1990,commesso in Colico nel

cod.proc.pen. Giova peraltro precisare che,diverasemnte dall’erroneo assunto
del ricorrente, non si è fatto luogo ad ” un giudizio di prevalenza della recidiva ex
art. 99, comma 5° cod.pen. sull’aggravante ex art. 80,comma 2° d.P.R. n.
309/1990 ” ( come si legge in ricorso ) giacchè non è normativamente
configurabile il giudizio di comparazione – ed in ipotesi in termini di prevalenza tra due aggravanti, ma – ovviamente – solo tra aggravanti ed attenuanti. In
verità i Giudici di merito hanno correttamente applicato il principio sancito
dall’art. 63 commi 3° e 4° cod. pen. secondo cui, in caso di concorso tra
aggravanti ad effetto speciale, si applica solo al pena stabilita per la circostanza
più grave. Ed invero, nel caso di specie, risulta applicato l’aumento per la
recidiva, obbligatoriamente stabilito in due terzi, rispetto a quello compreso tra
la metà ed i due terzi, previsto dall’altra aggravante.
Da ultimo non può il Collegio che condividere quanto esaustivamente statuito
dalla Sez. 2 di questa Corte con la sentenza n.6950 del 2011 rv. 249458 in
ordine alla manifesta infondatezza della prospettata incostituzionalità del
disposto dell’art. 99, comma 5° cod.pen; sentenza così massimata:

“è

manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale dell’art. 99,
comma quinto, cod. pen., proposta, con riferimento agli artt. 3, 25 e 27 Cost.,
per la maggiore severità della disciplina della recidiva reiterata nel caso di
realizzazione di un delitto di cui all’art.. 407, comma secondo, lett. a), cod. proc.
pen., stante la non irragionevolezza della previsione normativa, in quanto
limitata a fattispecie specifiche, caratterizzate da notevole allarme sociale ed
indicative del perdurare della capacità a delinquere del reo, secondo una scelta
legislativa non in contrasto con i principi costituzionali, essendo finalizzata a
sanzionare più severamente, sia pure comprimendo gli spazi di discrezionalità
del giudice, chi abbia continuato a commettere reati nonostante l’irrogazione di
precedenti condanne.”

6 – Le censure dedotte dal difensore di DELLA BITTA Samuele sono infondate.
Il corpo motivazionale integrato delle due sentenze di merito ( c.d. doppia
conforme ) fornisce adeguato ed ineccepibile riscontro, coerentemente con le

16

maggio 2007, rientrante tra quelli elencati nell’art.407, comma 2 lett. a)

risultanze di fatto ed in corretta applicazione dell’insegnamento della
giurisprudenza di legittimità, della insussistenza dei presupposti di applicazione
dell’istituto della continuazione, invocata dal difensore dell’imputato fin dal
giudizio di primo grado. E’ invero del tutto evidente che deve escludersi
qualsivoglia relazione concettuale di affinità, di analogia o si contiguità logica
tra i fatti per cui è processo (contestati ai capi nn.1, 2 e 4 ed attinenti tutti ad
episodi di importazione di sostanza stupefacente tipo cocaina da Stati
dell’America Latina, commessi peraltro in un arco temporale compreso tra il

GIP del Tribunale di Lecco in data 20 maggio 2009, sub capi nn. 1 e 8: l’uno,
relativo all’invio della somma di euro 500,00 al Facchinetti ai fini dell’acquisto di
sostanza stupefacente; l’altro,all’acquisto dallo stesso Facchinetti, alla
detenzione ed al successivo spaccio al dettaglio di diversi quantitativi di
cocaina. Entrambi i fatti furono commessi in Colico nell’anno 2007. Inoltre il
rilevante iato temporale frapposto tra le due serie di episodi delittuosi, pur
concernenti tutti violazioni della disciplina degli stupefacenti, ma realizzate con
condotte materiali del tutto dissimili, ha legittimamente indotto i Giudici di
merito ad escludere che gli stessi fossero avvinti da un unico disegno criminoso,
che avrebbe dovuto, quantomeno a grandi linee, già ipotizzarsi all’atto della
commissione dei primi delitti in ordine di tempo. Non può quindi non ritenersi
che in realtà la reiterazione di tali fatti,a rilevante distanza di tempo gli uni dagli
altri, sia la dimostrazione di una scelta di vite delinquenziale,costellata dalla
perpetrazione episodica di tali reati che nulla ha a che vedere, come
costantemente ribadito da questa Corte, con il requisito dell’unicità del disegno
criminoso. Né ricorre,diversamente da quanto sostenuto dal ricorrente, alcuna
violazione dell’art. 671, comma 10 cod. proc. pen. sul presupposto dello stato di
tossicodipendenza del Della Bitta, riconosciuto dal Giudice di prime cure ed
evidenziato quale elemento atto “a fondare la sussistenza della continuazione
“, come si legge in ricorso. Anche soprassedendo dalla più che probabile
inammissibilità della presunta violazione di legge, non dedotta con i motivi
d’appello ( a quanto emerge dalla sentenza impugnata ), deve osservarsi che
consolidata e prevalente giurisprudenza di questa Corte ha avuto modo di
ribadire il principio secondo il quale lo stato di tossicodipendenza, a seguito della
novellata formulazione della citata disposizione normativa, anche ove ritenuta
applicabile in sede di giudizio di cognizione, ben lungi dal rivestire condizione
sufficiente agli effetti dell’applicazione della continuazione, costituisce invece
uno dei tanti parametri da esaminare a tale scopo, ferma, in ogni caso,
l’imprescindibile e preliminare verifica della ricorrenza dell’unicità del disegno
criminoso ( cfr. ex plurimis:

Sez. 1 n.30310/2009 rv. 244828; Sez. 1 n.

17

1995 ed il 2001 ) e quelli giudicati con la sentenza n. 102/2009, emessa dal

39287/2010 rv. 248841; Sez. 1 n. 33518/2010 rv. 248124; Sez. 2
n.49844/2012 rv.253846).

7 –

Il ricorso proposto nell’interesse di SCAMONI Dario è fondato e deve

esser conseguentemente accolto. Come lamentato dal difensore, i Giudici di
seconda istanza sono effettivamente incorsi nei denunziati vizi nel far luogo alla
conferma del diniego della speciale attenuante prevista dall’art.73, comma 70
d.P.R. n. 309/1990, oggetto di specifica censura dedotta con l’atto d’appello. La

dalle propalazioni rese dallo Scamoni sarebbe unicamente scaturito il ”
rafforzamento ” del quadro probatorio ” già esistente ” a suffragio dell’accusa, ”
senza consentire l’individuazione di soggetti aventi un ruolo principale nel traffico
di stupefacenti “. Risulta in sostanza condiviso l’analogo diniego sancito dal
Giudice di prime cure ( ed egualmente confermato dalla stessa Corte distrettuale
) in relazione alla posizione del Della Bitta. Con motivazione egualmente
apodittica e comunque carente, il Giudice di prime cure denegò il
riconoscimento dell’attenuante speciale ad entrambi gli imputati, richiamando (
cfr. pag. 13 – 14 – 75 – 83 ) tre sentenze massimate di questa Corte con le
quali si è ribadito il principio secondo cui l’attenuante del ravvedimento operoso
non era configurabile nel caso in cui le ammissioni / propalazioni avevano avuto
l’unico effetto di rafforzare un quadro probatorio esistente a carico dei
responsabili, già identificati. Deve tuttavia rilevarsi che, come opportunamente
messo in evidenza in ricorso, lo stesso Giudice di primo grado – in realtà
contraddicendosi – ha avuto modo di sottolineare ( pag. 17 ) il rilevante
contributo conoscitivo reso dallo Scamoni ( al pari del Facchinetti al quale
peraltro, sia pure con sentenza di patteggiamento, il ricorrente deduce sia stata
concessa la stessa attenuante ) che ebbe ad ammettere le proprie responsabilità
per gravi reati, commessi anche dopo l’arresto del Facchinetti, del tutto ignoti
agli inquirenti. Significative risultano le dichiarazioni accusatorie rese dallo
Scamoni nei confronti del Valli oltre alla narrazione degli episodi che videro
coinvolti ” George ” e ” Oscar “, consentendone poi l’identificazione. In buona
sostanza lo Scamoni mise a disposizione degli inquirenti l’intero patrimonio di
conoscenze di cui disponeva di guisa da consentire l’apertura del presente
procedimento dopo esser stato tratto in arresto in un altro avente ad oggetto
identici reati per violazioni della disciplina degli stupefacenti. Ritiene quindi il
Collegio che, disposto l’annullamento della impugnata sentenza in accoglimento
dei motivi di ricorso, al Giudice di rinvio sia necessario demandare un
approfondito riesame della posizione dello Scamoni, in rapporto allo spessore,
alla rilevanza ed agli effetti derivanti dalla resa collaborazione.

18

motivazione – obiettivamente carente – s’incentra ( cfr. pag. 27 ) sul rilievo che

Giova altresì annotare che, alla stregua dell’insegnamento di questa Corte, il
riconoscimento della speciale attenuante trova legittima giustificazione in un
concreto e determinante contributo nella neutralizzazione di nuovi danni o delitti
od in una collaborazione con l’autorità che consenta l’individuazione di fornitori o
la sottrazione di importanti risorse attinenti al traffico di sostanze stupefacenti,
nell’ottica sostanziale di evitare che il delitto venga portato ad ulteriori
conseguenze e che vengano commessi altri delitti ( cfr. Sez. 3 n. 47245 / 2005
rv. 233014). L’aiuto fornito deve concretizzarsi in ” un risultato di utilità “,

sufficiente la mera indicazione di qualche complice ( cfr.Sez. 4 n.11555/2004
rv. 228034). Si è inoltre statuito che ” è necessario che il contributo offerto sia
efficace ed utile al fine di interrompere la catena delittuosa o colpire il sistema
patrimoniale quale provento e strumento del crimine, sicché non vi rientrano le
dichiarazioni prive di riscontri o meramente rafforzative del quadro probatorio
ovvero riguardanti circostanze di marginale rilevanza ”

(cfr. Sez. 3 n.16431 /

2011 rv. 249999 ). La “sottrazione di risorse rilevanti per la commissione dei
delitti ” cui deve approdare l’aiuto fornito dal collaborante è stato interpretato
( cfr. Sez. 3 n. 37372/2012 rv.253571 ) ”

in senso globale, in essa dovendosi

ricom prendere non solo lo stupefacente o il denaro destinato all’acquisto ma
anche le risorse “umane” e qualsiasi altra rivelazione in grado di incrinare e
porre quindi in difficoltà il sistema di spaccio.”
Dalla massima della sentenza n.9069 /2013 rv.256002, pronunziata dalla Sez.
6, si ricava il principio secondo il quale occorre che le propalazioni del
collaborante consentano di conseguire un risultato utile di indagine che, senza la
collaborazione stessa, non si sarebbe potuto perseguire.
L’altra censura dedotta in punto alla contestata e ritenuta recidiva reiterata
deve sostanzialmente ritenersi assorbita, posto che tale aggravante ( la cui
sussistenza in concreto dovrà comunque esser verificata alla luce delle risultanze
del certificato penale alla data di pronunzia della sentenza di primo grado )
viene comunque ad incidere sulla (ri) – determinazione del trattamento
sanzionatorio quale imprescindibile statuizione consequenziale al disposto
annullamento, cui ovviamente il giudice di rinvio dovrà provvedere in esito al
nuovo esame dell’appello dello Scamoni, in caso intenda riconoscergli la
speciale attenuante del ravvedimento operoso.
Segue la condanna dei ricorrenti De Bernardi Raymond,Valli Marcello,Della Bitta
Samuele, Rusconi Diego al pagamento delle spese processuali, atteso il rigetto
dei ricorsi dai predetti proposti, in quanto infondati ed inaccoglibili.

PQM

19

finalizzato al conseguimento dei suddetti risultati, a tanto non essendo

Annulla la sentenza impugnata in relazione alle statuizioni che riguardano De
Bernardi Dario, in punto di determinazione del trattamento sanzionatorio (
recidiva ).
Annulla la sentenza impugnata in relazione alle statuizioni che riguardano
l’imputato Scamoni Dario.
Rinvia sulle dette statuizioni alla Corte d’appello di Milano, altra Sezione, per
nuovo esame.
Rigetta nel resto. Rigetta gli altri ricorsi e condanna De Bernardi Raymond,Valli

processuali.
Così deciso in Roma,lì 8 ottobre 2013.

Marcello,Della Bitta Samuele, Rusconi Diego al pagamento delle spese

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