Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 49560 del 11/11/2015


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Penale Ord. Sez. 7 Num. 49560 Anno 2015
Presidente: D’ISA CLAUDIO
Relatore: SERRAO EUGENIA

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:
COSTA CALOGERO N. IL 07/04/1982
avverso la sentenza n. 1204/2015 TRIBUNALE di PALERMO, del
10/03/2015
dato avviso alle parti;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. EUGENIA SERRAO;

Data Udienza: 11/11/2015

t

Motivi della decisione
Costa Calogero ha proposto ricorso per cassazione avverso la sentenza del
Tribunale di Palermo in data 10/03/2015, con la quale, ai sensi dell’art. 444 cod.
proc. pen., è stata applicata la pena concordata dalle parti, in ordine a due
condotte poste in essere nei giorni 24 e 25 febbraio 2015 in violazione degli
artt.624 e 625 n.2 cod. pen. (furto consumato commesso il 24 febbraio 2015) e
degli artt.56, 624, 625 n. 2, cod. pen. (furto tentato commesso il 25 febbraio
2015).

per avere omesso il giudice di merito di indicare il reato commesso il 24 febbraio
2015 nella parte della sentenza relativa alle contestazioni mosse, con
conseguente impossibilità di far valere, in caso di ulteriore esercizio dell’azione
penale, il ne bis in idem.
Il ricorso è manifestamente infondato, dunque inammissibile.
Come si evince chiaramente dalla motivazione della sentenza impugnata, la
pena concordata concerne due distinte ipotesi di reato avvinte tra loro dalla
continuazione e per la descrizione del furto commesso in data 24 febbraio 2015
si rinvia al decreto introduttivo del giudizio. E’, pertanto, palese la possibilità per
il ricorrente di documentare l’avvenuta pronuncia di sentenza anche in relazione
al furto non indicato nell’intestazione della sentenza posto che, al fine di
individuare le disposizioni della decisione che acquistano autorità di cosa
giudicata, occorre riferirsi a qualsiasi statuizione avente un’autonomia giuridicoconcettuale e, quindi, non solo alle decisioni che concludono il giudizio in
relazione ai capi d’imputazione elencati nell’intestazione della sentenza, ma
anche a quelle che, nell’ambito di una stessa decisione, individuano fatti non più
suscettibili di riesame. Come è avvenuto nel caso in esame, emergendo dal
tenore della sentenza impugnata che il reato non indicato nel capo d’imputazione
era stato contestato nel decreto di presentazione di persona arrestata in
flagranza di reato in data 26 febbraio 2015.
Alla dichiarazione di inammissibilità del ricorso segue la condanna del
ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro 1.000,00
in favore della Cassa delle Ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle
spese processuali e della somma di euro 1.000,00 in favore della Cassa delle
Ammende.
Cossi deciso in d. a 11 novembre 2015

L’esponente deduce erronea applicazione degli artt.521 e 522 cod.proc.pen.

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