Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 4956 del 08/10/2013


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Penale Sent. Sez. 4 Num. 4956 Anno 2014
Presidente: ZECCA GAETANINO
Relatore: MASSAFRA UMBERTO

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
NARDUCCI CLAUDIO N. IL 29/03/1961
avverso la sentenza n. 1422/2011 CORTE APPELLO di MILANO, del
19/10/2012
visti gli atti, la sentenza e il ricorso
udita in PUBBLICA UDIENZA del 08/10/2013 la relazione fatta dal
Consigliere Dott. UMBERTO MASSAFRA
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Udito il Procuratore Ggerale inzersona del Dott.
che ha concluso per i:( 2/2,z;

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Data Udienza: 08/10/2013

Ritenuto in fatto
Ricorre per cassazione il difensore di fiducia di Narducci Claudio avverso la sentenza
emessa in data 19.10.2012 dalla Corte di Appello di Milano che, decidendo in sede di
rinvio dalla Corte di Cassazione (con sentenza del 13.1.2011), confermava quella del
Tribunale di Milano in data 13.3.2008 con la quale, fra l’altro, il predetto era stato
condannato alla pena di anni 8 di reclusione ed € 40.000,00 di multa per il reato di cui
all’art. 73 dPR 309/1990 (detenzione, trasporto e cessione di 8 kg. di cocaina).
L’annullamento della S.C. concerneva la sentenza del 12.4.2010 della Corte milanese

limitata alla circostanza della mancanza di prova della volontaria sottrazione
dell’imputato al procedimento disponendo che, in mancanza di tale prova, la Corte del
rinvio avrebbe dovuto restituire l’imputato nel termine per proporre impugnazione e
ritenere tempestiva l’impugnazione già proposta dal difensore nominato dopo
l’arresto.
Il ricorrente deduce:
– il vizio motivazionale in ordine alla ritenuta penale responsabilità del Narducci e alla
valutazione degli elementi probatori raccolti a sostegno di essa;
– l’erronea applicazione della legge penale in relazione all’art. 73, 5 0 comma dPR
309/1990 e all’art. 133 c.p., dolendosi del mancato riconoscimento dell’attenuante ad
effetto speciale predetta;
– l’erronea applicazione della legge penale in relazione all’art. 62 bis c.p., dolendosi
della mancata concessione delle attenuanti generiche.
Considerato in diritto
Il ricorso è inammissibile essendo le censure mosse manifestamente infondate ed
aspecifiche.
E’ palese l’aspecificità dei motivi che hanno riproposto in questa sede
pedissequamente le medesime doglianze rappresentate in rescissorio dinanzi alla
Corte territoriale e da quel giudice disattese, dopo la remissione in termini, con
motivazione ampia e congrua, immune da vizi ed assolutamente plausibile con

che aveva dichiarato l’inammissibilità dell’appello proposto dal Narducci ed era

specifico riferimento a tutte le censure oggi riproposte: alla responsabilità vagliata
sulla scorta delle dichiarazioni dei correi Frangi Giancarlo e Pellizzeri Luciano, la cui
attendibilità estrinseca ed intrinseca con richiamo dei riscontri è stata compiutamente
valutata; alla impossibilità d’integrazione dell’attenuante di cui all’art. 73, 5° comma
dPR 309/1990 (con richiamo, tra l’altro, al considerevole quantitativo della sostanza
stupefacente e ciò in linea con l’insegnamento questa Suprema Corte: cfr., tra le
altre, Cass. pen. Sez. IV, n. 6732 del 22.12.2011 Rv. 251942, Sez. IV, n. 31663 del
27.5.2010, Rv. 248112, quest’ ultima con specifico riferimento al dato ponderale e
qualitativo dello stupefacente); alla non concedibilità delle circostanze attenuanti
generiche, attesa l’assenza di elementi positivi che le giustificassero in una alla

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sussistenza di precedenti condanne e all’assenza di un buon comportamento
processuale.
Ed è stato affermato che “è inammissibile il ricorso per cassazione fondato su motivi
che ripropongono le stesse ragioni già discusse e ritenute infondate dal giudice del
gravame, dovendosi gli stessi considerare non specifici. La mancanza di specificità del
motivo, invero, dev’essere apprezzata non solo per la sua genericità, come
indeterminatezza, ma anche per la mancanza di correlazione tra le ragioni
argomentate dalla decisione impugnata e quelle poste a fondamento

senza cadere nel vizio di aspecificità conducente, a mente dell’art. 591 comma 1 lett.
c), all’inammissibilità” (Cass. pen. Sez. IV, 29.3.2000, n. 5191 Rv. 216473 e
successive conformi, quale: Sez. II, 15.5.2008 n. 19951, Rv. 240109).
Alla declaratoria di inammissibilità del ricorso segue la condanna del ricorrente al
pagamento delle spese processuali e al versamento in favore della Cassa delle
ammende di una somma che, alla luce dei principi affermati dalla Corte costituzionale
nella sentenza n. 186 del 2000, sussistendo profili di colpa, si stima equo determinare
in Euro 1.000,00.
P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese
processuali e della somma di C 1.000,00 in favore della cassa delle ammende.
Così deciso in Roma, addì 8.10.2013

dell’impugnazione, questa non potendo ignorare le esplicitazioni del giudice censurato

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