Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 4955 del 03/10/2013


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Penale Sent. Sez. 4 Num. 4955 Anno 2014
Presidente: ZECCA GAETANINO
Relatore: BLAIOTTA ROCCO MARCO

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
PIANURA CLAUDIO N. IL 07/03/1956
CASINI FRANCESCO N. IL 19/03/1924
CASINI MARCO N. IL 12/04/1962
avverso la sentenza n. 1012/2004 CORTE APPELLO di PERUGIA, del
29/06/2012
visti gli atti, la sentenza e il ricorso
udita in PUBBLICA UDIENZA del 03/10/2013 la relazione fatta dal
Consigliere Dott. ROCCO MARCO BLAIOTTA
Udito il Procuratore Generale in persona del Dott.
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che ha concluso per i(
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Data Udienza: 03/10/2013

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Motivi della decisione

1. Il Tribunale di Perugia ha affermato la responsabilità degli imputati in
epigrafe in ordine al reato di omicidio colposo con violazione delle norme sulla
sicurezza del lavoro in danno di Bazzurri Luca, che costituisce l’oggetto del presente
giudizio; e li ha condannati altresì al risarcimento del danno nei confronti delle parti
civili. La sentenza, in ordine a tale illecito 7 è stata confermata dalla Corte d’appello di
Perugia.

da stiro del suo laboratorio. Il tecnico toccò l’apparato e ne rimase folgorato. Le
indagini esperite hanno mostrato che l’evento è stato determinato da diverse
inefficienze dell’impianto e segnatamente dalla non corretta riparazione di un
termostato che aveva generato un contatto incongruo e soprattutto dalla mancata
protezione della postazione con un interruttore differenziale, al pari di altre 12 delle 14
costituenti l’impianto.

2. Pianura deduce che si è trascurato che la vittima era lavoratore autonomo
estraneo all’organico dell’impresa sicché la responsabilità del ricorrente avrebbe
dovuto essere basata sulla violazione di specifiche norme cautelari ai sensi dell’art.
2087 cod. civ. e non a titolo di responsabilità oggettiva. L’imputato ha adottato tutte
le cautele, sicché eventuali responsabilità vanno individuate a carico dei titolari della
ditta Panelettra, esecutrice dell’impianto incriminato. Non può essere in particolare
trascurato che, come ritenuto dalla Suprema corte, nel contratto d’opera,
caratterizzata dall’autonomia del prestatore, non trova applicazione la disciplina
antinfortunistica.
Si prospetta altresì che il giudice ha arbitrariamente ritenuto che
l’inadeguatezza dell’impianto fosse frutto di una scelta del ricorrente, trascurando che
la sua esecuzione è stata affidata a ditta qualificata, che ha rilasciato certificazione di
conformità, e che la sua regolarità è stata constatata dal servizio di prevenzione della
USL.

3. Casini Francesco deduce che la responsabilità è stata basata sulla mancata
installazione di un interruttore differenziale che avrebbe evitato l’evento. Si è però
erroneamente ritenuta l’esistenza di condotte colpose al riguardo, che invece non
sussistono. Ciò emerge dalla dichiarazioni del tecnico della USL che ha constatato la
regolarità dell’impianto. La Corte d’appello non ne ha tenuto conto.
La Corte non chiarisce se l’interruttore differenziale incriminato non esistesse
proprio o fosse stato escluso. Mentre la difesa aveva dimostrato l’inesistenza
dell’interruttore a seguito di interventi impropri eseguiti dopo l’ultimazione

Il Bazzurri era stato chiamato dal Pianura per riparare una postazione di ferro

dell’impianto. Appare illogico pensare che il ricorrente, dopo aver installato
l’interruttore, lo abbia poi arbitrariamente escluso.
Neppure può attribuirsi rilievo alla mancata considerazione del progetto dell’ing.
Riggio, poiché si trattò di scelta di competenza della proprietà. In ogni caso,
l’attivazione dell’interruttore differenziale avrebbe comunque impedito l’evento.
Priva di prova è poi l’asserzione che sia stato l’imputato ad installare le prese a
monte e non a valle del ridetto differenziale. Appare illogico che il ricorrente, dopo
aver realizzato ben 14 linee abbia omesso di attaccarle agli interruttori. Si è

ma dimostrato dal consulente della difesa le cui osservazioni sono state gratuitamente
screditate.
La Corte di merito ha pure trascurato la deposizione del tecnico USL che, in
occasione di sopralluogo eseguito alcuni mesi prima dell’evento, ha riferito che gli
interruttori realizzati dal ricorrente erano collegati e funzionanti. La circostanza è stata
ripetutamente riferita dal teste in dibattimento. In breve non si comprende perché
l’imputato abbia installato e poi disattivato l’interruttore.

4. Casini Marco ha presentato ricorso di tenore analogo a quello di Casini
Francesco.

5. Il resto è estinto per prescrizione, essendo decorso il termine massimo di
sette anni e sei mesi. In conseguenza, la sentenza deve essere annullata senza rinvio
quanto alle statuizioni penali. Né, alla stregua di quanto sarà esposto in appresso in
ordine alla posizione dei ricorrenti, vi sono le condizioni per una pronunzia liberatoria
nel merito ai sensi dell’art. 129 cod. proc. pen.

6. I ricorsi sono infondati quanto alle statuizioni civili.
La Corte d’appello rimarca la drammatica inefficienza dell’impianto, soprattutto
per via della collocazione dell’alimentazione delle postazioni di lavoro a monte del
differenziale, che veniva così bypassato. Si configura i dunque i complessiva
responsabilità colposa dei due Casini in ordine alla non corretta esecuzione
dell’impianto.
I giudici di merito hanno escluso alcuna negligenza o imprudenza della vittima
ed hanno in primo luogo individuato la responsabilità del Pianura, responsabile del
laboratorio, per non aver adottato le misure di sicurezza atte a proteggere i lavoratori
dal rischio di folgorazione. L’impianto, infatti, era il frutto di interventi approssimativi
ed erronei, eseguiti in assenza di progetto, sicché si era in presenza di alto rischio.
Analoga responsabilità è stata ravvisata nei confronti di Casini Francesco e Marco,
autori della ristrutturazione dell’impianto elettrico eseguita nel 1996, non conforme
alla normativa e soprattutto non dotato di interruttori differenziali efficienti. Nella sua

chiaramente in presenza di un intervento successivo di terzi, trascurato dal giudice,

realizzazione non si era neppure tenuto in alcun conto un progetto articolato
predisposto l’anno prima da un ingegnere.
La Corte esamina la tesi difensiva secondo cui i differenziali furono rimossi
arbitrariamente in epoca successiva. Si argomenta dalla presenza di un barra di
sostegno dei moduli danneggiata e deformata e dalle dichiarazioni del tecnico USL
Cerretti, che aveva eseguito un controllo nel 1996 constatando la regolarità della
messa a terra e l’assenza di anomalie, pur nel contesto di dichiarazione ambigua
attestante l’esecuzione di lavori durante il sopralluogo.

addebitato ai coimputati l’esecuzione dell’impianto; nessun teste ha fatto menzione di
interventi successivi; le fotografie del quadro delineano un incongruo ammasso di fili
che non avrebbe consentito la presenza di ulteriori moduli; soprattutto, la barra
deformata dalla quale si sono volute desumere manipolazioni successive presentava,
in corrispondenza delle ammaccature, l’assenza di vernice e segni di ruggine tali da
far escludere che si trattasse di intervento recente. Se ne deduce che l’impianto,
all’atto del sinistro, si trovava nelle condizioni derivanti dallo scriteriato intervento dei
Casini; l’intervento di Cerretti riguardava precipuamente la messa a terra e nulla se
ne può dunque inferire di decisivo per quanto attiene allo specifico problema. Le sue
dichiarazioni appaiono ipotetiche e congetturali.
Conclusivamente

l’evento è da attribuirsi alle imperizie e trascuratezze
(
congiunte dei tre imputati. Non trascurabile quella del Pianura che omise qualunque
iniziativa, alcun controllo per assicurare la sicurezza del laboratorio di cui era titolare.

7. Tali valutazioni appaiono conformi ai principi ed immuni da vizi logici o
giuridici.
Per ciò che attiene alla posizione del responsabile dell’impianto, il Pianura, la
valutazione è lineare: egli gestiva la struttura ed era tenuto ad assicurarne la
sicurezza. Per contro l’impiantilAmi_e
elettwico
f.z„ era altamente rischioso. La circostanza che la
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vittima non fosse un lavorato e i è priva di rilievo, posto che il sinistro si è verificato
nell’ambito di una postazione lavorativa di cui il datore di lavoro era tenuto ad
assicurare la regolarità non solo con riguardo ai lavoratori ma anche a tutti i soggetti
che all’impianto si trovavano ad accedere; come ritenuto dalla costante, condivisa
giurisprudenza di questa Suprema Corte. D’altra parte, l’impianto era così altamente
irregolare che è razionale attribuirne la causa ad una scelta di fondo aziendale,
razionalmente attribuita al Pianura ridetto.
Anche quanto alla posizione degli altri imputati, l’apprezzamento appare
immune da censure. La pronunzia esamina analiticamente la tesi difensiva che
attribuisce ad interventi di altri soggetti le erronee manipolazioni dell’impianto, ma la
confuta, come si è sopra esposto, con ricchezza di documentati argomenti: si tratta di

La Corte d’appello confuta la tesi con diversi argomenti. Tra essi: il Pianura ha

razionale valutazione di merito con non può essere posta in discussione nella presente
sede di legittimità.
I ricorsi vanno dunque rigettati quanto alle statuizioni civili. Segue per legge la
condanna alla rifusione delle spese delle parti civili che appare congruo determinare
come in dispositivo.

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il reato addebitato è estinto per prescrizione.
Rigetta i ricorsi quanto alle statuizioni civili e condanna i ricorrenti alla
rifusione, in favore delle parti civili, delle spese sostenute per questo giudizio di
Cassazione, spese liquidate in euro 3.000,00 oltre accessori come per legge.

Roma 3 ottobre 2013
IL CONSIGLIERE ESTENSORE

IL PRESIDENTE

(Rocco Marco BLAIOTTA)

(GaMnino ZECCA)
1

CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
IV Sezione Penale

Annulla l’impugnata sentenza limitatamente alle statuizioni riyi#- perché

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