Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 49514 del 11/11/2015


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Penale Ord. Sez. 7 Num. 49514 Anno 2015
Presidente: D’ISA CLAUDIO
Relatore: SERRAO EUGENIA

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:
ESTAY NENEZ NATHALIE TERESA N. IL 06/02/1973
avverso la sentenza n. 1029/2014 TRIBUNALE di LUCCA, del
28/04/2014
dato avviso alle parti;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. EUGENIA SERRAO;

Data Udienza: 11/11/2015

Motivi della decisione

Estay Nenez Nathalie Teresa ha proposto ricorso per cassazione avverso la
pronuncia del Tribunale di Lucca che, in data 28/04/2014, ha applicato ai sensi
dell’art.444 cod.proc.pen. la pena concordata tra le parti in relazione al reato di
cui all’art.186, commi 2 lett.c), 2-bis e 2-sexies, d. Igs. 30 aprile 1992, n.285.
L’esponente deduce vizio di motivazione in merito alla qualificazione dei
fatti, all’irrogazione di una pena eccessivamente severa rispetto ad una condotta

della confisca.
Il ricorso è inammissibile.
Come noto, questa Suprema Corte ha ripetutamente affermato il principio in
base al quale l’obbligo della motivazione della sentenza non può non essere
conformato alla particolare natura giuridica della sentenza di patteggiamento: lo
sviluppo delle linee argomentative è necessariamente correlato all’esistenza
dell’atto negoziale con cui l’imputato dispensa l’accusa dall’onere di provare i
fatti dedotti nell’imputazione. Ciò implica che il giudizio negativo circa la
ricorrenza di una delle ipotesi di cui all’art. 129 cod. proc. pen. deve essere
accompagnato da una specifica motivazione solo nel caso in cui dagli atti o dalle
deduzioni delle parti emergano concreti elementi circa la possibile applicazione di
cause di non punibilità, dovendo invece ritenersi sufficiente, in caso contrario,
una motivazione consistente nella enunciazione, anche implicita, che è stata
compiuta la verifica richiesta dalla legge e che non ricorrono le condizioni per la
pronunzia di proscioglimento ex art. 129 (Sez. U. 27 marzo 1992, Di Benedetto;
Sez. U. 27 dicembre 1995, Serafino).
Tale orientamento è stato concordemente accolto dalla giurisprudenza
successiva. Anche per ciò che riguarda gli altri tratti significativi della decisione,
che riguardano precipuamente la qualificazione giuridica del fatto, la
continuazione, l’esistenza e la comparazione delle circostanze, la congruità della
pena e la sua sospensione, la costante giurisprudenza della Corte regolatrice, nel
solco delle enunciazioni delle Sezioni unite, ha affermato che la motivazione può
ben essere sintetica ed a struttura enunciativa, purché risulti che il giudice abbia
compiuto le pertinenti valutazioni.
Né l’imputato può avere interesse a lamentare una siffatta motivazione
censurandola come insufficiente e sollecitandone una più analitica, dal momento
che la statuizione del giudice coincide esattamente con la volontà pattizia del
giudicabile. D’altra parte, attesa la natura pattizia del rito, chi chiede la pena
pattuita rinuncia ad avvalersi della facoltà di contestare l’accusa. Ne consegue,
come questa Suprema Corte ha più volte avuto modo di affermare, che
2

ritenuta lieve, nonché in merito all’applicazione della sanzione amministrativa

l’imputato non può prospettare con il ricorso per cassazione censure che
coinvolgono il patto dal medesimo accettato.
Con riguardo alla disposta confisca va ricordato, come statuito dalle Sezioni
Unite della Corte di Cassazione, che con la sentenza applicativa di pena
concordata il giudice deve irrogare le sanzioni amministrative accessorie, che
dalla pena medesima conseguano di diritto, «come nel caso di sospensione
della patente, determinando la relativa misura secondo i parametri ai quali rinvia
la specifica normativa del codice della strada» (Sez.U, n.8488 del 27/05/1998,

limitato alle pene accessorie ed alle misure di sicurezza diverse dalla confisca,
sicché con la sentenza ex art. 444 cod.proc.pen. in relazione al delitto in esame
deve essere disposta la confisca e non rileva che nella richiesta di
patteggiamento non si sia eventualmente fatta alcuna menzione di tale sanzione,
in quanto questa non può formare oggetto dell’accordo tra le parti – limitato alla
pena – e consegue di diritto alla sollecitata pronuncia (Sez. 4, n. 27994
del 03/07/2012, Marcel, Rv. 253591; Sez.6, n.45687 del 20/11/2008, Cuomo,
Rv.241611; Sez. 6, n.3427 del 3/11/1998, Orlandi, Rv. 212333; Sez. 5, n.7487
del 23/01/1992, Vicidomini, Rv. 220929).
Con il decreto-legge 23 maggio 2008, n.92, conv. dalla legge 24 luglio 2008,
n.125, è stata infatti introdotta la previsione della confisca obbligatoria del
veicolo con il quale è stato commesso il reato di guida in stato di ebbrezza
conseguente all’uso di bevande alcoliche o di stupefacenti, quando il tasso
alcolemico è superiore – come nel presente caso – a 1,5 g/I , salvo che il veicolo
appartenga a persona estranea al reato. Con la legge 29 luglio 2010, n.120 la
disciplina normativa al riguardo è stata parzialmente modificata, specie per
quanto concerne il potere di sequestro, che è stato attribuito espressamente
all’autorità amministrativa. Anche la natura della confisca ne è rimasta coinvolta
e la Corte di Cassazione ha affermato che la confisca del veicolo per guida in
stato di ebbrezza ha assunto, a seguito delle modifiche apportate all’art. 186
cod. strada dalla legge n. 120/2010, natura di sanzione amministrativa
accessoria (Sez. 4, n. 40523 del 04/11/2010, Gibellini, Rv. 248858); ed ha
altresì precisato (Sez. 4, n. 170 del 24/11/2010, dep. 2011, Mazzola, Rv.
249289) che il mutamento di natura, a seguito della citata legge, della confisca
prevista dall’art. 186 cod. strada in sanzione accessoria amministrativa (non più
penale) non la priva di omogeneità rispetto a quella penale, sicché la continuità
tra le due sanzioni la rende applicabile anche per i fatti anteriori all’entrata in
vigore della novella. La giurisprudenza in tal senso è ormai pacifica, come
pacifico è il potere del giudice di disporre anche in sede di patteggiamento I
confisca.
3

Bosio, Rv.210981). Il divieto previsto dall’art.445 cod.proc.pen. è, infatti,

Alla dichiarazione di inammissibilità del ricorso segue la condanna della
ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro 1.500,00
in favore della Cassa delle Ammende.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle
spese processuali e della somma di euro 1.500,00 in favore della Cassa delle

Così deciso in data 1 novembre 2015
Il Con

stensore

Ammende.

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