Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 49471 del 03/12/2015


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Penale Sent. Sez. 6 Num. 49471 Anno 2015
Presidente: IPPOLITO FRANCESCO
Relatore: MOGINI STEFANO

SENTENZA
Sui ricorso proposto nell’interesse di
BATTAGLIA FRANCESCO, nato il 28.3.1972
avverso la sentenza n. 3713/2015 pronunciata dalla Corte d’Appello di Roma il 3.6.2015;
visti gli atti, la sentenza impugnata e il ricorso;
udita la relazione del consigliere Stefano Mogini;
udito il sostituto procuratore generale Giovanni Di Leo, che ha concluso per l’inammissibilità
del ricorso;
udito l’Avv. Fabio Along in sostituzione dell’Avv. Maria Rita Belli, che ha insistito per
l’accoglimento del ricorso.

Ritenuto in fatto

1. Battaglia Francesco ricorre per mezzo del suo difensore di fiducia avverso la
sentenza in epigrafe, con la quale la Corte d’Appello di Roma ha confermato quella pronunciata
il 16.12.2014 dal Tribunale di Civitavecchia che lo aveva riconosciuto colpevole del delitto di
detenzione a fini di spaccio 42 involucri contenenti cocaina corrispondente a complessive 155

Data Udienza: 03/12/2015

dosi giornaliere e lo aveva condannato, previo riconoscimento delle attenuanti generiche e
riduzione per la scelta del rito abbreviato, alla pena di anni tre e mesi otto di reclusione ed
Euro 20.000 di multa, con l’interdizione temporanea dai pubblici uffici, la confisca del denaro
sequestrato e la confisca e distruzione dello stupefacente.

2. Il ricorrente censura la sentenza impugnata deducendo:
a) Illogicità manifesta e contraddittorietà di motivazione in relazione all’esclusione della
destinazione ad uso personale dello stupefacente sequestrato, che invece avrebbe dovuto
essere riconosciuta sulla scorta di consulenza tricologica attestante la qualità di assuntore di

elementi indicati dai giudici di merito a prova della destinazione della sostanza, sia pure
parziale, a terzi (lo stupefacente poteva essere stato acquistato già suddiviso in dosi; non era
stato rinvenuto materiale idoneo al confezionamento; origine lecita del denaro rinvenuto sulla
persona del ricorrente e presso la sua abitazione, ove era stato lasciato dalla moglie separata, ma convivente col Battaglia – la quale aveva incassato alcuni affitti e ivi custodiva i
relativi depositi cauzionali ; dato ponderale compatibile con la costituzione di una scorta ad uso
personale).
b)

Illogicità manifesta e contraddittorietà di motivazione in relazione alla mancata

qualificazione del fatto quale autonoma ipotesi di reato prevista dall’art. 73, comma 5, D.P.R.
309/1990, considerato che almeno una parte dello stupefacente sequestrato era destinata ad
uso personale e che le considerazioni dei giudici di merito circa la provenienza dal traffico di
stupefacenti dei denari sequestrati erano stati smentiti dalla moglie del ricorrente, sicché
sarebbe mancata la necessaria valutazione globale e omnicomprensiva di tutti gli elementi
indicati dalla testé citata norma incriminatrice.
c) Illogicità di motivazione in punto di mancata revoca della confisca della somma di denaro
sequestrata all’imputato.

Considerato in diritto

3. Il ricorso è inammissibile, poiché tutti i motivi di ricorso rappresentano la
riproposizione di censure di merito alle quali la Corte territoriale ha offerto risposta con
puntuale ed esauriente motivazione, del tutto immune da vizi logici e giuridici (p. 4 e ss. in
relazione all’esclusione della destinazione ad uso personale di tutta la sostanza stupefacente
rinvenuta nella disponibilità del ricorrente, nonché alla provenienza delle somme sequestrate
dallo spaccio di stupefacenti, ritenuta sulla base di plurimi e concludenti elementi di fatto, ivi
descritti e correttamente valutati; p. 7 circa l’esclusione del fatto lieve in considerazione del
dato quantitativo – la sostanza sequestrata equivale a 115 dosi giornaliere – e alle modalità e
circostanze dell’azione, in particolare delle somme di denaro rinvenute in possesso del
ricorrente, che depongono per un’attività di spaccio ben organizzata – Sez. 6, 14.7.2011,
Albanese e altri).

2

cocaina del ricorrente, che aveva specificato di fumarla, e della non concludente valenza degli

All’inammissibilità del ricorso conseguono le pronunce di cui all’art. 616 c.p.p.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali
e della somma di Euro 1.500 in favore della cassa delle ammende.

Così deciso in Roma il 3 dicembre 2015.

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