Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 4944 del 11/12/2014


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Penale Sent. Sez. 3 Num. 4944 Anno 2015
Presidente: TERESI ALFREDO
Relatore: ANDREAZZA GASTONE

SENTENZA

sul ricorso proposto da :
Paci Diego, n. a Canicattì il 06/12/1982;
Facciponte Gaspare, n. a Ruthi il 23/12/1975;

avverso la sentenza della Corte d’Appello di Reggio Calabria in data 09/01/2014;

udita la relazione svolta dal consigliere Gastone Andreazza;
udite le conclusioni del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore
generale U. De Augustinis, che ha concluso per l’inammissibilità del ricorso;
udite le conclusioni del Difensore di fiducia, Avv. C. Meli, che ha chiesto
l’accoglimento;

RITENUTO IN FATTO

1. Paci Diego e Facciponte Gaspare hanno proposto distinti ricorsi avverso la
sentenza della Corte d’Appello di Reggio Calabria di conferma della sentenza del
G.u.p. presso il Tribunale di Locri di condanna per il reato di cui all’art. 73 del
d.P.R. n. 309 del 1990 per avere acquistato e detenuto e trasportato circa 274
grammi di cocaina.

Data Udienza: 11/12/2014

,

,

2.

Con un primo motivo Facciponte Gaspare ripropone l’eccezione di

incompetenza territoriale già disattesa nel merito posto che a Canicattì sarebbero
stati concordati l’acquisto della sostanza, il peso, il tipo, le modalità di trasporto,
il costo e l’individuazione dei venditori.

alla mancata esclusione della recidiva reiterata ed infraquinquennale non avendo
la Corte, che pure ha elencato i reati per cui è stata riportata condanna, stabilito
se ciò abbia espresso una persistenza di stimoli criminogeni, con conseguenti
riflessi anche in punto di bilanciamento con le circostanze attenuanti.

3. Con un primo motivo Paci Diego lamenta che sull’eccezione di incompetenza
per territorio già sollevata (posto che competente sarebbe stata l’autorità
giudiziaria di Agrigento) il giudice di appello si è limitato a proporre un
orientamento di legittimità senza affrontare espressamente i motivi specifici di
impugnazione. Lamenta in particolare che sia il P.M. che i giudici di Locri e di
Reggio Calabria avrebbero disatteso quanto a suo tempo statuito dal Tribunale
del riesame di Palermo che aveva ritenuto la competenza di Agrigento in ragione
della connessione dei reati concernenti detenzione e smercio di stupefacente
connessi con altri, commessi appunto in Agrigento, di pari gravità e commessi
anteriormente. Nella specie il sodalizio criminoso operava, oltre che nella città di
Bianco, anche nel distretto di Agrigento essendo dunque qui radicata la
competenza ex artt. 12 e 16 c.p.p.

3.1. Con un secondo motivo lamenta contraddittorietà ed illogicità della
motivazione relativamente al trattamento sanzionatorio; in particolare censura la
mancata concessione delle circostanze attenuanti generiche fondata sull’assenza
dell’imputato dal processo e sul diniego della responsabilità e l’eccessivo
aumento per la continuazione nonché la mancata individuazione nel minimo
edittale della pena irrogata.

CONSIDERATO IN DIRITTO

4. Il primo motivo di ricorso di Facciponte Gaspare è inammissibile : la decisione
della sentenza impugnata in ordine alla eccezione di incompetenza appare
adeguatamente e logicamente motivata con riguardo agli elementi fattuali
2

2.1. Con un secondo motivo lamenta la illogicità della motivazione con riguardo

emergenti dalle intercettazioni e qui non sindacabili (vedi pagg. 12 e ss.) dai
quali emerge che il luogo di consumazione del fatto sarebbe individuabile in
Bianco posto che soltanto ivi si è raggiunto il definitivo accordo per l’acquisto
dello stupefacente. Di contro le argomentazioni proposte con il ricorso, secondo
cui dalle conversazioni captate e dai servizi di osservazione si dovrebbe
desumere che il luogo di consumazione deve situarsi in Canicattì, si risolvono in

Va infatti ricordato che continua ad esulare dai poteri della Corte, anche dopo le
modifiche dell’art. 606 lett. e) c. p. p., introdotte dalla I. n. 46 del 2006, quello
di una rilettura degli elementi di fatto posti a fondamento della decisione, anche
laddove venga prospettata dal ricorrente una diversa e più adeguata valutazione
delle risultanze processuali (tra le tante, Sez.2, n. 23419 del 23/05/2007, P.G. in
proc. Vignaroli, Rv. 236893).

5. Anche il secondo motivo è inammissibile.
Va rammentato che, in tema di recidiva facoltativa, è richiesto al giudice uno
specifico dovere di motivazione sia ove egli ritenga sia ove egli escluda la
rilevanza della stessa (cfr., Sez. U, n. 5859/12 del 27/10/2011, Marcianò, Rv.
251690).
A tale adempimento non si sono sottratti i giudici dell’appello; la sentenza
impugnata ha infatti ineccepibilmente posto in rilievo che il nuovo reato
commesso, a fronte peraltro delle plurime condanne per vari reati affiancate da
benefici evidentemente inidonei al percorso rieducativo, e dell’applicazione della
misura di prevenzione della sorveglianza speciale, non è espressione di mera
ricaduta nell’illecito ma di una esponenziale pericolosità sociale dell’imputato e di
una crescente capacità a delinquere, non efficacemente contrastata dalle pene
inflitte ed espiate precedentemente.
La doglianza proposta è pertanto manifestamente infondata.

6. Anche il primo motivo del ricorso di Paci Diego è inammissibile.
Va ribadito che la connessione fondata sull’astratta configurabilità del vincolo
della continuazione è idonea a determinare lo spostamento della competenza
soltanto quando l’identità del disegno criminoso sia comune a tutti i
compartecipi, giacché l’interesse di un imputato alla trattazione unitaria di fatti in
continuazione non può pregiudicare quello del coimputato a non essere sottratto
al giudice naturale (cfr., Sez.1, n. 8526 del 09/01/2013, confl. comp. in proc.
Baruffo e altri, Rv. 254924; n. 38170 del 2008, Rv. 241143; n. 10122 del 2006,
Rv. 233714; n. 37156 del 2004, Rv. 229533).

una non consentita rilettura di detti elementi.

Nella specie, a fronte del suddetto principio, puntualmente richiamato dalla
sentenza impugnata, il ricorrente ha fondamentalmente riproposto l’unico dato
per cui una tale conclusione contrasterebbe con la decisione, implicitamente di
segno contrario, del Tribunale del riesame di Palermo, quasi che a quest’ultima
dovesse assegnarsi una valenza suscettibile di prevalere su ogni altra; ma una
tale conclusione deve ritenersi fallace considerato che, tra l’altro, solo le decisioni

relativamente alle misure cautelari, efficacia per tutte le fasi del giudizio (cfr.,
Sez. 1, n. 9413 del 14/02/2013, Elzaky e altro, Rv. 255065).

7. Il secondo motivo, infine, è manifestamente infondato.
La determinazione della pena tra il minimo ed il massimo edittale rientra tra i
poteri discrezionali del giudice di merito ed è insindacabile nei casi in cui la pena
sia applicata in misura media e, ancor più, se prossima al minimo, anche nel
caso il cui il giudicante si sia limitato a richiamare criteri di adeguatezza, di
equità e simili, nei quali sono impliciti gli elementi di cui all’art. 133 c.p. (cfr.,
Sez. 4, n. 21294 del 20/03/2013, Serratore, Rv. 256197).
Nella specie, il trattamento sanzionatorio è stato, dal giudice di primo grado,
fissato in prossimità del minimo edittale mentre, con riguardo al diniego delle
circostanze attenuanti generiche, la sentenza impugnata ha ben spiegato la
natura ostativa dei gravi precedenti penali e della gravità oggettiva del fatto in
uno con la capacità di reperire fonti di approvigionamento anche in diversi e
pericolosi contesti geocrinninali.

8. In definitiva, entrambi i ricorsi sono inammissibili conseguendone la condanna
dei ricorrenti al pagamento delle spese processuali e della somma di denaro di
euro 1.000 in favore della Cassa delle ammende.

P.Q.M.

Dichiara inammissibili i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese
processuali e della somma di denaro di euro 1.000 in favore della Cassa delle
ammende.

Così deciso in Roma, 1’11 dicembre 2014.

della Corte di cassazione hanno, con riguardo alla competenza affermata

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