Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 4941 del 11/12/2014


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Penale Sent. Sez. 3 Num. 4941 Anno 2015
Presidente: TERESI ALFREDO
Relatore: ANDREAZZA GASTONE

SENTENZA

sul ricorso proposto da :
Dascoli Maria Rosaria, n. a Margherita di Savoia i
13/11/1959;

avverso la sentenza della Corte d’Appello di Bari in data 10/06/2013;

udita la relazione svolta dal consigliere Gastone Andreazza;
udite le conclusioni del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore
generale U. De Augustinis, che ha concluso per l’annullamento senza rinvio per
prescrizione;
udite le conclusioni del Difensore di fiducia, Avv. G. Aricò, che ha chiesto
l’accoglimento;

RITENUTO IN FATTO

1. Dascoli Maria Rosaria ha proposto ricorso avverso la sentenza della Corte
d’appello di Bari che, in riforma della sentenza del tribunale di Foggia, ha
rideterminato la pena, per il resto confermando la condanna per i reati di cui agli
artt. 44, comma 1, lett. b) del d.P.R. n. 380 del 2001 e 54 e 1161 c.n. per avere

Data Udienza: 11/12/2014

realizzato, in suolo demaniale marittimo, con interventi vari, l’ampliamento di
una pedana con struttura in legno e chiusura perimetrale in anticorodal e vetri
della superficie di mq.585 in luogo di 400, la copertura con struttura in legno,
alcuni archi e una struttura in . legno nella zona in precedenza adibita a campo di
pallavolo in assenza di permesso edilizio ed autorizzazione (capi a e b del proc.
6794/08 r.n.r.), nonché per i reati di cui sempre agli artt. 44 comma 1 lett.b) del

un cancello scorrevole senza concessione ed autorizzazione (capi a e b del proc.
n. 11435/08 r.n.r.).

2. Con un primo motivo lamenta vizio della motivazione; premette di avere,
quale titolare di concessione demaniale n.12 del 2008, ottenuto il 21/3/07
concessione suppletiva per realizzare strutture per l’adeguamento all’insula da
ubicare nello stabilimento balneare e, in data 28/3/07, di avere altresì ottenuto
permesso di costruire. Nel merito lamenta i macroscopici errori di calcolo o
meglio di misurazione effettuati dal luogotenente Lattini in sede di sopralluogo e
deduce anche che gli archi indicati in imputazione rappresentano solo elementi
architettonici estranei allo sviluppo di volumetrie. Anche le pannellature
rappresentano strutture amovibili mentre la copertura dello stabilimento ben può
essere realizzata in legno. Quanto al cancello ne contesta le dimensioni indicate
in imputazione e deduce che lo stesso altro non sarebbe in sostanza che una
parte della recinzione già regolarmente assentita avendo sostituito un pannello
della stessa, sicché non sarebbe stato necessario un ulteriore titolo.

3. Con un secondo motivo contesta la violazione dell’art.31 del d.P.R. n. 380 del
2001 posto che la Corte ha ingiunto la riduzione in pristino dello stato dei luoghi
in sessanta anziché novanta giorni (essendo applicabile per analogia il termine
appunto di novanta giorni dall’ingiunzione ex art.31 del d.P.R. n. 380 del 2001).

4.

Con un terzo motivo lamenta essere intervenuta, all’atto del ricorso, la

prescrizione dei reati.

5. Con un ultimo motivo infine lamenta la mancata motivazione in ordine alla
non concessione della sospensione condizionale della pena.

2

d.P.R. cit. e 1161 c.n. per avere realizzato, sempre in zona demaniale marittima,

CONSIDERATO IN DIRITTO

6. Il primo motivo di ricorso è inammissibile, venendo con lo stesso reiterate,
peraltro facendo leva su argomentazioni fattuali non sottoponibili al vaglio di
questa Corte, le medesime doglianze già puntualmente e motivatamente
disattese dalla Corte territoriale, dovendosi dunque il motivo considerare non

di una critica argomentata avverso la sentenza oggetto di ricorso (cfr., tra le
altre, Sez. 6, n. 22445 del 08/05/2009, P.M. in proc. Candita e altri, Rv.
244181).
Nella specie la sentenza impugnata aveva già posto in rilievo, al fine di affermare
integrato anzitutto il reato di cui al capo a) dell’imputazione, come le opere ivi
indicate non fossero comprese nel contenuto della concessione edilizia n. 12 del
15/04/2008 avente ad oggetto lo stabilimento balneare di cui è titolare
l’imputata né sia sussistito alcun errore di calcolo giacché la metratura per la
realizzazione dei bagni e delle docce era stata specificata nella predetta
concessione in modo del tutto autonomo rispetto alla metratura di mq. 400 della
pedana autorizzata. Quanto ai quattro archi poggiati su cinque pilastri, la Corte
ne aveva sottolineata la struttura in muratura stabilmente fissa al suolo in tal
modo non potendo concretare elementi di mera decorazione. Correttamente, poi,
con riguardo alla chiusura perimetrale in anticodoral e vetri della superficie di
mq. 585 anziché mq. 400, la sentenza impugnata aveva qualificato la stessa
come vero e proprio manufatto destinato, per le sue caratteristiche, a rimanere
stabilmente al suolo alla fine della stagione balneare, non implicando precarietà
dell’opera il carattere stagionale della stessa (cfr., tre le altre, Sez. 3, n. 34763
del 21/06/2011, Bianchi, Rv. 251243).
Anche con riferimento al capo b) dell’imputazione del proc. n. 11435/08, le
argomentazioni del ricorso, collegate alle dimensioni del cancello, ritenute
erroneamente indicate in imputazione, e alla pretesa funzione di esso, legata alla
sostituzione di parte della recinzione già legittimamente posta in essere, sì che
non sarebbe stato necessario munirsi di ulteriore titolo abilitativo, appaiono in
realtà riproporre letteralmente il motivo di appello sul punto (addirittura anche
attraverso il riferimento, rimasto inalterato, alla decisione del “giudice di prime
cure”) senza confrontarsi, quindi, con la decisione della sentenza impugnata, da
ciò derivando la mancanza del necessario requisito di specificità come già
ricordato in premessa.

3

specifico ma soltanto apparente in quanto omette di assolvere la tipica funzione

7. Il secondo motivo è inammissibile ex art. 606, comma 3, c.p.p. perché non
proposto con l’atto di appello; va in ogni caso precisato che il termine di novanta
giorni richiamato dalla ricorrente appare riferirsi alla sola demolizione o ripristino
oggetto di ingiunzione in sede amministrativa ex art. 31, comma 2, del d.P.R. n.
380 del 2001 mentre, per la demolizione ordinata con la sentenza di condanna, il
comma 9 dello stesso art. 31 non prevede la fissazione di uno specifico termine

sospensione condizionale della pena).

8. Con il terzo motivo è stata eccepita la prescrizione maturata solo dopo la
pronuncia della sentenza impugnata (prescrizione effettivamente intervenuta,
tenuto conto della sospensione avutasi per mesi due e giorni tre per adesione
del difensore all’astensione dall’udienza del 24/02/2011, in data 12/08/2013),
dovendo pertanto lo stesso ritenersi inammissibile perché proposto in violazione
dei criteri di specificità di legge (cfr., Sez. U., n. 33542 del 27/06/2001,
Cavalera, Rv. 219531).

9.

Infine, anche il quarto motivo è inammissibile posto che la richiesta della

sospensione condizionale della pena formulata con l’atto di appello non appare
essere stata ivi a suo tempo accompagnata dalla necessaria, specifica,
indicazione delle ragioni proposte; di qui, sulla base del consolidato indirizzo di
questa Corte, la insussistenza di un obbligo di risposta sul punto in capo ai
giudici di appello (cfr., Sez. 5, n. 27202 del 11/12/2012, Tannoia e altro, Rv.
256314).

10. L’inammissibilità del ricorso, oltre ad impedire la rilevazione, per il periodo
successivo alla sentenza impugnata, sempre della prescrizione (cfr., Sez. U., n.
32 del 22/11/2000, De Luca, Rv. 217266), comporta la condanna della
ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro 1.000 in
favore della Cassa delle ammende.
P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle
spese processuali e della somma di denaro di euro 1.000 in favore della Cassa
delle ammende
Così deciso in Roma, 1’11 dicembre 2014.

(salvo non si tratti di subordinare a detta demolizione il beneficio della

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