Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 4939 del 11/12/2014


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Penale Sent. Sez. 3 Num. 4939 Anno 2015
Presidente: TERESI ALFREDO
Relatore: ANDREAZZA GASTONE

SENTENZA

sul ricorso proposto da : Martinetti Pierangelo, n. a Treviolo il 11/10/1947;
Campana Giuseppe, n. a Bergamo il 09/05/1952;
Rovetta Cristina, n. a Bergamo il 12/10/1969;

avverso la sentenza della Corte d’Appello di Firenze in data 25/05/2012;

udita la relazione svolta dal consigliere Gastone Andreazza;
udite le conclusioni del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore
generale U. De Augustinis, che ha concluso per l’annullamento senza rinvio per
prescrizione;
udite le conclusioni del Difensore di fiducia, Avv. P. Pecorini in sostituzione del
Difensore di fiducia, che ha chiesto l’annullamento senza rinvio per prescrizione;

RITENUTO IN FATTO

1. Martinetti Pierangelo, Campana Giuseppina e Rovetta Cristina hanno proposto
distinti ricorsi, tutti di analogo contenuto, avverso la sentenza della Corte
d’appello di Firenze che, in parziale riforma della sentenza del Tribunale di

Data Udienza: 11/12/2014

Grosseto, ha rideterminato la pena per i reati di cui agli artt. 44 lett. b) del
d.P.R. n. 380 del 2001 e 64 e 71 e 65 e 72 dello stesso d.P.R., per avere i primi
due in qualità di proprietari committenti e la terza in qualità di direttore dei
lavori, realizzato un volume seminterrato in struttura di cemento armato in
totale difformità dal permesso di costruire.
2. Con un primo e secondo motivo i ricorrenti lamentano la violazione degli artt.

censurando il ragionamento eccessivamente formalistico della Corte territoriale
che, in relazione al permesso di sanatoria, ha escluso la estinzione dei reati a
fronte della insussistenza del requisito della doppia conformità; tale
interpretazione contrasterebbe con il principio di legalità e di efficienza che deve
ispirare l’agire pubblico, dovendo quindi optarsi per una interpretazione
sostanziale dell’art. 36 del d.P.R. cit.
3.

Con un terzo motivo lamentano poi la contraddittorietà interna della

motivazione posto che, pur avendo in principio ritenuto i motivi di appello
infondati, ha poi ritenuto insussistente il reato contestato al capo B e deduce
inoltre illogicità e incoerenza quanto alla interpretazione dei singoli interventi
posti in essere, tra cui la divisione spaziale in due rami comunicanti, il
seminterrato, la porta di accesso ai vani e le assi in legno.
4. Con un quarto motivo lamentano infine l’errata applicazione della I. n. 251 del
2005; premesso che la Corte territoriale ha assolto gli imputati dall’imputazione
di cui al capo B affermando come dimostrato l’inizio dei lavori in data
11/10/2005, deducono la necessità di applicare il regime di prescrizione più
favorevole tenuto conto della solo successiva entrata in vigore della legge di
modifica della prescrizione; di qui la conclusione che il giudice d’appello avrebbe
potuto dichiarare estinto il reato per intervenuta prescrizione.

CONSIDERATO IN DIRITTO

5. Il primo e secondo motivo sono manifestamente infondati.
Secondo quanto previsto dall’art.36 del d.P.R. cit., presupposto per l’ottenimento
del permesso in sanatoria è che l’intervento risulti conforme alla disciplina
urbanistica ed edilizia vigente sia al momento della realizzazione dello stesso sia
al momento della presentazione della domanda. Conseguentemente questa Corte
ha costantemente escluso la possibilità della cosiddetta sanatoria condizionata,
caratterizzata dal fatto che i suoi effetti vengono subordinati alla esecuzione di
specifici interventi aventi lo scopo di far acquisire alle opere il requisito della
conformità alla disciplina urbanistica ed edilizia che non posseggono. Inoltre, il
2

36 e 45 del d.P.R. n. 380 del 2001 nonché la motivazione insufficiente

rilascio del provvedimento consegue ad un’attività vincolata della RA.,
consistente nell’applicazione alla fattispecie concreta di previsioni legislative ed
urbanistiche a formulazione compiuta e non elastica, che non lasciano
all’Amministrazione medesima spazi per valutazioni di ordine discrezionale (cfr.,
tra le altre, Sez.3, n. 39895 del 28/05/2013, Pellegrini e altro, Rv. 257682; Sez.
3, n. 19587 del 27/04/2011, Montini e altro, Rv. 250477; Sez. 3, n. 23726, del

RM. in proc. Rubechi, Rv. 238020; Sez.3, n. 48499 del 1 3/1 1/2003, RM. contro
Dall’Oro, Rv. 226897; Sez.3, n. 10601 del 30/05/2000, Marinaro ed altro, Rv.
217577).
Per le stesse ragioni questa Corte ha del resto parimenti escluso l’ammissibilità
di una sanatoria parziale, dovendo l’atto abilitativo postumo contemplare gli
interventi eseguiti nella loro integrità (da ultimo, Sez. 3, n. 19587 del
27/04/2011, Montini e altro, cit.).
Correttamente dunque la Corte territoriale, facendo applicazione dei principi
appena ricordati, ha escluso ogni effetto estintivo discendente dalla sanatoria
subordinata alla previa trasformazione effettiva in fondazione del volume
seminterrato.

6. Il terzo motivo è inammissibile. Nessuna contraddizione è, evidentemente,
ravvisabile nella motivazione della sentenza per il fatto che la Corte abbia
pronunciato, per il reato di cui agli artt. 94 e 95 del d.P.R. n. 380 del 2001,
assoluzione, così riformando la sentenza di primo grado, e invece confermato la
stessa sentenza con riferimento ai residui reati. Quanto poi alle considerazioni
riguardanti le ragioni e la funzione degli interventi posti in essere, il ricorso
appare generico, non venendo alle stesse ricollegata alcuna specifica censura
incidente sulla tenuta logica e motivazionale della sentenza impugnata.
7. Il quarto motivo, infine, è manifestamente infondato; la circostanza, posta in
rilievo dai ricorrenti, che la sentenza abbia affermato essere iniziati i lavori in
data 11/10/2005 non comporta affatto che, in tale data, i lavori siano anche
terminati, restando quindi rilevante, anche ai fini della individuazione della
disciplina della prescrizione applicabile, in assenza di elementi indicativi, da parte
dell’interessato, della consumazione del reato in una data anteriore (cfr., Sez.3,
n. 19082 del 24/03/2009, Cusati, Rv. 243765), la data di accertamento di cui
all’imputazione del 25/07/2007.
Ne consegue che i reati si sono prescritti, tenuto conto delle sospensioni
intervenute per un complessivo periodo pari a centosei giorni, in data
08/11/2012 e, dunque, solo successivamente alla sentenza impugnata.
3

24/02/2009, Peloso ed altro, non massimata; Sez.3, n. 41567 del 04/10/2007,

8. Il ricorso va pertanto dichiarato inammissibile, ciò che, da un lato, preclude
l’apprezzamento della prescrizione maturata, come appena visto,
successivamente alla sentenza impugnata, stante il non istauratosi rapporto
processuale (Sez. U., n.32 del 22/11/2000, De Luca, Rv. 217266) e, dall’altro,
comporta la condanna dei ricorrenti al pagamento delle spese processuali e

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese
processuali e della somma di euro 1.000 in favore della Cassa delle ammende.

Così deciso in Roma, 1’11 dicembre 2014.

della somma di denaro di euro 1.000 in favore della Cassa delle ammende.

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