Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 4938 del 11/12/2014


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Penale Sent. Sez. 3 Num. 4938 Anno 2015
Presidente: TERESI ALFREDO
Relatore: ANDREAZZA GASTONE

SENTENZA

sul ricorso proposto da :
Mbaye Abdou Khadre, n. a Dakar (Senegal) il
06/09/1975;

avverso la sentenza della Corte d’Appello di Lecce in data 30/01/2014;

udita la relazione svolta dal consigliere Gastone Andreazza;
udite le conclusioni del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore
generale U. De Augustinis, che ha concluso per l’inammissibilità;
udite le conclusioni del Difensore di fiducia, Avv. Fea, in sostituzione del
Difensore di fiducia, Avv. M. Colella, che ha chiesto l’accoglimento;

RITENUTO IN FATTO

1. Mbaye Abdou Khadre ha proposto ricorso avverso la sentenza della Corte
d’Appello di Lecce che, in parziale riforma della sentenza del Tribunale di Brindisi
(che aveva pronunciato condanna per i reati di cui agli articoli 474 c.p. e 648„
comma 2, c.p. in relazione alla detenzione per la vendita di merce riproducente

Data Udienza: 11/12/2014

marchi contraffatti), riqualificando nel reato di cui all’art. 171, comma 1, lett. a,
I.n. 633 del 1941 la detenzione per la vendita di cinture riproducenti personaggi
della Walt Disney, ha ridotto la pena a mesi uno e giorni venticinque di
reclusione ed euro 200 di multa confermando nel resto la sentenza appellata.

2. Con un primo motivo lamenta la violazione dell’art. 530 c.p.p. in relazione al

che, con l’atto d’appello, si era lamentata la carenza di prova in ordine alla
registrazione dei marchi contraffatti con riguardo a tutti i prodotti oggetto di
sequestro e non solo alle cinture, anche la intervenuta riqualificazione avrebbe
richiesto indagini specifiche volte a verificare gli esatti termini di tutela del diritto
d’autore assunto come violato. Benché il collegio avrebbe dovuto individuare
correttamente l’autore dell’opera indebitamente diffusa, individuare l’eventuale
violazione dei diritti morali e individuare l’eventuale violazione dei diritti
economici anche con riferimento all’attualità degli stessi, nessuno di tali
accertamenti è stato effettuato avendo il Tribunale ricondotto le immagini di
fantasia riprodotte sulle cinture tutte ed indistintamente sotto la tutela del diritto
d’autore attribuito inspiegabilmente alla Walt Disney. In sostanza, nessuna
indagine è stata effettuata per verificare se la riproduzione dei personaggi in
questione (Hallo Kitty, Super Chicche e Betty Boop) fosse o meno autorizzata.
Lamenta inoltre la mancata verifica, preliminare ed imprescindibile, tesa ad
accertare l’effettiva riproduzione fedele delle immagini di fantasia sui beni
sequestrati.
Anche con riguardo al reato di cui all’art. 474 c.p. non risulta da alcun atto
istruttorio né dalle sentenze impugnate in cosa sia consistita la contraffazione, in
quale modo sia stata accertata, quali elementi del prodotto abbia interessato,
quali elementi del marchio originale siano stati riprodotti e se i marchi siano stati
falsificati integralmente o solo parzialmente; nessun raffronto tra marchio
riprodotto e originale è stato effettuato, né è risultato che i marchi siano stati
registrati conformemente alle norme delle leggi interne, dei regolamenti
comunitari e delle convenzioni internazionali.

3.

Con un secondo motivo lamenta la illogicità e la contraddittorietà della

motivazione in ordine alla sussistenza del reato di ricettazione pur in assenza di
qualsivoglia prova dell’acquisto della merce in questione, avendo infatti la
sentenza ritenuta provata la ricettazione pur ritenendo realisticamente possibile
che l’imputato abbia concorso alla contraffazione dei prodotti sequestrati per il
solo fatto di non avere egli giustificato in alcun modo il possesso illecito. Tale
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difetto probatorio e alla motivazione assente, illogica e contraddittoria. Premesso

motivazione si fonda dunque, sostanzialmente, sull’implicito presupposto che
l’imputato abbia un obbligo di collaborazione con gli inquirenti, in realtà non
previsto da alcuna norma.

4. Va anzitutto ritenuto, rientrando nei poteri di cognizione officiosa di questa
Corte la corretta qualificazione giuridica del fatto ed essendo in ogni caso ciò
desumibile anche, in parte, dalle argomentazioni esposte con il primo motivo,
che, con riferimento all’addebito sub a), anche la condotta di vendita della merce
riproducente personaggi della Walt Disney, ricollegata dalla Corte territoriale alla
previsione normativa di cui all’art. 171, comma 1, lett. a), debba invece essere
più correttamente inquadrata, come da originaria contestazione, nell’ambito della
fattispecie dell’ art. 474 c.p. ravvisata dalla stessa Corte con riguardo a tutte le
restanti condotte.
Va infatti osservato che la condotta ritenuta penalmente rilevante è consistita
nell’avere posto in vendita merce riproducente per disegno, forma e dicitura,
marchi contraffatti, per tali dovendosi intendere anche quei prodotti che
costituiscono essi stessi segni distintivi del produttore per la notorietà raggiunta
dal prodotto medesimo; e questa Corte ha recentemente ribadito che nel
concetto di marchio penalmente tutelabile ben può ricomprendersi l’insieme dei
segni, tra cui anche il “disegno” originale di una immagine o di personaggio di
fantasia (assolutamente unico e capace di descrivere e distinguere il prodotto fra
tutti quelli dello stesso genere immessi sul mercato); pertanto, integralmente
replicato e trasferito tale personaggio, o tale immagine, nella sua configurazione
emblematica e denominativa, nel prodotto seriale contraffatto, la sua
introduzione nel mercato per scopi commerciali non può certo dirsi estranea alla
previsione dell’art. 474 c.p.. Anche in tali ipotesi, infatti, la contraffazione “per
riproduzione” può ben rendersi particolarmente insidiosa, mettendo in
discussione la fede pubblica in ordine alla genuinità dei segni distintivi, in quanto
i disegni o le riproduzioni di immagini e personaggi di fantasia, per la larghissima
notorietà e diffusione, risultano inconfondibili con altri e finiscono con
l’identificare essi stessi i marchi delle case che li producono in via esclusiva (cfr.,
da ultimo, Sez. 2, n. 26043 del 2005; Sez. 5, n. 25147 del 2005 Rv. 231894;
Sez. 5, n. 25147 del 2005 Ry.231894; Sez. 5, n. 27032 del 2004, Rv. 229121).
L’immagine riprodotta è poi essa stessa l’elemento di maggior richiamo visivo;

CONSIDERATO IN DIRITTO

ne consegue che ai fini della configurabilità del reato di cui all’art. 474 c.p., non
è necessario che, accanto alla riproduzione dell’immagine (ancorché non fedele
ma espressiva di una forte similitudine), sia riprodotto anche il nome del
personaggio di fantasia (cfr. Sez. 5, n. 25147 del 2005 Rv. 231894), o del
marchio” (Sez. 2, n. 40572 del 21/05/2013,).
In sostanza, nella specie, si è in presenza non della mera riproduzione di

del diritto di autore, ma della contraffazione di veri e propri marchi di fabbrica
attestanti una determinata provenienza dei prodotti sui quali essi sono stati
applicati.

5. Tanto premesso, e ricondotte dunque tutte le condotte contestate nell’ambito
della previsione normativa dell’art. 474 c.p., il ricorso appare fondato anzitutto
quanto al primo motivo.
In particolare, con i motivi aggiunti di appello si era lamentato non avere la
sentenza di primo grado spiegato in cosa fosse consistita la contraffazione e in
quale modo la stessa fosse stata accertata anche mediante il raffronto tra
marchio originale e marchio riprodotto; ciononostante, la sentenza impugnata,
limitando il proprio esame all’aspetto della “messa in vendita” e alla esclusione
del falso grossolano, ha omesso del tutto di argomentare su tali preliminari
profili, evidentemente necessari in quanto incidenti sugli stessi elementi
costitutivi del reato.
Tale lacuna si riflette poi, a ben vedere, anche sull’ulteriore reato di ricettazione
contestato al capo b) e per il quale la Corte territoriale ha ritenuto la sussistenza,
evidentemente escludendo che l’imputato abbia potuto, apponendo
personalmente le griffes sulle cinture e sui borselli, operare direttamente la
contraffazione, senza tuttavia che una tale valutazione poggi appunto, come
sarebbe stato logicamente necessario, sulla verifica dei caratteri di una tale
contraffazione e sulla sua, più o meno facile, praticabilità; sicché anche il
secondo motivo, con il quale si è lamentata la intervenuta condanna per il reato
di ricettazione sulla base di un’assiomatica esclusione della condotta di diretta
contraffazione da parte dello stesso imputato, per di più ricollegata al preteso
inadempimento di un onere di spiegazioni incombente sull’interessato, appare
fondato.
Va invece ricordato, quanto alle restanti censure relative alla mancata prova dela
registrazione dei marchi, che ai fini della sussistenza del delitto previsto dall’art.
474 c.p., allorché si tratti di marchio di larghissimo uso e di incontestata
utilizzazione da parte delle relative società produttrici, non è richiesta la prova
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personaggi di fantasia creati dalla Walt Disney, e, dunque, della mera violazione

della sua registrazione, gravando in tal caso l’onere di provare la insussistenza
dei presupposti per la sua protezione su chi tale insussistenza deduce (cfr.,
Sez.5, n. 5215/14 del 24/10/2013, Ngom, Rv. 258673).

6. La sentenza impugnata va dunque annullata con rinvio ad altra sezione della
Corte d’Appello di Lecce per nuovo esame da condurre sulla base dei rilievi di cui

P.Q.M.

Riqualificato il fatto di cui al capo a) ex art.474 limitatamente alle cinture
riproducenti personaggi della Walt Disney, annulla la sentenza impugnata con
rinvio ad altra sezione della Corte d’Appello di Lecce.

Così deciso in Roma, 1’11 dicembre 2014.

sopra.

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