Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 4937 del 11/12/2014


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Penale Sent. Sez. 3 Num. 4937 Anno 2015
Presidente: TERESI ALFREDO
Relatore: RAMACCI LUCA

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
CRISTIANO FRANCESCO N. IL 02/12/1961
avverso la sentenza n. 11866/2012 CORTE APPELLO di NAPOLI, del
26/06/2013
visti gli atti, la sentenza e il ricorso
udita in PUBBLICA UDIENZA del 11/12/2014 la relazione fatta dal
Consigliere Dott. LUCA RAMACCI
Udito il Procuratore Generale in persona del Dott. O. D, .5k
che ha concluso per £ (.ae.c.z.i2..e.zae.
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Udito, per la parte civile, l’Avv
Udit i difensor Avv.

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Data Udienza: 11/12/2014

RITENUTO IN FATTO

1. La Corte di appello di Napoli, con sentenza del 26.6.2013 ha confermato la
decisione con la quale, in data 29.10.2012, il Giudice dell’udienza preliminare del
Tribunale di quella città aveva affermato la responsabilità penale di

Francesco

CRISTIANO per i reati di cui agli articoli 73 d.P.R. 309\90 e 455 cod. pen. (fatti

Avverso tale pronuncia il predetto ha proposto personalmente ricorso per
cassazione.

2. Con un primo motivo di ricorso deduce il vizio di motivazione in relazione
alla determinazione della pena, effettuata senza considerare la piena confessione
della detenzione dello stupefacente (hashish e cocaina) per la cessione a terzi,
che avrebbe giustificato la concessione delle attenuanti generiche nella loro
massima estensione.

3. Con un secondo motivo di ricorso lamenta alla mancata assoluzione per la
detenzione delle banconote false, rispetto alle quali non era stato effettuato
alcun accertamento, cosicché non poteva escludersi la sussistenza di un falso
grossolano.

4. Con un terzo motivo di ricorso denuncia il travisamento della prova in
ordine al mancato riconoscimento delle attenuanti generiche per il reato di cui
all’art. 455 cod. pen.

5. Rileva infine, con un quarto motivo di ricorso la contraddittorietà della
motivazione in relazione al mancato riconoscimento del vincolo della
continuazione tra i reati contestati.

5. Il ricorso, originariamente assegnato alla Settima Sezione Penale di questa
Corte, all’udienza del 6.6.2014 veniva rimesso a questa Terza Sezione ai sensi
dell’art. 610, comma 1, ultima parte cod. proc. pen.
In data 19.11.2014 ha depositato in cancelleria motivi nuovi, deducendo la
violazione di legge ed il vizio di motivazione in punto di mancata applicazione
della continuazione tra i reati.

1

accertati in Pozzuoli, il 28/10/2011).

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il ricorso è solo parzialmente fondato.
Occorre rilevare, con riferimento al primo motivo di ricorso, che lo stesso non

Il giudice, nel quantificare la pena, opera una valutazione complessiva sulla
base dei criteri direttivi fissati dall’articolo 133 cod. pen. e la determinazione
della misura tra il minimo e il massimo edittale rientra nell’ampio potere
discrezionale attribuito al giudice di merito, che risulta legittimamente esercitato
anche attraverso la globale considerazione degli elementi indicati nella
richiamata disposizione (v. Sez. 4, n. 41702 del 20/09/2004, Nuciforo, Rv.
230278).
Nella fattispecie, risulta che il giudice del merito ha valorizzato il dato
ponderale degli stupefacenti rinvenuti, in diversa tipologia, la suddivisione in
singole dosi e la non occasionalità del fatto. La Corte territoriale pone anche in
evidenza l’esaustiva motivazione del primo giudice in ordine alla decisione di
discostarsi, nella quantificazione della pena, dal minimo edittale.
Per ciò che riguarda, in particolare, la confessione che il ricorrente assume
piena e non parziale, deve rilevarsi che non è consentita un’autonoma
valutazione, in questa sede di legittimità, dei contenuti delle dichiarazioni rese in
sede di convalida dell’arresto e documentate nel verbale allegato in copia al
ricorso i cui contenuti i giudici hanno comunque considerato senza incorrere in
vizi logici evidenti ed, in ogni caso, valorizzando anche la natura non decisiva
delle dichiarazioni stesse a fronte dell’evidenza della prova conseguente al
sequestro.

2. Quanto al secondo motivo di ricorso, si osserva che, per ciò che concerne
la detenzione delle banconote, la Corte ha adeguatamente indicato gli elementi
fattuali sulla base dei quali ha ritenuto la sussistenza del reato, rilevando, tra
l’altro, che le stesse, pur palesemente false, comunque non consentivano a chi le
avesse eventualmente ricevute di rendersi immediatamente conto della falsità.
È dunque evidente l’infondatezza del motivo di ricorso appena esaminato.

3. A conclusioni analoghe deve pervenirsi per ciò che concerne il terzo
motivo di ricorso.

2

è meritevole di accoglimento.

Secondo la giurisprudenza di questa Corte Suprema, il riconoscimento di
circostanze attenuanti generiche è rimesso al potere discrezionale del giudice di
merito, il cui esercizio deve essere motivato nei soli limiti atti a far emergere in
misura sufficiente il pensiero dello stesso giudice circa l’adeguamento della pena
concreta alla gravità effettiva del reato ed alla personalità del reo.
Nella fattispecie in esame, il giudice di merito, nel corretto esercizio del
potere discrezionale riconosciutogli in proposito dalla legge, ha dato rilevanza
decisiva al comportamento tenuto dall’imputato, il quale avrebbe negato

relazione al valore nominale delle banconote.
Sul punto, dunque, la sentenza impugnata non presenta cedimenti logici o
manifeste contraddizioni.

4. Non altrettanto può dirsi, invece, per ciò che concerne il quarto motivo di
ricorso.
La sentenza impugnata, nel negare la sussistenza del vincolo della
continuazione tra i reati contestati, pone sostanzialmente in evidenza
l’inesistenza di un disegno criminoso unitario, che non ravvisa «[…]sulla sola
base del contesto spazio – temporale di rinvenimento delle distinte res illecite»,
precisando altresì che «[…]ciò che difetta, nella epifania della condotta criminosa
oggetto di giudizio, è la identificazione di un lucido disegno unitario presente già
nel momento iniziale delle distinte detenzioni».
In precedenza, tuttavia, viene rilevato dai giudici del gravame che la
detenzione delle banconote false risultava finalizzata, come dimostrato dalle
modalità di custodia, alla cessione delle stesse in occasione di traffici di
stupefacenti.
Tale affermazione si pone evidentemente in contraddizione con quanto
sostenuto per negare la sussistenza della continuazione e non consente,
comunque, di ritenere pacificamente esistente un rapporto di mera occasionalità
tra i fatti accertati.
Tale evenienza richiede pertanto un nuovo e più articolato esame, sul punto,
da parte del giudice del merito.
La sentenza impugnata deve conseguentemente essere annullata con rinvio.

3

l’evidenza del fatto, mentre la quantificazione della pena è stata giustificata in

P.Q.M.

Annulla la sentenza impugnata, limitatamente alla continuazione, con rinvio
ad altra Sezione della Corte di appello di Napoli.
Rigetta nel resto il ricorso.

Così deciso in data 11.12.2014

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