Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 4936 del 11/12/2014


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Penale Sent. Sez. 3 Num. 4936 Anno 2015
Presidente: TERESI ALFREDO
Relatore: ANDREAZZA GASTONE

SENTENZA

sul ricorso proposto da :
Genchi Maria, n. a Cernusco sul Naviglio il 02/11/1971;

avverso la sentenza della Corte d’Appello di Bologna in data 14/05/2013;

udita la relazione svolta dal consigliere Gastone Andreazza;
udite le conclusioni del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore
generale U. De Augustinis, che ha concluso per l’annullamento con rinvio quanto
al primo motivo;

RITENUTO IN FATTO

1. Genchi Maria ha proposto ricorso avverso la sentenza della Corte d’appello di
Bologna che ha confermato la sentenza del Tribunale di Bologna di condanna per
il reato di cui all’art. 73, comma 5, del d.P.R. n. 309 del 1990 relativamente alla
condotta di detenzione ripetuta e di cessione ad altri di sostanza stupefacente
eroina.

Data Udienza: 11/12/2014

2. Con un primo motivo la ricorrente lamenta che la sentenza di primo grado non
ha esplicitato la pena irrogata per ciascuno dei reati ascritti in osservanza delle
norme sulla continuazione senza che la Corte d’appello abbia compiuto alcuna
considerazione in merito, né è stato individuato il reato più grave e quantificati i
singoli aumenti.

Con un secondo motivo lamenta il vizio di motivazione in ordine alla

prospettazione difensiva del ruolo defilato ricoperto dall’imputata senza che si sia
tenuto conto in concreto dello flessibilità delle singole condotte, meritevoli della
pena nel minimo edittale.

CONSIDERATO IN DIRITTO

4. Il primo motivo è inammissibile ex art. 606, comma 3, c.p.p. in quanto non
proposto, in precedenza, con l’atto di appello, sicché la Corte territoriale non era
tenuta a dare alcuna risposta in merito.

5. Il secondo motivo è manifestamente infondato avendo la sentenza impugnata
correttamente valorizzato, ex art.133 c.p., al fine del trattamento sanzionatorio,
i plurimi precedenti dell’imputata per furto, evasione e in materia di stupefacenti,
elementi tutti legittimamente considerati prevalenti sulle considerazioni svolte in
ricorso circa il ruolo defilato rivestito.

6. Il ricorso deve essere dunque dichiarato inammissibile; l’inammissibilità del
ricorso, oltre ad impedire la formazione di un valido rapporto di impugnazione
con conseguente preclusione della possibilità di rilevare e dichiarare, a norma
dell’art. 129 c.p.p., le cause di non punibilità, e segnatamente, la prescrizione
del reato, quand’anche maturata anteriormente alla sentenza impugnata (Sez.
U., n.23428 del 22/03/2005, Bracale, Rv. 231164), comporta la condanna della
ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro 1.000 in
favore della Cassa delle ammende.

P.Q.M.

2

3.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle
spese processuali e della somma di euro 1.000 in favore della Cassa delle
ammende.

Così deciso in Roma, 1’11 dicembre 2014.

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