Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 4933 del 27/11/2014


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Penale Sent. Sez. 3 Num. 4933 Anno 2015
Presidente: FIALE ALDO
Relatore: MENGONI ENRICO

SENTENZA

sul ricorso proposto da
Casa Claudio Salvador, nato a San Isídro (Argentina) il 18/7/1958

avverso la sentenza pronunciata dalla Corte di appello di Napoli in data
8/11/2013
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
sentita la relazione svolta dal consigliere Enrico Mengoni;
sentite le conclusioni del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto
Procuratore generale Fulvio Baldi, che ha chiesto dichiararsi inammissibile il
ricorso;

RITENUTO IN FATTO

1. Con sentenza dell’8/11/2013, la Corte di appello di Napoli confermava la
pronuncia emessa dal Tribunale di Torre Annunziata il 7/2/2012, con la quale
Claudio Salvador Casa era stato condannato alla pena dì otto mesi di reclusione,
condizionalmente sospesa, in ordine al delitto di cui all’art. 181, comma 1-bis, d.

Data Udienza: 27/11/2014

Igs. 22 gennaio 2004, n. 42; allo stesso era contestato di aver eseguito opere su
area sottoposta a vincolo, in difetto di autorizzazione ambientale.
2. Propone ricorso per cassazione il Casa, a mezzo del proprio difensore,
indicando due motivi:
– mera apparenza, contraddittorietà e genericità della motivazione. La Corte
di appello avrebbe steso una motivazione del tutto apparente e generica, in
ordine sia alla responsabilità del Casa, sia alla configurabilità del reato ascritto,
limitandosi ad un rinvio per relationem, peraltro implicito, alla sentenza di primo

– inosservanza o erronea applicazione dell’art. 181, comma 1-bis citato. Il
Casa sarebbe stato condannato in forza della mera condizione di comproprietario
dell’immobile oggetto di intervento, senza alcuna valutazione di elementi
ulteriori, a muover dal necessario profilo doloso; ne deriverebbe una pronuncia
basata sul discutibile sillogismo “proprietario uguale contravventore”, del tutto
disancorato da emergenze probatorio. Quanto poi all’opera realizzata, la Corte
ne avrebbe dichiarato il carattere abusivo in assenza di ogni motivazione e,
soprattutto, senza verificare che trattasi di un modestissimo intervento di
modifica, da qualificare come restauro migliorativo o mero ampliamento di
immobile preesistente; tale, quindi, non presentare alcun “nuovo impatto
ambientale”.

CONSIDERATO IN DIRITTO
3. Il ricorso è manifestamente infondato.
Con riguardo al primo motivo, già peraltro oggetto dell’ap pello, questa C9r;te
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ha ripetutamente affermato che, in tema di reati edilizi’ a responsabilità deg l
proprietario o comproprietario non committente non può essere oggettivamente
dedotta dal diritto sul bene né può essere configurata come responsabilità
omissiva per difetto di vigilanza, attesa l’inapplicabilità dell’art. 40, secondo
comma, cod. pen., ma dev’essere dedotta da indizi ulteriori rispetto all’interesse
insito nel diritto di proprietà, idonei a sostenere la sua compartecipazione, anche
morale, al reato (Sez. 3, n. 44202 del 10/10/2013, Menditto, Rv. 275625). In
particolare, si è evidenziato che questa responsabilità può dedursi da elementi
quali la piena disponibilità della superficie edificata, l’interesse alla
trasformazione del territorio, i rapporti di parentela o affinità con l’esecutore del
manufatto, la presenza e la vigilanza durante lo svolgimento dei lavori, il
deposito di provvedimenti abilitativi (anche in sanatoria), la fruizione
dell’immobile secondo le norme civilistiche sull’accessione, nonché tutti quei
comportamenti (positivi o negativi) da cui possano trarsi elementi integrativi

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grado;

della colpa e prove circa la compartecipazione – anche morale – alla realizzazione
del fabbricato (Sez. 3, n. 25669 del 30/5/2012, Zeno, Rv. 253065; Sez. 3, n.
15926 del 24/2/2009, Damiano, Rv. 243467); una responsabilità, dunque, che
può essere desunta da elementi oggettivi di natura indiziaria e la cui valutazione
si sottrae al sindacato di legittimità, se congruamente motivata.
Ciò premesso, la Corte di appello ha individuato proprio taluni dei parametri
citati, ed in forza di questi ha dedotto la responsabilità del comproprietario Casa
in ordine agli abusi compiuti: in particolare, la sentenza evidenzia – oltre alla

coimputata Maria Sepe, giudicata separatamente, e la presentazione – ad opera
dello stesso ricorrente – di un’istanza di condono relativa ad altre opere abusive,
precedentemente realizzate.
Trattasi, a parere della Corte, di una motivazione adeguata e priva di vizi
logici, con la quale la stessa si è conformata ai principi di diritto sopra richiamati
e, pertanto, non può essere censurata in questa sede; laddove, peraltro, il
ricorrente non ha individuato alcun elemento di segno contrario (ad esempio,
rapporto di coniugio non accompagnato da convivenza), né ha contestato gli
obiettivi indizi menzionati, ma si è limitato a richiamare l’insufficienza della sola
qualifica di proprietario.
4. Anche il secondo motivo è infondato.
Ed invero, dietro l’apparenza di una violazione ex art. 606, comma 1, lett.
b), cod. proc. pen., il ricorrente richiede a questa Corte un’inammissibile nuova
valutazione delle risultanze istruttorie, in specie con riguardo alle caratteristiche
dell’opera realizzata (natura, dimensioni, impatto ambientale). In tal senso,
quindi, la censura non può essere esaminata dal Collegio di legittimità, risultando
peraltro già affrontata – ed adeguatamente risolta – dalla Corte di merito; la
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quale ha evidenziato come l’intervento fosse comunque privo err-cre rw-em-mteererrefry
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paFal,tre in zona sottoposta a vincolo, e, pertanto, di carattere abusivo.
Il ricorso, pertanto, deve essere dichiarato inammissibile. Alla luce della
sentenza 13 giugno 2000, n. 186, della Corte costituzionale e rilevato che, nella
fattispecie, non sussistono elementi per ritenere che «la parte abbia proposto il
ricorso senza versare in colpa nella determinazione della causa di
inammissibilità», alla declaratoria dell’inammissibilità medesima consegue, a
norma dell’art. 616 cod. proc. pen., l’onere delle spese del procedimento nonché
quello del versamento della somma, in favore della Cassa delle ammende,
equitativamente fissata in euro 1.000,00.

3

IL

condizione di comproprietario dell’immobile – il rapporto di coniugio con la

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle
spese processuali e della somma di Euro 1.000,00 in favore della Cassa delle
ammende.
Così deciso in Roma, il 27/11/2014

liere estensore

Il Presidente

Il C

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