Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 4932 del 27/11/2014


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Penale Sent. Sez. 3 Num. 4932 Anno 2015
Presidente: FIALE ALDO
Relatore: MENGONI ENRICO

SENTENZA

sul ricorso proposto da
Cannone Carmelo, nato a Milazzo il 10/1/1970

avverso la sentenza pronunciata dalla Corte di appello di Messina in data
4/4/2014;
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
sentita la relazione svolta dal consigliere Enrico Mengoni;
sentite le conclusioni del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto
Procuratore generale Fulvio Baldi, che ha chiesto il rigetto del ricorso;

RITENUTO IN FATTO

1. Con sentenza del 21/5/2013, pronunciata con rito abbreviato, il Giudice
per l’udienza preliminare presso il Tribunale di Barcellona Pozzo di Gotto
dichiarava Carmelo Cannone colpevole dei reati ascrittigli – plurimi episodi di
cessione di stupefacente, riuniti sotto il vincolo della continuazione – e lo
condannava alla pena di quattro anni, due mesi di reclusione e 20.000 euro di
multa.

Data Udienza: 27/11/2014

2. Con sentenza del 4/4/2014, la Corte di appello di Messina, in parziale
riforma, dichiarava non doversi procedere con riguardo al reato di cui al capo e),
perché già giudicato con sentenza irrevocabile; nondimeno, lo stesso reato era
riunito in continuazione con gli altri, così determinandosi la pena complessiva in
quattro anni, un mese venticinque giorni di reclusione e 19.800 euro di multa.
3.

Propone ricorso per cassazione il Cannone, a mezzo del proprio

difensore, deducendo due motivi:
– violazione di legge, mancanza ed illogicità della motivazione con riguardo

riunendo in continuazione con gli altri il reato di cui al capo e), per il quale era
stata riconosciuta in altra sede l’ipotesi di lieve entità, non ha fatto altrettanto
con le ulteriori fattispecie giudicate, per le quali la medesima attenuante è stata
negata; ciò, peraltro, con una motivazione apparente, meramente ripetitiva di
quella di primo grado ed in contrasto con la giurisprudenza di legittimità sul
punto;
– violazione di legge, contraddittorietà ed illogicità della motivazione in
ordine alle circostanze attenuanti generiche; la Corte, infatti, le avrebbe negate
con considerazioni inadeguate e non argomentate.

CONSIDERATO IN DIRITTO

4. Il ricorso è manifestamente infondato.
Con riguardo al primo motivo, occorre innanzitutto ribadire che il controllo
del giudice di legittimità sui vizi della motivazione attiene alla coerenza
strutturale della decisione di cui si saggia l’oggettiva tenuta sotto il profilo logicoargomentativo, restando preclusa la rilettura degli elementi di fatto posti a
fondamento della decisione e l’autonoma adozione di nuovi e diversi parametri di
ricostruzione e valutazione dei fatti (tra le varie, Sez. 3, n. 12110 del 19.3.2009,
Campanella, n. 12110, Rv. 243247). Si richiama, sul punto, il costante indirizzo
di questa Corte in forza del quale l’illogicità della motivazione, censurabile a
norma dell’art. 606, comma 1, lett e), cod. proc. pen., è soltanto quella
evidente, cioè di spessore tale da risultare percepibile ictu ocull; ciò in quanto
l’indagine di legittimità sul discorso giustificativo della decisione ha un orizzonte
circoscritto, dovendo il sindacato demandato alla Corte di cassazione limitarsi,
per espressa volontà del legislatore, a riscontrare l’esistenza di un logico
apparato argomentativo, senza possibilità di verifica della rispondenza della
motivazione alle acquisizioni processuali (Sez. U., n. 47289 del 24/9/2003,
Petrella, Rv. 226074).

2

all’art. 73, comma 5, d.P.R. 9 ottobre 1990, n. 309. La Corte di appello, pur

In altri termini, il controllo di legittimità sulla motivazione non attiene

alla

ricostruzione dei fatti né all’apprezzamento del giudice di merito, ma è limitato
alla verifica della rispondenza dell’atto impugnato a due requisiti, che lo rendono
insindacabile: a) l’esposizione delle ragioni giuridicamente significative che lo
hanno determinato; b) l’assenza di difetto o contraddittorietà della motivazione o
di illogicità evidenti, ossia la congruenza delle argomentazioni rispetto al fine
giustificativo del provvedimento. (Sez. 2, n. 21644 del 13/2/2013, Badagliacca e
altri, Rv. 255542; Sez. 2, n. 56 del 7/12/2011, dep. 4/1/2012, Siciliano, Rv,

Se questa, dunque, è l’ottica ermeneutica nella quale deve svolgersi il
giudizio della Suprema Corte, le censure che il ricorrente rivolge al
provvedimento impugnato si evidenziano come manifestamente infondate.
Ed invero, la Corte di appello motiva in maniera adeguata, diffusa e priva di
vizi logici in ordine al diniego dell’ipotesi di cui all’art. 73, comma 5, d.P.R. n.
309 del 1990 (oggi fattispecie autonoma, giusta d. I. 20 marzo 2014, n. 36,
convertito, con modificazioni, dalla I. 16 maggio 2014, n. 79); in particolare, la
sentenza fa riferimento ai precedenti penali a carico del Cannone, alla sua
statura criminale, alla notevole quantità di stupefacente di cui ha regolare
disponibilità ed al numero considerevole di acquirenti “al dettaglio”, anche per
dosi modeste (come emerso nella vicenda in esame), come desunto anche dalle
intercettazioni telefoniche.
In tal modo, quindi, il Collegio di merito ha fatto buon governo del principio,
più volte affermato da questa Corte, in forza del quale in tema di sostanze
stupefacenti, ai fini della concedibilità o del diniego della circostanza attenuante
del fatto di lieve entità di cui all’art. 73, comma quinto, d.P.R. n. 309 del 1990, il
giudice è tenuto a valutare complessivamente tutti gli elementi normativamente
indicati, quindi, sia quelli concernenti l’azione (mezzi, modalità e circostanze
della stessa), sia quelli che attengono all’oggetto materiale del reato (quantità e
qualità delle sostanze stupefacenti oggetto della condotta criminosa), dovendo
conseguentemente escludere il riconoscimento dell’attenuante quando anche uno
solo di questi elementi porti a negare che la lesione del bene giuridico protetto
sia di lieve entità (per tutte, Sez. U, n. 35737 del 24/6/2010, Rico, Rv. 247911;
Sez. 4, n. 6732 del 22/12/2011, dep. 20/2/2012, Sabatino, Rv. 251942).
Orbene, a fronte di una motivazione siffatta, il ricorso – dietro l’apparente
censura di carenza od illogicità della motivazione – sollecita a questo Collegio

un\A’ Dammissibile nuovo esame delle risultanze istruttorie, con particolare
riferimento alle singole cessioni di cui ai vari capi di imputazione, ed al loro
quantitativo; in tal modo, peraltro, disattendendo del tutto le ampie ed
argomentate considerazioni della Corte sul punto, come sopra richiamate.

251760).

5. Anche il secondo motivo è infondato.
Ed invero, la sentenza contiene la motivazione – sintetica ma adeguata delle ragioni per le quali non sono state riconosciute le circostanze attenuanti
generiche: in particolare, vi è un riferimento ai «gravi» precedenti penali a carico
del Cannone. Orbene, questo argomento non può esser qualificato come illogico
e contraddittorio, come richiede il ricorrente; lo stesso, infatti, risponde al
costante principio di diritto per il quale, nel motivare il diniego della concessione
delle attenuanti generiche, non è necessario che il giudice prenda in

rilevabili dagli atti, ma è sufficiente che faccia riferimento a quelli ritenuti decisivi
o comunque rilevanti, rimanendo tutti gli altri disattesi o superati da tale
valutazione (Sez. 3, n. 28535 del 19/3/2014, Lule, Rv. 259899; Sez. 6, n. 34364
del 16/6/2010, Giovane, Rv. 248244).
Esattamente come contenuto nella sentenza impugnata.
Il ricorso, pertanto, deve essere dichiarato inammissibile. Alla luce della
sentenza 13 giugno 2000, n. 186, della Corte costituzionale e rilevato che, nella
fattispecie, non sussistono elementi per ritenere che «la parte abbia proposto il
ricorso senza versare in colpa nella determinazione della causa di
inammissibilità», alla declaratoria dell’inammissibilità medesima consegue, a
norma dell’art. 616 cod. proc. pen., l’onere delle spese del procedimento nonché
quello del versamento della somma, in favore della Cassa delle ammende,
equitativamente fissata in euro 1.000,00.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle
spese processuali e della somma di Euro 1.000,00 in favore della Cassa delle
ammende.
Così deciso in Roma, il 27/11/2014

Il Consigliere estensore

Il Presidente

considerazione tutti gli elementi favorevoli o sfavorevoli dedotti dalle parti o

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