Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 49305 del 09/10/2013
Penale Ord. Sez. 7 Num. 49305 Anno 2013
Presidente: FOTI GIACOMO
Relatore: BIANCHI LUISA
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
CICCONE VITO N. IL 24/05/1976
avverso la sentenza n. 3886/2009 GIP TRIBUNALE di SALERNO, del
09/07/2012
dato avviso alle parti;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. LUISA BIANCHI;
Data Udienza: 09/10/2013
1486/2013
Osserva:
Avverso la sentenza indicata in epigrafe, di applicazione della pena su richiesta delle
parti, ha proposto ricorso per cassazione l’imputato Ciccone Vito
deducendo la errata qualificazione giuridica dei fatti e il mancato controllo sulla
congruità della pena.
Il c.d. patteggiamento, disciplinato dagli artt. 444 e sgg cpp, è un istituto processuale
in base al quale il pubblico ministero e l’imputato si accordano sulla qualificazione
giuridica del fatto contestato, sulla concorrenza e valutazione delle circostanze e sulla
congruità della pena patteggiata.
Sulla base di tale accordo, il sindacato del giudice non ha la stessa ampiezza prevista
qualora si proceda al giudizio ma è limitato alla valutazione sull’esistenza, che deve
apparire evidente, di una delle cause di non punibilità previste dall’art. 129 cpp e ad
un giudizio di congruità sul trattamento sanzionatorio.
In particolare il giudice non deve procedere all’accertamento dei fatti nella loro
effettiva consistenza, essendo da ciò esentato proprio dall’intervenuto accordo delle
parti.
Ne consegue che non sono proponibili con il ricorso per Cassazione censure che
attengono alla concreta ricostruzione dei fatti stessi, specie ove, come nella specie,
esse risultino del tutto generiche.
Altrettanto generiche sono le censure circa il calcolo della pena, rispetto alle quali
l’imputato non considera che la pena applicata corrisponde a quella richiesta.
Alla declaratoria di inammissibilità consegue l’onere delle spese del procedimento
nonché del versamento di una somma in favore delle cassa delle ammende che, in
considerazione dei motivi dedotti, stimasi equo fissare, anche dopo la sentenza della
Corte costituzionale n.186 del 2000, in euro 1.500,00.
p.q.m.
La Corte:
– dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese
del procedimento nonché al versamento di 1.500,00 euro in favore della cassa delle
ammende.
Così deciso in Roma il 9.10.2013
Il ricorso va dichiarato inammissibile perché proposto pinmotivi non consentiti.