Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 49295 del 17/11/2015

Penale Sent. Sez. 2 Num. 49295 Anno 2015
Presidente: CAMMINO MATILDE
Relatore: PELLEGRINO ANDREA

Data Udienza: 17/11/2015

SENTENZA
Sui ricorsi rispettivamente proposti nell’interesse di
A.A.,

rappresentato e assistito
dall’avv. Laura Razetto, di fiducia,
e di
B.B.,

rappresentato e assistito
dall’avv. Cesare Cicorella, di fiducia,
avverso la sentenza della Corte d’appello di Genova, seconda sezione
penale, n. 3671/2012, in data 28.05.2013;
visti gli atti, il provvedimento impugnato ed i ricorsi;
letta la memoria difensiva depositata in data 06.11.2015
nell’interesse di B.B.;
preso atto dell’intervenuta morte del ricorrente A.A.;
preso atto della ritualità delle notifiche e degli avvisi;

1

A

sentita la relazione della causa fatta dal consigliere dott. Andrea
Pellegrino;
udita la requisitoria del Sostituto procuratore generale dott. Ciro
Angelillis che ha concluso chiedendo:
-per B.B. l’annullamento senza rinvio della sentenza impugnata
per tutti i reati ascritti ad eccezione del riciclaggio di cui al capo A),
con rideterminazione della pena;

-per A.A. l’annullamento senza rinvio della sentenza impugnata
per morte del reo;
sentita la discussione del difensore del ricorrente B.B.,
avv. Cesare Cicorella, che ha concluso chiedendo l’accoglimento del
ricorso.

RITENUTO IN FATTO

1. Con sentenza in data 18.05.2010, il Tribunale di Genova, in
composizione collegiale, dichiarava B.B. responsabile di
tutti i reati ascrittigli (capi A, B, C, D, E, F, G, H, I, 3, K, L, M, N, O, P,
Q, R, S, T, U, V, W, X, Y, Z e AA) e A.A. dei soli reati di cui
ai capi A, B, C, D, E, P, Q, R, S, T, U, V, W, X, Y, Z e AA (con
assoluzione dello stesso per i restanti capi d’imputazione comuni con
il coimputato B.B. ed il concorrente F.F. ), reati tutti
tra loro uniti dal vincolo della continuazione e ritenuto più grave il
reato di cui al capo A, li condannava alle seguenti pene:
– il B.B., ad anni sette di reclusione ed euro 4.750,00 di multa;
– il A.A., ad anni quattro, mesi nove e giorni quindici di reclusione
ed euro 3.100,00 di multa.
Alla pronuncia seguivano le pene accessorie di legge, la confisca di
denaro e documenti e la condanna generica al risarcimento dei danni
a favore della parte civile Fineco Leasing s.p.a., con provvisionale a
favore di quest’ultima.
1.1. L’istruttoria dibattimentale consentiva di accertare il seguente
modus operandi:

un soggetto si recava presso l’agenzia di una

società di leasing per formulare, sotto falso nome, una proposta
contrattuale avente ad oggetto un’autovettura precedentemente
individuata presso un autosalone di Genova o di Savona; per
identificarsi, produceva un documento d’identità (risultato

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successivamente) totalmente falso o alterato, riportante le generalità
di un soggetto realmente esistente, ma recante una fotografia
effigiante la persona del proponente; in un secondo momento, veniva
trasmessa via fax la documentazione necessaria per istruire la pratica
di leasing (una falsa dichiarazione dei redditi, un falso certificato di
attribuzione del codice fiscale, un falso certificato di residenza, tutti
intestati o comunque riferiti allo stesso nominativo riportato nel falso

documentazione veniva ottenuto il rilascio della carta di circolazione
riferita al veicolo oggetto della pratica. Una volta perfezionata
l’operazione, veniva pagata la prima maxi rata di leasing ed il
soggetto si recava in concessionaria per ritirare l’automobile; le
successive rate non venivano invece onorate alla scadenza e del
veicolo si perdeva ogni traccia.
1.2. Dalla segnalazione da parte della Polizia Stradale di Genova circa
le anomalie riscontrate in due pratiche di leasing, prendevano inizio le
indagini. Veniva così accertata la falsità dei documenti d’identità
utilizzati dai sedicenti Columbu e Zambotto e si apprendeva altresì
che il primo risultava aver perfezionato altre due operazioni di leasing
riguardanti auto di grossa cilindrata.
A seguito della scoperta in data 03.10.2005 che il sedicente Zambotto
in data 30.09.2005 aveva formulato all’indirizzo della Ge Capital
Servizi Finanziari s.p.a. un’ulteriore proposta di leasing in relazione
ad un’autovettura da ritirare presso la concessionaria Gecar s.p.a., gli
agenti operanti predisponevano un servizio di appostamento per il
05.10.2005 ove sopraggiungevano, a bordo di due auto diverse, tre
soggetti, successivamente identificati per B.B., A.A. e F.F.
trovati in possesso di documenti falsi intestati a Zambotto Ivano.
2. Avverso detta sentenza, proponevano appello i difensori del
B.B. e del A.A. e proponeva appello incidentale il Procuratore
generale della Repubblica presso la Corte d’appello di Genova nei
confronti del solo A.A..
3. Con sentenza in data 28.05.2013, la Corte d’appello di Genova
confermava la pronuncia di primo grado.
4. Nei confronti di detta pronuncia, B.B.  e A.A.
propongono distinti atti di ricorso per cassazione, chiedendone
l’annullamento.

ty

documento d’identità). Attraverso l’esibizione della falsa

5. Ricorso di B.B..
Lamenta il ricorrente:
– violazione dell’art. 606 lett. b) ed e) cod. proc. pen.: erronea
applicazione dell’art. 110 cod. pen. per mancanza dei requisiti del
concorso di persone nel reato; mancanza di contributo alla
realizzazione di alcun reato; difetto di consapevolezza della
perpetrazione di reati da parte di terzi; occasionalità della presenza

sul luogo di pretesa commissione del reato; illogicità manifesta della
motivazione; contraddittorietà in ordine alla ritenuta irrilevanza della
condotta rispetto alla pretesa perpetrazione del reato di tentata truffa
(primo motivo);
– violazione dell’art. 606 lett. b) ed e) cod. proc. pen. in ordine alla
ritenuta sussistenza degli estremi del concorso di persone nei reati di
cui ai capi A, B, F, G, H, I, L, M, N, O, P, Q, R, S, T, U, V e W;
illogicità della motivazione con riferimento alle implicazioni del
comportamento dell’imputato (secondo motivo);
-violazione dell’art. 606 lett. b) e c) cod. proc. pen., per inosservanza
del disposto degli artt. 533, comma 1 cod. proc. pen. e dell’art. 530
comma 2 cod. proc. pen.; mancata applicazione del principio del
“ragionevole dubbio” (terzo motivo);
-violazione dell’art. 606 lett. b) cod. proc. pen.: ricezione di moduli
per patente in bianco di asserita provenienza furtiva e loro
alterazione; erroneità della qualificazione giuridica della condotta
quale riciclaggio ed erroneità della contestazione del concorso del
reato di cui agli artt. 477 e 482 cod. pen. (quarto motivo);
– violazione dell’art. 606 lett. b) cod. proc. pen., per inosservanza
dell’art. 133 cod. pen. con riferimento all’irrogazione di una pena da
ritenersi eccessiva e per esclusione del riconoscimento delle
circostanze attenuanti generiche sulla scorta dell’errata attribuzione
di un ruolo improbabile (quinto motivo).
5.1. In relazione al primo motivo, si censura la sentenza impugnata
che ha prestato acritica adesione alla decisione di primo grado senza
considerare i motivi d’appello proposti. La Corte territoriale ha
riconosciuto la responsabilità del B.B. supponendo a ritroso, dal
solo dato processuale finale emerso – la presenza in auto dello stesso
in un momento marginale dell’illecito – la prova della colpevolezza
per tutti gli episodi precedenti con attribuzione di un ruolo (quello di

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“burattinaio”) del tutto inesistente e comunque non provato e
conseguente travisamento del dato probatorio.
5.2. In relazione al secondo motivo, si censura la sentenza impugnata
che ha basato la responsabilità del ricorrente sulla disponibilità di un
documento attribuendogli, quasi in forza di un mero sillogismo, la
piena consapevolezza di tutto il meccanismo criminoso accertato.
5.3. In relazione al terzo motivo, si evidenzia come non esista prova

di penale responsabilità del ricorrente, ma, semmai, un ragionevole
dubbio sulla perpetrazione del reato che giammai poteva consentire
la pronuncia di una sentenza di condanna.
5.4. In relazione al quarto motivo, si evidenzia come la patente non è
il bene che gli autori del reato vogliono utilizzare in sé bensì è solo lo
strumento attraverso il quale gli autori vogliono trarre in inganno la
società finanziaria, al fine di perfezionare la truffa, consumata la
quale* il documento scompare: l’alterazione del documento costituisce
mera falsificazione (correttamente contestata), ma non consente la
configurazione del reato di riciclaggio. Peraltro, difetta totalmente la
prova che il ricorrente fosse consapevole del fatto che, all’origine del
documento contraffatto, vi fosse il furto di moduli in bianco e non, ad
esempio, la falsificazione di una patente effettivamente rilasciata e
consapevolmente utilizzata.
5.5. In relazione al quinto motivo, si censura la sentenza impugnata
che ha riservato al ricorrente un trattamento sanzionatorio del tutto
eccessivo e che gli ha inopinatamente negato la concessione delle
circostanze attenuanti generiche.
Nella memoria depositata in data 06.11.2015, la difesa del B.B.
evidenzia l’intervenuta prescrizione di tutti i reati, ad eccezione di
quello di cui al capo A, a far data dall’aprile 2013.
6. Ricorso di A.A..
Lamenta il ricorrente:
-violazione dell’art. 606 lett. b) cod. proc. pen. per errata
interpretazione della legge penale in relazione alla mancata e/o
erronea applicazione degli artt. 648 bis, 114 e 368 cod. pen. (primo
motivo);
-violazione dell’art. 606 lett. c) cod. proc. pen. per inosservanza delle
norme processuali ed in particolare dell’art. 195 cod. proc. pen. e
dell’art. 431 cod. proc. pen. (secondo motivo);

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-violazione dell’art. 606 lett. e) cod. proc. pen. per manifesta illogicità
della motivazione (terzo motivo).
6.1. In relazione al primo motivo, si contesta l’errata qualificazione
giuridica del fatto di reato di cui al capo A, da inquadrarsi
correttamente nella figura della ricettazione e non in quella del
riciclaggio; si contesta altresì il mancato riconoscimento del ruolo di
assoluta marginalità apportato dal A.A. nella vicenda; si contesta

infine la contestazione di cui ai capi W e AA (art. 368 cod. pen.)
evidenziando come i propri dati erano stati carpiti dal coimputato
B.B. al quale lui aveva inviato un curriculum, con la conseguenza
che l’ipotesi di addossare a terzi (nella specie, allo Zambotto)
eventuali realizzazioni di reati con falsi credenziali era da ritenersi
solo potenziale e non effettiva.
6.2. In relazione al secondo motivo, si censura la decisione del
Tribunale di non assumere le (richieste) testimonianze degli agenti
operanti essendo invece stato escusso il solo ispettore Lebiu, mero
coordinatore dell’operazione ma non partecipe ad alcuna attività
d’indagine (atti di perquisizione e sequestro, acquisiti ex art. 431 cod.
proc. pen.): da qui la violazione del terzo comma dell’art. 195 cod.
proc. pen. atteso l’obbligo, a pena di inutilizzabilità da parte del
giudice, di sentire le persone cui il testimone si riferisce quando vi sia
richiesta in tal senso da parte del difensore.
6.3. In relazione al terzo motivo, si censura la sentenza impugnata
che ha reso una motivazione per relationem della sentenza di primo
grado, senza procedere ad una rilettura autonoma degli indizi che
avrebbero imposto una pronuncia assolutoria nei confronti del
A.A..

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. La sopravvenuta morte, intervenuta in data 27.04.2015 come da
acquisita certificazione anagrafica rilasciata dal Comune di Pavia, del
ricorrente A.A. determina nei confronti dello stesso
l’annullamento senza rinvio della sentenza impugnata per intervenuta
estinzione dei reati al medesimo ascritti.
2. Anche nei confronti di B.B., in presenza di ricorso non
manifestamente infondato quantomeno con riferimento a taluni profili

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di doglianza sollevati, va pronunciata sentenza di annullamento senza
rinvio della sentenza impugnata in ordine a tutti i reati a lui ascritti ad
eccezione del reato di riciclaggio contestato al capo A) per essere gli
stessi estinti per prescrizione: la pronuncia

de qua

impone

l’eliminazione delle relative pene applicate in continuazione e la
rideterminazione della pena per il solo residuo reato di riciclaggio
nella misura di anni quattro, mesi sei, giorni quindici di reclusione ed

euro 1.550,00 di multa.
3. Va osservato in premessa come, secondo il costante insegnamento
di questa Corte Suprema (per tutte, Sez. U, sent. n. 6402 del
30/04/1997, dep. 02/07/1997, Dessimone e altri), l’indagine di
legittimità sul discorso giustificativo della decisione ha un orizzonte
circoscritto, perché il sindacato demandato alla Suprema Corte è
limitato a riscontrare l’esistenza di un logico apparato argomentativo
sui vari punti della decisione impugnata, senza possibilità di verificare
l’intrinseca adeguatezza e congruità delle argomentazioni di cui il
giudice di merito si è avvalso per sostanziare il suo convincimento.
Dai poteri della Suprema Corte esule quindi ogni “rilettura” degli
elementi di fatto posti a fondamento della decisione impugnata, la cui
valutazione è, in via esclusiva, riservata al giudice di merito. In
particolare, non può integrare il vizio di legittimità la mera
prospettazione di una diversa, e per il ricorrente più adeguata,
valutazione delle risultanze processuali perché, appunto, il giudice di
legittimità non può sovrapporre una propria valutazione delle
risultanze processuali a quella compiuta nei precedenti gradi, ma
invece può, e deve, saggiare la tenuta logica della pronuncia portata
alla sua cognizione. Ciò, in quanto nel momento del controllo della
motivazione la Suprema Corte non deve stabilire se la decisione di
merito proponga la migliore ricostruzione dei fatti, ne’ deve
condividerne la giustificazione, ma deve limitarsi a verificare se la
giustificazione contenuta nella sentenza impugnata sia compatibile
con il senso comune e con i limiti di una plausibile opinabilità di
apprezzamento (Sez. 4, sent. n. 4842 del 02/12/2003, dep.
06/02/2004). Né la novella codicistica introdotta con la I. n. 46 del
2006, ammettendo l’indagine extratestuale per la rilevazione
dell’illogicità manifesta e della contraddittorietà della motivazione, ha
modificato la natura del sindacato della Suprema Corte, il cui

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controllo rimane limitato alla struttura del discorso giustificativo del
provvedimento impugnato e non può comportare una diversa lettura
del materiale probatorio, anche se astrattamente plausibile, sicché
anche dopo la legge 46/2006 occorre invece che gli elementi
probatori indicati in ricorso (ignorati, inesistenti o travisati, non solo
diversamente valutati) siano per sé decisivi in quanto dotati di una
intrinseca forza esplicativa tale da vanificare l’intero ragionamento del

giudice del merito (Sez. 3, sent. n. 37006 del 27/09/2006, dep.
09/11/2006, Piras, Rv. 235508): decisività che deve essere oggetto
di specifica e non assertiva deduzione della parte, in esito al
confronto con tutta la motivazione della decisione impugnata, pena
l’immediata ‘contaminazione’ del rilievo in termini di preclusa censura
di merito. Il controllo di logicità della motivazione che sorregge la
decisione di merito può, in secondo luogo, essere eseguito solo, come
prima accennato, in riferimento ai tassativi vizi che esclusivamente
rilevano in questo giudizio: la assenza di motivazione (anche nella
forma della mera apparenza grafica), la ‘manifesta’ illogicità e la
contraddittorietà, così come previsto dalla lettera e) del primo comma
dell’art. 606 cod. proc. pen.. Questo significa, ad esempio, che la
mera ‘illogicità’ della motivazione è irrilevante, perché
strutturalmente diversa dalla ‘manifesta illogicità’, vizio distinto dal
precedente e unico rilevante. Infatti, l’illogicità della motivazione
censurabile a norma dell’art. 606, comma 1, lett. e) cod. proc. pen., è
solo quella evidente, cioè di spessore tale da risultare percepibile
“ictu ocu/i” (Sez. U, sent. n. 47289 del 24/09/2003, dep. 10/12/2003,

Petrella). Altrettanto irrilevanti, perché diverse da quelle
tassativamente e solo previste dalla lettera e) sono, a titolo
esemplificativo, le censure che attribuiscono alla motivazione di
essere incongrua, non plausibile, non persuasiva, non esaustiva,
insufficiente o insoddisfacente. Si tratta infatti di ‘difetti’ e vizi che,
ancorché in ipotesi effettivamente presenti nella motivazione del
provvedimento impugnato, sono irrilevanti nel giudizio di legittimità,
che non possono pertanto efficacemente introdurre, perché propri
dell’apprezzamento di stretto merito.
4. Manifestamente infondati sono i primi tre motivi di ricorso del
B.B., la cui trattazione congiunta si giustifica per la sostanziale
omogeneità dei temi.

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A carico del B.B. si pongono, oltre al possesso della falsa carta
d’identità intestata allo Zambotto, le evidenze di prova costituite dagli
esiti della perquisizione effettuata dalla polizia giudiziaria all’interno
dell’autovettura occupata dal B.B. e condotta dal A.A., di tal
ché non appare per nulla azzardata la deduzione dei giudici di merito
secondo cui “il ruolo ricoperto dal B.B. nell’ultima operazione è di
portata tale da escludere l’estraneità dell’imputato negli altri reati

anche il rinvenimento nella disponibilità dell’imputato del certificato di
residenza nel comune di Albisola Superiore, apparentemente
rilasciata in data 25.07.2005. Invero, come ha chiarito l’ispettore
Lebiu in sede di esame testimoniale, le indagini svolte hanno
consentito di appurare che tale certificato è stato utilizzato per
commettere tutte le truffe; il documento veniva di volta in volta
modificato per adeguarlo al caso concreto e, cioè, al nominativo
dell’intestatario apparente della pratica. Il collegamento del Ferrare/li
con i reati commessi in relazione all’auto n. 4 risulta, altresì, dalla
disponibilità in capo all’imputato della copia del certificato di
attribuzione del codice fiscale riferito a Zambotto, poiché si tratta
dello stesso documento utilizzato nella truffa consumata ai danni della
Fineco Leasing s.p.a.. Ed il collegamento del B.B. con i reati
relativi alle auto n. 2, 3 e 4 risulta dal fatto che in tutti i casi è stata
utilizzata la stessa utenza fax mediante la quale è stata trasmessa la
documentazione inerente alla pratica dell’auto n. 5”.
Queste conclusioni consentono di ritenere non violato il parametro
dell’ presente nel testo novellato
dell’art. 533 cod. proc. pen., cui conformare la valutazione inerente
all’affermazione di responsabilità dell’imputato. Al riguardo, appare
opportuno evidenziare che, al di là dell’icastica espressione, mutuata
dal diritto anglosassone, ne costituiscono fondamento il principio
costituzionale della presunzione di innocenza e la cultura della prova
e della sua valutazione, di cui è permeato il nostro sistema
processuale.
Si è, in proposito, osservato che detta espressione ha una funzione
meramente descrittiva più che sostanziale, giacché, in precedenza, il
“ragionevole dubbio” sulla colpevolezza dell’imputato ne comportava
pur sempre il proscioglimento a norma dell’art. 530, comma 2, cod.

posti in essere con lo stesso modus operandi. Ed in tal senso depone

proc. pen., sicché non si è in presenza di un diverso e più rigoroso
criterio di valutazione della prova rispetto a quello precedentemente
adottato dal codice di rito, ma è stato ribadito il principio, già in
precedenza immanente nel nostro ordinamento costituzionale ed
ordinario (tanto da essere già stata adoperata dalla giurisprudenza di
questa Corte Suprema – per tutte, Sez. U, sent. n. 30328 del
10/07/2002, Rv. 222139 – e solo successivamente recepita nel testo

novellato dell’art. 533 cod. proc. pen.), secondo cui la condanna è
possibile soltanto quando vi sia la certezza processuale assoluta della
responsabilità dell’imputato (Sez. 2, sent. n. 19575 del 21/04/2006,
Rv. 233785; Sez. 2, sent. n. 16357 del 02/04/2008, Rv. 239795). In
argomento, si è più recentemente, e conclusivamente, affermato
(Sez. 2, sent. n. 7035 del 09/11/2012, Rv. 254025) che “la
previsione normativa della regola di giudizio dell’, che trova fondamento nel principio
costituzionale della presunzione di innocenza, non ha introdotto un
diverso e più restrittivo criterio di valutazione della prova ma ha
codificato il principio giurisprudenziale secondo cui la pronuncia di
condanna deve fondarsi sulla certezza processuale della
responsabilità dell’imputato.
5. Infondato è il quarto motivo di ricorso del B.B..
Va preliminarmente evidenziato come, secondo il consolidato
orientamento della giurisprudenza di legittimità, non sussiste un
rapporto di specialità, ma di mera interferenza, tra il reato di
riciclaggio e quello di falso documentale, il quale può presentarsi
come occasionale modalità di realizzazione del primo ma non è
assorbito in esso, in quanto, ai sensi dell’art. 84 cod. pen., intercorre
un rapporto di complessità tra fattispecie solo quando sia la legge a
prevedere un reato come elemento costitutivo o circostanza
aggravante di un altro e non quando siano le particolari modalità di
realizzazione in concreto del fatto tipico a determinare un’occasionale
convergenza di più norme e, quindi, un concorso di reati; con la
conseguenza che in tanto è possibile parlare di una complessità
eventuale in quanto sia la stessa legge a prevedere un reato come
modalità eventuale di consumazione dell’altro (Sez. 5, sent. n. 16267
del 11/03/2004, dep. 07/04/2004, Franzolin, Rv. 228767; nello
stesso senso, Sez. 2, sent. n. 2074 del 13/12/2012, dep.

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16/01/2013, Rossi e altri, Rv. 254234).
Ciò premesso, non v’è dubbio che il reato di cui al capo A) debba
essere qualificato come riciclaggio dal momento che gli imputati non
si sono limitati a ricevere i moduli di patente rubati in bianco presso
la motorizzazione di Agrigento ma, per ostacolare l’identificazione
della loro provenienza delittuosa, hanno compiuto oggettive
operazioni di alterazione dei rispettivi numeri di serie: ed infatti,

l’ispettore Lebiu ha precisato che, per accertare la provenienza
delittuosa delle patenti utilizzate per le truffe, non è stato sufficiente
agli inquirenti esperire i consueti accertamenti informatici essendosi
rese necessarie ulteriori verifiche.
Del tutto irrilevante, ai fini della configurabilità del reato di cui al capo
A), che la patente (o meglio, il modulo di patente in bianco) non fosse
il bene, dotato di autonomo valore patrimoniale, che gli autori del
reato volessero utilizzare in sé, bensì costituisse solo il semplice
strumento attraverso il quale trarre in inganno la società finanziaria al
fine di perfezionare la truffa.
Invero, ferma l’accertata ed evidente – in ragione delle visibili
caratteristiche di presentazione – provenienza furtiva dei beni di cui
al capo A), oggetto di pregressa sottrazione presso gli uffici della
Questura di Agrigento, non può negarsi come ai fini della
configurabilità del delitto di riciclaggio – notoriamente a forma libera
ed attuabile anche con modalità frammentarie e progressive – sia del
tutto sufficiente la semplice, oggettiva, condotta tesa ad ostacolare la
provenienza delittuosa del bene rimanendo del tutto irrilevanti le
finalità successive, ivi comprese quelle strumentali, di una simile
condotta che, in relazione all’elemento soggettivo, richiede solo il dolo
generico.
6. Infondato è il quinto motivo di ricorso del B.B..
A giustificare l’operato trattamento sanzionatorio ed il diniego di
concessione delle circostanze attenuanti generiche, la Corte
territoriale opera riferimento ai precedenti del reo, all’assenza di
segni di resipiscenza, alla gravità dei fatti, al ruolo svolto e alla
mancanza di elementi valutabili favorevolmente.
7. Va infine evidenziato come tutti i reati contestati al B.B., fatta
eccezione del capo A), risultano essersi, medio tempore, prescritti,
avuto riguardo alla data di loro commissione, al termine ordinario già

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prorogato al massimo per gli eventi interruttivi (anni sette e mesi sei)
e al tempo di sospensione del corso della prescrizione, pari a
complessivi mesi nove e giorni venti, sospensioni che, in ragioni delle
varie causali verificatesi, vanno così calcolate:
– giorni sessanta (giusta sent. Sez. U., n. 4909 del 18/12/2014, dep.
02/02/2015, Torchio), per rinvio dal 09.02.2010 al 22.04.2010;

– giorni sessanta (v. sent. n. 4909/2015,

cit.),

per rinvio dal

cit.),

per rinvio dal

– mesi tre e giorni venti, per rinvio dal 14.12.2006 al 03.05.2007;

07.02.2008 al 12.06.2008;
– giorni sessanta (v. sent. n. 4909/2015,
12.06.2008 al 19.03.2009.
E così:
-il capo B, risulta essersi prescritto il 26.03.2011;
– i capi C ed E, il 09.01.2014;
– il capo D, il 25.01.2014;
– i capi F, G, H, 3 e K, il 25.11.2013;
– il capo I, il 17.09.2008;
– i capi L, M ed O, il 21.12.2013;
– il capo N, il 22.12.2013;
– i capi P, Q ed S, il 01.01.2014;
-i capi R, T e W, il 04.01.2014;
-i capi U e V, il 18.05.2010;
– i capi X, Y, Z e AA il 19.01.2014.
8. Ricapitolando, alla pronuncia consegue:
– l’annullamento senza rinvio della sentenza impugnata nei confronti di
A.A. per essere i reati allo stesso ascritti estinti per morte
dell’imputato;
– l’annullamento senza rinvio della sentenza impugnata nei confronti di
B.B.in ordine a tutti i reati ascrittigli ad eccezione del
reato di riciclaggio contestato al capo A) per essere i medesimi estinti
per prescrizione con eliminazione delle relative pene in continuazione
(pari a complessivi anni due, mesi cinque, giorni quindici di reclusione
ed euro 3.200,00 di multa);
– la rideterminazione, nei confronti di B.B., della pena per
il residuo reato di riciclaggio: pena che i giudici di merito hanno
determinato in complessivi anni quattro, mesi sei, giorni quindici di
reclusione ed euro 1.550,00 di multa già considerata l’aggravante

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teleologica in contestazione (aggravante non escludibile in
conseguenza della dichiarata prescrizione dei reati connessi non
incidendo la predetta causa estintiva sul fatto complessivamente
contestato: cfr., Sez. 5, sent. n. 6488 del 24/01/2015, dep.
22/02/2015, Di Flavio, Rv. 231423);
-il rigetto del ricorso di B.B. nel resto

Annulla senza rinvio la sentenza impugnata nei confronti di A.A.
per essere i reati allo stesso ascritti estinti per morte
dell’imputato e nei confronti di B.B. in ordine a tutti i
reati ascrittigli ad eccezione del reato di riciclaggio contestato al capo
A) perché estinti per prescrizione ed elimina le relative pene in
continuazione. Ridetermina la pena per il residuo reato di riciclaggio
nei confronti di B.B.in anni quattro, mesi sei, giorni
quindici di reclusione ed euro 1.550,00 di multa. Rigetta nel resto.
Così deliberato in Roma, udienza pubblica del 17.11.2015

Il Consigliere estensore

Il Presidente

Dott. Andrffla Pellegrino

Dott.ssa Matilde Cammino

PQM

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