Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 49268 del 07/10/2013
Penale Ord. Sez. 7 Num. 49268 Anno 2013
Presidente: BEVERE ANTONIO
Relatore: SAVANI PIERO
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
FUSHA ALDOR N. IL 03/05/1984
avverso la sentenza n. 252/2013 TRIBUNALE di PADOVA, del
26/01/2013
dato avviso alle parti;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. PIERO SAVANI;
Data Udienza: 07/10/2013
IN FATTO E DIRITTO
Con la sentenza in epigrafe il Tribunale di Padova applicava, fra l’altro, a FUSHA Aldor, a norma degli artt. 444 e 448 C.P.P., la pena concordata con il Pubblico Ministero in ordine al delitto
di furto aggravato in luogo di privata abitazione, commesso in più riprese il 25 gennaio 2013.
Propone ricorso per cassazione l’imputato che deduce difetto di motivazione sul trattamento sanzionatorio (recidiva da escludere e attenuanti generiche prevalenti).
Osserva il Collegio che il ricorso è inammissibile perché i motivi sono manifestamente infondati
atteso che il giudice, nell’applicare la pena concordata non è incorso in alcuna violazione della
legge in punto di determinazione della pena (cfr. Sez. un., c.c. 24 marzo 1990, Borzaghini), conformandosi del resto, anche con riferimento alla mancata esclusione della recidiva ed al mancato
riconoscimento di prevalenza delle attenuanti, interamente al trattamento sanzionatorio condiviso
dalle parti, che non era in suo potere modificare salvo a respingere la richiesta, espressamente rilevandone la congruità. E tale motivazione, avuto riguardo alla speciale natura della sentenza di
applicazione della pena su richiesta delle parti, appare pienamente adeguata ai parametri richiesti
per tale genere di decisioni, secondo la costante giurisprudenza di legittimità, che riconosce che
la valutazione di congruità può essere, per la natura della sentenza in esame, meramente enunciativa dell’effettuata ricognizione della conformità ai parametri dettati dall’art. 133 C.P.
All’inammissibilità del ricorso consegue, ai sensi dell’art. 616 C.P.P., la condanna del ricorrente
al pagamento delle spese del procedimento e — per i profili di colpa correlati all’irritualità
dell’impugnazione — di una somma in favore della Cassa delle ammende nella misura che, in ragione delle questioni dedotte, si stima equo determinare in E. 1.500,00#.
P.Q.M.
La Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali ed al versamento di E. 1.500,00# in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso in Roma 7 ottobre 2013.