Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 4926 del 27/11/2014


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Penale Sent. Sez. 3 Num. 4926 Anno 2015
Presidente: FIALE ALDO
Relatore: GAZZARA SANTI

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
LIUZZI ALESSANDRO N. IL 06/09/1975
avverso la sentenza n. 551/2011 TRIBUNALE di UDINE, del
09/05/2013
visti gli atti, la sentenza e il ricorso
udita in PUBBLICA UDIENZA del 27/11/2014 la relazione fatta dal
Consigliere Dott. SANTI GAZZARA
Udito il Procuratore Generale in persona del Dott. FLi 3f d el€1,
che ha concluso per

Udito, per la parte civile, l’Avv
Uditi difensor Avv.

./(

Data Udienza: 27/11/2014

RITENUTO IN FATTO
Il Tribunale di Udine, con sentenza del 9/5/2013, ha dichiarato Alessandro
Liuzzi responsabile del reato ex art. 92, co. 1, lett. b), d.Lvo 81/2008,
perché, nella qualità di coordinatore per la esecuzione dei lavori, durante
la realizzazione di opere in un cantiere edile, non verificava la idoneità del
di dettaglio del piano di sicurezza e coordinamento di cui all’art. 100,
medesimo decreto, delle ditte Gradjex Company D.o.o. e luri Michele; ha
condannato il prevenuto, concesse le attenuanti generiche, alla pena di
euro 3.000,00 di ammenda.
Propone ricorso per cassazione la difesa del Liuzzi, con i seguenti motivi:
-nullità della sentenza, determinata da vizio di motivazione in punto di
ritenuta responsabilità del prevenuto per una condotta allo stesso non
contestata in capo di imputazione: infatti il Liuzzi, chiamato a rispondere
del reato ex art. 92, co. 1, lett. b), che prevede la mancata verifica e

il

mancato eventuale adeguamento dei P.O.S. delle imprese presenti nei
cantiere, è stato condannato per violazione dell’art. 92, co. 1, lett. a),
d.Lvo 81/2008, che impone al coordinatore le verifiche in cantiere con
funzioni di coordinamento e controllo. Peraltro, contraddittoria si rivela la
motivazione della pronuncia laddove addebita al ricorrente la colpa per
una negligenza attribuibile all’appaltatore, ex art. 97 co. 3, citato decreto.
-il reato, in ogni caso, risulta ampiamente prescritto.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è inammissibile.
Il vaglio di legittimità, a cui è stata sottoposta l’impugnata pronunzia,

piano operativo di sicurezza, da considerare come piano complementare

consente di rilevare la logicità e la correttezza della argomentazione
motivazionale, adottata dal decidente, in relazione alla concretizzazione
del reato contestato e alla ascrivibilità di esso in capo al prevenuto.
In estrema sintesi con i motivi di annullamento si contesta che il Tribunale
colpevole di non avere modulato il numero delle visite in cantiere,
confidando nella buona fede dell’appaltatore, che avrebbe dovuto
comunicargli, tempestivamente, l’arrivo di nuove imprese nel cantiere
medesimo: ad avviso della difesa è proprio sul punto che la motivazione
della decisione gravata risulta viziata, in quanto carente e contraddittoria,
visto che l’imputato è stato chiamato a rispondere di avere violato il
disposto di cui ail’art. 92, co. 1, lett. b), d.Lvo 81/2008 e non quello di cui
alla lettera a) derart. 92, medesimo decreto, che punisce la inadempienza
rilevata.
Peraltro, ulteriore errore commesso dal decidente consiste nel non avere
ritenuto che a rispondere della violazione de qua doveva essere, ax art.
97, co. 3, stesso decreto, il datore di lavoro. In ogni caso il reato è da
ritenere prescritto.
Le censure sono manifestamente infondate.
Il giudice di merito ha puntualmente richiamato i fatti dai quali è scaturita
l’azione penale:
-il giorno 3/6/2008, funzionari dell’ispettorato del lavoro eseguivano un
accesso presso il cantiere edile di via Melgnano, accertando la presenza di
due ditte, Gradjex Compani D.o.o. e iuri Michele, e contestavano
all’imputato, quale coordinatore per la esecuzione dei lavori, di non avere

ha ritenuto il Liuzzi responsabile della condotta ascrittagli, in quanto

curato di verificare la idoneità del piano operativo di sicurezza,
complementare e di coordinamento delle due ditte presenti in cantiere,
ex art 100 citato decreto.
-l’ispettore ( Claudio Perco ) operante l’accertamento predetto, assunto
come testimone, chiariva non solo che una delle due ditte era addirittura
prima di iniziare ad operare, erano state obbligate a partecipare ad una
riunione con il coordinatore, tenuto a confermarne la regolarità di
accesso.
-di poi, dai documenti prodotti dalla difesa, risultava che il POS iniziale
non prevedeva la presenza delle due ditte predette, pur, in generale,
facendo obbligo preventivo di fornire il piano di sicurezza alle
subappaltatrici, prima di iniziare i !avori.
-agli atti risulta, inoltre, un verbale di verifica, datato 13/5/2008, a firma
dell’imputato, il cui unico rilievo riguardava l’obbligo di apposizione del
cartello dei lavori; di poi, con verbale del 16/6/2008 si assicurava la
conformità del POS, fornito dalla ditta Gradjex.
E’evidente che il coordinatore della sicurezza aveva omesso di
ottemperare allo specifico obbligo di verifica dei P.O.S. delle ditte
presenti con quello principale, al fine di prevenire i rischi interferenziali
tra le diverse lavorazioni,

visto che, nella specie, nessuno dei

subappaltatori aveva un proprio POS, circostanza, questa, determinante

la integrazione degli elementi soggettivo (costituito dalla mera colpa ), ed
oggettivo ( consistente nella omessa vigilanza ) del reato contestato, a
nulla rilevando l’eventuale erroneo richiamo normativo indicato in
imputazione ( lett, b) anziché lett. a) dell’art. 92 citato decreto ): infatti, ai
fini della contestazione dell’accusa, ciò che rileva è la compiuta
descrizione del fatto, non la indicazione degli articoli di legge che si
assumono violati (ex multis Cass. S.U. 1/8/2000, n. 18).

sfornita del tutto di un piano di sicurezza, ma anche che le stesse ditte

Del pari non può trovare ingresso la eccezione di prescrizione del reato,
nella specie maturatasi in data successiva alla pronuncia gravata, perchè
la inammissibilità del ricorso, determinata dalla manifesta infondatezza
dei motivi in esso formulati, non consente la compiuta instaurazione del
sussistenza di cause di non punibilità, ex art. 129 cod.proc.pen. ( Cass.
S.U. 22/11/2000, De Luca ).
Tenuto conto della sentenza del 13/6/2000, n. 186, della Corte
Costituzionale, e rilevato che non sussistono elementi per ritenere che il
Liuzzi abbia proposto il ricorso senza versare in colpa nella
determinazione della causa di inammissibilità, lo stesso, a norma dell’art.
616 cod.proc.pen., deve essere condannato al pagamento delle spese
processuali e, altresì, al versamento di una somma, in favore della Cassa
delle Ammende, equitativamente fissata, in ragione dei motivi dedotti
nella misura di euro 1.000,00.
P. Q. M.
La Corte Suprema di Cassazione di Cassazione dichiara inammissibile il
ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e al
versamento in favore della Cassa delle Ammende della somma di euro
1.000,00.
Così deciso in Roma il 27/11/2014.

rapporto di impugnazione e, pertanto, preclude di rilevare e dichiarare la

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