Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 49226 del 22/05/2015


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Penale Ord. Sez. 7 Num. 49226 Anno 2015
Presidente: FIALE ALDO
Relatore: SAVINO MARIAPIA GAETANA

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:
ARDIRI MARIA CARMELA N. IL 07/08/1966
avverso la sentenza n. 2835/2013 CORTE APPELLO di GENOVA, del
09/01/2014
dato avviso alle parti;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. MARIAPIA GAETANA
SAVINO;

Data Udienza: 22/05/2015

Ritenuto in fatto
Ardiri Maria Carmela ha proposto, a mezzo del difensore, ricorso per Cassazione avverso la
sentenza della Corte di Appello di Genova in data 9.4.014 con la quale, in parziale riforma della
sentenza del Tribunale di Genova di condanna della medesima per avere omesso, nella sua qualità
titolare della omonima ditta individuale, il versamento delle ritenute previdenziali ed assistenziali
sulle retribuzioni dei dipendenti, ha dichiarato non doversi procedere nei suoi confronti quanto agli

omessi versamenti per i mesi di gennaio e febbraio 2006 per estinzione dei reati, rideterminando la
pena.
La difesa della ricorrente ha sollevato eccezione di incostituzionalità dell’art. 2 co 1 bis d.1 638/83
convertito nella legge 463/83, con riferimento all’art. 3 Cost., per disparità di trattamento con la
norma di cui all’art. 10 bis d.lvo 74/2000, nella parte in cui non prevede una soglia di punibilità,
pari a quella prevista per l’analoga fattispecie criminosa di cui al citato d,lvo 74/2000 art 10 bis,
soglia entro la quale la condotta del datore di lavoro di omesso versamento delle ritenute
certificate sulle retribuzioni dei lavoratori dipendenti non costituisce illecito penale.
Ha inoltre dedotto erronea applicazione della legge penale con riguardo all’elemento soggettivo
del reato contestato, non avendo l’imputata ricevuto la raccomandata a.r contenente l’avviso di
accertamento dell’inadempimento da parte dell’ INPS con la relativa diffida.
Con i motivi aggiunti ha invocato l’applicabilità della causa di non punibilità prevista dall’art. 131
bis c.p.p. introdotto con il d.lvo 28/2015

Ritenuto in diritto

La questione di incostituzionalità sollevata è manifestamente infondata.
Contrariamente a quanto asserito dal ricorrente, ritiene il Collegio che non ricorra una condizione di
omogeneità delle fattispecie criminose considerate, in presenza della quale soltanto possa
lamentarsi una disparità di trattamento rilevante ai sensi dell’art. 3 Cost. .
Le due ipotesi di reato, seppure accomunate dalla funzione di sostituto di imposta attribuita al
datore di lavoro chiamato ad operare sulle retribuzioni dei lavoratori dipendenti le ritenute fiscali,
.cui è sovrapponibile quella, ugualmente riconosciuta al datore di lavoro, di trattenere dalla
retribuzione corrisposta ai lavoratori, i contributi previdenziali e assistenziali che deve versare
al”I.N.P.S, presentano tuttavia strutture e finalità in parte diverse, che giustificano la mancata
previsione di una soglia minima di punibilità per il reato di omesso versamento della ritenute
1
ift

previdenziali ed assistenziali.
Difatti, mentre le somme oggetto dell’omesso versamento sanzionato dall’art. 10 bis d.lvo 74/2000
sono destinate a finalità meramente fiscali, quella oggetto delle ritenute previste dall’art. 2 co 1 bis
d..1 638/83 convertito nella legge 463/83, hanno una funzione più specifica e pregnante in quanto
destinate a costituire il sistema previdenziale ed assistenziale dei lavoratori.
Inoltre il d..1 638/83 convertito nella legge 463/83 e successive modifiche prevede una speciale

il debito verso l’ I.N.P.S. entro tre mesi dalla ricezione della notifica dell’avviso di accertamento
della omissione, con conseguente elisione della rilevanza penale della condotta; la stessa causa di
non punibilità non è prevista nel reato di omesso versamento delle ritenute certificate.
Anche la struttura dei due reati è dissimile, sostanziandosi il primo in un reato omissivo, che si
perfeziona con l’ omesso versamento delle somme trattenute a titolo di contribuzione previdenziale
od assistenziale sulle retribuzioni versate ai lavoratori dipendenti, presentando il secondo una
struttura complessa, in parte omissiva in parte commissiva, dovendo la somma di cui al versamento
omesso risultare dalla certificazioni rilasciate dal sostituto di imposta ai sostituiti.
In presenza di tali differenze, poste in evidenza dalle diverse pronunce di questa Corte
sull’argomento(Sez. 3, Ordinanza n. 18654 del 06/11/2014 dep. 06/05/2015)
Rv. 263739Sez. 3, Sentenza n. 45460 del 01/10/2014 dep. 04/11/2014

Rv. 260966),

non è

configurabile una situazione di omogeneità fra le due fattispecie incriminatrici in presenza della
quale, soltanto, possa denunciarsi una disparità di trattamento nelle rispettive discipline normative
valevole ai fini della questione di incostituzionalità con riferimento all’art. 3 Cost.
Si richiama il principio enunciato da questa Corte secondo cui “è manifestamente infondata la
questione di legittimità costituzionale dell’art. 2, comma primo bis del D.L. n. 463 del 1983,
convertito in legge n. 638 del 1983, per violazione dell’art. 3 Cost., nella parte in cui non prevede, a
differenza dell’art. 10 bis del D. Lgs. n. 74 del 2000, alcuna soglia di punibilità ai fini
dell’applicazione della sanzione penale, in quanto l’eterogeneità delle norme in comparazione diverse per oggetto, condotta e struttura – giustifica la modulazione di interventi sanzionatori ispirati
a scelte punitive differenziate, rimesse alla esclusiva autonomia del legislatore.

Sez. 3, Ordinanza n. 18654 del 06/11/2014 Ud. (dep. 06/05/2015 ) Rv. 263739
Manifestamente infondata è la censura inerente l’ impossibilità per l’imputata di fruire della causa
di non punibilità prevista dall’art. 2 co 1 bis 1. 638/83, per non aver ricevuto la notifica dell’avviso
di accertamento dell’inadempimento dell’INPS e della relativa diffida ad adempiere.
Va innanzitutto rilevato che la censura si risoke nella riproposizione dello stesso motivo di
gravame già dedotto nel giudizio di appello, puntualmente esaminato e disatteso dai giudici di
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“At

causa di non punibilità che si sostanzia nella possibilità, riconosciuta al datore di lavoro, di sanare

seconde cure con motivazione articolata e congrua, e, come tale è inammissibile. Si richiama in
proposito il principio ripetutamente affermato dal questa Corte secondo il quale “È inammissibile il
ricorso per cassazione fondato su motivi che si risolvono nella pedissequa reiterazione di quelli già
dedotti in appello e puntualmente disattesi dalla corte di merito, dovendosi gli stessi considerare
non specifici ma soltanto apparenti, in quanto omettono di assolvere la tipica funzione di una critica
argomentata avverso la sentenza oggetto di ricorso. (Cass

Sez.

5, n. 11933 27/01/2005

rv 2065507 del 1997 n.12).
Ad ogni buon conto, si osserva che, secondo costante giurisprudenza di questa Corte, in tema di
omesso versamento delle ritenute previdenziali ed assistenziali, la comunicazione della
contestazione dell’accertamento della violazione è a forma libera e non necessita di formalità
particolari, potendo essere effettuata, indifferentemente, mediante un verbale di contestazione o una
lettera raccomandata ovvero ancora per mezzo di una notificazione giudiziaria e ad opera sia di
funzionari dell’istituto previdenziale sia di ufficiali di polizia giudiziaria. (Nella fattispecie, la S.C.
ha affermato che devono ritenersi idonee le notificazioni ricevute con firma illeggibile e senza
indicazione della qualità del ricevente, purchè correttamente indirizzate al destinatario, che, nel caso
di persona giuridica, è da individuarsi nella sede legale dell’ente o presso la residenza o il domicilio
del suo legale rappresentante). Sez. 3, Sentenza n. 2859 del 17/10/2013 Ud. (dep. 22/01/2014)
Rv. 258373,. 3, Sentenza n. 26054 del 14/02/2007 Ud. (dep. 06/07/2007 ) Rv. 237202
Ciò posto, come condivisibilmente ritenuto dalla corte di merito, la comunicazione dell’avviso di
accertamento è stata effettuata ritualmente mediante lettera raccomandata a.r. spedita alla residenza
dell’imputata, non ricevuta e non ritirata presso l’ufficio postale ove era stata trasmessa. Di
conseguenza il mancato ritiro dell’atto è dipeso da una scelta volontaria della destinataria che non
può pertanto dolersi della mancata ricezione dell’avviso dell’accertamento dell INPS.
Quanto all’applicabilità della causa di non punibilità prevista dall’art. 131 bis c.p.p. introdotto con il
d.lvo 28/2015, invocata con i motivi aggiunti, ritiene questo Collegio che essa non possa essere
accolta in considerazione della pluralità degli episodi di omesso versamento delle ritenute
previdenziali contestati in continuazione, tali da escludere i caratteri della particolare tenuità del
fatto.
Si richiamano i principi enunciati da questa Corte in tema di applicazione dell’ipotesi di cui all’art.
131 bis c.p.p., in presenza di reato continuato secondo cui “la esclusione della punibilità
per particolare tenuità del fatto di cui all’art. 131-bis cod. pen. non può essere dichiarata in presenza
di più reati legati dal vincolo della continuazione, e giudicati nel medesimo procedimento,
configurando anche il reato continuato una ipotesi di “comportamento abituale”, ostativa al

dep. 25/03/2005 Rv. 231708, conforme Sez. 6, Sentenza 11/03/2009 dep. 14/05/2009 Rv. 243838,

riconoscimento del beneficio.

sez. 3, Sentenza n. 29897 del 28/05/2015 Ud. (dep. 13/07/2015)

Rv. 264034).
Il ricorso deve pertanto essere dichiarato inammissibile.
Segue per legge la condanna della ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una somma
in favore della cassa delle ammende che si stima determinare in euro 1.000.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali e
della somma euro 1.000 in favore della cassa delle ammende.
Così deciso in Roma il 27.3.2015.

PQM

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