Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 49226 del 07/10/2013
Penale Ord. Sez. 7 Num. 49226 Anno 2013
Presidente: BEVERE ANTONIO
Relatore: SAVANI PIERO
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
DI BERNARDO VITTORIO N. IL 25/04/1943
avverso la sentenza n. 1/2012 TRIBUNALE di MONZA, del
18/06/2012
dato avviso alle parti;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. PIERO SAVANI;
Data Udienza: 07/10/2013
IN FATTO E DIRITTO
Con la sentenza in epigrafe il Tribunale di Monza, giudice d’appello, ha confermato la sentenza
emessa in data 19 luglio 2011 dal locale Giudice di pace, appellata da DI BERNARDO Vittorio,
dichiarato responsabile del delitto di ingiurie, commesso il 12 luglio 2006.
Propone ricorso per cassazione l’imputato deducendo vizio di motivazione sulla responsabilità.
Il ricorso è inammissibile in quanto tende a sottoporre al giudizio di legittimità aspetti attinenti
alla ricostruzione del fatto e all’apprezzamento del materiale probatorio rimessi alla esclusiva
competenza del giudice di merito e già adeguatamente valutati sia dal Giudice di pace che dal
Tribunale.
Nel caso in esame, difatti, i giudici del merito hanno ineccepibilmente osservato che la prova del
fatto ascritto all’imputato riposava nella testimonianza della persona offesa, la cui credibilità è
adeguatamente argomentata, e nel sostegno a questa che poteva trarsi dalle testimonianza della
custode dello stabile e di altra persona che aveva udito le espressioni pronunciate del prevenuto.
Né può assumere rilievo la adombrata reciprocità di offese su cui non esiste procedimento né a
tale conclusione avrebbe dovuto portare l’affermazione di un teste che aveva udito i due discutere animatamente come peraltro avveniva fin troppo spesso.
La sentenza impugnata non è dunque sindacabile in questa sede perché la Corte di cassazione
non deve condividere o sindacare la decisione, ma verificare se la sua giustificazione sia, come
nel caso in esame, sorretta da validi elementi dimostrativi e non abbia trascurato elementi in astratto decisivi, sia compatibile con il senso comune e, data come valida la premessa in fatto, sia
logica: insomma, se sia esauriente e plausibile.
All’inammissibilità del ricorso consegue, ai sensi dell’art. 616 C.P.P., la condanna del ricorrente
al pagamento delle spese del procedimento e — per i profili di colpa correlati all’irritualità
dell’impugnazione — di una somma in favore della Cassa delle ammende nella misura che, in ragione delle questioni dedotte, si stima equo determinare in C. 1.000,00#.
P.Q.M.
La Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali ed al versamento di E. 1.000,00# in favore della Cassa delle ammende.
l 7 ottobre 2013.
Così deciso in Ro